Una nuova prospettiva: la complessità. “Il tutto è più della somma delle parti”

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Transcript della presentazione:

Una nuova prospettiva: la complessità

“Il tutto è più della somma delle parti”

Dobbiamo dunque considerare lo stato presente dell’universo come l’effetto del suo stato anteriore e come causa del suo stato futuro. Un’Intelligenza che, per un dato istante, conoscesse tutte le forse di cui è animata la natura e la situazione rispettiva degli esseri che la compongono, se perdipiù fosse abbastanza profonda per sottomettere questi dati all’analisi, abbraccerebbe nella stessa formula i movimenti dei più grandi corpi dell’universo e dell’atomo più leggero: nulla sarebbe incerto per essa e l’avvenire, come il passato, sarebbe presente ai suoi occhi (Laplace 1814).

Ottica meccanicista  oggetti e individui sono costituiti da “cose semplici”, potenzialmente conoscibili in modo esaustivo: padroneggiando gli elementi semplici e le leggi in base alle quali essi interagiscono, si può arrivare a comprendere interamente il funzionamento dell’ “oggetto” che si sta indagando.

Un oggetto inteso nell’ottica del meccanicismo, pertanto, può essere assai complicato, ma ciò non esclude che, in linea di principio, possa essere ridotto alla dinamica delle parti semplici di cui è costituito. Qualcosa è “complicato”, cioè, se il suo funzionamento può essere ridotto a degli elementi e a delle leggi semplici.

L’ ottica della complessità esprime un diverso atteggiamento scientifico, che si libera dalla convinzione di fondo che il mondo microscopico sia semplice e governato da leggi matematiche. Ciò ci appare oggi una fallace idealizzazione. La situazione potrebbe essere simile al ridurre i fabbricati a conglomerati di mattoni; con gli stessi mattoni si può costruire una fabbrica, un palazzo o una cattedrale. È a livello dell’intera costruzione che noi possiamo vedere l’effetto del tempo, dello stile in cui il fabbricato è stato concepito (Prigogine, Stengers, 1979, tr. it. 1981, p. 9).

Cos’è un sistema complesso? È un sistema composto da molte parti differenziate, organizzate gerarchicamente (un esempio è il corpo umano), fra le quali intercorre una fitta rete di relazioni “non- lineari”. (“Non-linearità” è un concetto matematico che indica la non integrabilità (nel senso del calcolo integrale) delle funzioni che descrivono il sistema).

Tutti i sistemi sono instabili e quindi non- lineari; i sistemi possono venire essere trattati come stabili per approssimazione perché così risultano “calcolabili”

Tale approssimazione cessa di essere tale per sistemi lontano dallo stato di equilibrio In prossimità dell’equilibrio, dice Prigogine, la materia è “cieca”; lontano dall’equilibrio, “comincia a vedere”

Le parti del sistema iniziano a manifestare dei comportamenti collettivi. Si dice che tali sistemi si “autoorganizzano”

Spesso anche i confini del sistema si indeboliscono e il sistema inizia a interagire col contesto. –Vengono utilizzati termini come “risonanza”, “punti di biforcazione”, “cambiamento di stato”, “aggancio di fase” ecc. per dar conto di come l’evolvere di strutture complesse non sia semplicemente spiegabile in termini di sommatoria del funzionamento delle parti.

Si generano proprietà emergenti  i fenomeni complessi non sono riducibili a quelli inferiori perché manifestano proprietà emergenti che scaturiscono dalla loro stessa complessità

Se i fenomeni generano configurazioni globali non deducibili da un calcolo a priori, la “calcolabilità” del sistema e della sua evoluzione nel tempo non può essere garantita da una master equation di tipo laplaciano capace di prevedere, in base a delle leggi certe e onnicomprensive, l’evoluzione del tutto:  viene meno l’ideale di piena intelligibilità del mondo, tipico della tradizione occidentale  non esiste una “teoria del tutto”, una master equation, una grand theory

Se i fenomeni generano configurazioni globali non deducibili da un calcolo a priori e la prevedibilità del sistema in base a leggi a priori può essere solamente debole quando il sistema è “agitato”… …occorre capire, situazione per situazione, “stando dentro” la singola situazione, come può evolvere la situazione medesima (cfr ricerca-azione di Lewin)

Si assiste ad un cambio di prospettiva, in base al quale al centro non c’è l’oggettività universo fisico regolato da leggi universali, i sistemi reali con la loro dinamica intrinseca, che generano comportamenti collettivi, autoorganizzati, come se fossero degli “organismi”.

