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Transcript della presentazione:

Avviare la presentazione col tasto “Invio” Lezione V – Avviare la presentazione col tasto “Invio”

Lavoro ed Energia

Come abbiamo già visto, il problema della dinamica di un punto materiale è: determinare come si muove la particella, note le forze che agiscono su di essa. Con il termine come si muove si intende come varia nel tempo la sua posizione. Se per esempio il moto è unidimensionale, il problema è quindi determinare x come funzione del tempo x(t). Nel nostro primo approccio alla dinamica, nelle lezioni precedenti, abbiamo affrontato e risolto il problema semplice che si presenta quando le forze in gioco sono costanti, utilizzando essenzialmente la II Legge di Newton: F = ma

F = costante. a = F / m x(t) = v0t + ½ at2 v(t) = v0 + at Rivediamo questo caso semplice che abbiamo già trattato e cioè quello di una forza F = costante. Se la forza F applicata sulla particella (o la risultante delle forze Fi) risulta costante, poiché in base alla II Legge di Newton possiamo sempre scrivere che: a = F / m Adottando come sistema di riferimento un asse x lungo la direzione della forza (direzione che NON cambia, in quanto la forza è costante), sappiamo già che possiamo ridurre la trattazione al caso scalare e che potremo scrivere le semplici equazioni del moto: x(t) = v0t + ½ at2 v(t) = v0 + at Dove appunto: a = F/m

x x(t) x(t) = v0t + ½ at2 t x x(t) t Il problema è un po’ più complicato quando la forza agente sulla particella non è costante, e si configura per esempio un moto del genere: x x(t) t

Ma perché sarebbe così complicato determinare x(t) nel caso in cui F non è costante ? Cioè nel caso in cui F = F(t) ? Forse in questo caso NON vale la II Legge di Newton ? NO, la II Legge di Newton vale sempre e quindi se F = F(t) risulterà a = a(t): a(t) = F(t) / m E allora? visto che possiamo comunque ricavare a(t) da F(t), una volta nota a(t), nell’equazione del moto v(t) = v0 + at possiamo scrivere v(t) = v0 + a(t)t ??? NO!

Ma questo risultato è valido solo se a = costante !!! Non dimentichiamo che l’accelerazione è una quantità ricavata dal calcolo differenziale: a(t) = dv(t)/dt Se conosciamo la funzione a(t) e vogliamo ricavare v, possiamo certamente scrivere dv(t) = a(t) dt Il che, se a(t) = costante = a implica che ad ogni intervallo di tempo infinitesimo dt si osserva lo stesso incremento infinitesimo di velocità dv = a dt e quindi in un generico intervallo finito di tempo Δt si osserverà Δv = a Δt che altro non è che la precedente equazione del moto: v(t) = v0 + at Ma questo risultato è valido solo se a = costante !!!

a(t) = F(t) /m a(t) = F(t)/m a(t) t Se invece a non è costante, per esempio nel caso generale che abbiamo immaginato in cui è nota la dipendenza di F dal tempo, e quindi di conseguenza la dipendenza di a dal tempo a(t) = F(t) /m come si fa a ricavare v(t) ? Per esempio: a(t) = F(t)/m a(t) t

dv(t) = a(t) dt Δv(t1) = a(t1) Δt a(t) a(t1) Δt t t1 Abbiamo riconsiderato la formula: dv(t) = a(t) dt Questa è una formula differenziale, ma certamente è applicabile con buona approssimazione nel caso di intervalli di tempo Δt abbastanza piccoli, e in cui si adotta per a(t) un valore costante pari al suo valore medio al tempo ti nell’intorno dell’intervallo di tempo in questione. Abbiamo visto che potremo certamente scrivere che: Δv(t1) = a(t1) Δt a(t) a(t1) Δt t t1

Δv(t1) = a(t1) Δt Δv(t2) = a(t2) Δt ……………… Δv(ti) = a(ti) Δt E in generale, per ogni intervallo relativamente piccolo Δt nell’intorno di un istante ti in cui l’accelerazione media vale a(ti), potremo scrivere Δv(t1) = a(t1) Δt Δv(t2) = a(t2) Δt ……………… Δv(ti) = a(ti) Δt Δv(tN) = a(tN) Δt a(t) t

∫ v = v0 + ∑ a(ti) Δt N i = 0 N i = 0 t t = 0 Quindi, dato un valore iniziale della velocità v0 all’istante t=0, il valore di velocità ad un istante successivo di tempo tN tale che: tN – t0 = ∑ Δti Sarà dato dalla relazione: v = v0 + ∑ a(ti) Δt Questa formula, nel caso di intervalli di tempo infinitesimi, e cioè per Δt  0 si chiama integrale di a (t) rispetto al tempo t ed è definito come segue: v = v0 + a(t) dt N i = 0 N i = 0 t ∫ t = 0

Nel seguito, limiteremo la nostra attenzione alle forze che dipendono dalla posizione della particella. Ve ne sono una varietà in Fisica: per esempio la forza gravitazionale, la cui intensità dipende dal quadrato della distanza, la forza esercitata da una molla deformata, su un corpo a cui è attaccata, etc… Lo studio di questi casi ci condurrà alla definizione di importanti grandezze fisiche come il Lavoro e l’Energia Cinetica, e di seguito alla definizione più generale di Energia e alla sua Legge di Conservazione.

