Le controversie tributarie «dentro e fuori dal processo». Avv

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Le controversie tributarie «dentro e fuori dal processo». Avv Le controversie tributarie «dentro e fuori dal processo» Avv. Marilena Sireci 4 luglio 2017 Auditorium «Libero Grassi» – Palazzo dei Chierici Piazza Duomo – Catania

IL GIUDIZIO DAVANTI ALLA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

LE FONTI DEL PROCESSO TRIBUTARIO D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 545 ORGANI DELLA GIURISDIZIONE TRIBUTARIA Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria ed organizzazione degli uffici di collaborazione in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della L. 30 dicembre 1991, n. 413 D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 PROCESSO TRIBUTARIO Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della L. 30 dicembre 1991, n. 413

RECENTI DISPOSIZIONI DI MODIFICA DELLE NORME SUL PROCESSO TRIBUTARIO D. Lgs. 24 settembre 2015 n.156. L'intervento normativo è intervenuto su più parti del D.Lgs. n. 546/92 ma le novità principali sono: 1. l'estensione degli strumenti deflattivi del contenzioso, con il rafforzamento del reclamo e della conciliazione giudiziale; 2. l'estensione della tutela cautelare al secondo grado di giudizio; 3. l'immediata esecutività delle sentenze per le parti processuali, già prima del passaggio in giudicato; 4. l'ampliamento dell’importo massimo entro cui avvalersi della difesa personale e l'ampliamento delle categorie di soggetti abilitati all'assistenza tecnica dinanzi alle Commissioni tributarie; 5. il rafforzamento del principio di soccombenza nella liquidazione delle spese di giudizio. (Cfr. Circolare n. 38/E – Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Affari Legali, Contenzioso e Riscossione) D.L. 24 aprile 2017, n. 50 conv. L. 21 giugno 2017, n. 96 (G.U. 23.6.2017) Il Capo II, recante Disposizioni in materia di giustizia tributaria, introduce: all’art. 10, nuove disposizioni in tema di reclamo e mediazione; all’art. 11, disposizioni in tema di definizione agevolata delle controversie tributarie

IL PROCESSO TRIBUTARIO TELEMATICO c.d. PTT La normativa di riferimento D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (art. 39, comma 8) - recante modifiche alle disposizioni in tema di comunicazioni e notificazioni degli atti nel processo tributario (art. 16 del D.Lgs. n. 546/92); Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, 23 dicembre 2013, n. 163 - recante il Regolamento del PTT Decreto del Direttore Generale delle Finanze, 4 agosto 2015 – recante le Regole tecniche necessarie per per la fase introduttiva del PTT Circolare n. 2/DF dell’11.05.2016 – recante Linee guida dei servizi del PTT Decreto del Direttore Generale delle Finanze del 30 giugno 2016 – recante le date di avvio della fase sperimentale suddivise per le prime regioni Decreto del Direttore Generale delle Finanze del 15 dicembre 2016 - recante le date di avvio della fase sperimentale suddivise per le altre regioni (IN SICILIA DAL 15 GIUGNO 2017 MENTRE LE ULTIME 3 REGIONI DAL 15 LUGLIO 2017)

UN IMPORTANTE AIUTO DAL MINISTERO Il PORTALE DELLA GIUSTIZIA TRIBUTARIA https://www.giustiziatributaria.gov.it/gt/ Nella Home page, in alto a sinistra, link «PROCESSO TRIBUTARIO TELEMATICO» Normativa di riferimento e prassi La Direzione della Giustizia Tributaria ha pubblicato per «Il Processo Tributario Telematico»: un «quaderno» in formato PDF che raccoglie la normativa di riferimento ed utili informazioni tecnico/operative, una «brochure» in formato PDF che riporta sinteticamente i vantaggi del PTT Le modalità di registrazione e di accesso alla piattaforma Le modalità di utilizzo e di conversione dei documenti

Art. 2 del D.Lgs. n. 546/1992 Oggetto della giurisdizione tributaria 1. Appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, le sovrimposte e le addizionali, le relative sanzioni nonche' gli interessi e ogni altro accessorio. Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell'avviso di cui all'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica. 2. Appartengono altresi' alla giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l'intestazione, la delimitazione, la figura, l'estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell'estimo fra i compossessori a titolo di promiscuita' di una stessa particella, nonche' le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unita' immobiliari urbane e l'attribuzione della rendita catastale. Appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie attinenti l'imposta o il canone comunale sulla pubblicita' e il diritto sulle pubbliche affissioni. * 3. Il giudice tributario risolve in via incidentale ogni questione da cui dipende la decisione delle controversie rientranti nella propria giurisdizione, fatta eccezione per le questioni in materia di querela di falso e sullo stato o la capacita' delle persone, diversa dalla capacita' di stare in giudizio. *[Dal 3.10.2000, il canone per il servizio di scarico e depurazione delle acque reflue non è più considerato tributo e, pertanto, non appartiene più alla giurisdizione tributaria]

Art. 10 del D.Lgs. n. 546/1992 Le parti nel processo tributario Sono parti nel processo dinanzi alle commissioni tributarie oltre al ricorrente, l'ufficio dell'Agenzia delle entrate e dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, gli altri enti impositori, l'agente della riscossione ed i soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, che hanno emesso l'atto impugnato o non hanno emesso l'atto richiesto. Se l'ufficio e' un'articolazione dell'Agenzia delle entrate, con competenza su tutto o parte del territorio nazionale, individuata con il regolamento di amministrazione di cui all'articolo 71 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e' parte l'ufficio al quale spettano le attribuzioni sul rapporto controverso. NB: MODIFICA NON SIGNIFICATIVA PER GLI ENTI LOCALI

