Istituzioni di Diritto Romano IV cattedra (lettere D-E-F) A/A 2012/13 Prof. Francesca Reduzzi.

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Istituzioni di Diritto Romano IV cattedra (lettere D-E-F) A/A 2012/13 Prof. Francesca Reduzzi

Gai 3.88: Nunc transeamus ad obligationes, quarum summa divisio in duas species diducitur: omnis enim obligatio vel ex contractu nascitur vel ex delicto. Ed ora passiamo alle obbligazioni, delle quali la più importante suddivisione si fa in due specie: infatti ogni obbligazione nasce o da contratto o da delitto.

Gai Transeamus nunc ad obligationes, quae ex delicto nascuntur, veluti si quis furtum fecerit, bona rapuerit, damnum dederit, iniuriam commiserit. Quarum omnium rerum uno genere consistit obligatio, cum ex contractu obligationes in IIII genera diducantur, sicut supra exposuimus. Passiamo ora alle obbligazioni che nascono da delitto, come quando qualcuno compie un furto, rapina dei beni, compie un danneggiamento, commette un’offesa ingiusta (lett. “ingiuria”). L’obbligazione che scaturisce da tutte queste fattispecie è di un solo tipo, mentre, come abbiamo detto sopra, le obbligazioni da contratto sono di quattro tipi.

Art c.c. Risarcimento per fatto illecito. Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno. Art Legittima difesa Non è responsabile chi cagiona il danno per legittima difesa di sé o di altri. Art Stato di necessità Quando chi ha compiuto il fatto dannoso vi è stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, e il pericolo non è stato da lui volontariamente causato ne era altrimenti evitabile, al danneggiato è dovuta un'indennità, la cui misura e rimessa all'equo apprezzamento del giudice.

D pr.-1 (Ulp. 18 ad ed.). Lex Aquilia omnibus legibus, quae ante se de damno iniuria locutae sunt, derogavit, sive duodecim tabulis, sive alia quae fuit: quas leges nunc referre non est necesse. 1. Quae lex Aquilia plebiscitum est, cum eam Aquilius tribunus plebis a plebe rogaverit. D pr. (Gai. 7 ad ed. prov.). Lege Aquilia capite primo cavetur: «Ut qui servum servamve alienum alienamve quadrupedem vel pecudem iniuria occiderit, quanti id in eo anno plurimi fuit, tantum aes dare domino damnas esto».

D pr.-1 (Ulpiano, libro XVIII del commento all’editto del pretore). La Legge Aquilia ha derogato a tutte le leggi che precedentemente hanno avuto ad oggetto il danno ingiusto, sia alle XII tavole, sia a qualunque altra legge che ora non è necessario riferire. 1. E questa legge Aquilia è un plebiscito, infatti l’ha proposta alla plebe il tribuno Aquilio Gallo. D pr. (Gaio, libro VII del commento all’editto provinciale). La legge Aquilia prevede nel primo capo: «Chi avrà ucciso ingiustamente uno schiavo o una schiava altrui o un quadrupede o un capo di bestiame, quanto fu il maggior valore di esso in quell’anno, tanto denaro sia condannato a dare al proprietario».

Gai Damni iniuriae actio constituitur per legem Aquiliam, cuius primo capite cautum est, ut si quis hominem alienum alienamve quadrupedem, quae pecudum numero sit, iniuria occiderit, quanti ea res in eo anno plurimi fuerit, tantum domino dare damnetur.

Istituzioni di Gaio L’azione di danno ingiusto è data dalla legge Aquilia: nel primo capo di questa è previsto che se qualcuno avrà ucciso ingiustamente uno schiavo altrui o un quadrupede di altri che faccia parte del bestiame, quanto sarà stato il maggior valore della cosa in quell’anno, tanto sia condannato a dare al proprietario.