Lavoro fatto da una forza costante Consideriamo ancora il caso di una forza F = costante, e di un moto rettilineo lungo la direzione della forza. In questo caso, come sappiamo possiamo ridurre nuovamente lo studio al caso unidimensionale (scalare) (moto lungo l’asse x) . E sappiamo già che la particella di muoverà di moto accelerato con accelerazione costante a = F/m F x Definiamo Lavoro fatto dalla forza F sulla particella come il prodotto del modulo della forza F per la distanza percorsa dalla particella L = F d

Consideriamo adesso il caso in cui la forza (sempre costante) non agisce però lungo la direzione di moto: F x Fx In questo caso definiremo il Lavoro fatto dalla forza F sulla particella come il prodotto della componente Fx della forza lungo la direzione di moto, per la distanza percorsa dalla particella L = Fx d L = F cos (θ) d Se θ = 0, il Lavoro è semplicemente F d, come per il caso precedente , mentre se θ= 90° il lavoro fatto dalla forza F sulla particella è nullo.

Il Lavoro è una quantità scalare ed altro non è che il prodotto scalare dei vettori F e d L = F • d

Unità di misura del Lavoro L’unità di misura del lavoro è il lavoro fatto dall’unità di forza nel muovere un corpo dell’unità di lunghezza nella direzione della forza. Quindi nel sistema SI l’unità di lavoro è 1 Newton-metro, detto joule. Un’altra unità di misura in uso è il kilogrammetro, definita come 1kgm = 9,8 joule

Lavoro fatto da una forza variabile Consideriamo il caso di una forza che varia soltanto in modulo, che agisce lungo la direzione x, e supponiamo di conoscere come varia il modulo F in funzione di x. Ci poniamo il quesito di calcolare il lavoro fatto da questa forza variabile quando il punto materiale si sposta da x1 a x2. Supponiamo per esempio di sapere che la funzione F(x) sia come in figura: F(x) x x1 x2

 ΔL = F(xi) Δx = area del rettangolo Dividiamo lo spostamento totale x1  x2 in tanti piccoli intervalli consecutivi Δx. Il lavoro fatto falla forza F nello spostare il punto materiale da xi a xi + Δx, assumendo che la forza sia costante nell’intervallo in questione , sarà dato da ΔL = F(xi) Δx F(x)  ΔL = F(xi) Δx = area del rettangolo x Δx x1 x2

Il lavoro totale fatto forza F nello spostare il punto materiale da x1 a x2, sarà dato approssimativamente dalla somma di un numero di termini come di seguito: L12 ≈ ∑ F(xi) Δx F(x) x Δx x1 x2

Per migliorare la nostra approssimazione, possiamo suddividere in intervalli Δx sempre più piccoli. L12 ≈ ∑ F(xi)Δx F(x) x Δx x1 x2

∫ L12 = lim ∑ F(xi) Δx = F(x) dx Δx  0 x2 x1 F(x) x x1 x2 Otterremo un risultato esatto per il lavoro fatto dalla forza F(x) nello spostare il punto da x1 a x2, attraverso un processo al limite: L12 = lim ∑ F(xi) Δx = F(x) dx Δx  0 x2 ∫ x1 Questa relazione definisce l’integrale di F rispetto a x da x1 a x2 e numericamente è esattamente uguale all’area indicata in figura F(x) x x1 x2

k= costante elastica della molla Supponiamo di avere una molla attaccata ad una parete, e supponiamo che nel suo stato di equilibrio l’estremità della molla sia posizionata alla coordinata x0 x0 x La forza esercitata dalla molla quando è stata allungata fino ad un certo valore x dalla sua posizione di equilibrio x0, è data dalla cosiddetta Legge di Hooke: F = − k (x−x0) e il suo verso è sempre opposto allo spostamento da x0 F x0 x k= costante elastica della molla

Possiamo assumere x0 = 0 e la formula diviene semplicemente F = − k x Quando la molla è allungata x > x0; quando la molla è compressa x < x0 La forza F è sempre diretta verso x0, e quindi cambia segno quando il suo estremo passa per la posizione di riposo x0 x0 x x0 x Possiamo assumere x0 = 0 e la formula diviene semplicemente F = − k x

∫ L = kxdx = ½ kx2 x F’(x) F’(x) = kx kx x Per deformare la molla, è sufficiente applicare alla molla una forza F’ esattamente eguale e contraria alla forza F esercitata dalla molla su di noi. La forza che applicheremo sarà quindi: F’ = kx. Il lavoro fatto da questa forza F’ per allungare la molla da 0 a x è: L = kxdx = ½ kx2 x ∫ Come calcolare un integrale così semplice, in modo grafico: (l’integrale è l’area….) F’(x) F’(x) = kx kx Area = ½ kx2 x

Conosciamo la dipendenza di F dallo spostamento, cioè conosciamo F(x) Il caso che abbiamo trattato è molto semplice, infatti abbiamo preso in esame: uno spostamento che avviene lungo un asse x una forza F che varia solo in modulo, ma ha sempre direzione lungo lo stesso asse x Conosciamo la dipendenza di F dallo spostamento, cioè conosciamo F(x)

Più in generale la forza F può variare sia in direzione che in modulo, e la particella su cui questa forza è applicata può muoversi lungo un cammino curvilineo. Per calcolare il lavoro in questo caso generale, dobbiamo conoscere l’angolo θ fra la forza F in un dato punto della traiettoria e lo spostamento infinitesimo ds in quello stesso punto. ds θ F In questo caso dovremmo integrare la seguente: dL = F • ds = F cos θ ds

