Le politiche europee in materia di asilo e immigrazione

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Transcript della presentazione:

Le politiche europee in materia di asilo e immigrazione

Alcuni dati significativi A livello mondiale, nel 2015, circa 34mila persone al giorno sono state costrette a fuggire dalle loro case per l’acuirsi di conflitti e situazioni di crisi, ovvero una media di 24 persone al minuto: Si sono così contati, nel 2015, oltre 65 milioni migranti forzati nel mondo, di cui 21,3 milioni di rifugiati, 40,8 milioni di sfollati interni e 3,2 milioni di richiedenti asilo

In Europa, nel 2015, sono state presentate 1. 393 In Europa, nel 2015, sono state presentate 1.393.350 domande di protezione internazionale: un valore più che raddoppiato rispetto all’anno precedente. La Germania, con 476.620 domande presentate (pari al 36% delle istanze in UE) si conferma il primo paese per richieste di protezione internazionale, seguita da Ungheria, Svezia, Austria e Italia.

Il tema delle migrazioni e dell’asilo deve essere affrontato a livello europeo

Tutto ebbe inizio con il trattato di Schengen

l’idea di uno spazio di libera circolazione di merci e persone inizia il 14 giugno 1985 con gli accordi Schengen cui seguì il 19 giugno 1990 l’adozione della Convenzione Schengen ove si definirono le condizioni e le garanzie inerenti lo spazio di libera circolazione, questa Convenzione entrò in vigore nel 1995. Nel 2005 fu istituita l’agenzia europea Frontex per il pattugliamento e il controllo delle frontiere esterne dell’Unione mentre nel 2006 Parlamento europeo e Consiglio hanno adottato il c.d. Codice delle frontiere Schengen.

La creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia come fondamento della politica europea i materia di asilo e immigrazione La base giuridica: Art. 3, par. 2 TUE: «L'Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, che garantisce la libera circolazione delle persone, insieme a misure appropriate in materia di controllo delle frontiere esterne, d'asilo, d'immigrazione, oltre alla prevenzione della criminalità e la lotta contro questo fenomeno».

Sulla base di quali spinte politiche è nato lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia? Il processo di armonizzazione della politica di asilo in Europa iniziò a metà degli anni 80, quando i politici europei compresero che la creazione di un mercato unico con l’abolizione delle frontiere interne, così come previsto dall’Atto Unico Europeo del 1986 e l’adozione della Convenzione di Schengen del 1985 e 1990 nonché l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht nel 1992, avrebbero causato un profondo impatto nelle politiche nazionali di asilo. Ciò che i governanti degli allora Stati membri delle Comunità europee, prima, dell’Unione, poi, temevano era che l’abolizione delle frontiere avrebbe incentivato il fenomeno dell’asylum shopping e la la prolificazione delle c.d. “richieste di asilo multiple”.

Asylum shopping Possibilità per i richiedenti asilo di presentare la domanda di protezione internazionale nel Paese membro in grado di offrire le migliori condizioni di accoglienza, procedure efficaci e un più compiuto status di protezione.

Fenomeno delle “domande multiple” la presentazione della domanda di protezione internazionale da parte di un richiedente in più di uno Stato membro.

Come arginare questi fenomeni? Questa esigenza di controllo dei movimenti secondari dei richiedenti asilo indusse gli Stati membri a cercare di stabilire strumenti chiari per la determinazione e l’individuazione dello Stato responsabile dell’esame della domanda di asilo.

Il problema della competenza dell’Unione europea Negli anni 1990, mancava ancora una politica comune europea in materia di asilo e immigrazione. La competenza in materia di visti, asilo e immigrazione era inserita nell’ambito della cooperazione intergovernativa, tipica del terzo pilastro (GAI), dunque inefficiente e inadeguata. Le competenze inserite nell’ambito del terzo pilastro si caratterizzavano per avere dei limiti “istituzionali, politici e giurisdizionali”; gli atti erano adottati attraverso procedure decisionali che necessitavano del voto unanime del Consiglio e relegavano il Parlamento a una funzione meramente consultiva. infatti, gli Stati membri dalla metà degli anni 90 in poi compresero che tali carenze erano determinate dall’adozione di strumenti inefficaci di cui se ne rendeva necessario il superamento. Per tale ragione si avviò un processo di comunitarizzazione della materia dell’immigrazione e dell’asilo e più in generale di tutte quelle politiche che riguardavano la libera circolazione delle persone.

