Lettera a Malesherbes 12/01/1762
L’ “illuminazione” di Vincennes Dopo aver passato quarant’anni della mia vita […] scontento di me stesso e degli altri, tentavo inutilmente di infrangere i legami che mi tenevano avvinto alla società di cui avevo così poca stima e che mi costringevano a occupazioni sgradevoli per bisogni che ritenevo naturali, ma che erano in realtà artificiosi. Improvvisamente un caso fortunato m’illuminò riguardo alla mia condotta e all’idea che dovevo farmi degli altri; nei loro confronti il mio cuore stava sempre in contraddizione con il mio intelletto e, pur avendo tante ragioni di odiarli, sentivo tuttavia di amarli. […] Andavo a trovare Diderot rinchiuso a Vincennes; avevo in tasca un numero del “Mercure de France” e lo sfogliai per via. Mi cade sotto gli occhi il quesito dell’Accademia di Digione che ha dato origine al mio primo scritto. Se mai vi fu un’emozione improvvisa, tale fu l’emozione che mi dette quella lettura. Ad un tratto la mia mente fu percorsa da mille luci: innumerevoli idee vive mi si presentarono insieme con un’energia e una confusione tali da darmi un turbamento inesprimibile: m’invase uno stordimento simile all’ubriachezza. Una violenta palpitazione mi opprime e mi fa ansimare; con il fiato mozzo mi lascio cadere sotto un albero del viale.[…]
(segue) Se avessi potuto scrivere appena un quarto di ciò che vidi e sentii sotto quell’albero, con quale chiarezza avrei posto in rilievo tutte le contraddizioni del sistema sociale, con qual forza avrei descritto tutti gli abusi delle istituzioni, con quale semplicità avrei dimostrato che l’uomo è naturalmente buono e che soltanto a causa delle istituzioni gli uomini diventano malvagi. Quanto ho potuto rammentare della moltitudine di grandi verità che mi illuminarono in un quarto d’ora sotto quell’albero è stato sparsamente diluito nei miei tre scritti principali, ossia il primo discorso, il discorso sull’ineguaglianza, e il trattato sull’educazione, tre opere inseparabili che formano un sol tutto.