P come la rapidità con cui il lavoro L è compiuto, quindi: Potenza Fin qui non abbiamo considerato il tempo impiegato per compiere un dato lavoro. E in base alla definizione di lavoro, non c’è dubbio che per spostare un corpo ad una data altezza, compiamo lo stesso lavoro L, qualsiasi tempo t ci impieghiamo. Non c’è dubbio, tuttavia, che il tempo impiegato per compiere un dato lavoro, o meglio la rapidità con cui viene compiuto, può essere rilevante in alcune applicazioni. Rifacendoci al concetto di derivata che abbiamo già introdotto in diverse occasioni, definiremo la potenza P come la rapidità con cui il lavoro L è compiuto, quindi: P = dL / dt (potenza istantanea) <P> = ΔL / Δt (potenza media) Ovviamente, se la potenza è costante nel tempo: P = L t

Avendo adottato nel sistema SI il joule come unità di misura del lavoro, l’unità di misura della potenza sarà 1 joule /s denominato Watt.

Lezione V seconda parte Avviare la presentazione col tasto “Invio”

Energia cinetica a = F / m m di una quantità x. F a x d=x x Supponiamo il caso in cui la risultante F delle forze applicate ad una massa m sia costante (in termini vettoriali cioè sia in modulo che in direzione e verso). Come sappiamo, una forza costante imprime alla massa in questione una accelerazione costante a, data dalla II Legge di Newton: a = F / m Scegliamo come sistema di riferimento l’asse delle x coincidente con la direzione comune della forza F e dell’accelerazione a, e calcoliamo il lavoro fatto dalla forza F nello sposare la massa m di una quantità x. F a x d=x x

Il prodotto scalare fra i due vettori F e d L = F • d in questo caso si riduce ad una semplice moltiplicazione: F x. Stiamo parlando di un moto uniformemente accelerato (a = costante, in senso vettoriale, quindi in modulo, direzione e verso), e quindi rettilineo. La forza, l’accelerazione e lo spostamento hanno quindi la stessa direzione. Il prodotto scalare F • d si riduce al prodotto dei moduli dei due vettori. L = F x Essendo a = costante, dalle equazioni del moto definite in cinematica sia ha: v = v0 + a t  a = (v –v0) / t x = <v> t  x = ½ (v+v0) t Dove v0 è la velocità della particella a t = 0 e v è a sua velocità all’istante t

variazione di Energia Cinetica Il lavoro L = F x è quindi dato da: L = F x = ma x = m (v –v0) / t x ½ (v+v0) t = = ½ mv2 − ½ mv02 (ricordate i «prodotti notevoli» ?) Definiamo questa quantità l’Energia Cinetica (energia di movimento) della massa m e la indicheremo col simbolo K K= ½ mv2 In base a questa formulazione quindi: Il lavoro fatto da una forza su una particella è uguale alla sua variazione di Energia Cinetica

∫ x x0 a = dv/dt = (dv/dx)(dx/dt) = (dv/dx) v = v dv/dx Sebbene abbiamo ricavato questa formulazione nel semplice caso di una forza costante, si dimostra che la formulazione è del tutto generale e vale anche nel caso di una forza variabile. Supponiamo per esempio il caso di una forza F che varia in modulo, in funzione della posizione, ma non in direzione. Consideriamo lo spostamento s nella direzione dell’asse x. Il lavoro fatto dalla forza F per spostare la particella da x0 a x è dato da: x ∫ L = F • d = F(x) dx x0 In base alla II Legge di Newton F=ma. L’accelerazione a può essere scritta come: a = dv/dt = (dv/dx)(dx/dt) = (dv/dx) v = v dv/dx

(Teorema Lavoro-Energia) Quindi: F = ma diventa F = m v dv/dx e di conseguenza: x x v ∫ ∫ ∫ L = F(x) dx = [mv (dv/dx)]dx = mv dv = = ½ mv2 − ½ mv02 x0 x0 v0 Si dimostra che anche nel caso in cui la forza non solo varia in modulo, ma varia anche in direzione, in ogni caso risulta sempre che il lavoro fatto dalla risultante delle forze su una particella è eguale alla sua variazione di energia cinetica : L (lavoro della forza risultante) = K –K0 = ΔK (Teorema Lavoro-Energia)

Il caso del moto circolare uniforme Non dobbiamo dimenticare che il lavoro è il prodotto scalare della forza per lo spostamento. Ciò che è rilevante pertanto è la componente della forza nella direzione dello spostamento. In tutti i casi in cui la forza applicata risulta ortogonale allo spostamento, risulta evidente che L = 0. Per esempio nel moto circolare uniforme, la forza centripeta, istante per istante, è ortogonale allo spostamento e pertanto tale forza NON compie lavoro sulla massa m in questione. In generale, una forza che determina una variazione della sola direzione della velocità, ma non del suo modulo, NON compie lavoro. Infatti, se una forza avesse una componente nella direzione del moto (così da avere L ≠ 0), allora determinerebbe anche una variazione del modulo della velocità.

Sul significato di lavoro negativo Supponiamo che l’energia cinetica K di una particella diminuisca. Allora il lavoro L fatto su di essa dalla risultante F delle forze applicate risulta negativo L = K − K0 < 0 se K < K0 Questa equazione può essere interpretata affermando che l’energia cinetica di una particella diminuisce di una quantità eguale al lavoro da essa prodotto per contrastare una forza (così come aumenta di una quantità uguale al lavoro ricevuto da una forza) In sostanza: una particella in moto possiede una certa quantità di energia, sotto forma di energia cinetica (energia di movimento). Non appena produce lavoro, perde energia cinetica (cioè velocità). Quindi: l’energia cinetica di un corpo in movimento è pari al lavoro che produce nel fermarsi.

