DAL CRITICISMO KANTIANO ALL’ IDEALISMO
Il principio fondamentale del CRITICISMO consiste nella CENTRALITA’ ASSUNTA DAL SOGGETTO che Kant stesso definisce “rivoluzione copernicana”. RIVOLUZIONE COPERNICANA = noi non conosciamo la realtà in sé, bensì conosciamo la realtà in quanto arriva a noi modificata da noi stessi mediante le forme a priori che diventano le condizioni di conoscibilità dell’esperienza fenomenica (spazio, tempo, categorie).
COME CONOSCIAMO IL FENOMENO?
FUNZIONE DEL NOUMENO SECONDO KANT
FENOMENO/NOUMENO FENOMENO: La realtà come appare alla ragione tramite le forme a priori (gli “occhiali” della ragione) che costituiscono le condizioni della conoscenza umana. NOUMENO: in Kant è un concetto-limite, l’esistenza in sé della cosa che, sebbene inconoscibile in quanto tale, deve essere ammessa come ciò cui si applicano i processi conoscitivi.
La massima incarnazione del Romanticismo filosofico è l'idealismo che, infrangendo i limiti conoscitivi posti da Kant, inaugura una nuova metafisica dell'infinito. L'idealismo risulta preparato da coloro che criticano i dualismi lasciati dal criticismo kantiano, cercando di trovare un principio unico sulla cui base a fondare una nuova filosofia. Il dualismo fondamentale è rappresentato dalla distinzione tra fenomeno e noumeno. La contraddizione è rappresentata da un noumeno dichiarato esistente e insieme inconoscibile: ciò è filosoficamente inammissibile.
CRITICA AL NOUMENO (1) Il ragionamento generale dei critici di Kant è il seguente: ogni realtà di cui siamo consapevoli esiste come rappresentazione della coscienza, la quale ultima funge, a sua volta, da condizione indispensabile del conoscere. Ma se l'oggetto risulta concepibile solo in relazione ad un soggetto che lo rappresenta, come può venir ammessa l'esistenza di una cosa in sé, ossia di una realtà non pensata e non pensabile, non rappresentata e non rappresentabile? La cosa in sé diventa un concetto impossibile…
CRITICA AL NOUMENO (2) Altra critica mossa a Kant è l'asserzione che afferma che la cosa in sé è causa delle nostre sensazioni: avrebbe applicato il concetto di causa ed effetto, che vale solo per il fenomeno e non per il noumeno. Kant afferma che il noumeno, per noi, non costituisce una realtà cui applicare le categorie, ma un semplice momento critico, un promemoria che ci ricorda costantemente che l'oggetto ci è dato attraverso una rete di forme a priori. Queste critiche sono però ancora in un orizzonte gnoseologico, non ancora incentrato sulla tesi metafisica di un Io creatore e infinito (passaggio all’idealismo con Fichte).
I PROSECUTORI CRITICI DELL’OPERA KANTIANA I POST-KANTIANI I PROSECUTORI CRITICI DELL’OPERA KANTIANA
CHI SONO? KARL LEONHARD REINHOLD (1758-1823) FRIEDRICH HEINRICH JACOBI (1743-1819) KARL LEONHARD REINHOLD (1758-1823) SALOMON MAIMON (1754-1800) GOTTLOB ERNST SCHULZE (1761-1833)
FRIEDRICH HEINRICH JACOBI (1743-1819) Già Jacobi osserva che il Criticismo, pur sostenendo che la realtà essenzialmente riposa sul soggetto, per poter fondare la distinzione fra mondo fenomenico e mondo noumenico è costretto a porre l’esistenza della cosa in sé, sfociando quindi nel Realismo. Realismo: forma di gnoseologia che presuppone comunque esistente l'oggetto della conoscenza, indipendentemente dall'attività conoscitiva. Per il realismo, quindi, una realtà esiste indipendentemente dai nostri schemi concettuali, dal nostro linguaggio e dalle nostre credenze. Realisti inoltre sono detti coloro che conferiscono realtà agli enti del pensiero. Il termine “Realismo”, dunque, rappresenta l’opposto di “Idealismo.
JACOBI propone un Realismo basato sulla fede in una realtà che trascende il soggetto, intesa come realtà divina. Solo la fede, infatti, ci permette di compiere il “salto” dal pensiero all’essere, dal fenomeno al noumeno facendoci cogliere, nello stesso tempo, l’esistenza di una realtà esterna e quella della realtà assoluta e trascendente di Dio. difende la validità della fede come sentimento dell‘Incondizionato, ovvero di Dio. La ragione non può giungere a una dimostrazione dell'esistenza di una divinità creatrice. in conclusione, insieme ad altri romantici come Herder e Hamann, contesta radicalmente i presupposti della filosofia di Kant.