I PROTAGONISTI DEL PROCESSO TRIBUTARIO Nell'individuare i protagonisti del processo, il legislatore si è avvalso di molteplici nozioni collocandole principalmente negli articoli da 10 a 12. In particolare, con l'art. 10 del D.Lgs. 546/1992, il legislatore ha inteso individuare i soggetti aventi capacità di essere parte nel processo tributario. Si tratta di una disposizione caratterizzata da una formulazione piuttosto vaga che, pertanto, impone l'esame non solo delle successive norme recate dal D.Lgs. 546/1992 ma anche, per quanto da esso non disposto, di quelle del codice di procedura civile purchè compatibili.

LA CAPACITA’ DI ESSERE PARTE La capacità di essere parte corrisponde alla capacità di assumere la qualifica di parte, manifestando la capacità di far valere giudizialmente i propri diritti, e spetta a chiunque abbia la capacità giuridica sostanziale di cui all' art. 1 cod. civ. Nel processo tributario assume la qualifica di parte: ─ da una parte il soggetto che chiede l'annullamento, totale o parziale, di un atto impositivo a lui diretto oppure la condanna al rimborso di somme illegittimamente versate. Si tratta, evidentemente, del contribuente, che viene definito parte “ricorrente”. Formalmente è un attore processuale atteso che è colui il quale avvia la controversia, attraverso la presentazione del ricorso; ─ dall’altra, l'amministrazione finanziaria, in una delle sue articolazioni, che ha emesso l'atto di cui si chiede l'annullamento o che non ha concesso il rimborso. Una volta costituitasi in giudizio, l’amministrazione finanziaria verrà definita parte “resistente” e formalmente è un convenuto processuale atteso che viene chiamato in giudizio dal ricorrente.

La distinzione tra capacità di essere parte e capacità processuale. CAPACITA’ DI ESSERE PARTE CAPACITA’ PROCESSUALE La capacità di essere parte corrisponde alla capacità di assumere la qualifica di parte, manifestando la capacità di far valere giudizialmente i propri diritti, e spetta a chiunque abbia la capacità giuridica sostanziale La capacità di stare in giudizio (legittimatio ad processum) corrisponde con la capacità di compiere tutti i necessari atti processuali ed è propria dei soggetti che hanno il libero esercizio dei diritti che intendono fare valere nel processo. La capacità di stare in giudizio costituisce un presupposto di validità o procedibilità del processo e, pertanto, deve sussistere prima della proposizione della domanda giudiziale. la capacità di stare in giudizio si differenzia anche dalla legittimazione ad agire (legittimatio ad causam) che implica che nessuno possa far valere nel processo, in nome proprio, un diritto altrui

La parte pubblica nel processo tributario Con l'art. 10 del D.Lgs. 546/1992, nel testo già modificato dal D.Lgs. 156/2015, il legislatore ha inteso individuare i soggetti aventi capacità di essere parte nel processo tributario. In particolare il legislatore ha delineato la nozione di parte nel processo tributario riferendosi all'Ufficio come soggetto che resiste in giudizio, sostenendo la legittimità e la fondatezza dell'atto emesso che è stato impugnato dal contribuente o del rifiuto di rimborso opposto. L’art. 9, comma 2, lett. c), del D.Lgs. 156/2015, sostituendo il previgente art. 10, ha: ─ aggiornato l'individuazione degli Uffici che possono essere parte del processo, sostituendo le precedenti dizioni "ufficio del Ministero delle finanze", "ente locale" e "concessionario del servizio di riscossione"; ─ inserito, tra le parti, “gli altri enti impositori” (nozione omnicomprensiva).

ai commi 2 e 3 una rappresentanza processuale organica, per le Nel processo tributario la capacità di stare in giudizio che, come già precisato, si sostanzia nella capacità d'agire e resistere in giudizio e dunque compiere gli atti processuali necessari, sembra essere regolata dall'art. 11 del D.Lgs. 546/1992, rubricato, appunto, “Capacità di stare in giudizio”. Tuttavia, l'articolo in commento, nonostante l'inequivocabile rubrica, disciplina esclusivamente la rappresentanza processuale, individuando: - al comma 1, una rappresentanza processuale volontaria, per la parte ricorrente. Può accadere che una persona fisica abbia la capacità di stare in giudizio ma preferisca farsi rappresentare da un terzo, nominato tramite procura generale o speciale, che lo sostituirà nel processo. Sussistono svariate ipotesi di perdita della capacità di stare in giudizio, per legge o per disposizione dell’autorità giudiziaria (ES.: il minore è rappresentato dal genitore oppure in mancanza dal tutore, il fallito è rappresentato dal curatore). ai commi 2 e 3 una rappresentanza processuale organica, per le In particolare il comma 3 si occupa dell’ente locale nei cui confronti sia stato proposto il ricorso.