Il Trattato di Amsterdam del 1997 Solo con il Trattato di Amsterdam del 1997 la materia dell’immigrazione, dei visti e dell’asilo venne comunitarizzata. In questo Trattato comparve un nuovo titolo IV (artt. 61-69 TCE) dedicato alla politica dei visti, asilo, immigrazione e frontiere, così si creò la base legale per permettere al legislatore comunitario di adottare misure vincolanti in materia di asilo, solo in questo modo gli atti adottati in materia sarebbero stati sottoposti al controllo giurisdizionale della Corte di giustizia dell’UE.

Il Consiglio di Tampere del 1999 Dopo il Consiglio europeo di Tampere furono adottate una serie di direttive e regolamenti allo scopo di creare il sistema europeo comune di asilo. Che si sviluppò in due tappe.

La prima fase I primi strumenti normativi furono adottati negli anni 2001-2004 e riguardarono: i meccanismi per stabilire la distribuzione dei richiedenti asilo tra gli Stati membri, gli standard minimi accoglienza dei richiedenti asilo, per le procedure di asilo e per la concessione dell’asilo. In questa prima fase fu permesso, quindi, agli Stati membri di mantenere ancora in essere le proprie procedure e l’interpretazione di alcuni concetti, così da garantire, eventualmente, anche una maggiore protezione dei richiedenti asilo.

IN MATERIA DI ASILO E IMMIGRAZIONE SI PARLA DI UN LUNGO PROCESSO D’INTEGRAZIONE PERCHÉ SOLO NELLA SECONDA FASE, CHE EBBE INIZIO NEL 2004, S’INIZIÒ A RIDURRE IL MARGINE DI DISCREZIONALITÀ A DISPOSIZIONE DEGLI STATI MEMBRI

Qual era il problema dello sviluppo della politica europea? per l’adozione degli atti era necessaria la votazione all’unanimità del Consiglio, circostanza difficile da raggiungere a causa delle posizioni di alcuni Stati membri i quali temevano un’eccessiva ingerenza della politica europea in ambiti squisitamente nazionali. Le negoziazioni in seno al Consiglio portarono alla modifica di molte proposte della Commissione, e all’adozione di misure legislative indebolite sul piano del riconoscimento e della tutela dei diritti individuali dei richiedenti asilo e dei rifugiati

La seconda fase Con il Programma di Stoccolma del 2009, furono individuati gli strumenti per la seconda fase d’integrazione della materia, stabilendo un piano a breve termine (2009-2014) per l’adozione di tali strumenti. La seconda fase di armonizzazione ha visto un’ulteriore importante novità determinata dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona; ciò ha fatto si che le proposte legislative della Commissione fossero sottoposte alla procedura legislativa ordinaria.

Questa seconda fase di sviluppo delle politiche comuni d’asilo, il cui fine era il potenziamento e la revisione di alcuni degli strumenti già adottati, si è conclusa nel 2013 con l’adozione del così detto “pacchetto asilo”.

E oggi? Allo stato attuale il sistema comune europeo di asilo è sottoposto a un nuovo progetto di riforma; la crisi del sistema di asilo impone agli Stati membri e alle istituzioni europee di rivedere la politica in tema di protezione internazionale dello straniero.

Il Trattato di Lisbona Tutta la normativa europea in materia di migrazione e asilo trova oggi la propria base giuridica nelle norme del Trattato di Lisbona dedicate allo spazio di libertà sicurezza e giustizia e collocate nel Titolo V del TFUE capo II, i cui artt. 77-80 disciplinano segnatamente le politiche d’immigrazione, visti e asilo, e precisamente l’art. 78 del TFUE costituisce la base giuridica del sistema europeo comune di asilo

Art. 67 TFUE l’Unione realizza uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali nonché dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri. Per realizzare tale obiettivo l’Unione garantisce che non vi siano controlli sulle persone alle frontiere interne e sviluppa una politica comune in materia di asilo, immigrazione e controllo delle frontiere esterne, fondata sulla solidarietà tra Stati membri e equa nei confronti dei cittadini dei paesi terzi.

