Evoluzione della macchina a vapore

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Evoluzione della macchina a vapore

L’EOLIPILA I secolo d. C. Circa 2000 anni fa, lo scienziato greco Erone di Alessandria inventò la prima macchina a vapore: l' EOLIPILA, che vuol dire “sfera di Eolo”, anche conosciuta come “motore di Erone”. Era una sfera cava di metallo, dalla quale fuoriuscivano due tubicini messi in due punti diametralmente opposti. I tubicini terminavano con due brevi tratti rettilinei che, rispetto all'asse centrale, avevano direzioni contrapposte. La sfera era libera di ruotare intorno ad un asse. Una fiamma riscaldava l'acqua con la quale era stata riempita la sfera. Quando il liquido raggiungeva una temperatura sufficientemente elevata, il getto del vapore usciva dagli orifizi e faceva ruotare la sfera intorno al suo asse. Per anni il meccanismo fu considerato alla stregua di un curioso giocattolo.

LA MACCHINA A VAPORE DI DENIS PAPIN fine 1600 Verso la fine del 1600 il medico Denis Papin ebbe l’idea di sfruttare l’energia del vapore per far muovere un pistone all’interno di un cilindro. Il pistone di Papin fu presentato alla comunità scientifica dell’epoca con scarso successo, poiché si riusciva ad ottenere al massimo un’oscillazione al minuto, frequenza inutilizzabile per applicazioni pratiche. I suoi studi sul vapore e gli effetti dell’aumento di pressione lo avevano portato, pochi anni prima, a brevettare la pentola a pressione.

LA MACCHINA A VAPORE DI SAVERY E NEWCOMEN inizi del 1700 Nei primi anni del 1700 un ingegnere inglese, Thomas Savery, ed il suo amico Thomas Newcomen, fabbro, inventarono un grande motore a vapore, che venne utilizzato per togliere l'acqua dalle miniere di carbone allagate. Esso era munito di un pistone: una sorta di asta, che si muoveva avanti e indietro all'interno di un cilindro.

La macchina di Newcomen del 1712 aveva una piccola caldaia che produceva vapore a pressione atmosferica. Il bilanciere vibrava 12 volte al minuto e ad ogni corsa lo stantuffo della pompa aspirava 45 litri di acqua che venivano poi sollevati a 46 metri di altezza. Il difetto principale di questa macchina era il continuo raffreddamento del cilindro che causava un enorme consumo di carbone. Il suo rendimento termico era infatti solo dell'1%: gni 100 Kg di carbone bruciati solo 1 veniva utilizzato per far muovere la pompa. Nonostante questi gravi difetti la macchina non ebbe rivali nelle miniere inglesi per circa 60 anni.

LA MACCHINA A VAPORE DI JAMES WATT fine del 1700 James Watt nel 1763 fu incaricato di riparare un modellino della macchina di Newcomen che non voleva funzionare. Dopo un attento studio Watt capì che l'enorme consumo di vapore del modellino era dovuto al continuo raffreddamento del cilindro.

LA MACCHINA A VAPORE A DOPPIO EFFETTO 1782 Scrive Watt "mi venne in mente che, se si apriva una comunicazione tra il cilindro contenente vapore e un recipiente dal quale l'aria e altri fluidi fosse stata tolta, allora il vapore sarebbe penetrato immediatamente nel recipiente vuoto fino a quando non si fosse raggiunto l'equilibrio. Se il recipiente fosse stato tenuto molto freddo con un'iniezione o altro, il vapore si sarebbe condensato". Nel 1782 Watt progettò dunque la macchina a doppio effetto, eliminando la fase passiva: il pistone era sempre sotto spinta. Con questo sistema ottenne doppia potenza a parità di cilindrata. http://www.lucianopiazza.it/macvapor/scaciani.html