Iniuria autem occidere intellegitur, cuius dolo aut culpa id acciderit, nec ulla alia lege damnum, quod sine iniuria datur, reprehenditur; itaque inpunitus est, qui sine culpa et dolo malo casu quodam damnum committit…

Si intende per ‘uccidere ingiustamente’ quando ciò sarà accaduto per dolo o colpa; il danno che non è procurato ingiustamente non è sanzionato da nessun’altra legge; è quindi impunito colui che senza colpa né dolo malvagio causa un danno per caso …

Cuius autem servus occisus est, is liberum arbitrium habet vel capitali crimine reum facere eum, qui occiderit, vel hac lege damnum persequi …

213. Colui al quale sia stato ucciso uno schiavo ha libera facoltà o di accusare l’uccisore di crimine capitale, o di perseguire la riparazione del danno in base a questa legge …

Ceterum etiam placuit ita demum ex ista lege actionem esse, si quis corpore suo damnum dederit, ideoque alio modo damno dato utiles actiones dantur, velut si quis alienum hominem aut pecudem incluserit et fame necaverit, aut iumentum tam vehementer egerit, ut rumperetur;

Si volle peraltro che con questa legge ci fosse azione solo se taluno avesse arrecato il danno con il suo corpo; e perciò se il danno è arrecato in altro modo, si accordano delle azioni utili, come nel caso in cui uno avesse rinchiuso uno schiavo altrui o un animale perché morisse di fame, o ha condotto un cavallo così accanitamente da farlo scoppiare;

item si quis alieno servo persuaserit, ut in arborem ascenderet vel in puteum descenderet, et is ascendendo aut descendendo ceciderit et aut mortuus fuerit aut aliqua parte corporis laesus sit. Item contra si quis alienum servum de ponte aut ripa in flumen proiecerit et is suffocatus fuerit, hic quoque corpore suo damnum dedisse eo, quod proiecerit, non difficiliter intellegi potest.

analogamente se taluno avrà persuaso lo schiavo altrui a salire su un albero o a calarsi in un pozzo, e quello salendo o scendendo sarà caduto e o sarà morto oppure avrà avuto lesioni in qualche parte del corpo. E ancora, invece, se qualcuno avrà gettato uno schiavo altrui da un ponte o dalla riva di un fiume e questo è affogato, non è difficile comprendere che aveva arrecato danno con il suo corpo, in quanto lo aveva gettato giù.

D Ulpianus libro 18 ad edictum pr. Item Mela scribit, si, cum pila quidam luderent, vehementius quis pila percussa in tonsoris manus eam deiecerit et sic servi, quem tonsor habebat, gula sit praecisa adiecto cultello: in quocumque eorum culpa sit, eum lege Aquilia teneri. Proculus in tonsore esse culpam: et sane si ibi tondebat, ubi ex consuetudine ludebatur vel ubi transitus frequens erat, est quod ei imputetur: quamvis nec illud male dicatur, si in loco periculoso sellam habenti tonsori se quis commiserit, ipsum de se queri debere.

Se qualcuno, nel giocare a palla con altri, abbia dato a questa un colpo troppo forte, facendola cadere sulle mani di un barbiere, e il servo che il barbiere stava radendo abbia avuto la gola tagliata col rasoio, Mela scrive che quello fra loro che sia in colpa sarà tenuto con l’azione della legge Aquilia. Proculo dice che la colpa è del barbiere, e certo se egli si è messo a radere in un luogo ove di solito si giocava o dove il transito era frequente, è il caso di fargliene colpa: benché non sia neppure scorretto l’affermare che colui il quale si affidi ad un barbiere che abbia posto la sua sedia in luogo pericoloso debba imputare a se stesso il male che gliene può venire.

D Alfenus libro secundo digestorum 2. In clivo Capitolino duo plostra onusta mulae ducebant: prioris plostri muliones conversum plostrum sublevabant, quo facile mulae ducerent: inter superius plostrum cessim ire coepit et cum muliones, qui inter duo plostra fuerunt, e medio exissent, posterius plostrum a priore percussum retro redierat et puerum cuiusdam obtriverat: dominus pueri consulebat, cum quo se agere oporteret. Sul pendio del Campidoglio delle mule trascinavano due carri carichi; i mulattieri sostenevano posteriormente il primo carro, affinché le mule lo trascinassero più facilmente; il carro più avanti cominciò a retrocedere e, essendosi tolti di mezzo i mulattieri che si trovavano fra i due carri, il secondo carro urtato dal primo, scartò all’indietro e schiacciò un giovane schiavo; il padrone dello schiavetto chiedeva contro chi dovesse agire.

