Le utopie nel XIX secolo
I cosiddetti “socialisti utopisti” Con questa espressione Marx indico alcuni pensatori che riteneva avessero sviluppato in modo non scientifico tematiche socialisti. Tra questi, coloro che elaborarono utopie più complete sono: Robert Owen (171-1858) che tentò più di fondare comunità industriali guidate da un principio di comunione degli strumenti di lavoro e dei prodotti realizzati Charles Fourier (1772-1837), libertario, convinto del valore delle passioni, ipotizza una società basata sui “Falansteri”, strutture di vita collettiva, dove si potesse vivere in modo sano e armonioso, nel rispetto delle diversità individuali.
Etienne Cabet (1788-1856) Viaggio in Icaria (1840) Il protagonista scopra la “lingua perfetta” e decide di scoprire il Paese dove la si parla. Icaria è un’utopia “perfetta”: politica, morale, sociale, culturale, linguistica. è tra le prime utopie linguistiche
Edward Bellamy (1850-1898) Looking backward (1887) È definita un’utopia “capitalistica”; si svolge nel 2000 ed immagina uno Stato che sia una società per azioni in cui tutti sono azionisti e ciò condiziona tutte le istituzioni. Il commercio è inutile, perché i beni necessari per vivere si possono prelevare con dividenti che sono emessi dallo Stato. Non vi sono tribunali, leggi, malattie mentali; la cultura è incentivata e non c’è censura.
William Morris (1834-1896) News of Nowhere (1889) È la risposta a Bellamy: la società disegnata è del tutto comunistica, senza povertà o ricchezza, dove la cultura e le scienze sono patrimonio di tutti; la scolarizzazione non è costrittiva. Tutti lavorano la terra. La forma politica è una democrazia diretta, esercitata nelle piccole comunità. Morris critica radicalmente l’industrialismo.