A COLLOQUIO COL CIELO Santa Umiltà da Faenza viveva sulla terra a stretto contatto con il Cielo e il Cielo l’ascoltava in una maniera molto speciale,

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Transcript della presentazione:

A COLLOQUIO COL CIELO Santa Umiltà da Faenza viveva sulla terra a stretto contatto con il Cielo e il Cielo l’ascoltava in una maniera molto speciale, infatti… Si racconta che un giorno le venne portato un monaco a cui doveva essere amputato un piede a causa di una malattia grave. Lei, pregando fece il segno della Croce sulla parte malata e il piede guarì immediatamente. Si narra anche che quando dal naso di una monaca partì un’emorragia abbondante e nessuna cura poteva fare nulla, i medici la davano già per spacciata ma Umiltà provò misericordia e si chinò su di lei segnandola con la Croce. La monaca guarì e visse ancora per 40 anni. Quando un’eccezionale nevicata fece crollare molte case rischiando di far morire la gente, Umiltà si avvicinò alla finestra sul chiostro e vedendo la neve scendere a grandissimi fiocchi, alzò gli occhi al cielo. Subito apparve il sole che in poco tempo sciolse la neve, scongiurando il pericolo di altri danni. Un giorno c’era solo del pane di biada. Umiltà non riusciva proprio a mangiarlo e si mise a pregare. Arrivò improvvisamente un giovane porgendole un pane bianchissimo nelle mani perché lei lo mangiasse ma Umiltà, ringraziandolo non ne prendeva. Poi, vista l’insistenza del giovane, Umiltà accettò. Così com’era arrivato, il giovane scomparve. La cronaca racconta che in monastero c’era rimasto solo un pezzo di pane, troppo poco per sfamare le tredici monache. Umiltà prese quell’unico pezzo, alzò gli occhi al cielo e facendo un segno di Croce sul pane, disse: «Il nostro Signore Gesù Cristo che saziò cinquemila uomini con cinque pani d’orzo e due pesci, ti moltiplichi». Poi fece distribuire una piccola parte di quel pane ad ogni monaca. Le monache ne mangiarono fino a saziarsi e alla fine del pasto ne rimase di più di quanto ne era stato distribuito. Umiltà predisse una grave carestia entro tre anni. Chiamò la monaca addetta alla dispensa e le chiese di essere parsimoniosa e mettere da parte quanto più grano e biada possibile. I primi due anni il raccolto fu abbondante e la monaca, anche se poco convinta, ascoltò le indicazioni di Umiltà. Il terzo la carestia improvvisa e la fame fecero morire molta gente. Il monastero riuscì a provvedere non solo alle proprie necessità ma anche a quello dei bisognosi. Un giorno incontrò due donne piangenti che stavano portando un bambino molto malato da tempo, che era morto per la strada prima che loro fossero riuscite a riportarlo dai suoi genitori. Umiltà, preso il piccolo, lo adagiò sulla predella dedicata a S. Giovanni Battista. Pregò a lungo e poi fece sul di lui un segno di Croce con una candela accesa. Il bambino aprì gli occhi tornando in vita. Umiltà ordinò alle due donne di non raccontare a nessuno quanto era successo. E tante altre cose ci sarebbero da raccontare di Santa Umiltà, lei come una bambina nel cuore di Dio...

elaborazione: PANIS ANGELICUS musicato da Suor Nazarena Francesconi; disegno di Suor Imelde Betti, monache benedettine vallombrosane di Santa Umiltà (Faenza)