Settore di competenza concorrente Lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia è un obiettivo dell’Unione disciplinato in un settore di competenza concorrente così come indicato dall’art. 4, par. 2, lett. J) TFUE, dunque l’intera disciplina è soggetta al rispetto del principio di sussidiarietà e proporzionalità ex art 5, par.1 e 3 del TUE.

Cosa significa? Art. 2, par. 2 TFUE: quando i trattati attribuiscono all’Unione una competenza concorrente con quella degli Stati membri in un determinato settore, l’Unione e gli Stati membri possono legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti in tale settore. Gli Stati membri esercitano la loro competenza nella misura in cui l’Unione non ha esercitato la propria. Gli Stati membri esercitano nuovamente la loro competenza nella misura in cui l’Unione ha deciso di cessare la propria

Criteri di esercizio della competenza concorrente Art. 5, par. 1 e 3 TUE la determinazione delle competenze dell’Unione si fonda sul principio di attribuzione. L’esercizio delle competenze dell’Unione si fonda sui principi di sussidiarietà e proporzionalità. In virtù del principio di sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva l’Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere conseguiti in maniera sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell’azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione».

questi principi cardine e regolatori del diritto dell’UE impongono al legislatore europeo di limitare la propria azione a iniziative che non possono essere sufficientemente realizzate a livello nazionale; la legislazione europea è regolamentata secondo criteri di stretta necessità connessi al raggiungimento legittimo degli obiettivi fissati nella politica europea. Tuttavia, occorre precisare che il Trattato, nel fissare l’obiettivo della costruzione del sistema europeo comune di asilo, ha avocato a se un ampio raggio di azione; ciò dovrebbe indurre ad una certa generosità nell’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità.

L’Unione realizza una politica comune d’immigrazione intesa ad assicurare anche la gestione dei flussi migratori stabilendo le condizioni d’ingresso e soggiorno e le norme sul rilascio dei visti e del titolo di soggiorno di lunga durata, compresi quelli per ricongiungimento familiare. Quindi compito dell’Unione è quello di indicare le condizioni, mentre spetterà poi ad ogni Stato membro determinare il volume di ingresso nel loro territorio, pertanto si potrebbe dire che nella gestione di questa competenza concorrente l’Unione fissa le regole e gli Stati hanno la funzione esecutiva.

Cosa cambia con il Trattato di Lisbona: Gli atti che l’Unione adotta nelle materie dello spazio di libertà sicurezza e giustizia sono approvati mediante procedura legislativa ordinaria, salvo alcune limitate eccezioni che riguardano casi in cui è adottata la procedura legislativa speciale, o non viene adottata la procedura legislativa; Un’altra importante modifica segnata dal Trattato di Lisbona riguarda le competenze della Corte di giustizia la quale non trova adesso alcun limite salvo quanto previsto dall’art. 276 TFUE

Oggi l’Unione europea può definire una politica nei settori dell’asilo e dell’immigrazione, non essendo più obbligata ad adottare esclusivamente norme minime volte a fissare semplicemente alcuni principi comuni. L’indicazione contenuta nel Trattato di Lisbona di avviare una politica comune dovrebbe favorire l’elaborazione di criteri uniformi in relazione a queste materie, così da poter realizzare una maggiore integrazione

La base giuridica dell’attuale politica europea in materia di asilo Convenzione di Ginevra del 1951 e il Protocollo di New York del 1966 Art. 18 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; Art. 78 TFUE

La Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato Ha definito la nozione di rifugiato dal punto di vista del diritto internazionale. In base a tale disposizione, per rifugiato si intende la persona che si trova fuori del paese di cui è cittadino (se apolide, del paese di residenza abituale), temendo a ragione di essere perseguitata per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, e che non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di quel paese. Tali requisiti individuano la figura del rifugiato politico in senso stretto e riflettono in misura rilevante il contesto storico in cui sono stati adottati. La Convenzione di Ginevra, infatti, era nata per affrontare il problema dei rifugiati in Europa dopo la seconda guerra mondiale.

