Costruzione dell’identità – costruzione della memoria Identità – in psicologia, con questo termine si intende l’identità personale, ossia il senso del.

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Transcript della presentazione:

Costruzione dell’identità – costruzione della memoria Identità – in psicologia, con questo termine si intende l’identità personale, ossia il senso del proprio essere continuo attraverso il tempo, e distinto da tutti gli altri. L’identità non è qualcosa dato, ma è un processo che via via si costruisce basandosi sulla relazione che la memoria instaura tra le impressioni continuamente mutevoli nonché tra il presente ed il passato. In altre parole, l’identità è la costruzione della memoria. Ed è proprio in questo senso che noi psicologi, parlando di Identità o della crisi d’Identità sottintendiamo la solidità o la fragilità di questa costruzione.

S.Lorenzini, autrice di numerosi testi sull’adozione nazionale ed internazionale. scrive che i nostri ricordi, come espressioni di un passato, costituiscono il pilastro della nostra identità personale, ma poi si confrontano con il presente e si mescolano ad esso fino ad integrarsi e divenire un particolare spazio mentale affettivo e creativo al tempo stesso. Perciò è importante che la nostra storia personale e familiare diventi parte integrante della nostra Identità, senza esclusioni. Questo è come ricomporre i pezzetti del puzzle di un bellissimo quadro, che rappresenta la nostra vita, unica e irripetibile, ricordandosi che per ogni pezzetto c’e uno specifico spazio e che nessuno può essere dimenticato e lasciato da parte. I bambini “cominciano ad assimilare i tratti caratteristici e gli stili di vita dell’ambiente comunicativo e relazionale in cui sono inseriti molto precocemente: secondo ricerche compiute nel contesto statunintense, la consapevolezza dell’identità etnica inizia a formarsi intorno ai sei anni di età e si rafforza, in seguito, in relazione allo sviluppo cognitivo.“ (S.Lorenzini, Adozione Internazionale, alberto perdisa editore,Bologna,2004)

La mamma, già nella culla, trasmette al figlio una serie di valori culturali : profumi, sapori, colori, distanze corporee e contatti – baci, abbracci, suoni - l’uso e la modifica del tono e timbro della voce in situazioni diverse, le prime ninne- nanne, i primi incoraggiamenti, i primi rinforzi, le prime punizioni, e un’infinità di altri segnali, appresi a sua volta dalla propria madre ed improntate tenacemente alla cultura di appartenenza. Questi segnali sono stati trasmessi da una generazione all’altra per molti secoli, sono stati "donati e trovati“ (J.C.Rouchy,), come fossero una sorta di dotazione "biologica", interiorizzati con il latte materno. E allora cosa succede nel caso in cui la memoria intesa come una serie di immagini, colori, sapori, odori, linguaggio con i suoi contenuti mentali e le sue espressioni verbali viene a mancare o si interrompe drasticamente? Quale danno può provocare un improvviso distacco da tutto quello che un bambino ha acquisito e imparato in precedenza?

Si tratta di un improvviso inizio “da zero”, senza un ponte fondato anche sulla continuità linguistica, aggravato dal fatto che la migrazione non è stata una sua decisione e nessuno ha chiesto il suo parere, in questo modo lui “subisce” la decisione dei genitori, dovendo in qualche modo adattarsi, “prendendone atto”. Ecco perché, se siete genitori adottivi, dovete sapere che il vostro bambino si trova in un momento di radicale cambiamento di vita, per il quale non è mai possibile essere preparati a sufficienza. “Lo sviluppo dell’identità etnica dei bambini stranieri adottati può presentarsi come un processo complesso, che può faticare a raggiungere la condizione di una consapevole e positiva percezione della propria origine etnica e del proprio background culturale e, al tempo stesso, delle appartenenze acquisite e maturate nel contesto di adozione.Tale processo sarà tanto più complesso e faticoso, se non impossibile da realizzare compiutamente, quanto maggiore sarà la difficoltà per la famiglia di percepirsi e proporsi agli altri – riconoscendosi pienamente come tale – come un nucleo multietnico di affetti, consapevole e orgoglioso della pluralità delle provenienze e appartenenze dei propri membri. (S.Lorenzini, op.cit, p.109)“

Possiamo, naturalmente, riferire queste considerazioni anche ai figli degli immigrati. In che modo allora si costruisce l’identità di vostro figlio? Comprenderà il contesto diverso da quello della nascita, ridefinirà l’immagine di sé e delle proprie modalità comunicative, senza dover rinunciare alle parti di sé fondamentali, alla propria storia. Uno degli studiosi più importanti nell’ambito della psicologia culturale L. Anolli individua nell’identità culturale la sua natura contestuale (cioè dipendente dal contesto, cioè la sua formazione è costantemente dipendente dal presente) e la sua natura contaminata ( cioè la sua natura non è mai l’esito di un processo lineare di assimilazione di una cultura “pura”, ma è l’esito di un continuo processo di “mescolanze” delle culture con le quale si viene al contatto).

