Test di Ames Laboratorio didattico Corso di Genetica CdL in Biotecnologie per la Salute Prof. Massimo Zollo
Mutazioni e fenotipi mutanti Il DNA varia casualmente per errori durante la duplicazione (probabilità: un errore ogni 106 duplicazioni) → mutazione una modifica del genoma (→ informazione modificata) a volte ereditaria, in quanto registrata sul DNA e trasmessa con esso alla base dell’evoluzione della specie, in quanto inserisce novità nel patrimonio genetico Una mutazione viene poi diffusa e ricombinata nel genoma della specie mediante i meccanismi sessuali
Un processo che altera la sequenza di basi del DNA. Mutazione del DNA Un processo che altera la sequenza di basi del DNA. Per mutazione del DNA s’intende un processo che altera la sequenza di basi del DNA e si riferisce a cambiamenti trasmissibili del materiale genetico. Le mutazioni puntiformi sono modificazioni di una singola coppia di basi del DNA e mappano in un’unica posizione del gene: dunque, le mutazioni puntiformi sono il cambiamento più piccolo che può avvenire nel DNA. Le sostituzioni di singole basi possono avere esiti diversi, ma questi sono tutti derivanti direttamente da due caratteristiche del codice genetico: la degenerazione (ossia alcuni aminoacidi sono codificati da più di un codone) e l’esistenza di codoni di stop della traduzione. Pertanto, definiamo: - mutazioni sinonime: mutazioni che cambiano un codone in un altro che codifica per lo stesso amminoacido; le mutazioni sinonime sono anche dette silenti. Una mutazione sinonima non altera mai la sequenza amminoacidica della catena polipeptidica. - mutazioni missense: il codone per un aminoacido è sostituito dal codone per un altro aminoacido. Le mutazioni missenso possono essere conservative e non conservative; le prime mantengono inalterate le caratteristiche chimiche del codone, le seconde prevedono un cambiamento totale dell’aminoacido che produrrà cambiamenti di grande portata sulla struttura e sul funzionamento della proteina. - mutazioni non senso: il codone per un aminoacido è sostituito da un codone di terminazione della traduzione (di stop), la proteina risultante sarà tronca. Per quanto riguarda le mutazioni indel (inserzione o delezione di una coppia di basi), l’aggiunta o l’eliminazione di una singola coppia di basi cambia lo schema di lettura per la successiva parte del processo di traduzione, partendo dal sito di mutazione fino al primo codone di stop del nuovo schema di lettura: questo tipo di mutazioni sono dette mutazioni con spostamento dello schema di lettura, o mutazioni frameshift. Le mutazioni frameshift provocano la perdita totale della normale struttura e del corretto funzionamento della proteina. Le mutazioni del DNA hanno come conseguenza il cambiamento di un allele verso una forma diversa da quella selvatica (o Wilde type); le mutazioni di questo tipo sono unidirezionali, in altre parole si tende a sostituire un allele con la sua forma mutante.
Mutageni Qualunque agente, chimico o fisico, in grado di alterare la sequenza del DNA in modo potenzialmente permanente, può essere definito mutageno. Mutageni chimici Mutageni fisici Sostanze che interagiscono chimicamente con il DNA impedendo il corretto appaiamento delle basi. Radiazioni di varia natura che hanno una energia tale da trasferirla al DNA ed alterarlo. Le mutazioni di nuova formazione sono classificate in: - indotte: mutazioni che insorgono dopo trattamento intenzionale con agenti mutageni - spontanee: mutazioni che insorgono in assenza di un trattamento mutagenico noto. Per quanto riguarda le mutazioni indotte, il mutageno è un qualunque agente, chimico o fisico, in grado di alterare la sequenza del DNA in modo potenzialmente permanente. Distinguiamo: - mutageni chimici: sono sostanze, quali la mitomicina C - l’acrilammide - il bromuro di etidio, che interagiscono chimicamente col DNA alterando le basi e impedendone il corretto appaiamento. - mutageni fisici: sono radiazioni di varia natura che hanno un’energia tale da trasferirla al DNA e alterarlo Mitomycin C Acrilamide Bromuro di etidio
Le mutazioni NON sono a senso unico Retromutazione: mutazione secondaria che ripristina il fenotipo selvatico Per retromutazione o reversione s’intende una mutazione secondaria che ripristina il fenotipo selvatico; in questo caso si parla di bidirezionalità, cioè un allele può mutare e la forma mutante tornare a quella ancestrale. La retromutazione può comportare il cambiamento dell’aminoacido codificato in quel codone inizialmente, oppure no, nel secondo caso la retromutazione è vera, infatti la mutazione secondaria ripristina esattamente il genotipo originario.