Il principio di non refoulement 1. Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche. 2. La presente disposizione non può tuttavia essere fatta valere da un rifugiato se per motivi seri egli debba essere considerato un pericolo per la sicurezza del paese in cui risiede oppure costituisca, a causa di una condanna definitiva per un crimine o un delitto particolarmente grave, una minaccia per la collettività di detto paese.

Art. 18 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea Il diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dal protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati, e a norma del trattato che istituisce la Comunità europea. Art. 19 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea Le espulsioni collettive sono vietate. Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti.

Art. 78 TFUE par. 1 L’Unione sviluppa una politica comune in materia di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione temporanea, volta a offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessita di protezione internazionale e a garantire il rispetto del principio di non respingimento. Detta politica deve essere conforme alla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e al protocollo 31 gennaio 1967 relativi allo status dei rifugiati, e gli altri trattati pertinenti.

Art. 78, par. 2 TFUE Ai fini del paragrafo 1, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano le misure relative ad un sistema europeo comune di asilo che includa: a) uno status uniforme in materia di asilo a favore di cittadini di paesi terzi, valido in tutta l’Unione; b) uno status uniforme in materia di protezione sussidiaria per i cittadini di paesi terzi che, pur senza il beneficio dell’asilo europeo, necessitano di protezione internazionale; c) un sistema comune volto alla protezione temporanea degli sfollati in caso di afflusso massiccio; d) procedure comuni per l’ottenimento e la perdita dello status uniforme in materia di asilo o di protezione sussidiaria; e) criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo o di protezione sussidiaria; f) norme concernenti le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo o protezione sussidiaria; g) il partenariato e la cooperazione con paesi terzi per gestire i flussi di richiedenti asilo o protezione sussidiaria o temporanea

Art. 78, par. 3 Qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare misure temporanee a beneficio dello Stato membro o degli Stati membri interessati. Esso delibera previa consultazione del Parlamento europeo

DIRETTIVA 2011/95/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 13 dicembre 2011 recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo di beneficiare della protezione sussidiaria, nonchè sul contenuto della protezione riconosciuta. C.d. Direttiva Qualifiche

C.d. Direttiva Procedure DIRETTIVA 2013/32/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 26 giugno 2013 recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale C.d. Direttiva Procedure

Regolamento(UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o apolide C.d. Regolamento Dublino

C.d. Direttiva Accoglienza Direttiva Accoglienza 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 Recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale C.d. Direttiva Accoglienza

Questo sistema europeo comune di asilo funziona?

il sistema europeo comune di asilo sta vivendo una profonda crisi, il cui segno tangibile è dato dal numero incessante di morti nelle acque del Mediterraneo. Si stima che dal 2000 almeno 23.000 persona abbiano perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa. Dall'inizio della crisi in Siria, più di 2.800.000 di siriani – dei quali oltre la metà sono bambini - sono fuggiti dalle loro case. A fine 2014, solo in 96.000 avevano raggiunto l'Europa in cerca di protezione.

Alla fine di ottobre 2016 si contano 4 Alla fine di ottobre 2016 si contano 4.899 persone che hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l'Europa, di queste 3.654 nel Mar Mediterraneo. Sempre alla fine di ottobre 2016, sono arrivate in Italia 159.432 persone (+13% rispetto all'anno precedente), fra cui 19.429 minori non accompagnati (12,1%); alla stessa data in Italia 171.938 persone accolte in diverse strutture di accoglienza (CARA, CDA, CPSA, CAS, SPRAR).

Agenda europea sull’immigrazione Azione immediata: Salvare le vite in mare e intensificare l’azione europea intensificando le attività di ricerca e soccorso in mare. Obiettivo: ripristinare il livello di intervento che garantiva l’operazione italiana Mare Nostrum. Operazioni Triton e Poseidon di Frontex.