In questa prospettiva, l’identità culturale è multiculturale, risultato di ibridismo e di sovrapposizione delle culture con le quali si prende contatto. Ciò non significa né confusione né indeterminatezza, bensì la capacità umana di fondere insieme aspetti e tratti provenienti da diverse fonti, giungendo ad una forma complessiva della propria e unica identità culturale. Tale multiculturalità è alla base della comprensione e della traduzione delle culture altrui, così come è fondamento di un atteggiamento di rispetto e di tolleranza. (L.Anolli, Psicologia della cultura, Mulino, Bologna, 2004, p.329) L’espressione di creatività, grande ricchezza e maggiori potenzialità. Vostro figlio avrà, così, più strumenti in mano per comprendere e valutare le situazioni più svariate, la personalità si doterà di maggiore flessibilità, di autocontrollo e di autoconsapevolezza, elemento che contribuisce in modo efficace al superamento degli stress acculturativi. Per contro una persona autoritaria, rigida e dogmatica è spesso soggetta alla sofferenza psicologica prodotta da tale stress.

Stress acculturativo Acculturazione- sono cambiamenti che avvengono all’interno di una persona che appartiene ad una certa cultura quando entra in contatto diretto e duraturo con un’altra cultura. Se la persona si trova in difficoltà nel gestire tali cambiamenti, allora si può definire questa difficoltà stress acculturativo. In passato questo fenomeno si definiva shock culturale, definizione divenuta molto di moda negli USA (anni 60), tanto che sono stati pubblicati diversi libri sul culture shock per ogni nazione del mondo. Oggi si considera questa definizione poco appropriata, poiché enfatizza troppo gli effetti psicologici dell’acculturazione e vede in qualche modo, comunque, negativamente il contatto interculturale. Stress acculturativo intende il disorientamento mentale, la fragilità emotiva, la sensazione di smarrimento sociale nella quale si trova l’individuo immigrato, una volta immerso in un’altra cultura, quando accade che si ponga in discussione il fondamento dell’identità e del riconoscimento di sé nei nuovi contesti culturali di riferimento. Un'altra definizione del passato è nevrosi da sradicamento – percezione di non avere più né passato né storia, di essere in balia degli eventi e di non riuscire più a controllarli, avere, cioè, l’impressione che siano gli eventi a controllare e a comandare la nostra vita.

Perché i bambini nati in Italia dovrebbero seguire anche la cultura della mamma? I professori dell’Università Cattolica di Milano, nonché fondatori del Centro studi e ricerche sulla Famiglia, E.Scabini e Cigoli, nei loro numerosi testi sugli intrecci familiari, distinguono il ruolo simbolico dei genitori, da un lato pongono il padre che rappresenta e trasmette ai figli, la legge, l’ordine, la giustizia (che deve comprendere anche il perdono); dall’altro, la madre che incarna l’emotività, l’affettività, l’accoglienza. Pensate alla metafora del foglio di quaderno, il foglio in sé rappresenta la madre, indispensabile supporto, mentre il padre è rappresentato dalle righe che limitano e scandiscono in un ordine preciso, la nostra scrittura, cioè lo sviluppo della nostra personalità. Non a caso, in molte culture, il concetto di Dio Onnipotente si affianca a quello del Padre e quello di Patria o Terra alla Madre che genera, nutre e accoglie; nella lingua russa questo accostamento vale ancora di più, perché la Russia è la Madre: Matuška Rossia, terra delle nostre radici emotive e culturali, capaci di influenzare lo sviluppo successivo.

In che modo allora un bambino può attingere a questo “dono materno”, ricco di amore e affetto, dal momento che una volta che ci si è trasferiti in Italia, la mamma cerca di parlargli in una lingua che non ha, per lei stessa, una connotazione emotiva significativamente importante, non ha lo stesso valore, non ha per lei una storia? Spesso, inoltre, la mamma non comprende appieno alcuni assunti culturali o si limita semplicemente ad imitare le espressioni verbali e non verbali della cultura che ha sposato. In questo modo può trasmettere tutto il suo amore al figlio? Riesce ad instaurare un legame profondo, vero, irripetibile, emotivamente ricco ?

Coloro i quali possiedono un’identità solida e positiva non si sentono solitamente minacciati dal confronto con chi è diverso, né si trovano nella necessità di denigrare gli altri per mantenere l’integrità della propria immagine. Gli apporti esterni, difformi o divergenti, arricchiscono il patrimonio personale, determinano non lo sconvolgimento ma la ristrutturazione dell’immagine di sé ad un livello più complesso. Diversamente, l’individuo dall’identità fragile cerca protezione all’interno del proprio gruppo di appartenenza poiché, il misurarsi con la diversità altrui, rischia di mettere in crisi tanto il suo sistema di valori di riferimento che l’identità faticosamente costruita. L'intolleranza e il razzismo possono sorgere dall’atteggiamento ostile che queste persone rivolgono ai diversi, alla necessità di svalutare gli altri, il loro modo di essere o di pensare, considerandoli più stupidi, più sporchi, più brutti, insomma inferiori. Confrontarsi, per questi individui, significherebbe comprendere che il proprio stile di vita non è altro che uno dei tanti possibili e non l’unico o il migliore. Il rischio per costoro sarebbe quello di sentirsi improvvisamente privi di certezze e riferimenti sicuri, simili all’ago di una bussola impazzita. Meglio per loro, quindi, vivere all’interno di un integralismo culturale che regala la fallace sicurezza di possedere l’unica vera chiave per interpretare il mondo.