Ecco il significato del teorema lavoro-energia: il lavoro produce energia, l’energia restituisce lavoro in pari misura. In senso figurativo potremmo affermare che entrambe sono due grandezze fisiche in cui in sostanza l’energia appare come «accumulata» Supponiamo per esempio che un blocco di massa m si muova su un tavolo senza attrito ad velocità costante v. Lungo il suo percorso incontra una molla ancorata ad una parete che lo porta a riposo, cioè lo ferma. In base al teorema lavoro-energia, possiamo per esempio determinare di quanto si comprime la molla se la sua costante elastica è nota.

∫ K= ½ mv2 x ½ kx2 = ½ mv2 x = (mv/k)1/2 Il blocco in movimento possiede una energia cinetica K data dalla relazione: K= ½ mv2 Questa energia cinetica eguaglia il lavoro che il blocco esegue sulla molla nell’arrestarsi, e che è dato dalla: L = F(x) dx dove: F(x) = kx  L = ½ kx2 x ∫ Eguagliando lavoro ed energia, si ha pertanto: ½ kx2 = ½ mv2 Da cui possiamo ricavare la compressione della molla x: x = (mv/k)1/2

E interessante verificare che se lasciamo la molla libera di espandersi, la massa m riacquista interamente l’energia cinetica ceduta alla molla sotto forma di lavoro Quello che avevamo appena affermato sul significato del teorema lavoro energia Ecco il significato del teorema lavoro-energia: il lavoro produce energia, l’energia restituisce lavoro in pari misura. In senso figurativo potremmo affermare che entrambe sono due grandezze fisiche in cui in sostanza l’energia appare come «accumulata»

E questo ci ricorda qualcosa che avevamo intuito durate la prima lezione, discutendo in modo del tutto qualitativo i concetti di energia potenziale e energia cinetica Energia Potenziale Energia cinetica E infatti, vedremo che la definizione di questa grandezza fisica, il lavoro, ci conduce verso la definizione dell’energia potenziale.

E vedremo che per avvicinarci alla definizione dell’energia potenziale, e più in generale per enunciare il grande principio della Conservazione dell’Energia, dovremo distinguere alcuni tipi di forze. E quindi in alcuni casi potrà essere utile calcolare separatamente il lavoro fatto su una particella da ogni forza applicata, piuttosto che individuare direttamente il lavoro fatto dalla risultante delle forze. Per capire il fatto che esistono differenti tipi di forze, e che non tutte «rispondono» allo stesso modo al teorema lavoro-energia, consideriamo i seguenti esempi: L’esempio della molla considerato prima, in cui una massa m è arrestata da una molla Il caso in cui la massa m è arrestata da una parete assorbente

L’esempio della molla considerato prima, in cui una massa m è arrestata da una molla b) Il caso in cui la massa m è arrestata da una parete assorbente

Supponiamo di bloccare entrambe le masse non appena si sono fermate:

Adesso lasciamo nuovamente libere le masse e vediamo che succede:

Cosa è successo ? Nel primo caso: la molla ha interamente restituito alla massa m la sua energia cinetica Qualcosa che ci ricorda questo grafico: Energia Potenziale Energia cinetica b) Nel secondo caso: il cuscino non ha restituito per niente alla massa m la sua energia cinetica

Vedremo nel seguito che esistono forze conservative e forze non conservative, e vedremo cosa vuol dire alla luce di questo esperimento

Avviare la presentazione col tasto “Invio” Lezione V – terza parte Avviare la presentazione col tasto “Invio”

La Legge di conservazione dell’energia

Forze conservative e forze non conservative Consideriamo un pallone che viene lanciato verso l’alto con una velocità inziale v0, il che corrisponde ad una energia cinetica inziale K0 = ½ mv02 Cosa possiamo notare ? A causa della forza di gravità F = -mg la sua velocità decresce, fino ad annullarsi una volta raggiunto il punto più alto ymax . Di conseguenza in questo punto K = 0 Poi la il pallone inverte il suo moto e la sua velocità, e di conseguenza la sua energia cinetica aumenta, fino ad arrivare allo stesso valore inziale, quando arriva a terra y ymax v=0  K=0 v=v0  K0 = ½ mv02

Avevamo visto che un corpo dotato di energia cinetica è in grado di effettuare lavoro (a scapito della sua energia cinetica): Non c’è dubbio che nel caso della palla lanciata verticalmente, dopo un viaggio di andata e ritorno, la capacità della palla a fare lavoro è ritornata la stessa, è stata conservata.

Se per esempio posizionassimo a terra una molla che la palla intercetta prima di toccare il suolo…..: y E questo ovviamente vale anche per il corpo che viaggiava In orizzontale: se nel suo viaggio di ritorno, verso sinistra, incontra un’altra molla, è di nuovo in grado di comprimerla a scapito della sua energia cinetica. ymax v=0  K=0 v=v0  K0 = ½ mv02 Le forze per cui si osserva questo fenomeno si chiamano forze conservative: lo è la forza esercitata da una molla, come lo è la forza gravitazionale

In un esperimento di questo tipo, l’energia cinetica viene ceduta e riacquisita periodicamente

Le forze conservative, come la forza di una molla o come la forza gravitazionale, sono in grado di restituire ad una massa m la sua energia cinetica. Le forze non conservative come le forze di attrito, o di deformazione non elastica NO!!! Il blocco NON riacquista la sua energia cinetica !!!

