FINANZA AZIENDALE PRINCIPI BASE ED OBIETTIVI DELLA FINANZA D’AZIENDA
PRINCIPI GUIDA DELLA FINANZA AZIENDALE PRINCIPIO DI INVESTIMENTO PRINCIPIO DI FINANZIAMENTO PRINCIPIO DEI DIVIDENDI
MASSIMIZZARE IL VALORE DELL’IMPRESA Politica di investimento Investire in progetti con un rendimento atteso superiore alla soglia minima di rendimento accettabile Rendimento atteso Deve essere misurato sulla base dei flussi di cassa attualizzati e incrementali, e tenere conto degli effetti collaterali positivi e negativi Soglia minima di rendimento Deve riflettere la rischiosità del progetto e la struttura finanziaria utilizzata
MASSIMIZZARE IL VALORE DELL’IMPRESA Politica di finanziamento Scegliere una struttura finanziaria che massimizzi il valore dei progetti intrapresi e che sia in linea con il tipo di investimenti da finanziare Struttura finanziaria Include la scelta del rapporto fra capitale netto e capitale di terzi, e può avere un impatto sia sulla soglia minima di rendimento, sia sui flussi di cassa. Tipo di finanziamento Dovrebbe riflettere le caratteristiche del tipo di investimento da finanziare
MASSIMIZZARE IL VALORE DELL’IMPRESA Politica dei dividendi Qualora non vi siano opportunità di investimento in grado di generare un rendimento superiore alla soglia minima, restituire il denaro ai proprietari Quanto restituire? Excess cash, vale a dire i flussi di cassa in eccesso rispetto a quelle che sono le necessità dell’attività d’impresa Sotto quale forma? Dipende dalle preferenze degli azionisti. Di solito, si distribuisce un dividendo
LEGAME TRA I PRINCIPI GUIDA E IL VALORE DELL’IMPRESA Tale legame si comprende considerando che il valore di un’impresa è il valore attuale dei flussi di cassa attesi attualizzati a un tasso che riflette la rischiosità degli investimenti e la struttura finanziaria utilizzata per finanziarli.
OBIETTIVO DELL’IMPRESA MASSIMIZZARE IL VALORE. MA DI QUALE VALORE SI TRATTA? VALORE DEL CAPITALE NETTO (STOCKHOLDER WEALTH). CIO’ SI TRADUCE IN UNA MASSIMIZZAZIONE DEI PREZZI AZIONARI? VALORE DELL’IMPRESA NEL SUO INSIEME (FIRM WEALTH O FIRM VALUE), CHE RIGUARDA, OLTRE AGLI AZIONISTI, ANCHE ALTRE CLASSI DI INVESTITORI QUALI BANCHE, OBBLIGAZIONISTI, ECC.
PERCHE’ PUNTARE ALLA MASSIMIZZAZIONE DEI PREZZI AZIONARI La finanza aziendale tradizionale sostiene che l’impresa dovrebbe puntare alla massimizzazione dei prezzi azionari per tre motivi fondamentali: 1. Si ha un immediato riscontro delle iniziative intraprese dal management. Il prezzo è infatti aggiornato di continuo, tenendo conto dell’operato dell’azienda. 2. I prezzi azionari riflettono gli effetti di lungo termine delle politiche aziendali; questo non accade se si considerano altri parametri quali il fatturato e la quota di mercato. 3. E’ un criterio chiaro con cui scegliere i progetti di investimento e le modalità di finanziamento.
POSSIBILI CONFLITTI DI INTERESSE Se l’obiettivo è massimizzare il valore del capitale netto possono sorgere dei conflitti tra azionisti e obbligazionisti. Gli azionisti potrebbero in effetti attuare azioni volte a trasferire a loro favore ricchezza a scapito degli obbligazionisti, a costo anche di ridurre il valore complessivo dell’impresa. Se l’obiettivo è massimizzare i prezzi azionari, eventuali inefficienze dei mercati finanziari possono portare a prendere decisioni sbagliate. Una decisioni che porta ad una riduzione dei profitti nel breve, anche se in grado di aumentare il valore del capitale netto, potrebbe portare ad una riduzione dei prezzi azionari.