Art. 11 del D.Lgs. n. 546/1992 Capacità di stare in giudizio 1. Le parti diverse da quelle indicate nei commi 2 e 3 (quindi il contribuente) possono stare in giudizio anche mediante procuratore generale o speciale. La procura speciale, se conferita al coniuge e ai parenti o affini entro il quarto grado ai soli fini della partecipazione all'udienza pubblica, puo' risultare anche da scrittura privata non autenticata. ((…)) 3. L'ente locale nei cui confronti e' proposto il ricorso puo' stare in giudizio ANCHE mediante il dirigente dell'ufficio tributi, ovvero, per gli enti locali privi di figura dirigenziale, mediante il titolare della posizione organizzativa in cui e' collocato detto ufficio. ((…)). NB: MODIFICA EX D.LGS. N. 156/2015 NON SIGNIFICATIVA RIGUARDANDO SOLO IL COMMA 2 CHE NON ATTIENE AGLI ENTI LOCALI.

Corte di Cassazione, sentenza del 24.02.2015, n. 3662 La Corte di Cassazione, confermando la disposizione recata dall’art. 11, comma 3, ha affermato il principio secondo cui può stare in giudizio davanti alle Commissioni tributarie il Dirigente dell'ufficio tributi dell’ente locale ovvero, per gli enti locali privi di figura dirigenziale, il titolare della posizione organizzativa di appartenenza di detto ufficio.

Corte di Cassazione, sentenza del 12 gennaio 2017 n. 577 Sempre con riguardo all’art. 11, comma 3, appare opportuno segnalare il recente intervento della Corte di Cassazione: «Fermo restando che il Sindaco ha sempre la potestà rappresentativa dell'ente comunale, tale potestà può legittimamente individuarsi - se previsto dallo statuto o dal regolamento da quest'ultimo richiamato - anche in persona del dirigente del settore di competenza». «Nel nuovo sistema istituzionale e costituzionale degli enti locali, lo statuto del Comune - ed anche il regolamento del Comune, ma soltanto se lo statuto contenga un espresso rinvio, in materia, alla normativa regolamentare - può legittimamente affidare la rappresentanza a stare in giudizio ai dirigenti, nell'ambito dei rispettivi settori di competenza, quale espressione del potere gestionale loro proprio, ovvero ad esponenti apicali della struttura burocratico - amministrativa del Comune, fermo restando che, ove una specifica previsione statutaria (o, alle condizioni di cui sopra, regolamentare) non sussista, il Sindaco conserva l'esclusiva titolarità del potere di rappresentanza processuale del Comune, ai sensi dell'art. 50 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (...)». In definitiva, secondo la Corte di Cassazione, il "potere di rappresentanza processuale dei dirigenti deve intendersi, dunque, assolutamente pacifico riguardo ai giudizi davanti alle commissioni tributarie". Nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione, è stato ritenuto legittimo che un comune fosse rappresentato nel giudizio dinanzi alla commissione tributaria sulla irrogazione, da parte dell’ente locale, di una sanzione per violazioni delle disposizioni impartite dal comune che si sono registrate nelle affissioni, da parte del dirigente del settore affissioni e non da quello tributario.

Art. 12 del D.Lgs. n. 546/92 L’assistenza tecnica in giudizio 1. Le parti, diverse dagli enti impositori, dagli agenti della riscossione e dai soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, devono essere assistite in giudizio da un difensore abilitato. 2. Per le controversie di valore FINO A TREMILA EURO le parti possono stare in giudizio senza assistenza tecnica. Per valore della lite si intende l'importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore e' costituito dalla somma di queste. Seguono altri n.8 commi nei quali vengono indicate le categorie di professionisti che possono assistere i contribuenti nonché alcune condizioni che devono essere rispettate ai fini del conferimento dell’incarico.

Le modifiche dell’art. 12 da tenere in considerazione Il testo originario dell’art. 12 espressamente disponeva che dovessero essere assistite in giudizio da un difensore abilitato “le parti diverse dall’Ufficio del Ministero delle finanze o dell’ente locale nei cui confronti è stato proposto il ricorso”. La formulazione letterale, di fatto, lasciava intendere che il concessionario della riscossione (oggi Agente della riscossione) e l’ente locale, se parti ricorrenti, fossero anch’essi sottoposti all’obbligo di assistenza tecnica. La modifica intervenuta con il D.Lgs. 156/2015 non lascia oggi dubbi sulla circostanza che l’obbligo riguardi solo la parte privata identificabile nel contribuente ricorrente, nell’intervenuto e nel chiamato in giudizio. Oltre alla introduzione e disciplina dell’elenco dei soggetti abilitati all’assistenza tecnica di cui al comma 4 dell’art. 12, la revisione ha previsto la possibilità per i dipendenti dei CAF e delle relative società di servizi di fornire ai propri clienti assistenza tecnica in giudizio con riguardo ai contenziosi tributari scaturiti dall’attività di assistenza loro prestata.

Art. 11 - comma 1 - e art. 12 del D. Lgs. n Art. 11 - comma 1 - e art. 12 del D.Lgs. n. 546/92 RILEVANZA DELLE DISPOSIZIONI PER L’ENTE LOCALE Le disposizioni richiamate, oltre che per i profili indicati, non sono direttamente applicabili all’ente locale, perché destinate al contribuente. Tuttavia, per l’ente locale è comunque fondamentale conoscerle ai fini difensivi. Invero, il difetto di capacità di stare in giudizio e il difetto di assistenza tecnica, possono essere fatte valere nelle controdeduzioni al fine di far dichiarare inammissibile il ricorso o l’appello del contribuente. Pertanto, occorre almeno: verificare come è stata conferita la procura generale e quella speciale (art. 11, co.1); verificare se la difesa personale è ammessa (valore controversia < € 3.000,00); verificare se l’assistente tecnico è iscritto nel relativo albo professionale; verificare le modalità di conferimento dell’incarico (a margine o in calce) con sottoscrizione autentica (art. 12, co. 7).