Tasso e Frequenza di Mutazione Si definisce tasso di mutazione il numero di mutazioni che si verificano in una certa unità di tempo, misurata anche come numero di generazioni cellulari. Si definisce frequenza di mutazione la frequenza con cui una specifica mutazione compare in una popolazione di cellule o individui. Si definisce tasso di mutazione il numero di mutazioni che si originano ex novo in una certa unità di tempo biologico (di solito una generazione), misurata anche come numero di generazioni cellulari. La frequenza di mutazione è indice della frequenza con cui una specifica mutazione compare in una popolazione di cellule o individui al momento dell’osservazione. La frequenza di una mutazione in una popolazione è una misura “statica” della sua incidenza, riferita a una particolare generazione. Il tasso di mutazione è invece una misura dinamica, riferita a quante “nuove” mutazioni si realizzano per unità di tempo “biologico”. Il termine mutazione talvolta ha un uso ambiguo: indica sia l’evento della mutazione (come nel caso del tasso di mutazione) sia il prodotto dell’evento, cioè l’allele o il cromosoma mutante (come nel caso della frequenza di una mutazione). Il tasso di mutazione spontanea è differente non solo tra i diversi organismi, ma anche all’interno di uno stesso organismo in locus diversi. Nell’uomo il tasso di mutazione spontanea per un singolo gene è 10-4 – 10-5 su gene per divisione cellulare. In Escherichia Coli l’operone del triptofano ha un tasso di mutazione di 6x10-8 per divisione cellulare
Batteri e mutazioni I batteri sono un ottimo strumento per poter studiare gli effetti mutageni di alcuni composti chimici. Perché? Facili da coltivare Facili da manipolare Economici Buona correlazione mutazione-fenotipo Safety
AUXOTROFI PROTOTROFI crescono in un terreno minimo contenente una fonte di carbonio e alcuni sali inorganici, ma solo se vi sono aggiunti i nutrienti specifici che non sono in grado di sintetizzare da soli, e che sono necessarie per la loro crescita crescono in un terreno minimo contenente solo una fonte di carbonio e alcuni sali inorganici Un tipo particolare di mutazione è quella biochimica, questa è in grado di alterare la capacità di un organismo di sintetizzare una particolare molecola essenziale per la crescita. I batteri selvatici sono detti PROTOTROFI (crescono in un terreno minimo contenente solo una fonte di carbonio e alcuni sali inorganici),poiché sono in grado di sintetizzare tutte le proteine, gli acidi nucleici e i lipidi di cui hanno bisogno per crescere. I batteri mutanti sono detti AUXOTROFI (crescono in un terreno minimo contenente una fonte di carbonio e alcuni sali inorganici, ma solo se vi sono aggiunti i nutrienti specifici (proteine per lo più) che non sono in grado di sintetizzare da soli, e che sono necessarie per la loro crescita). Salmonella ed E. Coli presentano due ceppi auxotrofi comunemente utilizzati in laboratorio, il primo ha dipendenza da istidina e il secondo da triptofano.