Quindi: se in parallelo ad una forza conservativa (per esempio la forza gravitazionale) è presente anche una forza non conservativa, per esempio l’attrito dell’aria, non tutta l’energia cinetica della massa m sarà restituita: Se per esempio il pallone nel suo viaggio di andata e ritorno in verticale è soggetto all’attrito dell’aria, il pallone tornerà al punto di partenza con meno energia cinetica di quanto ne possedeva alla partenza.

Possiamo definire le forze conservative in base al lavoro L da esse eseguito: Se non vi è variazione di energia cinetica di una massa m alla fine di un certo percorso, il lavoro fatto su di esso lungo lo stesso percorso è nullo. Ciò deriva dal teorema lavoro-energia L = ΔK = 0 Nel caso del pallone lanciato in verticale, il lavoro negativo fatto dalla forza di gravità durante la fase di salita (in cui la massa m perde energia cinetica), è uguale ma di segno opposto al lavoro positivo eseguito sulla massa m nella fase di discesa in cui la massa riacquista la sua energia cinetica. Quindi: il lavoro fatto dalla forza di gravità in un ciclo completo è nullo.

Più in generale: una forza si dice conservativa se il lavoro fatto su una massa m in un ciclo completo (cioè un ciclo chiuso) è nullo. Nel caso delle forze d’attrito, queste si oppongono al moto della massa m sia in salita che in discesa, rendendo negativo il lavoro totale fatto in un ciclo completo, con una perdita netta di energia cinetica da parte della massa m. Queste infatti sono forze non conservative

Una conseguenza interessante è che dati due punti A e B, il lavoro fatto da una data forza conservativa F nel muovere una massa m da A a B è indipendente dal percorso effettuato. B A

Questo è proprio una conseguenza del fatto che il lavoro eseguito da una forza conservativa su una massa m in un ciclo completo (cioè un ciclo chiuso) è nullo. Consideriamo per esempio il lavoro fatto dalla forza di gravità per spostare una massa m da B ad A lungo il percorso B-C-A Il lavoro risulta essere: L = m g h B Il lavoro fatto per chiudere il tratto A-B lungo uno qualsiasi dei percorsi di ritorno indicati, dovrà essere necessariamente L = − m g h Questo in quanto su ciclo chiuso B  B deve risultare L = 0 h C A

In sostanza, ciò che risulta rilevante ai fini del computo del lavoro L effettuato da una forza conservativa F nel muovere una massa da A a B è la sola componente del segmento A-B lungo la direzione della forza F, o le componenti dei segmenti verticali infinitesimi Δh lungo la direzione della forza, la cui sommatoria è sempre: B ∑ Δh = h per il percorso in salita ∑ Δh = −h per il percorso in discesa F = -mg A

In sostanza, quando la massa m si muove dalla quota A alla quota B, il lavoro fatto dalla forza in questione è negativo (si deve fare lavoro contro la forza di gravita: il pallone lo fa a scapito della sua energia cinetica) B A

Quando invece la massa m si muove dalla quota B alla quota A, il lavoro fatto dalla forza in questione è positivo (il pallone riacquista la sua energia cinetica) B A

Al contrario, nel caso di forze NON conservative, per esempio le forze d’attrito, il lavoro fatto dalla forza in questione dipende dal percorso seguito per spostarsi fra il punto iniziale e il punto finale e in generale il lavoro lungo un ciclo chiuso NON è nullo. Supponiamo per esempio un corpo che si muove su un tavolo, dotato di attrito, da un punto A ad un punto B seguendo di volta in volta percorsi differenti: B A

Al contrario, nel caso di forze NON conservative, per esempio le forze d’attrito, il lavoro fatto dalla forza in questione dipende dal percorso seguito per spostarsi fra il punto iniziale e il punto finale e in generale il lavoro lungo un ciclo chiuso NON è nullo. Supponiamo per esempio un corpo che si muove su un tavolo, dotato di attrito, da un punto A ad un punto B seguendo di volta in volta percorsi differenti: B A

Al contrario, nel caso di forze NON conservative, per esempio le forze d’attrito, il lavoro fatto dalla forza in questione dipende dal percorso seguito per spostarsi fra il punto iniziale e il punto finale e in generale il lavoro lungo un ciclo chiuso NON è nullo. Supponiamo per esempio un corpo che si muove su un tavolo, dotato di attrito, da un punto A ad un punto B seguendo di volta in volta percorsi differenti: B A

In qualsiasi direzione si stia muovendo ad ogni istante il corpo in questione, la forza di attrito si oppone sempre al suo moto, quindi effettua sempre un lavoro negativo a scapito dell’energia cinetica del corpo. B A

E quindi anche lungo un ciclo chiuso, il lavoro NON risulta nullo, ma negativo, con una perdita netta di energia cinetica B A

Possiamo adottare indifferentemente le due definizioni di forze conservative, che sono una la conseguenza dell’altra. Una forza si dice conservativa se il lavoro da essa eseguito nello spostare un corpo da un punto ad un altro dipende solo dalla posizione dei due punti e non dal percorso seguito. Una forza si dice conservativa se il lavoro da essa eseguito nello spostare un corpo lungo un percorso chiuso risulta nullo.

