I mercati dei capitali e il pricing del rischio

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Transcript della presentazione:

I mercati dei capitali e il pricing del rischio Capitolo 10 I mercati dei capitali e il pricing del rischio © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Contenuti del capitolo 10.1 Un primo sguardo alla relazione rischio-rendimento 10.2 Misure di rischio e di rendimento 10.3 Rendimenti storici di azioni e obbligazioni 10.4 Il trade-off rischio-rendimento 10.5 Rischio comune e rischio indipendente 10.6 La diversificazione del portafoglio azionario 10.7 Misurazione del rischio sistematico 10.8 Beta e costo del capitale © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Obiettivi di apprendimento Definire una distribuzione di probabilità, il suo significato, la varianza, la deviazione standard e la volatilità. Calcolare il rendimento realizzato o totale di un investimento. Utilizzare una distribuzione empirica dei rendimenti realizzati, stimare il rendimento atteso, la varianza e la deviazione standard (volatilità) dei rendimenti. Utilizzare l’errore standard per misurare la quantità di errore di stima nella media. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Obiettivi di apprendimento (continua) Discutere le caratteristiche di volatilità e rendimento di portafogli di grandi dimensioni rispetto ad azioni e obbligazioni. Descrivere la relazione tra volatilità e rendimento di singoli titoli. Definire e confrontare il rischio diversificabile e il rischio sistematico, e il premio per il rischio richiesto. Definire un portafoglio efficiente e un portafoglio di mercato. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Obiettivi di apprendimento (continua) Discutere come il beta possa essere utilizzato per misurare il rischio sistematico di un titolo. Utilizzare il Capital Asset Pricing Model per calcolare il rendimento atteso di un titolo rischioso. Utilizzare il Capital Asset Pricing Model per calcolare il costo del capitale per un particolare progetto. Spiegare perché in un mercato dei capitali efficiente il costo del capitale dipenda dal rischio sistematico piuttosto che dal rischio diversificabile. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

10.1 Un primo sguardo alla relazione rischio–rendimento Standard & Poor’s 500: 90 azioni di società USA fino al 1957 e successivamente 500 azioni. Si tratta di società leader nei rispettivi mercati, e tra le piu grandi scambiate sul mercato statunitense. Small cap: azioni scambiate al NYSE con capitalizzazione di mercato nell’ultimo 10% della distribuzione. World Portfolio: azioni internazionali da tutti i più grandi mercati del mondo in Nordamerica, Europa e Asia. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

10.1 Un primo sguardo alla relazione rischio–rendimento (continua) Obbligazioni di società: obbligazioni di società statunitensi a lungo termine con rating AAA. Le obbligazioni hanno una scadenza di circa venti anni. Buoni del tesoro: un investimento in Buoni del Tesoro statunitensi a tre mesi. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Figura 10.1 Valore di $100 investiti alla fine del 1925 © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

10.1 Un primo sguardo alla relazione rischio–rendimento (continua) Le small cap: hanno ottenuto i rendimenti a lungo termine più elevati, mentre i Buoni del Tesoro hanno ottenuto i rendimenti a lungo termine più bassi. Le small cap hanno presentato le più ampie fluttuazioni del prezzo, i Buoni del Tesoro le più basse. Un rischio più elevato richiede un rendimento più elevato. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