Test di reversione del fenotipo in Escherichia coli WP2 I test di mutagenesi possono sfruttare il sistema della reversione Test di reversione in Salmonella typhimurium (Test di Ames) Test di reversione del fenotipo in Escherichia coli WP2 Test di reversione in Escherichia coli: sistema degli alleli lacZ Esistono diverse metodiche sperimentali, che utilizzano i microrganismi come sistemi modello, per identificare e riconoscere agenti capaci di indurre alterazioni a livello del materiale genetico. I batteri costituiscono sistemi cellulari adatti per rilevare e studiare effetti quali mutazioni geniche, specialmente quando esse determinano cambiamenti nelle richieste nutrizionali degli organismi. Il requisito di un test per il rilevamento della mutazione genica è quello di mettere in evidenza qualunque tipo di alterazione della sequenza nucleotidica indotta in uno o più geni bersaglio. I test di mutagenesi possono sfruttare il sistema della reversione, in cui il bersaglio genetico è rappresentato da un gene mutato e inattivo che recupera la sua funzione originaria a seguito di un secondo evento di mutazione (retromutazione). I test per rilevare la mutazione genica che si basano sul principio della reversione utilizzano ceppi di S. typhimurium o di E. coli auxotrofi per alcuni amminoacidi. Questi ceppi presentano mutazioni nel genoma che rendono i batteri incapaci di sintetizzare l’aminoacido in questione e incapaci di crescere e formare colonie. Qualsiasi mutazione di reversione, ripristinante la corretta funzionalità dei geni mutati, permette ai batteri di crescere. Test con batteri bioluminescenti Test di riparazione nei batteri
Test di Ames Test di genotossicità in vitro utilizzato per valutare il potenziale mutageno di un agente chimico. Il test di reversione in S. typhimurium (test di Ames) è un test di genotossicità in vitro utilizzato per valutare il potenziale mutageno di un agente chimico. Ci sono differenti ceppi di S. typhimurium impiegati nelle pratiche di laboratorio, in questo caso contengono una mutazione in uno dei geni dell’operone per la biosintesi dell’istidina. Il metodo consiste nel esporre i ceppi di S. typhimurium alla sostanza da testare direttamente su una piastra di terreno minimo contenente agar, glucosio come fonte di carbonio e una soluzione salina. La sospensione di batteri in fase di crescita esponenziale e la sostanza test(diluita nel solvente opportuno) vengono prima aggiunti ad un tubo sterile contenente agar liquido (top agar) addizionato con tracce di istidina, miscelate per qualche secondo e poi versate in piastra. Dopo la solidificazione, la piastra viene invertita ed incubata a 37°C per 48 ore almeno. L’istidina contenuta nel top agar serve da innesco alla crescita di batteri istidina-dipendenti che riescono però a fare solo poche divisioni cellulari. A questo punto solo quelle cellule che revertono al fenotipo wild type sono in grado di continuare la crescita fino a formare colonie spontanee di dimensione aumentata.La presenza di un mutageno fa aumentare, in ogni piastra, il numero delle colonie cresciute spontaneamente.
Test di reversione del fenotipo in Escherichia coli WP2 Ceppo WP2: nel genoma di questo ceppo di E. coli, l’operone del triptofano è mutato, presenta una sequenza codificante un codone di stop che impedisce la biosintesi del triptofano. WP2 è un ceppo auxotrofo. P O trpL trpE trpD trpC trpB trpA Mutazione TAA Le più frequenti risultano essere: Gln → CAA Ser → TCA Tyr → TAC/TAT Leu → TTA Lys → AAA Glu → GAA Il ceppo WP2 ha nel genoma un operone del triptofano mutato. A differenza della sequenza wild type, che presenta un codone CAA codificante glutammina, WP2 ha una sostituzione CT nel gene trpE che converte la sequenza in TAA. Questa modifica introduce un codone di stop prematuro che impedisce la biosintesi del triptofano. A differenza del test di Ames che utilizza una batteria di ceppi con sequenza bersaglio localizzate in geni differenti dell’operone dell’istidina, i ceppi di E.coli WP2 portano tutti lo stesso tipo di marcatore genetico, rappresentato da un unico sito di mutazione all’interno del gene E dell’operone del Trp. Una mutazione di questo tipo può revertire per qualsiasi tipo di sostituzione di base. La frequenza con cui avvengono non è la stessa, nel 20% dei casi la retromutazione è vera: il codone reverte in Glutammina (CAA); ma è possibile anche una conversione a Ser (TCA), Tyr (TAC/TAT), Leu (TTA), Lys (AAA) e Glu (GAA). Il verificarsi di eventi di reversione spontanea e indotta fa sì che i batteri riacquistino la capacità di crescere e formare colonie quando piastrati su un terreno minimo in assenza del fattore di crescita richiesto.