La teoria che io sostengo è che l’intera concezione del materialismo si applica solo a entità assolutamente astratte, cioè ai risultati del discernimento logico. Le entità concrete e durevoli sono organismi, talché il piano del tutto influenza le qualità proprie dei vari organismi subordinati che in esso rientrano. Nel caso di un essere animato, gli stati mentali, psichici, rientrano nel piano dell’organismo totale e con ciò modificano i piani degli organismi successivamente subordinati fino agli organismi finali più piccoli, come gli elettroni. (Whitehead 1925, La scienza e il mondo moderno, Boringhieri, Torino 1978, p. 94)

La nozione di complessità conduce ad un “arretramento” “quasi estetico” di fronte a teorie onnicomprensive, ma semplificatrici (Stenger, 1985, p. 51).

Infatti, essa lascia intravedere un diverso atteggiamento nei confronti della vita… la realtà non è solo meccanicità e tendenza al disordine, ma possiede anche un’intrinseca capacità di creare ordine e strutture complesse, come «questi bellissimi fiori disposti nel vaso da mia moglie» (Prigogine, 1996, tr. it. 1997, p. 54).  Whitehead: la creatività come un principio cosmologico

Prigogine: esiste la possibilità di una “nuova alleanza” (1981) fra “scienze della natura” e “scienze dello spirito”

Stuart Kauffmann – Reinventare il Sacro (2010) «La scienza non è in grado di conoscere e dedurre tutto e questa incapacità frantuma le barriere tra scienza e arte e ogni altra manifestazione del pensiero. La scienza è solo uno degli strumenti di conoscenza in un mondo di cui ignoriamo gli esiti. La conseguenza è profonda: c’è bisogno di un secondo Illuminismo che tenga conto dei diversi aspetti della nostra umanità e contribuisca a una civiltà globale diversa dall’attuale, capace di opporsi ai fondamentalismi. E non mi riferisco a un’unica realtà omogenea, ma a un’ecologia di civiltà che coevolvono insieme e condividono un senso del sacro che va oltre l’adorazione di una ristretta razionalità. Dio diventa la creatività dell’Universo, in cui siamo immersi e di cui facciamo parte».

la psicologia della Gestalt (dal 1913) aveva già posto al centro l’idea che “il tutto è più della somma delle parti”.

M. Wertheimer ( ) W. Köhler ( ) K. Koffka ( ) K. Lewin ( )

Esistono cioè caratteristiche delle configurazioni globali che non sono riscontrabili negli elementi costituenti singolarmente considerati. Le “proprietà del tutto” risultano prioritarie rispetto agli elementi costituenti  ne segue, come corollario, che le parti assumeranno ruoli diversi nei differenti contesti in cui sono inserite.

I principi dell’organizzazione percettiva secondo la psicologia della Gestalt

vicinanza

somiglianza

chiusura

destino comune

continuità

buona forma o pregnanza Il principio della buona forma suggerisce che il campo percettivo tende ad organizzarsi globalmente, per “grandi tratti”, non tendendo conto dei singoli punti, ma secondo una visione dall’alto” (Wertheimer). Vengono quindi preferite, a livello percettivo, forme più regolari, simmetriche, omogenee, equilibrate, semplici, coerenti.

Figura-sfondo

Esperienza passata

Gestalttheorie: apprendimento come ristrutturazione cognitiva Per la psicologia della Gestalt l’apprendimento è interpretabile come passaggio da una Gestalt ad un’altra che avviene per “insight”, ovvero come riorganizzazione del campo dell’esperienza e come frutto “autoregolazione organismica” (K. Goldstein 1939) contro un apprendimento per “prove ed errori” di estrazione comportamentista

Un esempio di sistema complesso: il cervello Il cervello non funziona come una grande centralina telefonica dove ogni neurone riceve e invia segnali, ma come un sistema complesso capace di generare comportamenti collettivi. L’ “intenzionalità” è frutto di tali stati collettivi

Ma anche gli individui sono sistemi auto- organizzati!

L’autoorganizzazione dei sistemi viventi come “autopoiesi” (Varela, Maturana 1985) I sistemi viventi sono dotati di una “chiusura operazionale”  quest’ultimo concetto permette di vedere come, accanto alla dipendenza dall’ambiente, ciascun organismo sia anche un sistema autonomo sia in grado di produrre un proprio mondo «che è inseparabile dalla chiusura del sistema» (Varela, 1985, p. 131). Ne consegue che ogni organismo è relativamente autonomo rispetto all’ambiente e capace di una produzione autosufficiente di significato (N. Wiener)

Se ne deduce che: 1)i processi di auto-organizzazione dell’organismo non sono identici ai processi di auto-organizzazione dell’ambiente. 2)tuttavia, la continua interazione fra organismo e ambiente fa sì che si istituiscano degli “accoppiamenti strutturali”, che consentono all’organismo di sviluppare delle organizzazioni interne che, pur essendo autonome, sono in risonanza con la struttura dell’ambiente.