10.2 Misure di rischio e di rendimento Distribuzione di probabilità Quando un investimento è rischioso, sono diversi i rendimenti che si potranno ottenere; ogni possibile rendimento ha una probabilità di verificarsi. Si riassume questa informazione in una distribuzione di probabilità che assegna una probabilità, pR a ogni possibile rendimento R futuro. Supponiamo che le azioni BFI attualmente vengano scambiate a $100 per azione. Stimate che tra un anno vi sia il 25% di probabilità che il loro prezzo sia $140, il 50% che sia $110 e il 25% che sia $80. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Tabella 10.1 © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Figura 10.2 Distribuzione di probabilità dei rendimenti di BFI © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Rendimento atteso Rendimento atteso (medio) Calcolato come media ponderata dei possibili rendimenti, dove i pesi corrispondono alle probabilità. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Varianza e deviazione standard La media degli scarti dalla media al quadrato Deviazione standard La radice quadrata della varianza Entrambe sono misure del rischio di una distribuzione di probabilità © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Varianza e deviazione standard (continua) Per BFI, varianza e deviazione standard sono: In finanza, la deviazione standard di un rendimento è detta anche volatilità. La deviazione standard è di più semplice interpretazione perché è espressa nella stessa unità di misura dei rendimenti. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio 10.1 del libro © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio 10.1 del libro (continua) © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio alternativo 10.1 Problema L’azione TXU ha la seguente distribuzione di probabilità: Qual è il rendimento atteso? E la deviazione standard? probabilità rendimento 0,25 8% 0,55 10% 0,20 12% © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio alternativo 10.1 (continua) Soluzione Rendimento atteso E[R] = (0,25)(0,08) + (0,55)(0,10) + (0,20)(0,12) E[R] = 0,020 + 0,055 + 0,024 = 0,099 = 9,9% Deviazione tandard SD(R) = [(0,25)(0,08 – 0,099)2 + (0,55)(0,10 – 0,099)2 + (0,20)(0,12 – 0,099)2]1/2 SD(R) = [0,00009025 + 0,00000055 + 0,0000882]1/2 SD(R) = 0,0001791/2 = 0,01338 = 1,338% © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Figura 10.3 Distribuzione di probabilità dei rendimenti di BFI e AMC © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

10.3 Rendimenti storici di azioni e obbligazioni Calcolo dei rendimenti storici Rendimento realizzato Il rendimento che si ottiene realmente in un periodo determinato. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

10.3 Rendimenti storici di azioni e obbligazioni (continua) Calcolo dei rendimenti storici Se si detiene l’azione oltre la data in cui si è pagato il primo dividendo, per calcolare il rendimento occorre specificare come viene investito il dividendo ricevuto. Supponiamo che tutti i dividendi siano immediatamente reinvestiti e utilizzati per acquistare altre azioni dello stesso titolo. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

10.3 Rendimenti storici di azioni e obbligazioni (continua) Calcolo dei rendimenti storici Se un’azione distribuisce dividendi alla fine di ogni trimestre, con rendimenti realizzati RQ1, . . . ,RQ4 ogni trimestre, allora il suo rendimento realizzato nell’anno, Rannuale, è calcolato come: © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio 10.2 del libro © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio 10.2 del libro (continua) © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio alternativo 10.2 Problema Quali sono stati i rendimenti realizzati per l’azione Ford nel 1999 e nel 2008? © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio alternativo 10.2 (continua) Soluzione Iniziamo osservando i dati riguardanti il prezzo dell’azione Ford all’inizio e alla fine dell’anno e a ogni data di pagamento dei dividendi. Da questi dati possiamo costruire la seguente tabella: Data Prezzo ($) Dividendo($) Rendimento Dividendo ($) 12/31/1998 58,69   12/31/2007 6,73 1/31/1999 61,44 0,26 5,13% 3/31/2008 5,72 -15,01% 4/30/1999 63,94 4,49% 6/30/2008 4,81 -15,91% 7/31/1999 48,5 -23,74% 9/30/2008 5,2 8,11% 10/31/1999 54,88 0,29 13,75% 12/21/2008 2,29 -55,96% 12/31/1999 53,31 -2,86% © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio alternativo 10.2 (continua) Soluzione Calcoliamo il rendimento di ciascun periodo utilizzando l’Eq. 10.4. Per esempio, il rendimento dal 31 dicembre 1998 fino al 31 gennaio 1999 è pari a: Determiniamo quindi i rendimenti annuali utilizzando l’Eq. 10.5: © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio alternativo 10.2 (continua) Soluzione Notate che, se Ford non paga dividendi nel 2008, il rendimento può anche essere determinato come: © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Tabella 10.2 © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