Screening delle colonie Per confermare il risultato ottenuto sulle piastre allestirò una reazione di PCR.I primers che riconoscono il mio frammento saranno sia primer controllo, che mi confermeranno la presenza dell’operone TRP all’interno delle colonie batteriche ottenute, che primers scelti per la retromutazione più frequente (Gln). I primers controllo amplificheranno una regione di 500 bp, il forward lega nella regione TrpL e il reverse nella regione Trp E. Il Primer forward per la retromutazione dovrà riconoscere la porzione genica mutata, il 3’OH del primer coinciderà con la base che subisce la retromutazione in Glutammina (CAA) e solo se l’appaiamento sarà perfetto l’amplificazione sarà resa possibile; il primer reverse è lo stesso utilizzato per il controllo. Il prodotto di amplificazione è di 300 bp, in questo modo i due prodotti di PCR saranno distinguibili sulla base della differente lunghezza
PCR (Polymerase Chain Reaction) Steps: Tre step ripetuti per 20-40 cicli da un Thermo Cycler: 1. Denaturazione a 94°C Il DNA a doppio filamento è aperto (denaturato) 2. Annealing a 54°C I legami idrogeno sono continuamente formati e rotti tra il primer e lo stampo a singolo filamento Se i primers sono esattamente complementari al templato, i legami idrogeno sono così forti che il primer rimane attaccato 3. Estensione a 72°C Le basi (complementari allo stampo) sono aggiunte all’estremità 3’ del primer. Lo stampo è letto in direzione 3’ → 5’ La tecnica usata è la PCR o Polymerase Chain Reaction (reazione a catena della polimerasi) una metodologia utilizzata per amplificare segmenti specifici di DNA, partendo da quantità minime (anche una sola molecola) presenti in una preparazione di acidi nucleici. Per prima cosa dobbiamo “pickare” una colonia con un’ansa sterile e immergerla in un tubino contenente acqua bidistillata filtrata, in questa maniera si formerà un gradiente osmotico che permetterà la lisi dei batteri. Il materiale di partenza necessario per la PCR è: il DNA contenente la sequenza che deve essere amplificata (nel nostro caso sostituito dalla soluzione in cui abbiamo disciolto la colonia). I dNTP: i desossinucleotidi necessari per sintetizzare i nuovi filamenti di DNA Primers (DNA a singolo filamento complementari al tratto di DNA da amplificare e lunghi 20-50 nucleotidi) DNA polimerasi che deve essere termostabile, in modo che non si inattivi in seguito a riscaldamento: a tale scopo sono utilizzati enzimi isolati da batteri termofili, come, per es., la Taq polimerasi, isolata da Thermophilus aquaticus.) La reazione si svolge in tre step ripetuti per 20-40 cicli da un Thermo Cycler: DENATURAZIONE: I due filamenti della doppia elica dell’acido nucleico che servono da stampo sono separati mediante riscaldamento a una temperatura di 94 °C (DNA denaturato) ANNEALING: segue una fase di raffreddamento per permettere l’ibridazione dei primers o inneschi, oligonucleotidi costituiti da circa 16 paia di basi che servono da inneschi per la sintesi del DNA in vitro. Gli inneschi sono complementari alle sequenze fiancheggianti la regione che deve essere amplificata, e si appaiano sui filamenti opposti del DNA stampo. La temperatura raggiunta in questa fase, detta temperatura di annealing o di appaiamento (40-55°C), è un parametro variabile, capace di determinare la specificità della PCR in relazione alla regione di DNA che deve essere amplificata. ESTENSIONE: la fase di sintesi del nuovo filamento si verifica a circa 72 °C, che è la temperatura ottimale per l’attività della Taq polimerasi. Le basi(complementari allo stampo) sono aggiunte all’estremità 3’ del primer. Lo stampo è letto in direzione 3’ → 5’ Successivamente all’allungamento dell’innesco oligonucleotidico e quindi alla polimerizzazione di filamenti di DNA complementari alla molecola di partenza, si sottopone la reazione a un nuovo ciclo di riscaldamento-raffreddamento-allungamento per ottenere la specifica molecola di DNA che si vuole amplificare, la cui lunghezza corrisponde alla distanza fra i due inneschi. Questo frammento di DNA di nuova sintesi serve a sua volta da stampo per una nuova reazione di polimerizzazione: ogni ciclo raddoppia la quantità di DNA sintetizzato nel ciclo precedente e quindi la cinetica della reazione è di tipo esponenziale.