LA MACCHINA A VAPORE DI JAMES WATT 1788 La versione definitiva della nuova macchina di Watt, in uso nel 1788, consumava meno di 1/3 di quella di Newcomen. Aveva il cilindro chiuso e mantenuto caldo da una camicia di vapore. Il condensatore, sistemato in un pozzo, era raffreddato e tenuto vuoto con una pompa. Quando lo stantuffo si trovava al punto morto superiore veniva aperta la valvola di scarico per produrre un vuoto sotto di esso, dall'altra parte (sopra) veniva fatto entrare il vapore. Il pistone scendeva sia per effetto della pressione atmosferica che per la forza del vapore. Col pistone al punto morto inferiore veniva chiusa la valvola di immissione vapore e aperta la valvola equilibratrice che metteva in comunicazione la parte superiore del cilindro con quella inferiore. Lo stantuffo, avendo adesso ugual pressione da ambo le parti, veniva tirato in alto dal peso dell'asta e dello stantuffo della pompa che scendevano per il loro grande peso. Notare il condensatore raffreddato da una camicia di acqua fredda e il cilindro riscaldato da una camicia di vapore caldo. La versione definitiva della nuova macchina di Watt, in uso nel 1788, consumava meno di 1/3 di quella di Newcomen. Aggiunse cioè alla macchina di Newcomen una seconda camera, il “condensatore”, facendo scorrere il vapore in due camere, una sempre calda e l’altra sempre fredda. In questo modo non c'era più bisogno di riscaldare e raffreddare il cilindro, come avveniva nella macchina di Newcomen, ottenendo così un enorme risparmio di combustibile ed una maggiore efficienza. Il condensatore permise inoltre di operare a ciclo continuo. I motori a vapore oltre a pompare l'acqua dalle miniere allagate, iniziano anche ad essere utilizzati per azionare i macchinari nelle fabbriche.

http://www.lucianopiazza.it/macvapor/scaciani.html

LA MACCHINA A VAPORE A DOPPIO EFFETTO 1782 Nel 1782 Watt progettò dunque la macchina a doppio effetto, eliminando la fase passiva: il pistone era sempre sotto spinta. Con questo sistema ottenne doppia potenza a parità di cilindrata. Egli poi collegò la sua macchina ad un sistema BIELLA – MANOVELLA

IL SISTEMA BIELLA - MANOVELLA Il sistema biella-manovella progettato da Leonardo veniva utilizzato, fino ad allora, al contrario: partendo da un moto rotatorio si otteneva un moto rettilineo alternato. Il moto rotatorio trasformato in moto rettilineo veniva utilizzato anche nel Medioevo nei mulini e nelle gualchiere. Leonardo da Vinci (1452 – 1519) Codice di Madrid I (BNM), c. 28v (particolare)

LE GUALCHIERE MEDIOEVALI Sistema a camme Le gualchiere venivano costruite presso i mulini proprio per sfruttare l’energia idraulica generatasi dalla caduta del getto d’acqua all’interno della ruota del mulino. Il  moto di rotazione, oltre che alla macina,  veniva così trasmesso all’ albero a camme della gualchiera, il quale azionava a sua volta un martellone di legno (follone) che colpiva le pezze della stoffa grezza. Le gualchiere erano presenti in moltissimi mulini a partire dal medioevo, ma si svilupparono soprattutto a partire dal Cinquecento e fino a tutto il Settecento.

IL SISTEMA BIELLA – MANOVELLA UTILIZZATO DA WATT Watt, invece, collegò la sua macchina ad un sistema BIELLA – MANOVELLA partendo dal moto rettilineo alternato. Il moto rettilineo alternato prodotto dal pistone veniva così trasformato in un movimento rotatorio continuo, in grado di muovere ruote ed ingranaggi. Per la prima volta si riuscì ad ottenere un moto rotatorio continuo generato da un combustibile, il carbone, senza più doversi servire dell’ausilio di uomini o animali

IL TRENO A VAPORE

LA LOCOMOTIVA DI TREVITHICK 1804 I primi esperimenti sulla macchina a vapore di J. Watt nella locomotiva  incominciarono nel 1797 con Trevithick che realizzò un modello di locomotiva che, nel 1804, fece muovere su rotaie a una velocità di 8 Km l'ora. Sempre lui  nel 1808 fece una locomotiva con un vagone, che però era troppo pesante per muoversi sulle rotaie.

IL TRENO A VAPORE DI STEPHENSON 1825 Nel 1825 Stephenson inaugurò il primo treno pubblico per passeggeri e merci sulla ferrovia Stokton- Darlington. Il treno era lento e dispendioso, così si preferirono per i tratti più lunghi i treni a cavalli. Il problema della resistenza delle rotaie che tendevano a deformarsi per l'eccessivo peso dei treni venne risolto da Stephenson nel 1830, anno in cui il tratto Manchester-Liverpool adottò solo la trazione a vapore eliminando il traino animale