Respondi in causa ius esse positum: nam si muliones, qui superius plostrum sustinuissent, sua sponte se subduxissent et ideo factum esset, ut mulae plostrum retinere non possint atque onere ipso retraherentur, cum domino mularum nullam esse actionem, cum hominibus, qui conversum plostrum sustinuissent, lege Aquilia agi posse: Io ho risposto che la soluzione giuridica dipendeva dalle circostanze del fatto; se infatti i mulattieri che sostenevano il primo carro si fossero fatti da parte volontariamente e perciò fosse accaduto che le mule non potessero più trattenere il carro e fossero arretrate per lo stesso peso, non c’è alcuna azione contro il proprietario delle mule, mentre si può agire in base alla legge Aquilia contro gli uomini che sostenevano posteriormente il carro;

nam nihilo minus eum damnum dare, qui quod sustineret mitteret sua voluntate, ut id aliquem feriret: veluti si quis asellum cum agitasset non retinuisset, aeque si quis ex manu telum aut aliud quid immisisset, damnum iniuria daret. non diversamente, infatti, arreca un danno chi lascia andare di sua volontà ciò che sostiene, in modo da ferire qualcuno: come ad esempio se qualcuno dopo aver spinto un asino, non riuscisse più a trattenerlo, o se qualcuno si facesse sfuggire di mano un dardo o qualcosa di simile.

Sed si mulae, quia aliquid reformidassent et muliones timore permoti, ne opprimerentur, plostrum reliquissent, cum hominibus actionem nullam esse, cum domino mularum esse. Se invece le mule sono arretrate essendosi spaventate per qualcosa e i mulattieri abbiano lasciato il carro presi da timore e per evitare di essere schiacciati, contro i mulattieri non c’è alcuna azione, mentre l’azione compete contro il padrone delle mule.

Quod si neque mulae neque homines in causa essent, sed mulae retinere onus nequissent aut cum coniterentur lapsae concidissent et ideo plostrum cessim redisset atque hi quo conversum fuisset onus sustinere nequissent, neque cum domino mularum neque cum hominibus esse actionem. Se poi non c’entrano né le mule né i mulattieri, ma le prime non hanno potuto trattenere il carico, oppure puntellandosi sono scivolate e cadute, e perciò il carro è retrocesso, e i mulattieri posti di dietro non hanno potuto sostenere il carico, non c’è azione né contro il proprietario delle mule, né contro gli uomini.

Illud quidem certe, quoquo modo res se haberet, cum domino posteriorum mularum agi non posse, quoniam non sua sponte, sed percussae retro redissent. Quel che è certo, comunque stiano le cose, è che non si può agire contro il padrone delle mule del secondo carro, perché queste sono retrocesse non di loro volontà ma per l’urto.

D pr. (Ulp. 23 ad ed.). Ait praetor: «qui servum servam alienum alienam recepisse persuasisseve quid ei dicetur dolo malo, quo eum eam deteriorem faceret, in eum quanti ea res erit in duplum iudicium dabo». D pr. (Ulpiano, libro XXIII del commento all’editto del pretore). Dice il pretore: «concederò un’azione per il doppio del valore dello schiavo, contro chi si dirà abbia accolto dolosamente uno schiavo o una schiava altrui, oppure li abbia persuasi dolosamente a commettere azioni tali da renderli deteriori, diminuendone il valore».

(D ) Unde quaeritur, si quis servo alieno suaserit in tectum ascendere vel in puteum descendere et ille parens ascenderit vel descenderit et ceciderit crusque vel quid aliud fregerit vel perierit, an teneatur: et si quidem sine dolo malo fecerit, non tenetur, si dolo malo, tenebitur. D (Paul. 19 ad ed.) : Sed commodius est utili lege Aquilia eum teneri. Quindi si chiede se qualcuno ha persuaso uno schiavo altrui a salire su un tetto o a calarsi in un pozzo e quello, obbedendo, lo ha fatto, ma è caduto e si è rotto una gamba o qualche altra parte del corpo, o è morto, se sia tenuto (dall’actio servi corrupti): (bisogna valutare) se c’è stato dolo malvagio: se non vi è stato, (colui che ha persuaso) non sarà tenuto, in caso contrario (se il dolo può essere provato), sarà tenuto. Ma è meglio che (quello) sia tenuto con l’azione utile basata sulla legge Aquilia.