Primer sul Trp
Una volta terminati tutti i cicli, si dovrà verificare il prodotto di reazione di PCR con l’elettroforesi su gel. Una volta terminati tutti i cicli, si dovrà verificare il prodotto di reazione di PCR con l’elettroforesi su gel. Questa tecnica sfrutta le cariche presenti nelle molecole di DNA o RNA (caricate negativamente) per farle migrare, in un campo elettrico, attraverso un gel di agarosio. Il gel funge da setaccio, essendo costituito da una rete di pori, i quali consentono di separare le molecole in base alla loro grandezza: quelle più piccole attraversano più velocemente i pori rispetto a quelle più grandi quindi si avrà una separazione in funzione della velocità. Il gel viene preparato con agarosio in una soluzione tampone (TAE), riscaldato per far sciogliere correttamente la polvere e aggiungendo l’Etidio Bromuro, un colorante che si intercala tra le basi dell'acido nucleico a doppio filamento, ed emette luce fluorescente quando irradiata con luce ultravioletta. E’ possibile variare la concentrazione di Agarosio con cui preparare il gel in base alla dimensione del frammento che vogliamo separare: concentrazioni di più alte di Agarosio formeranno maglie più strette e viceversa. Ai campioni da caricare viene aggiunta una "soluzione di caricamento", colorata con blu di bromofenolo, contenente glicerolo per agevolare la precipitazione del campione sul fondo del pozzetto. E’ necessario caricare, accanto ai campioni un “marcatore di lunghezza”, che ci permetterà di conoscere con precisione la lunghezza del frammento corrispondente alla banda che osserveremo sotto la luce UV. Certamente la PCR è importante sia come tecnica applicativa che d’indagine, in quanto si tratta d’un metodo che permette una rapida ed elevata amplificazione in vitro di specifiche sequenze di DNA. Essa consente di sintetizzare in poche ore oltre un milione di copie di uno specifico oligonucleotide, rendendo possibile l’identificazione di quantità estremamente piccole di DNA e ha un’elevata sensibilità. Inoltre rende possibili delle analisi in multiplex utilizzando diverse coppie di primers, per ottenere contemporaneamente e nella stessa provetta diversi amplificati. Ormai sono disponibili in commercio molti kit che rendono la tecnica ancora più semplice e rapida. Il gel e la soluzione tampone sono entrambi preparati con TAE
Agarosio Purified linear galactan hydrocolloid
Risultato della corsa elettroforetica Da sinistra a destra 1° Banda: relativa al prodotto di PCR del segmento senza mutazione 2: Banda: relativa al marker 3° Banda: relativa al prodotto di PCR del segmento con la mutazione
Carico il gel
Operone del triptofano L’operone trp di E. Coli contiene i geni che codificano gli enzimi necessari al batterio per sintetizzare l’aminoacido triptofano. Come l’operone lac, questo operone è soggetto a controllo negativo di un repressore; tuttavia esiste una differenza fondamentale: l’operone lac codifica per enzimi che funzionano da cataboliti, ossia degradano una sostanza, ed è un operone che viene attivato dalla presenza della sostanza stessa l’operone trp codifica per enzimi anabolici, ovvero enzimi che sintetizzano una sostanza, e questo tipo di operone viene spento dalla presenza della sostanza in questione Quando la concentrazione di triptofano è elevata, i prodotti dell’operone trp non sono necessari e quindi l’operone trp viene represso. L’operone trp presenta, inoltre, un altro livello di regolazione non presente nel caso dell’operone lac, chiamato attenuazione. La struttura dell’operone trp comprende: 5 geni che codificano enzimi in grado di convertire un precursore del triptofano, l’acido corismico, in triptofano. Questi geni sono: antranilato sintasi, antranilato sintetasi, PRA (Fosforibosil antranilato) isomerasi, Triptofano sintetasi β, Triptofano sintetasi α Promotore ed operatore sono