KARL LEONHARD REINHOLD (1758-1823) Per sviluppare e risolvere i lati oscuri che emergevano dalla filosofia di Kant Reinhold scrive: Lettere sulla filosofia kantiana (pubblicate tra il 1786-1787 sulla rivista Deutscher Merkur): rappresentano un importante contributo alla diffusione del pensiero di Kant. Saggio su una nuova teoria della facoltà umana della rappresentazione (1789)
REINHOLD Risolvere il dualismo kantiano nell’unità della COSCIENZA Il dibattito che ruota intorno al kantismo ha in Reinhold il suo esponente più significativo. REINHOLD considera il criticismo come una filosofia scientifica, la filosofia per eccellenza, base dell’intero sistema del sapere. Ecco perché vuole Risolvere il dualismo kantiano nell’unità della COSCIENZA Semplificare la complessa costruzione della Critica della ragion pura dimostrando che i principi di Kant si possono spiegare con la RAPPRESENTAZIONE.
LA RAPPRESENTAZIONE Reinhold (predecessore di Fichte all’università di Jena) individua nella rappresentazione IL PRINCIPIO UNITARIO DELLA COSCIENZA in grado di superare ogni dualismo. Mediante la rappresentazione Reinhold fonda la DISTINZIONE TRA SOGGETTO (COSCIENZA DEL RAPPRESENTANTE) e OGGETTO ( CIO’ CHE VIENE RAPPRESENTATO). Essa comprende entrambi e nessuno dei due può essere pensato senza l’altro. Se la coscienza non è altro che facoltà rappresentativa essa non può “rappresentarsi” la realtà noumenica della cosa in sé che per definizione è estranea ad ogni rappresentazione possibile. La cosa in sé è dunque ciò che non è rappresentabile: di essa possiamo dire solo ciò che non è, anche se la sua esistenza non può essere negata.
IN SINTESI Sottolinea che il soggetto e l’oggetto sono inseparabili Reinhold è un seguace di Kant ed inserisce nuovi elementi portando la filosofia kantiana verso l’idealismo Sottolinea che il soggetto e l’oggetto sono inseparabili Risolve il dualismo Io – Cosa in sè con l’introduzione di un elemento che li comprenda entrambi: LA RAPPRESENTAZIONE.
SALOMON MAIMON (1754-1800) Nell’opera Ricerche critiche sullo spirito umano (1797) Maimon prosegue l’opera di eliminazione della cosa in sé sostiene che la cosa in sé se non può essere rappresentata è una NON-COSA ed è inaccettabile.
Lo scopo di Maimon è quello di garantire la validità del Criticismo, superandone l’interna contraddittorietà, attraverso la rinuncia alla cosa in sé, concepita solo come un limite alla spontaneità del pensiero. Egli suggerisce di considerare come elemento oggettivo della conoscenza non una realtà che trascenda l’esperienza, ma solo ciò che non varia nella conoscenza stessa, cioè le forme a priori, universali e necessarie, che costituiscono l’elemento che resta invariato nella conoscenza all’interno di un contesto, quello dell’esperienza, caratterizzato invece dalla molteplicità e dal mutamento delle percezioni sensibili. Maimon sgancia il Criticismo dalla sua base empirica e lo avvia verso esiti idealistici.
GOTTLOB ERNST SCHULZE (1761-1833) Nell’opera Enesidemo, pubblicata nel 1792, Schulze afferma che LA COSA IN SE’ RESTA INCONOSCIBILE e approda ad uno scetticismo vicino alla filosofia di Hume. Infatti giunge a sostenere che dal momento che solo le rappresentazioni possono essere oggetto di conoscenza, nulla è possibile dire della ipotetica cosa in sé.
E’ proprio l’ambiguità del concetto di cosa in sé ad essere denunciata da Schulze. Questa infatti da un lato è definita come ciò che non è rappresentazione, mentre dall’altro è considerata come fonte del conoscere: Schulze si chiede: COME SI FA A PORRE A FONDAMENTO DELL’ESPERIENZA CIO’ CHE NON E’ ESSO STESSO ESPERIENZA? Così facendo ci si impiglia in una contraddizione di fondo: o è possibile conoscere ciò che è a fondamento dell’esperienza, ma allora non è vero che la conoscenza si limita agli oggetti dell’esperienza sensibile; oppure, se è vera quest’ultima affermazione, allora è falso e illusorio pensare che sia possibile conoscere ciò su cui l’esperienza si fonda e che non è, a sua volta, empiricamente accertabile.