ALCUNE PRECISAZIONI SULLA DIFESA PERSONALE DEL CONTRIBUENTE Nella previgente stesura dell’art. 12, al comma 5, era previsto che, anche nell’ipotesi di controversia di valore inferiore ad € 2.582,28, il Presidente della commissione o della sezione o il collegio potesse ordinare alla parte di munirsi di assistenza tecnica, fissando un termine entro il quale la parte era tenuta, a pena di inammissibilità del ricorso, a conferire incarico ad un difensore abilitato. Argomentando da detta disposizione, la Corte Costituzionale, con la sentenza interpretativa di rigetto n. 189/2000, dichiarando non fondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 12, comma 5, e 18, commi 3 e 4, del D.Lgs. 546/1992, ha affermato che nel caso in cui la parte avesse sottoscritto personalmente il ricorso nonostante il valore della controversia superasse il limite di € 2.582,28, l’inammissibilità dello stesso, prevista dall’art. 18, comma 3 e 4, del D.Lgs. 546/1992, doveva scattare solo a seguito del mancato rispetto dell’ordine del giudice di dotarsi di assistente tecnico nel termine fissato. In sostanza la Corte Costituzionale, seguita poi dalla Corte di Cassazione con orientamento costante, ha ritenuto che l’inammissibilità del ricorso non potesse scattare “per il semplice fatto della mancata sottoscrizione del ricorso da parte di un professionista abilitato”. Non può tacersi che la detta disposizione e le interpretazioni giurisprudenziali che ne sono seguite hanno fatto sorgere molte questioni che risultano ormai superate grazie alla revisione della disposizione operata dal D.Lgs. 156/2015. Invero l’art. 9, comma 1, lett. e), del D.Lgs. n. 156/2015 ha eliminato l’inciso che attribuiva al giudice la mera facoltà di ordinare alla parte di dotarsi di un assistente tecnico ed ha espressamente previsto l’applicazione al processo tributario dell’art. 182 cod. proc. civ.

Art. 182 codice procedura civile Ai sensi dell’art. 182 cod. proc. civ., richiamato nell’art. 12, comma 10, del D.Lgs. 546/92, “il giudice istruttore verifica d'ufficio la regolarita' della costituzione delle parti e, quando occorre, le invita a completare o a mettere in regola gli atti e i documenti che riconosce difettosi. Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullita' della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l'assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L'osservanza del termine sana i vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione”. Il richiamo integrale dell’art. 182 cod. proc. civ. ha, di fatto, esteso le garanzie del contribuente/ricorrente atteso che la verifica e la sanatoria delle irregolarità della costituzione delle parti: ─ non è più una facoltà del giudice ma un’attività obbligatoria che deve essere espletata d’ufficio; ─ ha assunto carattere generale, non riguardando più solo l’ipotesi originariamente disciplinata ed estensivamente interpretata. I provvedimenti che, ai sensi del richiamato art. 182 cod. proc. civ., vengono emessi dal giudice istruttore, nel processo tributario sono emessi, per espressa previsione normativa, dal presidente della commissione o della sezione oppure dal collegio.

Art. 12, comma 7 Ai difensori indicati nell’art. 12, indipendentemente dall’ampiezza dell’assistenza tecnica che possono fornire, è necessario conferire l’incarico con atto pubblico o con scrittura privata autenticata. E’ tuttavia possibile che l’incarico venga conferito in calce o a margine di un atto del processo e, in tal caso, la sottoscrizione autografa è certificata dallo stesso incaricato. E’, infine, possibile che l’incarico sia conferito oralmente all’udienza pubblica, dandone atto a verbale. La procura non può essere apposta sull’avviso di accertamento o, più in generale, sull’atto che si intende impugnare, atteso che si tratta di un atto amministrativo e non di un atto processuale. Nel processo tributario sono atti processuali su cui apporre la procura, a margine o in calce: ─ il ricorso o, in secondo grado, l’appello nonché le controdeduzioni con o senza appello incidentale, ─ la nota di produzione dei documenti, ─ le memorie illustrative, ─ l’istanza di trattazione in pubblica udienza, ─ l’istanza cautelare, ─ le brevi repliche. Appare opportuno segnalare che la disciplina dell’assistenza tecnica recata dall’art. 12 attiene solo ai due gradi di giudizio di merito che si volgono innanzi alle Commissioni tributarie di primo e di secondo grado.

Corte di Cassazione, sentenza del 6 aprile 2016, n. 6631 In tema di contenzioso tributario gli enti locali sono esentati dall'obbligo della difesa tecnica, per espressa previsione dell'art. 12 del D. Lgs. n. 546/1992, sicché è legittimo l'esercizio delle funzioni di assistenza processuale da parte di funzionari comunali a ciò delegati dal Sindaco o dal dirigente del servizio tributi (cfr. nello stesso senso Cass. civ. sez. V 8 ottobre 2004, n. 20042; Cass. civ. sez. V 12 dicembre 2003, n. 19080). PRINCIPIO RIBADITO DALLA GIA’ RICHIAMATA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE DEL 12 gennaio 2017 n. 577

LA DISCIPLINA DELLE SPESE DI GIUDIZIO ART. 15 DEL D.LGS. N. 546/92 Il D.Lgs. 156/2015 ha revisionato in maniera significativa la disciplina delle spese del giudizio recata dall’art. 15 del D.Lgs. 546/92 che, già negli ultimi anni, aveva subito delle revisioni, anche significative. ART. 15, COMMA 1: “La parte soccombente è condannata a rimborsare le spese del giudizio che sono liquidate con la sentenza”. Non è stato, quindi, modificato IL PRINCIPIO CARDINE in tema di spese di giudizio, già applicato nel processo tributario, secondo cui LE SPESE SEGUONO LA SOCCOMBENZA.