Lezione V – quarta parte Avviare la presentazione col tasto “Invio”

Energia potenziale

Abbiamo visto che il lavoro fatto da una forza conservativa su di una particella dipende soltanto dal punto di partenza e da punto di arrivo. Ne consegue che una tale forza può dipendere solo dalla posizione della particella, e non per esempio dal tempo, o dalla velocità della particella. Per esempio se la forza dipendesse dal tempo, adottando fra i due punti A e B un percorso che ci fa impiegare più tempo, il lavoro risulterebbe differente rispetto a quello risultante per un percorso che ci fa impiegare meno tempo. Il che abbiamo visto che non è il caso.

Consideriamo il caso di un percorso rettilineo di una massa m Consideriamo il caso di un percorso rettilineo di una massa m. Il lavoro fatto dalla risultante F delle forze applicate alla massa in questione è uguale alla variazione di energia cinetica della massa m L = Fdx = ½ mv2 − ½ mv02 x ∫ x0 Nel caso di un moto unidimensionale, tutte le forze che dipendono dalla posizione sono conservative. Se F dipende solo da x, l’energia cinetica del corpo dipende anche essa solo da x. Può essere diversa in posizioni differenti dell’asse x ma è sempre la stessa in un dato punto. L’esempio della palla lanciata verticalmente in alto o di una massa che incide su una molla illustrano questo caso. In queste condizioni stabiliremo che ogni variazione dell’energia di movimento, l’energia cinetica, lungo il percorso, è associata ad una variazione di segno opposto dell’energia di posizione, l’energia potenziale.

∫ ∫ ΔK = −ΔU ΔK = F(x)dx x ΔU = − F(x)dx x0 x x0 Rappresentando con U l’energia potenziale, questo enunciato risulta espresso dalla formula ΔK = −ΔU In base al teorema lavoro-energia che abbiamo appena riscritto, la variazione di energia cinetica vale: ΔK = F(x)dx da cui ne segue che: ΔU = − F(x)dx Questa quantità è funzione soltanto della posizione x ∫ x0 x ∫ x0

Notiamo che in generale : ΔU = − F(x)dx = F(x)dx (abbiamo invertito gli estremi di integrazione) Quindi possiamo scrivere: ΔU = U(x) –U(x0) = F(x) dx Cioè: la variazione dell’energia potenziale che si osserva posizionandosi in un punto x, rispetto al valore in un punto di riferimento x0 è il lavoro fatto dalla forza quando la particella si muove dal punto x al punto x0 x x0 ∫ ∫ x0 x x0 ∫ x

∫ ∫ ∫ x0 U(x) –U(x0) = F(x) dx x x Fdx = ½ mv2 − ½ mv02 x0 x Confrontando la formula appena enunciata: x0 ∫ U(x) –U(x0) = F(x) dx x con la formula del teorema lavoro-energia: x Fdx = ½ mv2 − ½ mv02 ∫ x0 ci rendiamo conto che possiamo riscrivere quest’ultima come segue, semplicemente invertendo di segno ambo i membri dell’equazione x − Fdx = ½ mv02 − ½ mv2 ∫ x0 Dove il primo membro è uguale a U(x) –U(x0) (cambiando il segno e invertendo i limiti)

U(x) –U(x0) = ½ mv02 − ½ mv2 E = U + K Risulta quindi: cioè: U(x) + ½ mv2 = U(x0) + ½ mv02 Si noti che in questa equazione compaiono soltanto posizione e velocità Il membro di destra di questa equazione dipende soltanto dalla posizione e dalla velocità iniziali v0 e x0 e la quantità U + K a sinistra si mantiene pertanto costante ed uguale al valore iniziale in qualsiasi punto x durante il moto unidimensionale. Definiremo l’energia meccanica totale la quantità E = U + K Questa quantità si conserva durante il moto quando la forza in gioco è conservativa

In sostanza, abbiamo ricavato la Legge di Conservazione dell’Energia Meccanica (cinetica + potenziale): E = U + K di cui avevamo intuito fin dalla prima lezione l’esistenza. Energia potenziale U Energia cinetica K Energia Meccanica E

In molti casi, quando le forze in gioco sono conservative, e quando gli effetti di altre forze non conservative sono trascurabili, l’applicazione diretta di questa Legge ci consente di risolvere rapidamente un problema senza necessariamente trattare quantitativamente le forze in questione e senza quindi dovere applicare le Leggi di Newton.

∫ ∫ x ΔU = − F(x)dx x0 F(x) = − dU(x) / dx ΔU = dU x x0 Riscriviamo una delle formule precedenti: x ∫ ΔU = − F(x)dx x0 La relazione fra forza ed energia potenziale può essere anche scritta come segue: F(x) = − dU(x) / dx Infatti sostituendo questa formulazione nella formula precedente si ottiene una identità: ΔU = dU Quindi l’energia potenziale U è una funzione della posizione la cui derivata (cambiata di segno) dà la forza. Cioè a sua volta la forza (cambiata di segno) rappresenta la rapidità «spaziale» con cui cambia l’energia potenziale. Cioè il tasso di variazione di energia potenziale lungo x è rappresentato dalla forza. x ∫ x0

∫ ∫ I due esempi classici di sistemi conservativi unidimensionali Due esempi classici di forze conservative sono la forza di gravità e la forza di richiamo di una molla Il caso della forza di gravità Nel caso della forza di gravità, il moto unidimensionale è verticale. Assumendo l’asse positivo delle y diretto verso l’alto, la forza di gravità risulta diretta secondo il verso negativo delle y. Si ha quindi: F = −mg = costante (che rappresenta un caso particolare di una forza dipendente dalla posizione). Per l’energia potenziale potremo scrivere pertanto: U(y) – U(0) = (−mg) dy = mgy ∫ ∫ = Fdy y y Adottando una energia potenziale nulla per y = 0, si ha semplicemente: U (y) = m g y

Il fatto che l’energia potenziale di una massa m ad una certa altezza dal suolo cresca con l’altezza è certamente coerente con la nostra esperienza quotidiana: Maggiore è l’altezza h dalla quale lasciamo cadere una massa m, maggiore è la velocità (e quindi l’energia cinetica) con cui arriva al suolo.