10.3 Rendimenti storici di azioni e obbligazioni (continua) Calcolo dei rendimenti storici Determinando il numero di volte in cui un rendimento realizzato cade all’interno di un certo intervallo, si può stimare la sottostante distribuzione di probabilità. Distribuzione empirica Quando si traccia la distribuzione di probabilità utilizzando dati storici © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Figura 10.4 Distribuzione empirica dei rendimenti annuali per azioni di grandi imprese statunitensi (S&P 500), small cap, obbligazioni societarie e Buoni del Tesoro, 1926 – 2008. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Tabella 10.3 © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Rendimento annuo medio Dove Rt è il rendimento realizzato di un titolo all’anno t, per gli anni da 1 a T Utilizzando i dati della Tabella 10.2, il rendimento annuo medio dello S&P 500 nel periodo 1996–2008 è: © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Varianza e volatilità dei rendimenti varianza stimata utilizzando i rendimenti realizzati Si stima la deviazione standard o volatilità come la radice quadrata della varianza. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio 10.3 del libro © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio 10.3 del libro (continua) © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio alternativo 10.3 Problema Utilizzando i dati della Tabella 10.2, quali sono varianza e volatilità dei rendimentidello di GM per il periodo 1999–2008? © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio alternativo 10.3 (continua) Soluzione Per prima cosa, determiniamo il rendimento annuo medio di GM nel periodo, utilizzando l’Eq.10.6: © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio alternativo 10.3 (continua) Soluzione Successivamente calcoliamo la varianza utilizzando l’Eq.10.7: La volatilità o deviazione standard è quindi: © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Tabella 10.4 © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Uso dei rendimenti passati per predire il futuro: errore di stima Possiamo usare i rendimenti medi su dati storici di un titolo per stimare il suo rendimento atteso. Tuttavia, il rendimento medio è soltanto una stima del rendimento atteso. Errore standard Una misura statistica del grado di errore di stima © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Uso dei rendimenti passati per predire il futuro: errore di stima (continua) Errore standard della stima del rendimento atteso 95% intervallo di confidenza Per lo S&P 500 (1926–2008) Che corrisponde a un intervallo dal 7,1% al 16,1% © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio 10.4 del libro © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio 10.4 del libro (continua) © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

10.4 Il trade-off rischio–rendimento Rendimento di portafogli di grandi dimensioni Rendimento in eccesso La differenza tra il rendimento medio di un investimento e il rendimento medio dei Buoni del Tesoro © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Tabella 10.5 © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Figura 10.5 Trade-off storico tra rischio e rendimento di grandi portafogli di titoli, 1926–2005 Notate la relazione positiva tra volatilità e rendimento medio per grandi portafogli di titoli. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Rendimenti di singole azioni Esiste una relazione positiva tra volatilità e rendimenti medi per singole azioni? Come è mostrato nella diapositiva seguente, non vi è una relazione precisa tra volatilità e rendimento medio per singole azioni. Le azioni di grandi imprese tendono ad avere volatilità inferiore a quella di piccole imprese. Tutte le azioni tendono ad avere rischio più elevato e rendimenti inferiori ai portafogli di grandi dimensioni. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Figura 10.6 Volatilità e rendimento storici per 500 titoli azionari, classificati trimestralmente per dimensione, 1926 –2005. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

10.5 Rischio comune e rischio indipendente Rischio perfettamente correlato Rischio che interessa tutti i titoli Rischio indipendente Rischio non correlato Rischio che interessa un particolare titolo Diversificazione Copertura dei rischi indipendenti in un portafoglio di grandi dimensioni © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio 10.5 del libro © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio 10.5 del libro (continua) © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

10.6 La diversificazione del portafoglio azionario Rischio specifico di impresa e rischio sistematico Notizie specifiche sull’impresa Buone o cattive notizie riguardanti una singola impresa Notizie riguardanti il mercato Notizie che hanno ripercussioni su tutte le azioni, come quelle riguardanti l’economia © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

10.6 La diversificazione del portafoglio azionario (continua) Rischio specifico di impresa e rischio sistematico Rischi indipendenti Dovuti a notizie specifiche per un’impresa Noto anche come: Rischio specifico dell’impresa Rischio idiosincratico Rischio unico Rischio non sistematico Rischio diversificabile © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

10.6 La diversificazione del portafoglio azionario (continua) Rischio specifico di impresa e rischio sistematico Rischi comuni Dovuti a notizie che interessano l’intero mercato Noto anche come: Rischio sistematico Rischio non diversificabile Rischio di mercato © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

10.6 La diversificazione del portafoglio azionario (continua) Rischio specifico di impresa e rischio sistematico Quando si inseriscono molte azioni in un portafoglio di grandi dimensioni, il rischio specifico dell’impresa per ogni azione si compensa e viene diversificato. Il rischio sistematico, invece, avrà ripercussioni su tutte le imprese e non sarà diversificato. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