Tipologie di azionisti AZIONISTI PROPRIETARI (Possiedono un pacchetto azionario rilevante nell’impresa, sono poco interessati al rendimento immediato) AZIONISTI RISPARMIATORI (o cassettisti, sono interessati al rendimento – es. Fondi di investimento) AZIONISTI SPECULATORI (detengono azioni per un brevissimo tempo, giocando al rialzo o al ribasso). Tali azionisti operano in mercati inefficienti (il valore delle azioni non rappresenta il reale valore dell’impresa), contribuendo essi stessi ad aumentare il grado di inefficienza.
In Italia A causa del mercato inefficiente, in Italia le imprese hanno come obiettivo la massimizzazione del valore dell’impresa, che è calcolato facendo riferimento al valore attuale dei flussi attesi, quelli cioè che l’azienda potrà generare nel futuro. Se poi questo si traduce in un aumento dei prezzi azionari meglio, soprattutto nel caso in cui l’impresa sia quotata. Per le imprese non quotate il riferimento è il valore dell’impresa.
Conflitti tra azionisti e management (1) In una tipica società quotata si verifica che: Gli azionisti affidano al management il compito di gestire l’azienda per loro conto; Il management a sua volta si rivolge alle banche e al mercato obbligazionario per finanziare l’impresa; Il management trasmette al mercato le informazioni necessarie per fare apprezzare l’operato dell’azienda.
Conflitti tra azionisti e management (2) Tenendo conto di ciò, porsi l’obiettivo della massimizzazione del valore o del prezzo azionario pone alcuni problemi. I manager incaricati dagli azionisti di gestire l’impresa possono avere interessi personali che divergono da quelli degli azionisti o degli altri investitori. I manager tendono ad essere più prudenti. In linea teorica, gli azionisti hanno il potere di riprendere ed eventualmente licenziare i manager che non operano correttamente ossia nell’interesse degli azionisti stessi. In effetti, esistono due meccanismi che hanno questa finalità che sono l’assemblea annuale (durante la quale si può manifestare riserve sull’operato del management ed eventualmente sostituirlo) e il consiglio di amministrazione (il suo compito fiduciario è quello di assicurare che il management agisca nell’interesse degli azionisti)
Assemblea annuale Poco efficiente per esercitare il controllo sui manager a causa dei seguenti fattori: Molti azionisti non vi partecipano; Gli azionisti assenti potrebbero scegliere di esercitare il diritto di voto per delega ma ciò è poco diffuso e anche se viene fatto è più semplice votare per il management esistente; Anche coloro che hanno una partecipazione rilevante (tipo gli investitori istituzionali) di solito non partecipano alle assemblee, anche perché è più facile per loro vendere la partecipazione in caso di non soddisfazione del management in carica per acquistarne un’altra in un’altra società.
Consiglio di amministrazione Anche questo si rileva poco efficiente per esercitare il controllo sui manager a causa dei seguenti fattori: I membri del consiglio possono dedicare poco tempo all’espletamento dei loro doveri fiduciari, anche perché spesso fanno parte di diversi consigli di amministrazione (da questa cosa possono sorgere inoltre dei conflitti di interesse); Mancanza di competenze specifiche; Scarsa indipendenza poiché l’ultima parola per la loro nomina spetta all’Amministratore Delegato; I membri del Consiglio di amministrazione spesso non hanno le azioni della società o se le hanno sono un numero poco significativo. Di conseguenza, sono scarsamente motivati.
ALLINEARE GLI INTERESSI DI AZIONISTI E MANAGEMENT Tale obiettivo può essere raggiunto fornendo al management una quota di partecipazione azionaria. In questo modo, il management beneficia di un eventuale aumento del prezzo della azioni dell’azienda.
