43° CONGRESSO SOCIETÀ ITALIANA DI PSICOTERAPIA MEDICA

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Transcript della presentazione:

43° CONGRESSO SOCIETÀ ITALIANA DI PSICOTERAPIA MEDICA La Dimensione psicoterapeutica in Sanità: La relazione col paziente strumento base di ogni cura CHIETI, 9-10-11-12 GIUGNO 2016 Dr.ssa Katia Marilungo Psicologa Psicoterapaueta Psiconcologa Ordine Psicologi Marche

Mini Master “Oncologia - Cure Palliative e Dolore” CHIETI, 9 GIUGNO 2016 “IMPATTO PSICOLOGICO DELLA FAMIGLIA E DELLA COPPIA ONCOLOGICA” Dr.ssa Katia Marilungo

L’IMPATTO DELLA FAMIGLIA CON LA DIAGNOSI

La FAMIGLIA è un gruppo naturale che ha caratteristiche strutturali e funzionali specifiche, ma anche contraddittorie ha la necessita di proteggere e far crescere il bambino e al tempo stesso di abituarlo a fare a meno di queste cure. Questa contraddizione è riscontrabile al momento dell’impatto della famiglia con la diagnosi di cancro

Perché una famiglia subisce una contraddizione quando entra in contatto con la diagnosi? La diagnosi pone la famiglia di fronte ad una contraddizione: il buon funzionamento della famiglia è impedito dal fatto che il congiunto dopo la diagnosi viene visto non come colui che è in grado di uscire dalla famiglia, ma come chi dovrà rimanerci fino alla morte.

Ogni famiglia ha un suo equilibrio ed una sua stabilità che nella maggioranza dei casi, a costo di cambiamenti ed organizzazioni, sono mantenuti anche di fronte ad eventi critici. Ha anche un suo ciclo vitale, composto da più fasi, ognuna con compiti evolutivi specifici. Tali fasi sono: >formazione della coppia > matrimonio > nascita dei figli > famiglia con adolescente > famiglia trampolino di lancio > il nido vuoto > famiglia in età anziana Queste fasi sono caratterizzate da eventi naturali (eventi normativi) ed il passaggio dall’una all’altra richiede un processo di continua ristrutturazione dei rapporti tra i membri della famiglia. Tali eventi normativi, pur nella loro prevedibilità, rappresentano un fattore di crisi nella vita familiare.

Nel suo ciclo vitale la famiglia può trovarsi ad affrontare anche eventi traumatici (paranormativi), non previsti, come la malattia oncologica; per sopravvivere è obbligata a repentini cambiamenti in termini di riorganizzazione di ruoli e responsabilità. Tale capacità di cambiare la struttura di potere, le relazioni di ruolo, le regole di relazione è definita ADATTABILITA’. L’ADATTAMENTO e il CONTENIMENTO DELLA SOFFERENZA EMOTIVA saranno più o meno efficaci sulla base della qualità delle relazioni familiari.

La famiglia va considerata come un sistema colpito dal cancro, i cui membri condividono una stessa esperienza che causa un distress reciproco e interdipendente. Tutti i componenti, si trovano di fronte alla malattia e ciò comporta una sofferenza di vario grado che può compromettere il processo di adattamento, che si realizza in condizioni emotivamente difficili e spesso con risorse limitate. La VULNERABILITA’ e l’ADATTABILITA’ nell’affrontare tale esperienza dipende dalla qualità delle relazioni familiari, collegata a caratteristiche relazionali precedenti alla malattia.

Si possono individuare dei fattori prognostici positivi di adattamento: > coesione (i cui estremi ipercoinvolgimento e disimpegno sono considerati patologici) > assenza di conflittualità > adeguata espressività emotiva > adattabilità (plasticità emotiva) > stadio dello sviluppo > organizzazione > storia > variabili culturali > supporto sociale

LA COPPIA Tra i sottosistemi familiari, la relazione di coppia è quella che più risente della malattia, in quanto il ruolo del coniuge è riconosciuto come principale fornitore di supporto materiale ed emotivo Le problematiche riportate dai coniugi sono: ansia, incertezza, paure della morte e della malattia, aumentate richieste di vita quotidiana. La maggior parte delle coppie riporta che la relazione è rimasta immutata, e che è aumentata la coesione e l’affetto reciproco.