10.6 La diversificazione del portafoglio azionario (continua) Rischio specifico di impresa e rischio sistematico Consideriamo due tipi di imprese: Le imprese del gruppo “S” sono influenzate soltanto dal rischio sistematico. Vi è una probabilità del 50% che l’economia sarà forte e le azioni delle imprese del gruppo “S” otterranno un rendimento del 40%; vi è una probabilità del 50% che l’economia sarà debole e il rendimento delle azioni delle imprese del gruppo S sarà del –20%. Dato che tutte queste imprese sono esposte allo stesso rischio sistematico, detenere un portafoglio di grandi dimensioni di imprese del gruppo “S” non permetterà una diversificazione del rischio. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

10.6 La diversificazione del portafoglio azionario (continua) Rischio specifico di impresa e rischio sistematico Consideriamo due tipi di imprese: Le imprese del gruppo “I” sono influenzate soltanto da un rischio specifico tipico dell’impresa. I loro rendimenti sono con la stessa probabilità 35% o –25% sulla base di fattori specifici del mercato locale di ciascuna impresa. Dato che questi rischi sono specifici dell’impresa, se si detiene un portafoglio formato da azioni di molte imprese del gruppo “I”, il rischio risulterà diversificato. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

10.6 La diversificazione del portafoglio azionario (continua) Rischio specifico di impresa e rischio sistematico Le imprese nella realtà sono interessate da entrambi i rischi, sistematici e caratteristici della specifica impresa. Quando le imprese sopportano entrambi i tipi di rischio, solo il rischio specifico può essere diversificato combinando azioni di molte imprese in un portafoglio. La volatilità di conseguenza scenderà fino a quando resterà solamente il rischio sistematico. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Figura 10.7 Volatilità dei portafogli di imprese di tipo “S” e “I”. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio 10.6 del libro © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio 10.6 del libro (continua) © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Assenza di arbitraggio e premio per il rischio Il premio per un rischio diversificabile è nullo, perciò gli investitori non sono compensati per il rischio specifico dell’impresa. Se il rischio diversificabile delle azioni fosse compensato con un premio per il rischio aggiuntivo, allora gli investitori potrebbero acquistare azioni, ottenere un premio aggiuntivo e nello stesso tempo diversificare ed eliminare il rischio. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Assenza di arbitraggio e premio per il rischio (continua) Facendo questo, gli investitori potrebbero ottenere un premio aggiuntivo senza un rischio ulteriore. Questa opportunità di ottenere qualcosa gratuitamente sarebbe velocemente sfruttata ed eliminata. Dato che gli investitori possono eliminare il rischio specifico “gratuitamente” diversificando i loro portafogli, non necessitano di una ricompensa o di un premio per questo rischio. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Assenza di arbitraggio e premio per il rischio (continua) Il premio per il rischio di un titolo è determinato dal suo rischio sistematico e non dipende dal suo rischio diversificabile. Questo comporta che la volatilità di un’azione, che è una misura del rischio totale (rischio sistematico più rischio diversificabile), non è molto utile per determinare il premio per il rischio che gli investitori otterranno. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Assenza di arbitraggio e premio per il rischio (continua) La deviazione standard non è una misura ragionevole per il rischio di un singolo titolo. Non dovrebbe esservi alcuna relazione chiara tra volatilità e rendimento medio per i singoli titoli. Di conseguenza, per stimare il rendimento atteso per un titolo, dobbiamo trovare una misura del rischio sistematico del titolo stesso. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio 10.7 del libro © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio 10.7 del libro (continua) © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

10.7 Misurazione del rischio sistematico Per misurare il rischio sistematico di un’azione, occorre determinare quanto la variabilità del suo rendimento è dovuta al rischio sistematico, o rischio di mercato, e quanto al rischio non sistematico. Per determinare quanto il rendimento di un’azione sia sensibile al rischio sistematico, osservate il cambiamento medio del rendimento per ogni 1% di cambiamento nel rendimento di un portafoglio che subisce fluttuazioni dovute solamente al rischio sistematico. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