ART. 15, COMMA 2 LA COMPENSAZIONE DELLE SPESE Se l’incipit della disposizione in commento è rimasto identico al testo previgente, il resto dell’articolo è stato radicalmente modificato, accogliendo molte delle istanze provenienti dalla dottrina e dalla giurisprudenza che, negli ultimi anni, si sono interessate al tema. La prima significativa modifica si registra in tema di COMPENSAZIONE DELLE SPESE DI GIUDIZIO. Si tratta di una ipotesi considerata dal legislatore come del tutto eccezionale che non viene più disciplinata con un rinvio all’art. 92 cod. proc. civ. ma che trova, grazie al D.Lgs. 156/2015, una sua espressa regolamentazione all’interno dell’art. 15. L’art. 15, comma 2, viene totalmente riscritto prevedendo che le spese di giudizio possano essere compensate, in tutto o in parte, dalla commissione tributaria soltanto: ─ in caso di soccombenza reciproca o ─ qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate. E’ evidente che la disposizione in parola costituisce un fortissimo limite al ricorso indiscriminato, da parte dei giudici tributari, alla compensazione delle spese di giudizio a cui erano tristemente abituati i difensori tributari.

Corte di Cassazione sentenza n Corte di Cassazione sentenza n. 19520/2015: la nozione di soccombenza reciproca La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19520/2015, ha precisato che la nozione di soccombenza reciproca “sottende - anche in relazione al principio di causalità - una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate e che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti, ovvero anche l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorché essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno od alcuni e rigettati gli altri, ovvero quando la parzialità dell’accoglimento sia meramente quantitativa e riguardi una domanda articolata in un unico capo (così Cass. ord. n. 22381/09 e n. 21684/13)”.

UN BUON RISULTATO A prescindere dall’ipotesi della soccombenza reciproca, che costituisce una circostanza obiettiva, deve rilevarsi che limitare la compensazione ai casi in cui sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate in sentenza, significa imporre al giudice di ricercare una giustificazione reale alla compensazione. In sostanza, fortunatamente, il legislatore ha reso più complicata una decisione che, in passato, risultava essere la più semplice.

Casistica di motivazioni alla compensazione delle spese divenute illegittime alla luce della revisione ex D.Lgs. n. 156/2015. Alla luce della necessità che vi sia una espressa motivazione sulla gravità ed eccezionalità delle ragioni che giustificano la compensazione delle spese, non potrà più ritenersi soddisfatto l’obbligo motivazionale della sentenza quando il giudice: ─ abbia compensato le spese “per motivi di equità”, non altrimenti specificati (Cass. 13 luglio 2015, n. 14546; Cass. 20 ottobre 2010, n. 21521); ─ si sia riferito genericamente alla “peculiarità” della vicenda o alla “qualità delle parti” o anche alla “natura della controversia” (cfr. anche Cass. 17 settembre 2015, n. 18276). E’ evidente che la necessità di una espressa motivazione che fornisca le ragioni di gravità ed eccezionalità che giustificano la compensazione: - induce i giudici ad applicare il principio della soccombenza con maggiore frequenza - rende più agevole la proposizione dell’appello anche sul solo capo della sentenza, relativo alle spese, in cui non vi sia una idonea motivazione sulla compensazione.

La condanna al risarcimento del danno per responsabilità aggravata. Art. 15, comma 2 bis Una delle novità più significative in tema di spese del giudizio è da rintracciare nel nuovo art. 15, comma 2 bis: «Si applicano le disposizioni di cui all’art. 96, commi 1 e 3, cod. proc. civ.». L’intento del legislatore: scoraggiare le c.d. liti temerarie, introducendo, in aggiunta alla condanna alla rifusione delle spese di lite, la condanna al risarcimento del danno per responsabilità aggravata, disciplinato proprio dall’art. 96, commi 1, cod. proc. civ.. Art. 96, comma 1, cpc: “Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche di ufficio, nella sentenza”. Risultano così normativamente superate le obiezioni sollevate da quella parte della dottrina secondo cui non sarebbe stato possibile evidenziare “mala fede o colpa grave” nel comportamento dell’amministrazione.

I criteri per riconoscere la lite temeraria elaborati dalla Corte di Cassazione La Corte di Cassazione ha elaborato alcuni criteri per il riconoscimento della temerarietà della lite ed ha affermato: 1)“Oltre alla soccombenza totale e non parziale, la condanna per responsabilità aggravata postula che l’istante deduca e dimostri la concreta ed effettiva esistenza di un danno in conseguenza del comportamento processuale della controparte, nonché la ricorrenza, in detto comportamento, del dolo o della colpa grave” (Cass. sentenza n. 4443/2015); 2) la sussistenza della mala fede o della colpa grave è richiesta “perché agire in giudizio per far valere una pretesa che alla fine si rileva infondata non costituisce condotta di per sé rimproverabile (Cass. 30/11/2012 n. 21570 Ord.)”; 3) il ricorso può considerarsi temerario “solo allorquando, oltre ad essere erroneo in diritto, sia tale da palesare la consapevolezza della non spettanza del diritto fatto valere, o evidenzi un grado di imprudenza, imperizia o negligenza accentuatamente anormali” (Cass. 13 luglio 2015, n. 14611).