precedenti ai geni, tuttavia, a differenza dell’op. lac, l’operatore trp si trova interamente nel promotore trp Regolazione negativa: un’elevata concentrazione di triptofano indica alla cellula che non è necessario consumare energia per produrre questo aminoacido; pertanto l’elevata concentrazione di triptofano costituisce il segnale che determina lo spegnimento dell’operone trp. Come fa la cellula ad avvertire la presenza del triptofano? In sostanza questo aa aiuta il repressore trp a legare il suo stesso operatore. Accade che: In assenza di triptofano, non esiste nessun repressore trp, ma solo una proteina inattiva chiamata aporepressore, che pur dimerizzando non blocca la trascrizione In presenza di triptofano, l’aporepressore dimerizza, lo lega e cambia la sua conformazione in una maggiore affinità per l’operatore trp. Quando l’aporepressore e il triptofano si legano danno forma al repressore trp, e pertanto il triptofano viene definito corepressore. Quando i livelli di triptofano nella cellula scendono, esso si stacca dall’aporepressore, il quale cambia nuovamente conformazione e non è più in grado di reprimere la trascrizione dell’operone trp. Attenuazione: il motivo per cui esiste questo ulteriore meccanismo di controllo è perché la repressione dell’operone trp è molto debole, più di quella dell’operone lac. Quindi una considerevole trascrizione dell’operone trp può avere luogo anche in presenza del repressore. Il sistema di attenuazione permette un ulteriore controllo 10 volte superiore sull’attività dell’operone. La presenza di questo ulteriore livello di controllo è dovuta al fatto che la sintesi del triptofano richiede un considerevole ammontare di energia. Come funzione? Due loci, situati tra operatore ed il primo gene dell’operone, trpE, codificano per il peptide trp guida e per il trp attenuatore. Lo scopo della coppia guida-attenuatore è quello di attenuare, o indebolire, la trascrizione dell’operone quando il triptofano è relativamente abbondante. L’attenuatore opera causando la terminazione prematura della trascrizione. In altre parole, la trascrizione che ha inizio, anche in condizioni in cui la concentrazione del triptofano è elevata, ha il 90% di possibilità di terminare nella regione dell’attenuatore. La ragione di questa terminazione prematura è che l’attenuatore contiene un segnale di stop della trascrizione: una ripetizione invertita seguita da una sequenza di appaiamenti A-T consecutivi. A causa della ripetizione invertita, in trascritto tende a formare un appaiamento intramolecolare, con la struttura a forcina, che, seguita da una fila di U in un trascritto, destabilizza il legame tra il trascritto e il DNA e quindi causa la terminazione. Quando il triptofano è scarso, la cellula deve però annullare l’attenuazione. Questo avviene impedendo alla struttura a forcina di formarsi, distruggendo così il segnale di terminazione. Il terminatore (guida + attenuatore) può assumere due strutture: una a due forcine, più stabile, ed una ad una sola forcina, meno stabile; la presenza di una preclude l’esistenza dell’altra. Come si bilanciano le due strutture? Tutto si deve alla composizione della regione guida: in essa sono presenti due codoni che codificano per il triptofano. Nei batteri, trascrizione e traduzione sono accoppiate, per cui possiamo riconoscere due situazioni: Carenza di triptofano: il ribosoma arriva sulla regione del trascritto guida che contiene i codoni per il triptofano e, non avendo possibilità di ottenere subito l’aminoacido, stalla, bloccando la formazione della prima forcina e favorendo la formazione della struttura meno stabile, che non sarà in grado di bloccare la trascrizione degli altri geni dell’operone Abbondanza di triptofano: il ribosoma arriva sulla regione del trascritto guida che contiene i codoni per il triptofano e procede tranquillamente, agevolando la formazione della struttura a due forcine, più stabile, che sarà in grado di terminare la trascrizione dei geni dell’operone