∫ ∫ F = −k x dove k è la costante elastica della molla Il caso della forza di una molla Consideriamo la forza esercitata da una molla elastica su di una massa m che si muove su di una superficie orizzontale (priva di attrito), e consideriamo il punto x0 = 0 come posizione di equilibrio della molla. La forza F esercitata sulla massa m quando la deformazione è x vale F = −k x dove k è la costante elastica della molla L’energia potenziale è data dalla formula: U(x) − U(0) = (−kx) dx Se scegliamo U(0) = 0 , l’energia potenziale, come pure la forza, è nulla nella posizione di riposo della molla e risulta: U(x) − U(0) = (−kx) dx = ½ kx2 (metodo grafico delle aree) ∫ x ∫ x

Sistemi conservativi a 2 e 3 dimensioni Tutto quanto abbiamo discusso fino adesso per il caso unidimensionale, in cui la forza era orientata lungo la direzione del moto si può facilmente generalizzare al caso di un moto in più dimensioni. L’ipotesi che stiamo considerando è comunque quella in cui il lavoro fatto da una data forza F dipende soltanto dai punti estremi del moto del percorso. In questo caso la forza in questione è una forza conservativa.

½ mvx2 + ½ mvy2 + ½ mvz2 + U(x,y,z) = E In questo caso, l’energia potenziale U sarà una funzione delle coordinate x,y, z dello spazio in cui avviene il moto , e cioè U = U(x,y,z) E di nuovo troveremo che l’energia meccanica è conservata: K + U = E = costante Cioè: ½ mvx2 + ½ mvy2 + ½ mvz2 + U(x,y,z) = E

Forze non conservative Ricapitoliamo: Partendo dal teorema lavoro-energia: L = ΔK abbiamo trovato che quando la risultante F delle forze è conservativa, il lavoro fatto può essere espresso come diminuzione dell’energia potenziale: −ΔU = ΔK Questo ci ha condotto all’idea della conservazione dell’energia cinetica + energia potenziale, cioè: ΔK + ΔU = 0 Δ(K + U) = 0 K + U = costante Abbiamo chiamato questa costante E, energia meccanica totale del sistema

Lconserv + Lnon-conserv = ΔK Supponiamo adesso che fra le forze agenti sulla massa in questione ve ne siano alcune non conservative. Il lavoro fatto dalla risultante delle forze sarà uguale alla somma del lavoro fatto dalle forze conservative e da quelle non conservative: In base al teorema lavoro-energia, potremo quindi scrivere sempre: Lconserv + Lnon-conserv = ΔK D’altra parte, il lavoro fatto dalle forze conservative può essere scritto come diminuzione dell’energia potenziale: Lconserv = −ΔU Da cui: Lnon-conserv = ΔK + ΔU E cioè: Lnon-conserv = Δ(K + U) = ΔE

Lnon-conserv = Δ(K + U) = ΔE Quindi: in presenza di forze non conservative, l’energia meccanica totale E di un sistema non è costante, ma cambia di un ammontare pari al lavoro effettuato dalle forze non conservative. Nel caso della forza dissipativa come la forza d’attrito, cosa ne è stato dell’energia meccanica totale ? In questo caso, l’energia meccanica si è trasformata in calore, e risulta che l’energia termica sviluppata è esattamente eguale alla energia meccanica dissipata

La conservazione dell’energia Abbiamo visto che nel caso di forze non conservative risulta che il teorema lavoro energia può essere scritto come segue: Lnon-conserv = ΔK + ΔU In generale la formulazione più corretta sarà: Lnon-conserv = ΔK + ∑ ΔU dove il simbolo di sommatoria si riferisce ai contributi di energia potenziale di tutte le forze conservative presenti. Allo stesso tempo, possono essere presenti diverse forze non conservative, di cui la forza di attrito che abbiamo visto che sviluppa energia termica è solo un esempio.

L’energia totale di un sistema, come risulta dalla somma Una importante affermazione, che fino adesso non è stata mai contraddetta dai risultati sperimentali è la seguente: L’energia totale di un sistema, come risulta dalla somma dell’energia cinetica, dell’energia potenziale, dell’energia termica e di altre forme di energia, non cambia

Alcune considerazioni: Abbiamo iniziato l’approccio alla conservazione dell’energia parlando della conservazione dell’energia meccanica K+U. Poi abbiamo scoperto che l’energia meccanica si conserva solo nel caso di forze conservative. Per esempio nel caso di forze d’attrito, l’energia meccanica non si conserva ma viene dissipata in energia termica Adesso abbiamo affermato che l’energia totale di un sistema, come risulta dalla somma dell’energia cinetica, dell’energia potenziale, dell’energia termica e di altre forme di energia, non cambia

Di fatto è l’esperienza che ci conferma la veridicità del teorema. Sembra quasi che si voglia rincorrere assolutamente un teorema (la conservazione dell’energia, appunto) invocando eventuali altre forme di energia, laddove apparentemente l’energia non si sarebbe conservata. Di fatto è l’esperienza che ci conferma la veridicità del teorema.