Il deterioramento del rapporto di coppia è conseguenza di conflitti precedenti alla malattia. Un aspetto interessante è il rapporto di sostegno che il paziente offre al coniuge. Si è notato che il sostegno affettivo che il malato da al coniuge sano alimenta il supporto che il coniuge stesso riuscirà a dare al congiunto malato, con una vera e propria reazione circolare

FIGLI Per quanto riguarda il sottosistema figli, numerosi studi hanno sottolineato la loro partecipazione alla sofferenza che sconvolge la famiglia. 1/3 dei figli: problematiche emotive che si evidenziano soprattutto con disturbi comportamentali (problemi scolastici, disturbi del sonno e dell’alimentazione, difficoltà di relazione con i coetanei, atteggiamenti aggressivi) L’entità dei problemi è correlata a situazioni di lunga durata, a scarso adattamento del genitore alla diagnosi e terapia, alla carenza di informazioni che il figlio ha ricevuto.

Importante è la fase dello sviluppo psicologico del figlio, l’età, la personalità e il tipo di precedente rapporto col genitore. 3-10 anni: sentimenti di solitudine, ansia e depressione, separazione e perdita associate a idee di colpa legate alla percezione di aver fatto ammalare il proprio genitore. Pre-adolescenza: tentativi di autoresponsabilizzazione per tamponare le angosce legate alla percezione di fragilità e insicurezza della famiglia, mista a sentimenti di rabbia per la perdita del sostegno familiare Adolescenza: sentimenti ambivalenti legati al conflitto tra i propri bisogni di autonomia, indipendenza e separazione da un lato, e i sentimenti di colpa determinati dalla consapevolezza di dover rinunciare alla libertà per sostenere il gruppo familiare in crisi.

Il cancro può quindi essere definito una “malattia familiare”, alla quale ogni membro del sistema si deve adattare sviluppando nuove risorse per permettere l’integrazione dei vissuti di malattia nella vita quotidiana. Si ha una duplice visione della famiglia: curante- paziente. L’adattamento della famiglia modula e affianca quello del paziente.

PROBLEMA DELLA MORTE E DEL LUTTO ANTICIPATORIO

Affrontare il problema della morte equivale, dal punto di vista della famiglia, ad occuparsi della tematica del lutto.

Lutto: è quel processo che si svolge dopo la morte del malato Il lutto anticipatorio è quella condizione legata ad un periodo dove avvengono una serie di perdite: della funzionalità ed integrità fisica, del ruolo familiare e sociale e la morte è vista come minaccia già durante il periodo della malattia Ambivalenza emotiva (momenti di ottimismo alternati a periodi di forte ansia e paura del futuro)

È importante considerare chi è il membro ammalato e il ruolo che esse esercita all’interno della famiglia (padre, madre, figlio o nonno), l’età, la professione, il tipo di patologia, le cure che necessita ecc. Il processo di adattamento emotivo del malato è fortemente influenzato dalla risposta emotiva e dal comportamento dei familiari significativi. Ci sono 4 forme di reazione familiare: Negazione: la famiglia è psicologicamente e a volte anche fisicamente assente, continua a comportarsi come se nulla fosse successo, la gravità della malattia è trascurata e rimossa.

Ipercoinvolgimento: tutta la routine e le abitudini della famiglia si riorganizzano intorno all’imperativo di curare il soggetto malato, accudirlo e ridurre la sofferenza; l’ansia di tutti i familiari raggiunge livelli molto alti. Distanziamento: l’esistenza della malattia è accettata, ma la presenza in casa del malato è rifiutata, rifiutando il coinvolgimento emozionale Atteggiamento costruttivo: rapporto di collaborazione fondato su una buona qualità comunicativa

PROBLEMI DI COMUNICAZIONE Cristallizzazione della Comunicazione: parlare della sofferenza, del proprio modo di viverla, sembra in alcune situazioni quasi proibito, per paura che possa essere troppo angosciante “Congiura del Silenzio”: Il vivere una situazione drammatica di incontrollabilità e imprevedibilità, fa crescere l’ansia personale e collettiva portando a comportamenti che negano la presenza della malattia Comunicazioni Paradossali: dove il canale del NON verbale sconfessa clamorosamente quello verbale

Risposte delle famiglie al Lutto Anticipatorio: Famiglia normale: è elastica, dinamica, ha un buon adattamento, coinvolge ed integra gli operatori, chiede aiuto in caso di bisogni specifici, ha una buona percezione del livello relazionale, ha una comunicazione aperta ed è capace di condividere la sofferenza.

Famiglia muta/congelata: adotta il silenzio come meccanismo principale di protezione reciproca, i familiari chiedono ai curanti di evitare il più possibile di comunicare informazioni sulla malattia del malato, il quale tace per evitare di essere un peso ulteriore sui familiari; all’interno della famiglia regna un clima di solitudine.