Un sistema (aperto), quindi, è contemporaneamente parte del campo, perché è aperto, ma anche autonomo e chiuso con riferimento alla propria organizzazione.  Esiste una “via di mezzo” fra autonomia ed eteronomia, fra solipsismo ed etero- determinazione del soggetto, che permette di pensare «la co-emergenza delle unità autonome e dei loro mondi» (Varela, 1985, p. 132).  Morin parla di “auto-eco-organizzazione” (Morin, 1985, p. 35).

Ciascun individuo è dotato di proprie logiche e di una produzione autonoma di significato. «Occorre mettersi nella testa di un altro senza ridurre la logica dell’altro alla propria logica, e lasciare che l’altro compia un’analoga operazione di “trans-spezione” (M. Maruyama) nei nostri confronti» (Ceruti, 1985, p. 15).

Il mondo degli individui è costituito da tanti punti di vista irriducibili l’uno all’altro, ma che, ciononostante, possono dialogare fra loro. –Es. la democrazia come dialettica fra tali punti di vista

Morin usa il termine “dialogica” per alludere a un siffatto confronto fra più punti di vista: «C’è una pluralità di istanze. Ciascuna di queste istanze è decisiva; ciascuna è insufficiente; ciascuna di queste istanze comporta il principio di incertezza […] Il problema […] è di fare comunicare queste istanze separate; è in qualche modo di fare il circolo» (Morin, 1984, pp ).

La vita fra ordine e caos

La realtà non come un insieme di particelle inerti mosse da forze, ma come un fermento di sistemi autoorganizzantesi, sempre sull’orlo del caos e della distruzione

Stabilità, ordine ↓  “Margine del caos”, complessità ↓  Caos

Ordine perfetto, “cristallizzato” Massima connessione e assenza di differenziazione. Il sistema è descrivibile deterministicamente

Mobilità totale, caos Massima differenziazione e assenza di connessione. Il sistema è descrivibile solo statisticamente

Complessità Le molecole dell’acqua sono differenziate e connesse perché le molecole sono legate fra loro, ma ciascuna si può spostare rispetto alle altre e il sistema può assumere molteplici configurazioni. Il sistema è descrivibile con meccaniche non lineari

La vita: fra ordine e caos. “Le interazioni che tengono in vita un cane non possono essere studiate in vivo. Se si volesse studiarle correttamente, bisognerebbe uccidere il cane” (N. Bohr)

La creatività: fra ordine e caos

La salute mentale: fra ordine e caos –Per Winnicott la salute mentale non è sinonimo di tranquillità. La vita di un individuo sano è caratterizzata da paure, sentimenti conflittuali, dubbi e frustrazioni, come pure da elementi positivi.

Senza dubbio la gente dà per scontato il sentirsi reali. Ma a quale prezzo? In quale misura essi negano la verità che di fatto esiste il pericolo di sentirsi non reali, posseduti, di non essere se stessi, di precipitare all’infinito, di non avere una direzione, di essere separati dal proprio corpo, annientati, di essere un nulla, di non avere un luogo in cui stare… (D. Winnicott, Il concetto di individuo sano)

Pirandello: contraddizione vita/forma Sai come ho vissuto finora. Sai che ho avuto sempre ribrezzo, orrore, di farmi comunque una forma, di rapprendermi, di fissarmi anche momentaneamente in essa. […] Ma che vuol dire, domando io, darsi una realtà, se non fissarsi in un sentimento, rapprendersi, irrigidirsi, incrostarsi in esso? E dunque, arrestare in noi il perpetuo movimento vitale, far di noi tanti stagni in attesa di putrefazione, mentre la vita è flusso continuo, incandescente e indistinto. Vedi, è questo il pensiero che mi sconvolge e mi rende feroce! La vita è il vento, la vita è il mare, la vita è il fuoco; non la terra che si incrosta e assume forma. Ogni forma è la morte. Tutto ciò che si toglie dallo stato di fusione e si rapprende, in questo flusso continuo, incandescente e indistinto, è la morte. Noi tutti siamo eseri presi in trappola, staccati dal flusso che non s’arresta mai, e fissati per la morte. (Novella La trappola)

Un esempio: le istituzioni e le strutture organizzate Lewin:  disgelo  cambiamento  riconsolidamento