10.7 Misurazione del rischio sistematico (continua) Portafoglio efficiente Un portafoglio che contiene solamente rischio sistematico. Non vi è modo di ridurre la volatilità del portafoglio senza ridurre il suo rendimento atteso. Portafoglio di mercato Un portafoglio efficiente che contiene tutte le possibili azioni e i titoli sul mercato Lo S&P 500 è spesso usato come proxy del portafoglio di mercato. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

10.7 Misurazione del rischio sistematico (continua) Sensibilità al rischio sistematico: il Beta (β) La variazione percentuale attesa del rendimento in eccesso di un titolo per una variazione dell’1% del rendimento in eccesso del portafoglio di mercato. Il beta è diverso dalla volatilità. Quest’ultima misura il rischio totale (rischio sistematico e non sistematico), mentre il beta misura soltanto il rischio sistematico. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio 10.8 del libro © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio 10.8 del libro (continua) © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Tabella 10.6 © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Misurazione del rischio sistematico (continua) Interpretazione dei Beta (β) Il beta di un titolo è in relazione alla sensibilità di fatturato e flussi di cassa alle condizioni globali dell’economia. Le azioni di settori ciclici sono tendenzialmente più sensibili ai rischi sistematici e presentano beta maggiori rispetto alle azioni di settori meno sensibili. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

10.8 Beta e costo del capitale Stima del premio per il rischio Premio per il rischio di mercato Il premio per il rischio di mercato è la ricompensa che spetta agli investitori che detengono un portafoglio con un beta pari a 1. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

10.8 Beta e costo del capitale (continua) Aggiustamento al beta Stima del rendimento atteso di un titolo in funzione del suo beta © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio 10.9 del libro © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio 10.9 del libro (continua) © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio alternativo 10.9 Problema Supponete che l’economia abbia una probabilità del 60% che il rendimento del mercato sarà il 15% il prossimo anno e una probabilità del 40% che il rendimento del mercato sarà il 5% il prossimo anno. Ipotizzate che il tasso privo di rischio sia del 6%. Se il beta di Microsoft è 1,18, qual è il suo rendimento atteso per il prossimo anno? © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Esempio alternativo 10.9 (continua) Soluzione E[RMkt] = (60% × 15%) + (40% × 5%) = 11% E[R] = rf + β ×(E[RMkt] − rf ) E[R] = 6% + 1,18 × (11% − 6%) E[R] = 6% + 5,9% = 11,9% © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

10.8 Beta e costo del capitale (continua) L’Eq. 10.11 per la stima del costo del capitale è spesso indicata come Capital Asset Pricing Model (CAPM). Il CAPM è il modello più importante per stimare il costo del capitale utilizzato nella pratica. © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Caso di studio: discussione su argomenti chiave Trovate il beta per ognuno dei 12 titoli elencati nel Caso di studio del presente capitolo. Come fate a confrontare le aziende quando sono classificate in base ad un beta in contrasto con la deviazione standard da voi calcolata? Fonti per trovare il beta, disponibili gratuitamente sul web: Yahoo! Finance Google Finance © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Domande di verifica Dal 1926 al 2008, quale dei seguenti investimenti ha ottenuto il più alto rendimento: Standard & Poor’s 500, small cap, world portfolio, obbligazioni societarie o Buoni del Tesoro? Come si calcola il rendimento atteso di un’azione? Quali sono le due più comuni misure di rischio, e che relazione presentano tra loro? Pur avendo i dati su 83 anni del rendimento dello S&P 500, non si possono stimare irendimenti dello S&P 500 con molta precisione. Per quale motivo? I rendimenti attesi di portafogli azionari di grandi dimensioni e ben diversificati aumentano proporzionalmente alla volatilità? © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino

Domande di verifica (continua) È vero che i rendimenti attesi per le singole azioni aumentano proporzionalmente alla volatilità? Qual è la differenza tra rischio comune e rischio indipendente? Spiegate come mai il premio per un rischio diversificabile è nullo. Come mai il premio per il rischio di un titolo dipende solamente dal suo rischio sistematico? Definite il beta di un titolo. In che modo si può utilizzare il beta di un titolo per stimare il suo costo del capitale? Se un investimento rischioso ha beta pari a zero, quale dovrebbe essere il suo costo del capitale in base al CAPM? Come è possibile giustificarlo? © 2011 Pearson Italia – Milano, Torino