Famiglia rigida: nella comunicazione è presente un alto livello di razionalizzazioni, ma un basso livello di espressione delle emozioni; necessitano di un bisogno estremo di controllo che spesso si esprime in una attenzione quasi ossessiva alle terapie, alle regole alimentari e a fattori ritenuti negativi per la salute del malato; nel rapporto con gli operatori pongono continue richieste di spiegazioni e rassicurazioni e provano forte disagio per qualunque variazione di programma.

Famiglia conflittuale: caratterizzata dalla presenza di conflitti aperti o coperti, nel primo caso ci possono essere delle difficoltà di relazione con l’equipe, una tendenza alla triangolazione degli operatori che frequentemente si schierano con uno dei membri e una possibile estensione del conflitto all’equipe per alleanze differenti all’interno di essa; nel secondo caso si riscontra un basso livello di compliance familiare ed un alto livello di agiti aggressivi

Famiglia svincolata: presenza di legami deboli tra familiari e un conseguente livello alto di solitudine; spesso si antepongono i bisogni individuali a quelli del malato ed è presente un sentimento di rabbia negli operatori nei confronti dei membri della famiglia che mostrano un basso coinvolgimento verso il malato

Famiglia disgregata: il malato frequentemente vive solo e spesso appare rassegnato e depresso; i familiari sono assenti, ritirati e non disponibili a dare aiuto, tanto che risulta impossibile l’attuazione di programmi di assistenza domiciliare con conseguenti ospedalizzazioni frequenti; questa situazione genera negli operatori un alto livello di rabbia in quanto accusano i familiari di abbandono.

Famiglia chiusa/rifiutante: è una famiglia autarchica, diffidente nei confronti di qualsiasi forma d’aiuto; spesso nella storia familiare sono presenti delusioni nei confronti di sanitari o della medicina a causa di iniziali aspettative di guarigione disattese; sono presenti spesso idee paranoiche e un basso livello di compliance familiare che può indurre gli operatori a facile dimissione

Famiglia squalificante: è una famiglia che chiama in causa più operatori del settore o più metodologie terapeutiche, che tendono alla manipolazione delle terapie; il messaggio non verbale più comune è “quello che fate non serve a niente o è sbagliato”; questo tipo di messaggio genera negli operatori la sensazione di essere usati e conseguenti sentimenti di rabbia, nonché il rischio di agiti controsqualificanti.

Talvolta si assiste, in presenza di lutto anticipatorio, ad atteggiamenti di abbandono. È così infatti che si possono motivare alcune ospedalizzazioni volute dal familiare. Altri aspetti difficili sono il rifiuto, cioè l’agire come se il malato fosse già morto, e la negazione che spinge a trattare il malato come se non lo fosse. A volte si spera che la morte arrivi al più presto per dar sollievo al malato e a sé.

MODIFICAZIONI STRUTTURALI E RELAZIONALI NELLA FAMIGLIA

Fasi del Ciclo Vitale Familiare e Malattia Nelle situazioni in cui la famiglia si è appena formata (convivenza, matrimonio recente): meccanismi di ritorno alla famiglia di origine, il cancro può squilibrare il sistema di autonomia del nuovo nucleo familiare, potendo pregiudicare l’unione della coppia (Problema con i confini esterni)

In una famiglia con figlio in età infantile: energie fisiologiche rivolte al nuovo nato vengano dirottate sul paziente, con possibili ripercussioni sul bambino e sul suo sviluppo psicologico Nella famiglia con figli in fase adolescenziale: la spinta all’autonomia, l’opposizione e la ribellione ai genitori per la costruzione di legami affettivi e sociali extra-familiari, possono essere ostacolate o compromesse (Iperesponsabilizzazione/ Parental Child)

Nella famiglia in cui la coppia è tornata ad essere sola : coniuge sano che si trova con un minor grado di supporto disponibile e che può percepire in modo ancora maggiore la minaccia di solitudine in caso di morte. (Problema con i confini della coppia) In generale, la cosa che più si riscontra è l’accentuarsi di disturbi sul piano della comunicazione interpersonale e delle relazioni complessive, che portano al BLOCCO evolutivo della famiglia.

“Una famiglia riesce a tornare alla vita, quando riesce a far circolare la sofferenza, mometo magico e trasformativo che fa diventare una famiglia una RISORSA” (Adinolfi, 2007)

Grazie per l’attenzione!