Con lui entriamo pienamente nell’Idealismo. IN SINTESI Schulze rifiuta la cosa in sé perché ammettendola si cadrebbe in contraddizione. Con lui entriamo pienamente nell’Idealismo.
QUANDO NASCE L’IDEALISMO? L'idealismo sorge quando Fichte, spostando il discorso dal piano gnoseologico al piano metafisico, abolisce il fantasma della cosa in sé, ovvero la nozione di qualsiasi realtà estranea all'io, che in tal modo diviene una entità creatrice, fonte di tutto ciò che esiste, e infinita cioè priva di limiti esterni.
COSA SOSTIENE L’IDEALISMO? Da ciò la tesi tipica dell'idealismo tedesco secondo cui TUTTO E’ SPIRITO. Il termine “Spirito” per Fichte è in ultima istanza la realtà umana considerata come attività conoscitiva e pratica e come libertà creatrice. Ora poiché nella realtà non c'è mai il positivo senza il negativo, la tesi senza l'antitesi, lo Spirito, proprio per essere tale, ha bisogno di quella antitesi vivente che è la natura. Questa concezione del mondo è DIALETTICA. È lo Spirito ad essere causa della natura, poiché quest'ultima esiste solo per l’Io ed in funzione dell’Io, essendo semplicemente il materiale, la scena della sua attività, ossia il polo dialettico del suo essere.
Lo Spirito crea la realtà nel senso che l'uomo rappresenta la ragion d'essere dell'universo, la natura esiste non come realtà a sé stante ma come momento dialettico necessario della vita dello spirito. La chiave di spiegazione di ciò che esiste, vanamente cercata dai filosofi fuori dall'uomo, ad esempio in un Dio trascendente o nella natura, si trova invece nell'uomo stesso, ovvero nello Spirito. Ma allora l'uomo coincide con l‘Assoluto e con l‘Infinito, cioè con Dio stesso, ossia con gli attributi fondamentali che la filosofia occidentale ha sempre riferito alla divinità.
L‘IDEALISMO tedesco conclude che l'uomo stesso è Dio, cioè il soggetto che si costituisce tramite l'oggetto, la libertà che opera attraverso l'ostacolo, l'io che si sviluppa attraverso il non io. L’Idealismo è una forma di PANTEISMO SPIRITUALISTICO (Dio è lo spirito operante nel mondo, cioè l’uomo) che si distingue dal panteismo naturalistico (Dio è la Natura) o dal trascendentismo ebraico cristiano (Dio è Persona altra dall’universo). Esso è inoltre un MONISMO DIALETTICO diverso dai dualismi metafisici e gnoseologici (dai Greci a Kant).
Johann Gottlieb Fichte (1762-1814) Decisiva fu la filosofia kantiana nella sua formazione. Nel 1794 Fichte pubblica la sua opera principale: Fondamenti della dottrina della scienza. Inizialmente continuatore e interprete del pensiero di Kant (nella preminenza accordata al soggetto nella vita teoretica e morale), ben presto supera i confini del Criticismo e sviluppa un sistema filosofico originale.
KANT FICHTE KANT FICHTE (IO PENSO) (IO PURO) L’IO E’ FINITO PERCHE’ E’ LIMITATO DAL NOUMENO L’IO E’ INFINITO PERCHE’ TUTTO ESISTE NELL’IO E PER L’IO L’IO E’ IL PRINCIPIO FORMALE E MATERIALE A CUI SI DEVE LA REALTA’ STESSA L’IO E’ PRINCIPIO FORMALE DEL CONOSCERE
LA DOTTRINA DELLA SCIENZA SI ARTICOLA IN TRE MOMENTI O PRINCIPI: L’IO PONE SE STESSO L’Io è la condizione originaria della conoscenza, concepisce e pone se stesso come irriducibile al contenuto della conoscenza. E’ a priori, presupposto di ogni singolo pensiero. Con questa formula il principio di identità, che è l’architrave logico del sapere, viene riproposto in forma nuova rispetto alla tradizione: Io=Io. Non si tratta più di un atto formale, ma dell’atto con cui l’Io afferma e pone se stesso. L’Io non si configura come essere, ma come attività. Il principio non è ma tende ad essere, animato da una spinta alla realizzazione di sé.