L’art. 15, comma 2 bis, D. Lgs. 546/1992 come revisionato dal D. Lgs L’art. 15, comma 2 bis, D.Lgs. 546/1992 come revisionato dal D.Lgs. 156/2015 richiama anche l’art. 96, comma 3, c.p.c. Art. 96, comma 3: “In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell'articolo 91, il giudice, anche d'ufficio, puo' altresi' condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata”. La disposizione richiamata comporta che, qualora il giudice stia condannando la parte soccombente al pagamento delle spese di giudizio ma, pur essendovi stato un comportamento non consono ai principi di collaborazione e buona fede, non vi siano i presupposti perché si possa chiedere ed ottenere il risarcimento danni per responsabilità aggravata, il giudice potrà condannare la parte soccombente anche a pagare una somma equitativamente determinata.

La determinazione delle spese di giudizio art. 15, comma 2-ter Altra novità di rilievo introdotta dal D.Lgs. 156/2015 è quella recata dal dall’art. 15, comma 2 ter, D. Lgs. 546/1992, nel quale si precisa che le spese di giudizio che devono essere liquidate dal giudice comprendono: • il contributo unificato tributario (determinato secondo lo scaglione di appartenenza in base al valore della lite e in base al numero di atti impugnati); • gli onorari e i diritti del difensore che, ai sensi del successivo comma 2 quinquies, devono essere liquidati sulla base dei parametri previsti per le singole categorie professionali; • le spese generali (attualmente quantificate nella misura del 15% degli onorari); • gli esborsi sostenuti; • il contributo previdenziale e l’imposta sul valore aggiunto, se dovuti. E’, pertanto, evidente che i giudici, per ogni pronuncia emessa, dovranno attenersi a questa disposizione, tenendone obbligatoriamente conto in sede di liquidazione delle spese.

La disciplina delle spese nella fase cautelare Art. 15, comma 2-quater In virtù di detta previsione, la commissione, con l’ordinanza che decide sull’istanza cautelare, provvede sulle spese della relativa fase e la pronuncia, conserva efficacia anche dopo il provvedimento che definisce il giudizio, a meno che, nella successiva sentenza di merito non vi sia una espressa statuizione diversa. Ciò di fatto comporta la necessità per il ricorrente di motivare con maggior rigore l’istanza cautelare atteso che un rigetto della stessa condurrebbe inevitabilmente alla condanna alle spese della relativa fase. Di contro l’ente locale dovrà rilevare tutti gli elementi che denotano illegittimità ed infondatezza della pretesa cautelare del contribuente.

La disciplina della liquidazione delle spese in favore della parte pubblica Art. 15 comma 2 sexies La disciplina della liquidazione delle spese in favore della parte pubblica è rimasta pressochè invariata con la previsione della liquidazione del compenso spettante in misura pari a quella spettante agli avvocati, ridotta del venti per cento. La riscossione avviene mediante iscrizione a ruolo a titolo definitivo dopo il passaggio in giudicato della sentenza. Ciò comporta che qualunque pretesa in tema di spese del giudizio vantata dall’amministrazione con modalità differenti dall’iscrizione a ruolo e notifica della cartella (si pensi, per esempio, alla notifica di un avviso bonario) e prima del passaggio in giudicato della sentenza, deve ritenersi del tutto illegittimo e, dunque, impugnabile da parte del contribuente.

La disciplina delle spese nelle controversie soggette a reclamo e in quelle chiuse con conciliazione Art. 15, comma 2- septies e 2 - octies Art. 15, comma 2-septies, “Nelle controversie di cui all'articolo 17-bis le spese di giudizio di cui al comma 1 sono maggiorate del 50 per cento a titolo di rimborso delle maggiori spese del procedimento”. Art. 15, comma 2- octies: “Qualora una delle parti abbia formulato una proposta conciliativa, non accettata dall'altra parte senza giustificato motivo, restano a carico di quest'ultima le spese del processo ove il riconoscimento delle sue pretese risulti inferiore al contenuto della proposta ad essa effettuata. Se e' intervenuta conciliazione le spese si intendono compensate, salvo che le parti stesse abbiano diversamente convenuto nel processo verbale di conciliazione”. Occorre condurre un’analisi attenta delle ragioni che possono portare al rifiuto di una proposta di mediazione ex art. 17 bis D.Lgs. 546/1992 oppure al rifiuto di una proposta conciliativa ex art. 48 D.Lgs. 546/1992 atteso che, in entrambi i casi, il mancato raggiungimento dello scopo deflattivo del contenzioso, rischia di comportare un aggravio significativo nell’ammontare delle spese di giudizio a cui si è chiamati a fare fronte.