Come aumentare il potere degli azionisti sul management Fornendo agli azionisti informazioni migliori e più aggiornate, che permettono di giudicare meglio l’operato del management; Includere nel management gli azionisti con una partecipazione significativa; Avere un numero maggiore di investitori istituzionali “attivi”; Rendere il Consiglio di amministrazione più responsabile di fronte agli azionisti (avendo membri indipendenti).
Conflitti tra azionisti e obbligazionisti (1) All’origine del conflitto c’è la diversa natura dei diritti sui flussi di cassa spettanti a tali gruppi. Gli obbligazionisti di solito hanno priorità di pagamento rispetto agli azionisti ma ricevono somme fisse, sempre che l’azienda produca un livello di reddito sufficiente ad adempiere ai suoi obblighi finanziari. Gli azionisti hanno invece diritto al pagamento dei flussi di cassa residuali, ma hanno anche l’opportunità di dichiarare il fallimento della società se essa non è in grado di far fronte ai suoi obblighi finanziari.
Conflitti tra azionisti e obbligazionisti (2) Da quanto detto si comprende perché gli obbligazionisti valutano il rischio in modo molto più negativo rispetto agli azionisti: se l’investimento va molto bene essi ricevono in effetti la stessa somma, se invece va male rischiano di sopportare una porzione significativa dei costi. Un aumento del leverage può danneggiare gli obbligazionisti, soprattutto se esso va ad interessare il rischio di inadempienza dell’azienda e se gli obbligazionisti non sono protetti. Ciò si verifica in modo molto evidente nelle operazioni di leveraged buy-out (LBO). Si tratta di operazioni di acquisizione finanziate tramite debito. Il rating delle obbligazioni cala e anche il prezzo delle obbligazioni tende a diminuire a causa del maggior rischio di inadempienza.
Conflitti tra azionisti e obbligazionisti (3) Anche la politica dei dividendi può rappresentare un’altra fonte di conflitti di interesse fra azionisti e obbligazionisti. Ciò in quanto un aumento dei dividendi provoca un aumento del prezzo dell’azione contro una diminuzione del prezzo delle obbligazioni (e viceversa). Quindi, se l’obiettivo è la massimizzazione del patrimonio degli azionisti, questi ultimi potrebbero essere spinti a prendere decisioni (quali investimenti rischiosi, pagamento alti dividendi, innalzamento del leverage) volte ad aumentare il loro patrimonio anche se a danno degli obbligazionisti e dell’impresa nel suo complesso.
Considerazioni Gli obbligazionisti sono consapevoli del potere degli azionisti di intraprendere azioni a loro svantaggio. Possono quindi attivarsi inserendo clausole contrattuali dirette a limitare il potere degli azionisti (COVENANT) oppure possono acquistare essi stessi una partecipazione azionaria nell’azienda. Inoltre, la consapevolezza di dover tornare in futuro a finanziarsi sui mercati obbligazionari fa sì che le aziende si comportino in modo onesto. In effetti, un guadagno ottenibile a spese degli obbligazionisti sarebbe probabilmente inferiore al danno derivante dalla cattiva reputazione che ne conseguirebbe.
Azionisti e obbligazionisti Azionisti e obbligazionisti. Modi a disposizione degli obbligazionisti per proteggersi dalle azioni degli azionisti Il metodo più diretto per proteggersi è quello di includere nei contratti obbligazionari delle apposite clausole, dette covenant, che proibiscono o limitano azioni che possono sottrarre ricchezza a favore degli azionisti (e a danno degli obbligazionisti). Tali clausole sono volte a: Limitare le politiche di investimento dell’azienda, per evitare che vengano intrapresi progetti più rischiosi del previsto; Limitare le politiche dei dividendi; Limitare le politiche di finanziamento. Ad esempio, può essere richiesto il consenso degli attuali obbligazionisti prima di poter emettere un nuovo debito garantito. Altro modo per proteggersi, è acquistare azioni della società.