L’IO PONE IL NON-IO Per realizzarsi l’Io ha bisogno di un non-io, una realtà di segno opposto a quella dell’Io. Il pensiero non è un’astratta posizione di sé ma, per cercare di realizzarsi, deve contrapporre a se stesso, in se stesso, un altro da sé. In quanto tale il non-io ha caratteri opposti all’Io: se l’Io è infinito il non-io è finito, se l’Io è unità il non-io è molteplicità, se l’Io è attività il non-io è passività, se l’Io è spiritualità il non-io è materialità. Finito, molteplice, passivo, materiale: il non-io è la natura, considerata ancora con i caratteri che le aveva assegnato la concezione meccanicistica, quindi senza alcun carattere romantico (questo passaggio avverrà con Schelling). Se l’autoposizione dell’Io costituisce il momento della tesi la posizione del non-io rappresenta quello dell’antitesi, che è altrettanto necessaria per spiegare il movimento del conoscere.
L’IO OPPONE, NELL’IO, A UN NON-IO DIVISIBILE UN IO DIVISIBILE E’ il momento della sintesi, cioè della ricomposizione della tesi con l’antitesi. Avendo opposto a se stesso, in se stesso (cioè nel pensiero), un non-io, l’Io si è posto un limite, non è più infinito. In altri termini, come contraccolpo del non-io, l’Io stesso diviene molteplice, limitato, “divisibile” in molti io empirici. Tali soggetti empirici hanno “davanti a sé” un mondo che è altro da loro e che li imita. N.B. Fichte ha definito la sua posizione come Ideal-realismo perché per noi, soggetti empirici, il non-io si presenta, sempre e comunque, come realtà esterna, indipendente e irriducibile a noi, dotata di una propria consistenza e identità (in questo senso egli sostiene che il suo è Realismo); tuttavia, in secondo luogo, a fondamento della stessa coscienza vi è un’attività originaria e cioè un Io puro, una pura attività spirituale (Idealismo).
IN CONCLUSIONE …
IL DIBATTITO SULLA COSA IN SE’ E LA NASCITA DELL’IDEALISMO CRITICHE AL DUALISMO KANTIANO LA COSA IN SE’ E’ DICHIARATA ESISTENTE MA ALLO STESSO TEMPO INCONOSCIBILE SE OGNI COSA E’ UNA RAPPRESENTAZIONE (FENOMENO), COME PUO’ VENIR AMMESSA L’ESISTENZA DI UNA COSA IN SE’, CIOE’ DI UNA REALTA’ NON PENSATA E NON PENSABILE, NON RAPPRESENTATA E NON RAPPRESENTABILE? JACOBI: SE IL CRITICISMO E’ VERO SI DEVE RICONDURRE TUTTO AL SOGGETTO E ABOLIRE LA COSA IN SE’. SE E’ FALSO SI DEVE CONSERVARE LA COSA IN SE’ E TORNARE AL REALISMO REINHOLD: LA COSA IN SE’ NON PUO’ ESSERE OGGETTO DELLA RAPPRESENTAZIONE PER CUI E’ E’ UN CONCETTO CONTRADDITTORIO MAIMON: LA COSA IN SE’ E’ UN CONCETTO IMPOSSIBILE, PURAMENTE CONTRADDITTORIO (IMPORTANZA DELLE FORME A PRIORI) SCHULZE: LA COSA IN SE’ E’ INCONOSCIBILE, PER CUI DI ESSA NON SI PUO’ DIRE NULLA (SCETTICISMO) TUTTE LE CRITICHE SI COLLOCANO SUL PIANO GNOSEOLOGICO
FICHTE PORTA IL PROBLEMA SUL PIANO METAFISICO PER KANT PER FICHTE L’IO E’ QUALCOSA DI FINITO, NON CREA LA REALTA’, SI LIMITA DA ORDINARLA (IO PENSO) ABOLISCE IL PRESUPPOSTO CONTRADDITTORIO DELLA COSA IN SE’, CIOE’ DI UNA REALTA’ ESTRANEA DELL’IO, PORTANDO LA QUESTIONE DAL PIANO GNOSELOGICO A QUELLO DELL’ESSERE (IO PURO) L’IO DIVIENE UN’ENTITA’ CREATRICE E INFINITA FONTE DI TUTTO CIO’ CHE ESISTE “TUTTO E’ SPIRITO” NASCE COSI’ L’IDEALISMO TEDESCO LA FILOSOFIA DI FICHTE NE COSTITUISCE LA PRIMA ELABORAZIONE LA FILOSOFIA DI HEGEL NE COSTITUISCE LA MASSIMA ESPRESSIONE