Fisiopatologia dell’ ischemia critica Sonia Ragazzo U.O. Cardiologia/Angiologia Ospedale S. Antonio-Padova.

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Transcript della presentazione:

Fisiopatologia dell’ ischemia critica Sonia Ragazzo U.O. Cardiologia/Angiologia Ospedale S. Antonio-Padova

Insufficienza cardiaca Alcune definizioni : - Uno stato fisiopatologico in cui una anomalia della funzione cardiaca è responsabile dell’incapacità del cuore di pompare sangue ad un tasso proporzionato alle richieste metaboliche tissutali (E. Braunwald 1980) -Sindrome che insorge quando il cuore è cronicamente incapace di mantenere una adeguata pressione arteriosa senza supporti (P.Harris 1987) -Sindrome in cui la disfunzione cardiaca è associata a ridotta tolleranza all’ esercizio, ad un’alta incidenza di aritmie ventricolari e a una ridotta aspettativa di vita (J. Cohn 1988) Così l’insufficienza arteriosa : cambiamenti nella microcircolazione e compromissione dell’integrità tissutale con incremento dell’incidenza di amputazioni e di mortalità (cardiovascolare, insufficienza renale)

FLUSSO= Pressione Resistenza Intensità di corrente= E(lettromotrice) Resistenza

Nella maggior parte dei casi l’ischemia critica riconosce come causa una aterosclerosi multidistrettuale per cui i fattori di rischio sono i medesimi di altre manifestazioni della malattia aterosclerotica ( cause meno frequenti : vasculiti, trombosi in situ in stati di ipercoagulabilità, tromboangioiti obliteranti, traumi, entrapment popliteo) 50-75% dei pazienti con ischemia critica hanno associata una CVD circa 20% una CAD

I pazienti con CLI hanno un rischio aumentato di eventi ischemici cardiovascolari rispetto ai pazienti con PAD I pazienti con CLI hanno una mortalità di circa il 50% a 5 anni e di circa il 70% a 10 anni La diagnosi di CLI rimane un indice predittivo negativo e comporta un outcome scadente nella successiva decade di vita e tale scenario non è mutato negli ultimi anni (decadi) nonostante i progressi terapeutici medici/chirurgici CLI come end-stage (senza ritorno?) della malattia aterosclerotica? Si cura il distretto (arti inferiori) ma non si ottiene un miglioramento della prognosi “generale” Perché salvare un arto? Per gli anni rimanenti di vita è comunque importante il mantenimento dell’autonomia, costi familiari/sociali della disabilità

CLI è, nella maggior parte dei casi, conseguenza della malattia aterosclerotica ostruttiva. La fisiopatologia della CLI è un cronico e complesso processo che colpisce sia la macrocircolazione che la microcircolazione, nonché i tessuti circostanti. Ma non solo… non è “solo” circolazione Inizialmente, la risposta dell’organismo all’ischemia (riduzione/soppressione di sangue) è costituita da angiogenesi (crescita di capillari) e arteriogenesi (espansione di collaterali già esistenti) per incrementare il flusso sanguigno al territorio ischemico

Il tessuto che richiede più energia è il muscolo scheletrico I muscoli sono “macchine per la conversione di energia chimica in energia meccanica”. Le fonti immediate di energia sono l’ATP e la fosfocreatina (che vengono “caricate” tramite il metabolismo di glucosio e lipidi tramite la catena energetica mitocondriale; quando c’è O 2 a sufficienza rimane attiva la via della glicolisi aerobia, se l’ O 2 è insufficiente si attiva la via anaerobica che produce in quantità molto minore legami fosfatidici ad elevata energia. Durante il lavoro muscolare si ha vasodilatazione e il flusso sanguigno aumenta e fino ad un certo punto l’apporto di O 2 è proporzionale alla spesa di energia e si ha solo una piccola quota di metabolismo anaerobio, se il lavoro muscolare continua aumenta la produzione di lattato dalla via anaerobica. In una corsa sui 100 m almeno l’80% dell’energia è prodotto da via anaerobica, in una corsa di fondo circa solo il 5%.

