Disgenesia degli ibridi in Drosophila melanogaster

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Transcript della presentazione:

Disgenesia degli ibridi in Drosophila melanogaster

Disgenesia degli ibridi in Drosophila melanogaster: sistema PM Il fenomeno fu descritto inizialmente nel 1977 da Margaret e James Kidwell, ed un altro ricercatore australiano John Sved -> alcuni incroci ed in particolare tra maschi di “popolazioni naturali” e femmine “di laboratorio” causavano degli effetti negativi nella linea germinale della progenie. Tutti gli effetti sono stati definiti “disgenesia degli ibridi” Questo effetto non si aveva se femmine di popolazioni naturali erano incrociate con maschi da laboratorio. Tra gli effetti c’era un’alta frequenza di mutazione, aberrazioni cromosomiche e sterilità , questi effetti erano influenzati dalla temperatura ALTA temperatura -> produceva effetti più drastici e sterilità completa BASSA temperatura -> effetti minori ( mutazioni) Poiché gli effetti erano descritti solo quando maschi di popolazioni naturali erano incrociati con femmine di laboratorio i ceppi che determinavano gli effetti furono chiamati “ceppi P” (da contributo paterno) gli altri, quelli che non davano questi effetti furono chiamati “ceppi “M” ( da materno).

Incroci disgenici M P M X P F1 Incrocio DISGENICO Femmina parentale Maschio parentale M P Progenie normale Progenie disgenica M X P Incrocio DISGENICO F1 Sviluppo anormale della linea germinale Fertilità ridotta Elevato tasso di mutazione Riarrangiamenti cromosomici

Linea germinale normale e disgenica

Linea germinale normale e disgenica

Caratteristica delle mutazioni prodotte a seguito della DISGENESIA avevano un’alta frequenza revertivano con alta frequenza (non influenzata da mutageni chimici) Avevano le stesse caratteristiche delle mutazioni batteriche dovute a elementi IS La DISGENESIA DEGLI IBRIDI (HD) era dovuta ad elementi genetici mobili? L’ipotesi fu che i cromosomi dei ceppi P portano “fattori genetici P” che sono alla base del fenomeno della disgenesia degli ibridi

Dimostrazione del ruolo degli elementi P nella disgenesia erano stati appena isolati 10 mutanti white a seguito della HD il locus white era appena stato clonato dal gruppo di Jerry Rubin e fu quindi possibile isolare il gene white da questi mutanti. furono identificate nella sequenza di tutti i mutanti delle sequenze addizionali di DNA, variabili in lunghezza ma OMOLOGHE tra loro queste sequenze simili tra loro furono definite come appartenenti ad una famiglia di elementi chiamati “elementi P” Gli elementi P sono presenti in tutti i ceppi definiti P e assenti dai ceppi definiti M (analisi per Southern) Gli elementi P si muovono dopo HD ( analisi per ibridazione in situ)

Regione cromosomica del gene white telomero centromero -15 -10 -5 +5 +10 EcoRI BamHI BamHI SacI EcoRI SacI BamHI BamHI EcoRI EcoRI SalI SalI SalI XbalI HindIII HindIII HindIII HindIII HindIII XbaI HindIII 6.1  6.4  12.3  12.4 12.6 12.12 #6: #12: Cloni isolati da mutanti white ottenuti per disgenesia degli ibridi cloni dal mutante #6 cloni dal mutante #12

Clonaggio dell’elemento P Costruzione di una libreria genomica da un ceppo che aveva gli elementi P, definito 2 Screening con i frammenti “non white” ottenuti dai mutanti white per HD 40 cloni positivi -> 12 furono caratterizzati per mappa di restrizione Le inserzioni più grandi erano di 2,9 kb Le mappe di restrizione delle STESSE REGIONI isolate da ceppi M non mostravano SEQUENZE ADDIZIONALI

Sequenze non-white usate come sonda per isolare elementi P Cloni isolati da mutanti white ottenuti per disgenesia degli ibridi 6.1 #6: SEQUENZE “NON-WHITE” IDENTIFICATE NEI CLONI  12.4 #12:

Cloni genomici della regione di white a confronto Clone corrispondente al gene white Elemento di 2,9 kb (ELEMENTO P) pS12.20 clone dal ceppo M p12.2 clone da ceppo 2 (in plasmide) Elemento di 2,9 kb (ELEMENTO P) p12 clone da ceppo 2 (in fago ) p25 clone da ceppo 2 (in fago ) p25.1clone da ceppo 2 (in plasmide) pS25.1 clone dal ceppo M I frammenti più lunghi, di 2.9 kb (elementi P), sono stati subclonati in plasmidi pBR322 e chiamati p 12.2 e p 25.1

Caratteristiche dell’elemento P Traduzione TRASPOSASI ATTIVA 751 amminoacidi Trascrizione nel tessuto GERMINALE + processing dell’ RNA AAAAA mRNA di 2400 nt Esone 1 Elemento P completo 2907 bp Repeat di 31 bp Esone 2 Esone 3 Esone 4 Trascrizione nel tessuto SOMATICO + processing dell’ RNA AAAAA mRNA di 2500 nt UAA TRASPOSASI NON ATTIVA 576 amminoacidi REPRESSORE La trasposizione di P è regolata GENETICAMENTE -> avviene solo nell’incrocio maschi P x femmine M È anche regolata in modo TESSUTO-SPECIFICO -> avviene solo nelle cellule germinali