The Ames Test: test di reversione del fenotipo Sostanza chimica o il solo solvente Ceppo E.Coli WP2 Trp- (108 batteri) Top agar con tracce di Trp (0.05 mM) Da 0.1 a 0.7 ml 5ml 0.25 mg/0.50 mg/1 mg 37°C per 48 ore Il test di reversione in WP2 è così allestito: In una provetta sterile aggiungo, nell’ordine, sostanza test da utilizzare (nel nostro caso mitomicina C a tre diverse concentrazioni), 100 microlitri di una coltura batterica WP2 in crescita esponenziale, 5ml di top agar mantenuto a una temperatura tra i 43°C e 45°C per evitare il consolidamento dell’agar e permettere ai vari componenti di miscelarsi bene. Dopo una breve miscelazione dei diversi componenti nel tubino, colo su piastre GM agar (piastre a terreno minimo), aspetto la solidificazione e capovolgo le piastre. Queste cresceranno per 48 ore a 37°C, dopo di che analizzerò le colonie revertanti. Il tubino è mantenuto ad una temperatura di 45°C e viene colato su piastre Glucose Minimal agar Conteggio delle colonie revertanti
Sostanza da testare La mitomicina C è un antibiotico ad azione antineoplastica prodotto dallo Streptomyces caespitosus La mitomicina C (MC) è un antibiotico prodotto dallo Streptomyces caespitosus, la lettera che segue il nome serve a distinguerla dalle mitomicine A e B (prodotti analoghi), le quali solo in particolari condizioni possono essere prodotte dallo S. caespitosus. In clinica è impiegata come farmaco ad azione antineoplastica, infatti è un agente alchilante che inibisce la divisione delle cellule tumorali, legandone il DNA e provocandone la frammentazione. La sua attivazione avviene attraverso una cascata di alchilazioni bioriduttive spontanee che culmina nella rottura dell’anello aziridinico con formazione di un composto reattivo verso il DNA. Il farmaco è in grado di formare addotti MC-DNA, favorendo in questo modo il cross-linking del DNA, l’accumulo di mutazioni e inibendo la sintesi delle catene polinucleotidiche. L'attività di cross-linking è proporzionale al contenuto del DNA in guanina e in citosina, in quanto la formazione del legame covalente avviene tra il C1 della mitomicina C e una Guanina nella sequenza 5’-CpG-3’ (isola CpG). La mitomicina è citotossica ma non selettiva per le cellule tumorali, risulta cioè citotossica anche per i tessuti normali. A causa di ciò, in analogia con altri agenti antineoplastici, si caratterizza per un basso indice terapeutico.
Test Setting 100ul batteri + 6ul mitomicina c + 7.5ml top agar ( 150ng) 3 x 3 x 100ul batteri + 12ul mitomicina c + 7.5ml top agar ( 300ng) 100ul batteri + 24ul mitomicina c + 7.5ml top agar (600ng) 3 x 3x 100ul batteri+ 6ul H2O + 7.5ml top agar (ctrl 1) 3x 100ul batteri + 12ul H20 + 7.5ml top agar (ctrl2) 3x 100ul batteri + 24ul H20 + 7.5ml top agar (ctrl3)
Test di reversione del fenotipo Che risultati mi aspetto? Controllo Negativo Mutazione spontanea Sostanza mutagena mg/piastra Mitomycin C Quello che dovrò osservare per stabilire che il test ha dato un riscontro positivo è la presenza di poche colonie sulle piastre controllo (mutazioni spontanee), in cui non ho utilizzato la sostanza presunta mutagena ma solo i batteri o solo il solvente, e la presenza di numerose colonie di dimensioni importanti sulle piastre in cui ho testato la mitomicina (all’aumentare della concentrazione aumentano le colonie revertanti). trpE-----TAA trpE----CAA o trpE----TCA
T-test Laboratorio didattico Corso di Genetica CdL in Biotecnologie per la Salute Prof. Massimo Zollo
Il t-test (o test di Student) è un metodo utilizzato per comparare la media dei risultati di due serie di esperimenti, al fine di valutare la significatività delle variazioni ottenute T-test
T-test 1 = Ctrl- H20 2 = 0,125 µg 3 = 0,250 µg 4 = 0.500 µg