Esempio 1 Un blocco di massa m scivola lungo una superficie curva priva di attrito come in figura. In ogni istante, la forza normale N risulta perpendicolare alla superficie e quindi alla direzione del moto e pertanto NON esegue lavoro. Soltanto la forza gravitazionale compie lavoro e questa forza è conservativa. Pertanto l’energia meccanica si conserva e scriveremo: mgy1 + ½ mv12 = mgy2 + ½ mv22 Da cui si ricava: v22 = v12 + 2 g (y2 – y1) Se il blocco inizialmente è a riposo ad una quota y = h, si ha quindi: v2 = (2 g h)½

Esempio 2 Supponiamo di disporre di una molla con costante elastica k = 800 nt/m, posizionata come in figura. Supponiamo di comprimere la molla di 0,05 m rispetto alla posizione di equilibrio e di porre davanti la molla un biglia di 0,02 kg. Facendo l’ipotesi che la superfice orizzontale sia priva di attrito, con quale velocità la palla si distaccherà dalla molla ?

Trattandosi di una forza conservativa (la forza esercitata dalla molla), l’energia meccanica si conserva. L’energia meccanica iniziale è l’energia potenziale della molla: ½ k x2 L’energia meccanica finale è l’energia cinetica della biglia: ½ mv2 Pertanto scriveremo : ½ k x2 = ½ mv2 Da cui risulta: v = x (k/m)1/2 = 0,05m x ((800 nt/m)/0,02 kg)1/2 v = 10 m/s

Esempio 3 Consideriamo un pendolo semplice. Il moto si svolge nel piano x-y, si tratta cioè di un moto bidimensionale. La tensione del filo è sempre perpendicolare alla traiettoria della massa m per cui tale forza non compie lavoro. Se il pendolo viene spostato di un angolo θ dalla sua posizione di equilibrio e poi lasciato libero, soltanto la forza gravitazionale compie lavoro sulla massa m. Poiché si tratta di una forza conservativa, possiamo applicare la legge di conservazione dell’energia in due dimensioni e scrivere: ½ mvx2 + ½ mvy2 + U(x,y) = E y x

½ mvx2 + ½ mvy2 + U(x,y) = E Possiamo porre: vx2 + vy2 = v2 dove v è la velocità lungo l’arco Inoltre U = m g y dove l’origine dell’asse y coincide col punto più basso Quindi: ½ mv2 + m g y = E Quando posizioniamo la massa ad un angolo θ ed un’altezza h, la sua energia cinetica è nulla, quindi: E = m g h In ogni punto sarà quindi: ½ mv2 + m g y = m g h  ½ mv2 = m g (h –y) Quindi la velocità massima si ha per y = 0 ed è v = (2 g h)1/2 La velocità minima risulta in y = h dove v = 0

= (10kg) (9,8 m/s2) (2m) (cos 60°) = 98 joule Esempio 4 Un blocco di 10 kg viene lanciato in salita lungo un piano inclinato di 30° con una velocità inziale di 5 m/s. Il blocco percorre 2 m, si ferma e poi ritorna alla base. Quesito: Calcolare la velocità con cui il blocco ritorna alla base, e la forza d’attrito f. Quando siamo alla sommità del moto, l’energia cinetica è zero, mentre l’energia potenziale è data dal lavoro esercitato contro la forza di gravità, a scapito appunto dell’energia cinetica. U = m g h = = (10kg) (9,8 m/s2) (2m) (cos 60°) = 98 joule 2 m 30° Alla base, dove il moto è iniziato è U = 0 mentre l’energia cinetica era K = ½ m v2 = ½ (10kg) (5 m/s)2 = = 125 joule

= (10kg) (9,8 m/s2) (2m) (cos 60°) = 98 joule Esempio 4 Un blocco di 10 kg viene lanciato in salita lungo un piano inclinato di 30° con una velocità inziale di 5 m/s. Il blocco percorre 2 m, si ferma e poi ritorna alla base. Quesito: Calcolare la velocità con cui il blocco ritorna alla base, e la forza d’attrito f. Quando siamo alla sommità del moto, l’energia cinetica è zero, mentre l’energia potenziale è data dal lavoro esercitato contro la forza di gravità, a scapito appunto dell’energia cinetica. U = m g h = = (10kg) (9,8 m/s2) (2m) (cos 60°) = 98 joule 2 m 30° Alla base, dove il moto è iniziato è U = 0 mentre l’energia cinetica era K = ½ m v2 = ½ (10kg) (5 m/s)2 = = 125 joule

98 joule − 125 joule = −f x 2 m U = 98 joule Risulta una differenza netta di energia di 98 joule − 125 joule = −f x 2 m da cui risulta: f = 27 joule / 2 m = 13,5 nt Consideriamo adesso la discesa. Alla sommità avevamo: U = 98 joule La perdita di energia cinetica dovuta all’attrito durante la discesa sarà sempre 27 joule, per cui l’energia cinetica all’arrivo sarà 98 – 27 = 71 joule Da cui ½ m v2= 71 joule  v = (71 x 2 / 10kg)1/2 = 3,7 m/s

Riassumendo: La massa parte con una velocità in salita di 5 m/s Ritorna al punto di partenza con una velocità di 3,7 m/s Questo è dovuto alla perdita netta di energia, che si è trasformata in calore a causa dell’attrito sia in andata che in ritorno. Pertanto se quando la massa torna al punto di partenza trova una molla che semplicemente le inverte il moto, risalirebbe ma percorrendo una distanza minore, e arriverebbe al punto di partenza con una velocità sempre più bassa, fino a fermarsi.