Regolazione dello splicing alternativo nell’elemento P Nelle cellule SOMATICHE non avviene lo splicing del terzo introne a causa del legame a questo livello del mRNA con la proteina PSI (P-element Somatic Inibitory protein) ed altri elementi come RNA U1 ed una proteina ubiquitaria HRP48. La mancata eliminazione dell’introne determina la produzione di un mRNA che codifica per il REPRESSORE Elemento P completo Nelle cellule GERMINALI manca la proteina PSI e quindi avviene lo splicing del terzo introne, che determina la produzione del mRNA per la TRASPOSASI

Caratteristiche degli elementi P L’eterogeneità trovate negli elementi P che si inseriscono nei geni a seguito della HD è dovuta a delezioni dell’elemento Se la delezione è INTERNA all’elemento, ma lascia intatte le 31 bp, questo elemento si potrà ancora muovere ma non sarà in grado di produrre la TRASPOSASI Se la delezione interessa anche solo una delle due ripetizioni di 31 bp, l’elemento P non sarà più in grado di muoversi Le inserzioni di elementi P causano sempre una duplicazione di 8 nucleotidi nella sequenza in cui si inserisce Il numero di elementi P varia in ceppi diversi di Drosophila

Diffusione degli elementi P nelle popolazioni di Drosophila I ceppi P inizialmente identificati erano tutti provenienti da popolazioni naturali I ceppi di laboratorio erano tutti ceppi M Moscerini catturati prima del 1950 (che costituivano le maggiori collezioni presenti nei laboratori, a cominciare dai ceppi che aveva raccolto Morgan), erano privi di elementi P C’è stata quindi una progressiva invasione nelle popolazioni naturali di elementi P che è cominciata dal Nord e Sud America e dall’Africa -> Giappone -> Australia -> Europa Potrebbero essere stati portati da virus che infettano Drosophila

Definizione di CITOTIPO Si definisce CITOTIPO una condizione cellulare, trasmessa per via materna attraverso il citoplasma dell’uovo Il CITOTIPO P è in grado di REPRIMERE l’attività degli elementi P La madre P produce il repressore P nelle cellule follicolari somatiche e lo introduce nell’uovo. Per cui non si verifica DISGENESIA nei seguenti incroci P x P P x M Il CITOTIPO M è SENSIBILE all’attività degli elementi P, in quanto manca il REPRESSORE P X M INCROCIO NON DISGENICO M X P INCROCIO DISGENICO Citotipo P Citotipo M Gli elementi P nel citotipo P sono repressi Progenie F1 normale Citotipo M Citotipo P Gli elementi P nel citotipo M sono ATTIVI Progenie F1 DISGENICA

Classificazione dei ceppi di Drosophila in base al sistema PM Ceppi P -> mostrano attività legata agli elementi P nel loro genoma ed inducono HD; hanno citotipo P, sono cioè insensibili all’attività degli elementi P Ceppi M -> non hanno attività legata agli elementi P perchè nel loro genoma non sono presenti; hanno citotipo M, sono cioè sensibili all’attività degli elementi P Ceppi M’ -> hanno elementi P NON FUNZIONALI, non inducono HD in quanto non producono né trasposasi nè repressore; hanno citotipo M, sono cioè sensibili all’attività degli elementi P e quindi in un incrocio M’ x P si ha disgenesia Ceppi Q-> hanno elementi P, citotipo P (hanno il repressore), ma non producono la trasposasi e quindi non inducono HD infatti M x Q non si ha disgenesia (non hanno la TRASPOSASI) Q x P non si ha disgenesia (hanno il REPRESSORE)

Trasferimento genico mediato dal DNA Utilizzo del trasferimento genico mediato dal DNA: Funzionalità genica (GENOMICA FUNZIONALE) Funzionalità ed individuazione di sequenze importanti per l’espressione in vivo di un gene Identificazione di NUOVE MUTAZIONI e clonaggio Si usa per ottenere organismi geneticamente modificati a vari scopi Per OGM o animali transgenici si intendono animali ottenuti attraverso una manipolazione del loro genoma inserendo uno o più geni appartenenti sia ALLA STESSA SPECIE che A SPECIE DIFFERENTI Nel caso di inserimento di geni della STESSA SPECIE si tende a MIGLIORARE una capacità dell’animale nell’ambito zootecnico Nel caso di inserimento di geni di SPECIE DIFFERENTI si crea un animale a scopi sperimentali (animale MODELLO) oppure a scopi terapeutici (xenotrapianti)

I vettori per il trasferimento genico devono: - favorire l’integrazione di sequenze nel genoma - devono essere facilmente selezionabili In Drosophila (animale MODELLO) uno dei primi elementi ad essere preso in considerazione perché funzionasse come vettore per l’inserimento di sequenze nel genoma è stato l’elemento P