diritto allo studio e diritto all’istruzione « Ognuno ha diritto ad un'istruzione. L'istruzione dovrebbe essere gratuita, almeno a livelli elementari e fondamentali. L'istruzione elementare dovrebbe essere obbligatoria. L'istruzione tecnica e professionale, dovrebbero essere generalmente fruibili, così come pure un'istruzione superiore dovrebbe essere accessibile sulle basi del merito. » (ONU, Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, art. 26) « I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso. » (Costituzione italiana, art. 34)
Differenza tra diritto allo studio e diritto all’istruzione Per «diritto all'istruzione» s'intende quello all'istruzione inferiore, di cui sono titolari tutti gli alunni della scuola dell'obbligo. L'espressione «diritto allo studio» indica, invece, il diritto di raggiungere i gradi più elevati degli studi da riconoscersi non indistintamente in capo a tutti gli studenti, ma solo a quanti fra essi presentino specifici requisiti: capacità, merito, appartenenza a famiglie in condizioni economiche disagiate («privi di mezzi»); perciò si parla di diritto all'istruzione superiore. Quest'ultimo orientamento merita attenzione non solo perché soddisfa quell'esigenza di chiarezza cui poc'anzi si accennava, ma soprattutto perché trova la sua giustificazione proprio nel disposto costituzionale in esame. L'art. 34 Cost., infatti, dà fondamento al diritto all'istruzione nel suo secondo comma; il diritto allo studio si deduce, invece, dalla formulazione del comma successivo.
Istruzione fondamentale <<L'art. 33 della Costituzione afferma che la Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Secondo la Corte Costituzionale il diritto di accedere e di usufruire delle prestazioni, che l'organizzazione scolastica è chiamata a fornire, parte dagli asili nido e si estende sino alle università. >> <<Sempre l'art. 33 garantisce che «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato». Nella seduta del 29 aprile 1947, l'onorevole Epicarmo Corbino, uno dei firmatari dell'emendamento, chiarì davanti all'Assemblea Costituente il senso della precisazione «senza oneri per lo Stato»: «noi non diciamo che lo Stato non potrà mai intervenire a favore degli istituti privati; diciamo solo che nessun istituto privato potrà sorgere con il diritto di avere aiuti da parte dello Stato. È una cosa diversa: si tratta della facoltà di dare o di non dare.>>
La necessità di aprire la scuola a tutti denuncia, a quanto sembra, la volontà dei costituenti di fare in modo che l'istruzione, cessando di essere privilegio di pochi, potesse finalmente diventare diritto di tutti. E questo è il senso da dare alla proposizione in esame: essa sancisce il principio della non discriminazione ed il divieto di configurare l'istruzione come appannaggio di categorie determinate di persone, quelle situate più in alto nella scala sociale. A mente del secondo comma, l'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. Il legame fra le due caratteristiche è chiaro: l'imposizione di un obbligo, per adempiere al quale è previsto un sacrificio economico, non può che sposarsi con la garanzia della non onerosità dell'attività necessaria a tale adempimento.
Principio meritocratico Appare evidente la concezione dell'istruzione come un servizio pubblico necessario ad assicurare il pieno sviluppo della persona umana anche rispetto alla condizione di partenza sfavorevole di qualcuno. Quindi, l'impegno dell'autorità pubblica, come richiesto dall'art. 3, secondo comma della Costituzione, consiste nella rimozione di quegli ostacoli di ordine economico-sociale che caratterizzano il cammino di individui capaci e predisposti allo studio avanzato.