Dopo un periodo di sforzo muscolare: si ha il consumo di una quantità supplementare di O 2 per rimuovere l’eccesso di lattato e per ripristinare le riserve di ATP e fosfocreatina; l’extraconsumo di O 2 è tanto maggiore quanto più il consumo di energia durante il lavoro aveva superato la capacità di resintesi aerobica delle riserve di energia, esso è, quindi, proporzionale all’entità del debito di Ossigeno. Gli atleti (allenati) sono capaci di sforzi maggiori senza aumento della produzione di lattato e, a parità di sforzo, contraggono un debito di O 2 minore

….. l’iniziale risposta all’ischemia compensa solo inizialmente lo squilibrio tra la richiesta di O 2 e l’effettiva capacità di aumentare il flusso verso i tessuti. Il successivo tentativo è costituito dalla vasodilatazione arteriolare massimale con lo sviluppo graduale di una insensibilità agli stimoli miorilassanti e vasodilatatori, inducendo quella che è stata definita “paralisi vasomotoria” (McEwan e Ledingham 1971), proprio a causa di una esposizione prolungata a stimoli di questo tipo

Nei pazienti con CLI, si hanno vasi con spessore di parete diminuito, area di sezione diminuita (alterazioni strutturali) e cambiamenti metabolici

Fattori strutturali e metabolici concorrono alla comparsa di EDEMA che costituisce uno dei punti più critici in questi pazienti I pazienti tendono a mantenere la posizione declive degli arti per alleviare il dolore ischemico, aumentando la pressione di perfusione: il sangue “cade” liberamente (data la vasodilatazione), ciò comporta una esacerbazione dell’edema che con la sua pressione idrostatica va ad agire soprattutto sulle porzioni più distali comprimendo un letto capillare già compromesso con peggioramento della diffusione di metaboliti nutritizi e O 2

I cambiamenti della macrocircolazione sono accompagnati da cambiamenti della microcircolazione. L’endotelio ha la funzione di proteggere l’integrità dei vasi modulando il tono vascolare, la permeabilità e fungendo da barriera antitrombogenica. L’ischemia comporta un’alterazione delle funzioni endoteliali (disfunzione endoteliale) con alterazione della permeabilità, sviluppo di uno stato protrombotico (inappropriata attivazione delle piastrine, aumento dell’ adesione leucocitaria, aumento della produzione di radicali liberi) con conseguente ulteriore peggioramento dell’edema (lo sviluppo dell’edema sembra un dato paradossale poiché l’ischemia è, per definizione, uno stato di “bassa pressione” e ipoperfusione

Il ripristino del flusso (chirurgico/endovascolare) è necessario per salvare l’arto/per la guarigione delle lesioni trofiche (invalidanti), MA il “mero” ripristino del flusso a livello macrovascolare, non comporta una immediata “reversibilità” di tutte le alterazioni microcircolatorie e metaboliche che si erano instaurate: l’edema può addirittura peggiorare e la situazione precipitare irreversibilmente. L’edema post operatorio può svilupparsi a causa del ripristino della pressione sanguigna sistemica nelle parti distali dell’arto. Ciò a dimostrazione dell’incapacità nell’autoregolazione della pressione sanguigna idrostatica a livello del letto capillare (che in gran parte dipende da meccanismi miogeni di controllo del tono vascolare, caratteristica delle arterie di resistenza).

Per cui, paradossalmente, il risultato della correzione della Malattia delle arterie di conduttanza (chirurgica/endovascolare), prima causa della malattia ischemica, può essere compromessa dalla secondaria malattia delle piccole arterie (di resistenza), che si ammalano nel tentativo di compensare i danni della prima malattia (quella delle arterie di conduttanza)

Sempre di fisiologia e fisiopatologia In soggetti sani, l’esercizio comporta un incremento del diametro e una riduzione dello spessore intima-media in arteria femorale comune. In pazienti con malattia aterosclerotica, si ha un rimodellamento inverso; in particolare a livello delle placche aterosclerotiche si ha ipertrofia dell’intima e angiogenesi a tale livello che aumenta l’instabilità della placca con aumentato rischio di emorragia intraplacca e rottura. Importanti cambiamenti nella malattia ischemica si hanno anche a livello muscolare: nel muscolo scheletrico ischemico, in particolare, si osserva Una importante alterazione nell’espressione di enzimi mitocondriali fondamentali nella catena energetica e contrattile con aumento di metaboliti ossidativi, una risposta rallentata e alterata all’esercizio

L’arteriopatia obliterante è caratterizzata da un aumento dello stress ossidativo con importanti insulti a livello di DNA come nell’ischemia miocardica; in particolare, sono state osservate mutazioni nel DNA mitocondriale e conseguente alterazione della funzione enzimatica

Pertanto, e come sempre, il percorso terapeutico (medico/chirurgico/endovascolare/riabilitativo) deve essere pianificato tenendo conto delle caratteristiche generali della malattia e delle caratteristiche peculiari di ciascun paziente