Riepilogo in ottica sincronica delle fasi e aspetti considerati Dalla considerazione sincronica emergono questioni relative sia alla stessa definizione cronologica del quadro, sia alla definizione delle modalità di interazione tra le varie regioni del Vicino Oriente e del Mediterraneo, nonché del ruolo di entità politiche come l’impero assiro o di fenomeni di vasta portata come l’espansione coloniale fenicia e greca, che determinano il movimento di persone, materiali e idee a lungo raggio e innescano dinamiche di influsso e circolazione anche nelle aree che non ne sono investite direttamente.
Due esempi relativi a queste problematiche tratti da documenti di tipo diverso: un testo letterario, l’Odissea, e un dato della cultura materiale, le armi. I poemi omerici sono datati tradizionalmente tra l’8° e il 7° sec.a.c; altre proposte di datazione situano la scrittura dell’Iliade intorno al 650 a.c. e ritengono di poco successiva quella dell’Odissea.
I racconti contenuti nel testo dell’Odissea sono stati interpretati da W. Burkert nel contesto della realtà storica del 7° sec.a.c., piuttosto che in quello dell’età del Bronzo e nel mondo miceneo in cui essi sono ambientati. A Itaca, la patria di Odisseo, la fase del Bronzo è attestata, ma non vi sono palazzi micenei. Nel poema l’isola è descritta come estremità ovest delle rotte degli Achei, e ciò potrebbe rappresentare una realtà ben nota ai naviganti dell’età del ferro, per cui Itaca era l’ultima tappa greca per chi viaggiasse verso ovest. Nonostante i contatti che anche in precedenza erano stati stabiliti con le coste italiche, per l’area più occidentale l’Odissea utilizza solo racconti fantastici (v. gli stessi Feaci). A Itaca è stato rinvenuto un deposito di tripodi votivi in stile geometrico e arcaico, e un esemplare, più tardo rispetto ai poemi omerici, anche con il nome di Odisseo. Tuttavia la descrizione che Omero fornisce della grotta delle Naiadi, ove vengono posti i doni che Odisseo ha ricevuto dai Feaci non collima con il luogo. Secondo Burkert a riprova che l’autore segue la memoria di racconti, che tuttavia ben si collocano in quest’età.
Sempre secondo Burkert, per quanto riguarda i racconti di mare, l’unico cui l’Odissea si riferisce esplicitamente sono le Argonautiche (12.70), suggerendo che tale storia fosse ben nota all’epoca ed è possibile che elementi di tale storia confluiscano in racconti dell’Odissea (Scilla e Cariddi, Circe). Si è suggerito che la fonte della narrazioni fossero racconti fenici, di cui però non abbiamo testimonianza. Sono piuttosto altre fonti, quella egiziana più antica del racconto di Wen-Amon, o anche il racconto biblico di Giona, che forniscono dei paralleli e suggeriscono l’esistenza di un diffuso contesto narrativo, benché l’uno sia più antico, l’altro presumibilmente più recente dell’Odissea. Quando a Itaca Odisseo incontra Eumeo, gli racconta la storia fantastica di una impresa commerciale in Egitto e del tradimento del suo partner fenicio che lo voleva vendere schiavo, avventura che si sarebbe conclusa col naufragio e l’approdo sulle coste di Itaca. Eumeo peraltro narra di essere giunto proprio come schiavo a Itaca dopo essere stato rapito dai Fenici.
Ciò ci riporta non solo ai racconti, ma anche alle attestazioni storiche delle attività piratesche, attuate in particolare proprio dai Greci, ossia dagli Ioni, come anche le fonti assire ci dicono. Peraltro nella narrazione omerica vengono fatti riferimenti a Cipro (4.83) e al santuario di Afrodite a Paphos, attestato anche archeologicamente, e a Creta dove Kommos risulta essere un porto usato sia da Greci che da Fenici. In si parla di un carico di ferro splendente. I Sidonii vengono menzionati come eccellenti costruttori di navi e abili artigiani nella lavorazione di metalli e avorio. L’orizzonte geografico meglio descritto è quello egeo, Atene compresa, mentre Sparta è ben descritta, ma sappiamo essere una fondazione post-micenea (ca a.c.). La stessa costruzione di città cui si fa riferimento nel poema potrebbe essere messa in relazione con l’epoca della colonizzazione greca. In sintesi, Burkert sottolinea una serie di elementi che paiono caratteristici dei secoli iniziali dell’età del ferro e della dimensione di relazioni che siamo andati descrivendo.
L’aspetto della dimensione narrativa che riflette la realtà delle relazioni nell’area mediterranea e che è essa stessa frutto di tali contatti e della diffusione di motivi comuni anche in quest’ambito, e non solo in quello della cultura materiale come visto finora, può essere ulteriormente indagato. Se ne propone qui un esempio tratto dal confronto dell’Odissea con il poema mesopotamico più noto: il poema di Gilgamesh. Tale testo ha una lunga storia, dato che i racconti più antichi risalgono all’età sumerica (ca a.c.) e furono poi fusi e rielaborati in babilonese nei secoli successivi, diffondendosi inoltre in Anatolia e nel Levante, come attestano frammenti ritrovati in vari siti. All’inizio del primo millennio a.c. il testo nella sua forma più completa è attestato nelle biblioteche assire e babilonesi, compresa quella leggendaria di Assurbanipal (sec. 7° a.c.). La versione più tarda sembra aver aggiunto a quelle più antiche un prologo che descrive l’eroe e che è interessante paragonare a quello dell’Odissea.
Parlami, o Musa, dell’uomo versatile e scaltro che andò vagando tanto a lungo, dopo che ebbe distrutto la sacra roccaforte di Troia. Egli vide le città di molti uomini e ne conobbe i costumi: soffrì molte traversie in mare cercando di salvar la sua vita e il ritorno dei compagni.
Nella letteratura occidentale Odisseo/Ulisse è divenuto il simbolo dell’uomo che cerca la conoscenza; il suo parallelo orientale anticipa questa immagine che ben si inquadra peraltro nella temperie culturale del mondo assiro dei secc. dal 9° al 7° a.c., visibile nell’attività dei sovrani stessi che, come documentato dalle fonti specie epistolari dell’epoca, si circondavano di sapienti ed esperti e si dedicavano essi stessi, come Assurbanipal esplicitamente afferma, all’arte scribale. In tale contesto si può valutare l’ipotesi formulata ancora da Burkert (v. in partic. «Da Omero ai Magi»), secondo cui esisteva anche una circolazione di esperti e sapienti che si muovevano tra le corti dell’epoca e che avrebbero diffuso i racconti e le conoscenze orientali fino in occidente attraverso l’Anatolia e il Levante.