Agenzia europea Frontex Svolge un doppio ruolo: da un lato coordina il sostegno operativo alle frontiere degli Stati membri sotto pressione, dall’altro aiuta a salvare i migranti in mare.

Combattere le reti criminali Prendere di mira le reti criminali che sfruttano la vulnerabilità dei migranti attraverso operazioni di politica di sicurezza e difesa comune destinate a identificare, catturare e distruggere sistematicamente le imbarcazioni usate dai trafficanti. Cooperazione di Frontex e Europol.

Far fronte al gran numero di migranti in arrivo in Europa: La ricollocazione I sistemi di asilo e di accoglienza sono sollecitati come non mai, l’Unione non dovrebbe aspettare che la pressione si faccia insostenibile per intervenire: il numero di persone in arrivo sottopone a sollecitazioni strutture di accoglienza e trattamento che sono già a limite. Per far fronte alla pressione nel mediterraneo la Commissione europea ha proposto di attivare il sistema di risposta di emergenza previsto dall’art. 78, par. 3 del TFUE.

Ricollocazione Meccanismo temporaneo per la distribuzione delle persone con evidente bisogno di protezione internazionale, in modo da garantire la partecipazione equa ed equilibrata di tutti gli Stati membri allo sforzo comune. Lo Stato membro di accoglienza sarà competente per l’esame della domanda secondo le norme e garanzie vigenti. La chiave di redistribuzione è basata su criteri come PIL, popolazione, tasso di disoccupazione e numero passato di richiedenti asilo e di rifugiati reinsediati.

Obiettivo dell’agenda europea per l’immigrazione del 2015 L’Unione necessita di un sistema permanente per condividere tra gli stati membri la responsabilità dei rifugiati e dei numerosi richiedenti asilo. La Commissione ha presentato una proposta legislativa che prevede un sistema di ricollocazione obbligatorio di attivazione automatica che in caso di afflusso massiccio distribuisca all’interno dell’Unione europea le persone con evidente bisogno di protezione internazionale

Il reinsediamento Responsabilità comune dell’intera comunità internazionale e spetta all’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) indicare le situazioni in cui non sono garantite le condizioni di sicurezza che permetterebbero alle persone di restare nel proprio paese. Queste persone vulnerabili non possono essere lasciate in balia delle reti criminali dedite alla tratta e al traffico, devono esistere modi sicuri e leciti di arrivare nell’UE. L’UNHCR ha approvato per l’UE l’obiettivo del reinsediamento di 20 000 persone l’anno da qui al 2020

Raccomandazione della Commissione Gli Stati membri dovrebbero inoltre attivare tutti gli altri canali leciti di cui possono disporre le persone bisognose di protezione, compresi il patrocinio di soggetti privati o non governativi e i permessi per motivi umanitari e le clausole inerenti al ricongiungimento familiare.

Usare gli strumenti dell’Ue per aiutare gli Stati membri in prima linea In primo luogo la Commissione ha istituito un nuovo metodo basato sui « punti di crisi» anche detti hotspot: l’ Ufficio di sostegno per l’asilo (EASO), Frontex ed Europol lavorano sul campo con gli Stati membri in prima linea per condurre con rapidità le operazioni di identificazione, registrazione e rilevamento delle impronte digitali dei migranti in arrivo.

Luci e ombre della politica degli hotspot Questo sistema è stato concepito per aiutare in paesi coinvolti in prima linea nella gestione dei flussi migratori, in primis Italia e Grecia. Nel mese di ottobre l’Associazione Amnesty International ha pubblicato un rapporto ove denuncia la sistematica violazione di diritti umani all’interno degli Hotspot italiani.

Cosa deve fare ancora l’Europa? Riformare il sistema europeo comune di asilo sulla base del principio della solidarietà tra Stati e l’equa ripartizione dei migranti. Attivare canali di accesso legale e sicuro in Europa. Innalzare gli standard di tutela dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo.

Grazie per l’attenzione Dott.ssa Laura Rizza