La fine del regno ostrogoto Il regno ostrogoto fu abbattuto dagli eserciti bizantini inviati dall’imperatore Giustiniano per riconquistare l’Italia e ricostruire l’unità del mondo mediterraneo.
La guerra fra Bizantini e Ostrogoti (detta greco-gotica) fu interamente combattuta Italia e durò a lungo (dal 535 al 553) fra saccheggi, violenze, assedi interminabili, territori più volte perduti e riconquistati, distruzione delle mura nelle città sconfitte
I territori italici furono governati da un rappresentante dell’imperatore (detto esarca), con sede a Ravenna, e dai suoi collaboratori venuti dall’oriente Campagne e città furono devastate e la popolazione, impoverita e ridotta alla fame, diminuì moltissimo. Inoltre il crollo del forte regno ostrogoto spianò la strada all’arrivo di un nuovo popolo barbarico, quello dei Longobardi.
Chi erano i Longobardi Erano cristiani ariani, ma conservavano molte tradizioni pagane: il loro nome, per esempio, derivava dalle lunghe barbe che portavano in onore di Wotan, il dio barbarico della guerra. Dalle loro sedi in Pannonia (Ungheria) i Longobardi giunsero in Italia fra il 568 e il 569. Non si spostavano velocemente perché portavano con sé vecchi, donne e bambini, ma incontrarono sul loro cammino una scarsa resistenza perché l’Italia bizantina era debole e spopolata a causa della recente guerra.
I guerrieri longobardi si muovevano in bande, al comando di capi militari detti duchi. L’occupazione della penisola non fu completa e i Bizantini conservarono vasti territori, a volte incuneati entro i possedimenti longobardi. L’Italia rimase divisa in due parti, una bizantina, o Romània, e l’altra longobarda, o Longobardia (da queste due denominazioni – riferite in origine a territori molto più vasti – derivarono poi i nomi delle odierne Romagna e Lombardia).
I Longobardi erano un popolo-esercito: i maschi in età di combattere erano prima di tutto dei guerrieri (detti arimanni, cioè “ mini dell’esercito” o “uomini liberi”) e l’assemblea dei guerrieri prendeva le decisioni per tutti. A differenza degli Ostrogoti, che si consideravano alleati dell’impero, i Longobardi non si contentarono di un terzo delle terre e non affidarono ai Romani compiti amministrativi, ma si impadronirono di tutti i territori occupati e riservarono a sé ogni potere. Nelle città conquistate Longobardi e Romani vivevano in quartieri separati, parlavano lingue diverse, seguivano ciascuno la propria legge.
La conversione dei Longobardi al cattolicesimo – che iniziò nel VI secolo sull’esempio della regina cattolica Teodolinda e si concluse verso la metà del secolo successivo – accorciò le distanze fra vincitori e vinti. Un altro segno di avvicinamento fu il graduale abbandono della lingua longobarda, sostituita da quella latina.
L’editto di Rotari Nel VII secolo Pavia divenne la capitale del regno. Nel 643 il re Rotari ( ) mise per iscritto, in lingua latina, le leggi longobarde, basate sulla tradizione e sulle abitudini, e fino ad allora trasmesse solo oralmente. La raccolta di leggi prese il nome di editto di Rotari. L’editto contiene anche informazioni sulla società longobarda e per questo è considerato uno dei più importanti documenti storici dell’Alto Medioevo. All’inizio l’editto si applicò solo alla popolazione longobarda, ma nell’VIII secolo fu esteso anche ai Romani, che furono ammessi anche a far parte dell’esercito (in precedenza le attività militari erano riservate ai soli Longobardi).
Verso la metà del secolo i Longobardi tentarono di conquistare i territori bizantini della penisola, Ravenna e Roma stessa. Questo tentativo provocò l’intervento militare dei Franchi che nel 774 portò alla fine del regno longobardo e interruppe l’integrazione fra Longobardi e Romani.
Cala la popolazione Nei primi secoli dell’Alto Medioevo (VI, VII e parte dell’VIII) la popolazione dell’Europa occidentale diminuì moltissimo. Dal IV secolo si succedettero migrazioni di popoli, saccheggi, guerre (in Italia, per esempio, la guerra greco-gotica). Devastazioni e guerre furono accompagnate da ripetute epidemie, cioè dalla improvvisa e rapida diffusione di malattie infettive, come il vaiolo, la malaria, la tubercolosi e, soprattutto, la grande peste del 542, una malattia mortale che giunse dall’Etiopia e fece un gran numero di vittime.
Le città cambiano aspetto Le città romane divennero più piccole e furono riadattate ai bisogni della popolazione ridotta di numero. Le zone abitate furono protette da mura difensive. Edifici dell’antichità romana (anfiteatri, terme, fori ecc.) caddero in rovina oppure cambiarono funzione e furono trasformati in fortificazioni, abitazioni e sepolcreti (cioè complessi di tombe). Le chiese cristiane cominciarono, lentamente, a diventare un elemento tipico del paesaggio cittadino. Molte città erano sedi vescovili e il vescovo, in mancanza di autorità civili, vi esercitava poteri di governo.
Nelle campagne le zone coltivate si ridussero perché la popolazione era diminuita e aveva bisogno di una quantità minore di prodotti agricoli. Gli argini dei fiumi non furono più controllati con regolarità, perciò le inondazioni divennero frequenti e vaste superfici furono occupate da paludi e acquitrini. La vegetazione spontanea riprese vigore e boschi e foreste si estesero fino a ricoprire gran parte del territorio.
Le foreste fornivano il legname, un materiale prezioso per riscaldarsi d’inverno, per cucinare i cibi, per costruire case e recinti, mobili, botti e attrezzi da lavoro. Con le cortecce dei tronchi si fabbricavano scarpe e panieri, con la resina fiaccole e torce. La foresta offriva anche il pascolo al bestiame: a pecore, capre e branchi di maiali semiselvaggi che si nutrivano di ghiande. Nella foresta si cacciava la selvaggina, si raccoglievano frutti selvatici ed erbe medicamentose Paludi e specchi d’acqua fornivano pesce, che si consumava fresco, essiccato o conservato sotto sale.
Diminuiscono gli scambi Commerci e trasporti, per terra e per mare, si ridussero. Molte strade romane furono abbandonate, altre divennero malsicure per la presenza di banditi e di animali selvaggi. I traffici si accentrarono nelle città costiere, direttamente raggiungibili via mare, ma le merci furono vendute e comprate in quantità sempre minori. Le monete diventarono rare e in alcuni luoghi, come nei tempi antichissimi, si ritornò al baratto, lo scambio di una merce con un’altra.