Il pagamento delle spese di lite in favore del contribuente Art. 69 D Il pagamento delle spese di lite in favore del contribuente Art. 69 D.lgs. n.546/1992 Per completezza, appare opportuno segnalare che nell’ipotesi di una sentenza che condanni l’Amministrazione finanziaria al pagamento delle spese di lite in favore del contribuente, si applica la disciplina di cui all’art. 69, comma 1, primo periodo, D.lgs. 546/1992, ai sensi del quale (dal 1° giugno 2016) “le sentenze di condanna al pagamento di somme in favore del contribuente e quelle emesse su ricorso avverso gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’articolo 2, comma 2, sono immediatamente esecutive”. Peraltro, ai sensi del successivo comma 4, «il pagamento delle somme dovute a seguito della sentenza deve essere eseguito entro 90 giorni dalla sua notificazione ovvero dalla presentazione della garanzia» eventualmente richiesta dal giudice per il pagamento di somme superiori ad € 10.000,00. In caso di mancata esecuzione, il contribuente ha la possibilità di promuovere il giudizio di ottemperanza ai sensi dell’art. 70 del D.Lgs. n. 546/1992.

LE COMUNICAZIONI E LE NOTIFICAZIONI Art. 16 Dlgs n. 546/1992 Le disposizioni in tema di comunicazioni e notificazioni, intesi quali strumenti di conoscenza legale degli atti processuali, recate dall’art. 16 del D.Lgs. 546/1992, non hanno subito modifiche rilevanti ad opera del D.Lgs. 156/2015 eccetto che per: - l’abrogazione del comma 1 bis (che si ritrova adesso nel successivo art. 16 bis, comma 1); - l’aggiornamento effettuato, nel corpo del medesimo articolo, in relazione alla nuova denominazione delle parti processuali interessate dall’attività di notificazione o comunicazione.

LE COMUNICAZIONI E LE NOTIFICAZIONI PER VIA TELEMATICA Il D. Lgs. 156/2015 ha introdotto l’art. 16 bis nel decreto sul processo tributario nel quale ha ricompreso tutte le disposizioni in tema di comunicazioni e notificazioni per via telematica. Come è noto, l’inarrestabile diffusione degli strumenti telematici, ha indotto il legislatore ad introdurre, anche nel processo tributario, l’utilizzo di detti strumenti anche nell’ottica dell’attuazione del PTT (processo tributario telematico). Già da tempo era obbligatoria l’indicazione, nel primo atto difensivo che veniva depositato in giudizio, dell’indirizzo della posta elettronica certificata (c.d. pec) del difensore oppure del contribuente che stava personalmente in giudizio, al fine di consentire alle segreterie di effettuare le comunicazioni tramite pec (di fatto ottenendo anche un cospicuo risparmio in termini di spese postali). Con il D.Lgs 156/2015 il legislatore ha voluto dare sistematicità alle diverse disposizioni che erano state inserite nel tempo, introducendo un apposito articolo dedicato alle comunicazioni e notificazioni per via telematica.

Art. 16 bis del D.Lgs n. 546/1992 L’art. 16 bis del D.Lgs. 546/1992, come introdotto dal D.Lgs. 156/2015, reca - ai commi 1 e 2, disposizioni relative alle comunicazioni; - al comma 3, disposizioni relative alle notificazioni; - al comma 4, una disposizione rilevante sia per le comunicazioni che per le notificazioni. In particolare, l’art. 16 bis, comma 1, dispone che le comunicazioni, attraverso cui le segreterie delle commissioni tributarie trasmettono informazioni di carattere processuale alle parti costituite, sono effettuate anche mediante l'utilizzo della posta elettronica certificata, ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni (c.d. CAD cioè Codice dell’Amministrazione Digitale). Nello stesso comma si precisa che le comunicazioni tra le pubbliche amministrazioni possono essere effettuate ai sensi dell'art. 76 del D.Lgs. 82/2005 ovvero attraverso lo scambio di documenti informatici nell'ambito del Sistema pubblico di connettività che costituisce invio documentale valido ad ogni effetto di legge. Proprio per rendere operative le previsioni del Codice dell’amministrazione digitale effettuando le comunicazioni per via telematica, sempre al comma 1, si prevede che l'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore o delle parti e' indicato nel ricorso o nel primo atto difensivo. Inoltre, qualora la parte stia in giudizio personalmente e il relativo indirizzo di posta elettronica certificata non risulti dai pubblici elenchi, il ricorrente puo' indicare l'indirizzo di posta al quale vuole ricevere le comunicazioni.

Art. 16 bis, comma 2 L’art. 16 bis, comma 2, stabilisce che: - qualora non sia stato indicato l'indirizzo di posta elettronica certificata ovvero - nel caso di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario, le comunicazioni sono eseguite esclusivamente mediante deposito presso la segreteria della Commissione tributaria. Pertanto, è evidente che le inefficienze addebitabili alla parte (sia essa pubblica o privata) conducono a conseguenze che possono pregiudicare irrimediabilmente la difesa. Inoltre, per la sola parte privata, rileva anche l’art. 13, comma 3-bis, del DPR n. 115 del 2002, a norma del quale, qualora “il difensore non indichi il proprio … indirizzo di posta elettronica certificata ai sensi dell’articolo 16, comma 1- bis [ora 16-bis, comma 1], del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546,… il contributo unificato è aumentato della metà”.

Art. 16 bis, comma 3 e comma 4 L’art. 16 bis, comma 3, del D.Lgs. 546/1992 interviene, invece in tema di notificazioni, stabilendo che - le notificazioni tra le parti e - i depositi presso la competente Commissione tributaria possono avvenire in via telematica secondo le disposizioni contenute nel decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 23 dicembre 2013, n. 163, e dei successivi decreti di attuazione. L’art. 16 bis, comma 4, del D.Lgs. n. 546/1992, con una norma di chiusura efficace per le notificazioni e per le comunicazioni, dispone che l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata, valevole per le comunicazioni e le notificazioni, equivale alla comunicazione del domicilio eletto.