L’azienda e i mercati finanziari Se la funzione obiettivo è la massimizzazione del valore dell’impresa o del capitale netto l’efficienza dei mercati finanziari non è un presupposto essenziale. Di contro, tuttavia, si tratta di valori da stimare, con appositi metodi di non semplice facile applicazione. Se invece la funzione obiettivo è la massimizzazione dei prezzi di mercato, il successo o l’insuccesso delle politiche aziendali è subito evidente. I prezzi di mercato riflettono tuttavia il valore reale dell’azienda solo se il mercato è efficiente ossia se si utilizzano le informazioni disponibili per ottenere stime precise e obiettive dei flussi di cassa futuri e della loro rischiosità.
Problemi riguardo alle informazioni Se l’informazione è incompleta, non aggiornata o fuorviante, i prezzi di mercato infatti non eguagliano il valore reale. Spesso sono proprio le aziende a trasmettere informazioni non del tutto veritiere oppure a trasmettere in ritardo quelle negative. Inoltre, secondo molti accademici e operatori professionali i mercati non sono efficienti anche quando l’informazione è completamente accessibile. In entrambi questi casi, massimizzare i prezzi azionari potrebbe non significare massimizzare il valore dell’impresa.
I mercati sono miopi? Secondo alcuni studiosi, la massimizzazione dei prezzi azionari dovrebbe spingere il management a intraprendere azioni con forti impatti sui risultati a breve. Un management impegnato a creare valore avendo un’ottica di medio/lungo periodo sarebbe quindi penalizzato dal mercato. Ma è proprio così? Non proprio. L’evidenza empirica dimostra che i mercati sono meno miopi di quanto si possa pensare. Prendiamo in considerazione questi esempi. 1. Le imprese in fase di star up spesso non producono flussi di cassa e non hanno la prospettiva di generare profitti elevati nel breve periodo. Tuttavia, riescono a ottenere finanziamenti anche considerevoli in base alle loro prospettive di crescita. 2. I prezzi azionari in media salgono all’annuncio di nuovi investimenti (soprattutto di R&S).
COSTI SOCIALI La maggior parte delle decisioni prese dai manager hanno delle implicazioni sociali. Una funzione obiettivo che punta a massimizzare il valore dell’impresa o il capitale netto assume che i costi sociali sono talmente bassi da poter essere ignorati oppure che essi possano essere misurati e imputati all’azienda. Non sempre tuttavia è così. Nel caso in cui i costi sociali sono notevoli e l’azienda ne è a conoscenza, si dovrebbe seguire un approccio etico ossia mettere l’obiettivo della massimizzazione del valore in secondo piano rispetto agli interessi della società. Es. Jhons Manville Corporation negli anni 50 e 60 produceva amianto, senza sapere che tale materiale era nocivo per la salute umana. Negli anni ’90 tale società è fallita a causa delle cause intentate dalle persone colpite da cancro a causa dell’amianto.
E’ opportuno pensare ad una funzione obiettivo alternativa? (1) Una funzione obiettivo deve rispondere a 4 criteri base: Chiarezza; Facilità e velocità di utilizzo; Costi collaterali ridotti; Compatibile con la massimizzazione del valore dell’impresa nel lungo termine. La funzione obiettivo massimizzazione del valore li rispetta, nonostante tutti i limiti a cui abbiamo fatto riferimento. La ricerca di funzioni obiettivo alternative non è semplice.
E’ opportuno pensare ad una funzione obiettivo alternativa? (2) La maggior parte delle aziende che non scelgono come funzione obiettivo la massimizzazione del valore scelgono un obiettivo intermedio (tipo la quota di mercato), che dovrebbe poi tradursi in un aumento di valore. Se non c’è questo collegamento tra obiettivo intermedio e valore, la funzione obiettivo scelta non è valida.