Non abbiate paura della tenerezza Come concretizzare l’attuazione della tenerezza? PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI Anno Pastorale.

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Transcript della presentazione:

Non abbiate paura della tenerezza Come concretizzare l’attuazione della tenerezza? PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI Anno Pastorale

In questo incontro indico concretamente quali sono i modi per attualizzare la tenerezza nella nostra vita di presbiteri, attra­verso vari movimenti da vivere nei confronti di noi stessi e la presentazione di percorsi da sperimentare nei confronti degli altri nella nostra quotidianità.

l. Momento di preghiera Dio d’infinita tenerezza, tu ci precedi sempre, e ci segui come un padre e una madre: tu solo sei grande e compi meraviglie. La tua tenerezza è il grembo eterno dal quale veniamo, nel quale viviamo e al quale tendiamo con tutto il nostro essere, Tu in noi e noi in Te, sorgente di ogni vita e del mondo.

Infondi nei nostri animi la dolcezza del tuo amore, perché coloro che incontriamo possano avvertire un soffio vivo della tua tenerezza appassionata e vivano l’esperienza della tua inesauribile bontà. Rendici strumenti docili della tua tenerezza nel mondo e annunciatori autentici della forza umile dell'amore che scaturisce dalla Croce di Gesù, il Redentore. Dio-Padre, Tenerezza donante, aiutaci a essere capaci di gratuità gli uni con gli altri, a immagine dell’Unigenito che ci hai donato.

Dio-Figlio, Tenerezza accogliente, guidaci all’accoglienza, con un cuore mite e umile come il tuo, fino all’oblazione di noi stessi. Dio-Spirito Santo, tenerezza condividente, sii per noi forza vivificante perché sappiamo rinnovarci ogni giorno in una fraterni­tà affabile e gentile. Trinità adorabile ci fidiamo di te, e vogliamo consacrare al tuo nome tutta la nostra vita

2. VIVERE LA TENEREZZA VERSO NOI STESSI essere buoni con noi stessi 1 Che cosa significa essere buoni con se stessi? Attra­verso dieci affermazioni cercherò di descriverne il signi­ficato profondo. 1. Per un ulteriore approfondimento si veda GRUN ANSELM, Alla ricerca dell’equilibrio interiore, Queriniana, Brescia 2009, pp ; ID., Il libro dell’arte della vita, Queriniana, Brescia 2004, pp

l. Significa osservare le nostre ferite interiori con lo sguardo compassionevole del cuore e reagire con una cordiale compassione. Ciò comporta:

Essere teneri con noi stessi, sentirci a casa come il bambino nel grembo materno.

Riconciliarci con le nostre povertà, con le nostre immagini idealizzate e imparare ad accettarci.

Le fragilità fanno parte di noi. Ci appartengono e in quanto tali vanno amate. È bene che non infieriamo, ma ci riconciliamo con esse.

Se apprendiamo l’arte di com­portarci in modo affettuoso e compassionevole con le parti miserevoli di noi stessi, proprio queste miserie potranno diventare fonte di benedizione e sorgente di una felicità più profonda.

Ricca di sapienza è l’affermazione di Isacco di Ninive: Beato l’uomo che conosce la sua debolezza: questa conoscenza sarà per lui fondamento e principio per tutte le cose buone e belle ISACCO DI NINIVE, Un un’umile speranza, Qiqajon, Comunità di Bose, p. 65.

Dieci volte al giorno devi riconciliarti con te stesso; il superamento è infatti amarezza, e male dorme chi non si è riconciliato 3. Possiamo vivere anche con i nostri limiti e le nostre debolezze. Questa strada non è certamente facile, ma dobbiamo pur sempre tornare a percorrerla. Non siamo riconciliati per sempre. Friedrich Nietzsche afferma: 3. NIETZSCHE FRIEDRICH, Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno, in Opere di Friedrich Nietzsche, a cura di G. Colli, M. Montanari, Adelphi, Milano 1973, vol.VI,Ip. 26.

nel corso degli anni, sono arrivato a rendermi conto che, nella vita, la più grande trappola non è il successo, la popo­larità o il potere, ma il rifiuto di noi stessi. Naturalmente il successo, la popolarità e il potere possono essere una grande tentazione, ma la loro forza di seduzione deriva spesso dal fatto che sono parte di una più grande tentazione, quella del rifiuto di noi stessi. Quando si dà ascolto alle voci che ci chiamano indegni e non amabili, allora il successo, la po­polarità e il potere sono facilmente percepiti come soluzioni attraenti. Ma la vera trappola è il rifiuto di noi stessi. Mi stupisco sempre di come cado in fretta in questo tipo di ten­ tazione. Appena qualcuno mi accusa o mi critica, appena mi sento rifiutato, lasciato solo o abbandonato, mi trovo a pensare: “Questo prova ancora una volta, che non sono nessuno”. Invece di assumere una posizione critica al riguardo, o cercare di capire quali sono i miei e altrui limiti, tendo a colpevolizzarmi - non solo per ciò che ho fatto, ma per ciò che sono. Il mio lato oscuro dice: “Non sono buono [.. ] merito di essere messo da parte, di essere dimenticato, rifiutato e abbandonato”. LA GRANDE TRAPPOLA CHE CIASCUNO DI NOI PUÒ VIVERE È QUELLA DI RIFIUTARCI E DI NON ACCETTARCI. HEN­RI NOUWEN SCRIVE: 4. HENRY NOUWEN, Sentirsi amati, Queriniana, Brescia 2002, p. 55.

2. Significa accettare di non essere degli eroi, né delle persone perfette, ma delle persone limitate: Il nucleo della felicità sta nel voler essere colui che si è (Erasmo da Rotterdam) Citato da GRUN ANSELM, Il libro dell’arte della vita, op., 2004, p. 13.

3. Significa rivolgerci amorevolmente alla parte di noi che rifiutiamo. Essa ci appartiene. È parte di noi. E anche questa va amata. E tanto più non la combattiamo, ma la accettiamo, tanto più ci sentiremo in armonia con noi stessi e con gli altri.

4. Significa sperimentare che abbiamo dei difetti, ma che noi non siamo i nostri difetti. Abbiamo delle colpe, ma non siamo le nostre colpe.

5. Significa che noi non siamo responsabili dei pen­sieri che affiorano dentro di noi, ma solo del modo in cui li gestiamo. Non saremo cattivi quando certi pensie­ri ci opprimono, né ci colpevolizzeremo se in noi esisto­no vanagloria, odio, gelosia, pensieri di natura sessuale. Rifletteremo piuttosto sul come possiamo reagire a essi in modo che non ci dominino.

6. Significa accettare le delusioni che viviamo ritenendo che esse fanno parte della nostra esistenza. Rico­noscerle è doloroso, ma ci è data la possibilità di anelare a qualcosa di grande e divino. Chi ha sperimentato la vita con le sue delusioni e, nonostante questo, non si è rinchiuso in sé, ma ha accolto se stesso aprendosi sem­pre più agli altri e a Dio, questi ha un cuore grande.