La validità delle notifiche a mezzo pec nell’interpretazione giurisprudenziale Sul tema si è già espressa la giurisprudenza di merito fornendo interpretazioni non univoche sulla validità della notifica tramite pec degli atti processuali. Tuttavia non può tacersi che recentemente si è pronunciata anche la Corte di Cassazione precisando, con l’ordinanza n. 17941 del 12/09/2016, che la notifica a mezzo PEC, effettuata dal difensore del contribuente all'Amministrazione finanziaria, di una sentenza emessa dalla CTR non è idonea a far decorrere il termine breve per la proposizione del ricorso per Cassazione. La Suprema Corte ritiene, infatti, che solo laddove operi la disciplina del c.d. processo tributario telematico siano a tutti gli effetti valide tali modalità di notifica, in quanto l'art. 16 del decreto direttoriale del 4 agosto 2015, emanato in attuazione dell'art. 3 comma 3 del d.m. n. 163/2013, ha previsto l'entrata in vigore delle disposizioni relative al processo tributario telematico, solo in via sperimentale a partire dal 1° dicembre 2015 nelle varie regioni.

Art. 17 bis D.Lgs. n. 546/1992 Il reclamo e la mediazione Per le controversie di valore non superiore a ventimila euro, il ricorso produce anche gli effetti di un reclamo e puo' contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell'ammontare della pretesa. Il valore di cui al periodo precedente e' determinato secondo le disposizioni di cui all'articolo 12, comma 2. Le controversie di valore indeterminabile non sono reclamabili, ad eccezione di quelle di cui all'articolo 2, comma 2, primo periodo. Il D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito con modificazioni dalla L. 21 giugno 2017, n. 96, ha disposto (con l'art. 10, comma 2) che il valore di € 20.000,00 viene elevato ad € 50.000,00 per gli atti impugnabili notificati a decorrere dal 1° gennaio 2018.

Art. 17 bis D.Lgs. n. 546/1992 Il reclamo e la mediazione Il ricorso non e' procedibile fino alla scadenza del termine di novanta giorni dalla data di notifica, entro il quale deve essere conclusa la procedura di cui al presente articolo. Si applica la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale *. Il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente decorre dalla scadenza del termine di cui al comma 2. Se la Commissione rileva che la costituzione e' avvenuta in data anteriore rinvia la trattazione della causa per consentire l'esame del reclamo. * A decorrere dal 2015 la sospensione feriale dei termini processuali è ridotta al periodo dal 1° al 31 agosto di ogni anno, mentre la precedente disposizione normativa prevedeva una sospensione dal 1° agosto al 15 settembre (D.L. n. 132/2014).

Art. 17 bis D.Lgs. n. 546/1992 Il reclamo e la mediazione Le Agenzie delle entrate, delle dogane e dei monopoli di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, provvedono all'esame del reclamo e della proposta di mediazione mediante apposite strutture diverse ed autonome da quelle che curano l'istruttoria degli atti reclamabili. Per gli altri enti impositori la disposizione di cui al periodo precedente si applica compatibilmente con la propria struttura organizzativa.

Art. 17 bis D.Lgs. n. 546/1992 Il reclamo e la mediazione La procedura da applicare L'organo destinatario, se non intende accogliere il reclamo o l'eventuale proposta di mediazione, formula d'ufficio una propria proposta avuto riguardo: all'eventuale incertezza delle questioni controverse, al grado di sostenibilita' della pretesa e al principio di economicita' dell'azione amministrativa. (Cfr. Circolare n. 9/E del 19 marzo 2012)

Art. 17 bis D.Lgs. n. 546/1992 Il reclamo e la mediazione La procedura da applicare Nelle controversie aventi ad oggetto un atto impositivo o di riscossione, la mediazione si perfeziona con il versamento, entro il termine di venti giorni dalla data di sottoscrizione dell'accordo tra le parti, delle somme dovute ovvero della prima rata. Per il versamento delle somme dovute si applicano le disposizioni, anche sanzionatorie, previste per l'accertamento con adesione dall'articolo 8 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218. Nelle controversie aventi per oggetto la restituzione di somme la mediazione si perfeziona con la sottoscrizione di un accordo nel quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalita' di pagamento. L'accordo costituisce titolo per il pagamento delle somme dovute al contribuente.

Art. 17 bis D.Lgs. n. 546/1992 Il reclamo e la mediazione La procedura da applicare Le sanzioni amministrative si applicano nella misura del trentacinque per cento del minimo previsto dalla legge. La riscossione e il pagamento delle somme dovute in base all'atto oggetto di reclamo sono sospesi fino alla scadenza del termine di cui al comma 2, fermo restando che in caso di mancato perfezionamento della mediazione sono dovuti gli interessi previsti dalle singole leggi d'imposta.

Art. 18 D.Lgs. n. 546/1992 Gli elementi del ricorso Le novità apportate dal D.Lgs. n. 156/2015 attengono solo all’inserimento dell’obbligatorietà dell’indicazione dei seguenti elementi, nel ricorso e, a causa del rinvio, nell’appello: Il ricorso deve essere sottoscritto dal difensore e contenere l'indicazione: della categoria di cui all'articolo 12 alla quale appartiene il difensore; dell'incarico a norma dell'articolo 12, comma 7, salvo che il ricorso non sia sottoscritto personalmente; dell'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore.