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Avviare la presentazione col tasto “Invio” Lezione VII Avviare la presentazione col tasto “Invio”

Urti fra particelle

Impulso e quantità di moto Quando due particelle si urtano, agisce su di esse una forza molto grande per un intervallo di tempo molto breve: durante il tempo in cui esse sono a contatto, esercitano l’una sull’altra una forza molto intensa. Il fenomeno è simile al caso di una mazza che colpisce una palla. Durante il brevissimo intervallo di tempo in cui la mazza è a contatto con la palla, su di questa si esercita una forza molto grande. La forza in gioco varia nel tempo in un modo abbastanza complicato che non è facilmente quantificabile. Queste forze si chiamano impulsive.

t1 e finisce all’istante t2. Il generale possiamo supporre che l’andamento in funzione del tempo di una forza impulsiva del genere sia approssimabile come in figura, e che la forza abbia una direzione costante. F(t) In questo caso, la collisione inizia all’istante t1 e finisce all’istante t2. La forza è nulla prima e dopo. Dall’equazione che abbiamo scritto a proposito della forza e della variazione di quantità di moto (la II Legge di Newton nella sua formulazione generale), si ha: F = dp/dt t1 t2 t Δt

∫ dp = F(t) dt F(t) Δp = F(t) dt t2 Δp t1 t1 t2 t Δt Possiamo quindi scrivere che la variazione infinitesima di quantità di moto dp dovuta ad una forza F che agisce per un tempo infinitesimo dt è data da: dp = F(t) dt F(t) Possiamo quindi ricavare la variazione di quantità di moto di un corpo durante un urto integrando questa equazione su tutto l’intervallo di tempo in cui dura l’urto, ricavando in sostanza l’area in figura. Δp = F(t) dt t2 ∫ Δp t1 t1 t2 t Δt

L’integrale di una forza F sull’intervallo di tempo in cui agisce, viene definito impulso ed è una grandezza vettoriale. Di norma indicheremo il vettore impulso con J J = F (t) dt  = Δp Pertanto, la variazione di quantità di moto a cui è soggetto un corpo su cui agisce una forza impulsiva (direzione costante durante il tempo di applicazione) è uguale all’impulso. t2 ∫ t1

∫ ∫ ΔL = F(x) dx = ΔE = −ΔU  Lavoro – energia x2 Ricordando quello che abbiamo discusso a proposito del teorema lavoro-energia, risulta quindi che: ΔL = F(x) dx = ΔE = −ΔU  Lavoro – energia Δp = F (t) dt  Impulso – Quantità di moto x2 ∫ x1 t2 ∫ t1

Fenomeni d’urto Consideriamo l’urto fra due particelle di massa m1 e m2, come illustrato in figura: m1 m2 F1 F2 Durante il brevissimo intervallo di tempo Δt in cui le due masse sono a contatto, esse esercitano una sull’altra una grande forza. Ad ogni istante, la massa m1 esercita una forza F2 sulla massa m2 e la massa m2 esercita una forza F1 sulla massa m1 In base alla III Legge di Newton, queste due forze sono, istante per istante, eguali e contrarie e agiscono per lo stesso intervallo di tempo Δt = t2 –t1

La variazione di quantità di moto della particella 1 sarà pertanto: Δp1 = F1 dt = <F1> Δt dove <F1> è il valor medio di durante l’intervallo Δt t2 ∫ t1 E analogamente, la variazione di quantità di moto della particella 2 sarà: Δp2 = F2 dt = <F2> Δt dove <F2> è il valor medio di durante l’intervallo Δt t2 ∫ t1 Sappiamo che ad ogni istante risulta F1 = −F2 quindi <F1> = − <F2>  Δp1 = − Δp2

P = p1 + p2 Δp1 + Δp2 = 0  Δ(p1 + p2) = 0  ΔP = 0 La quantità di moto totale del sistema d’altra parte è data dalla: P = p1 + p2 E poiché come abbiamo visto Δp1 = − Δp2 che implica Δp1 + Δp2 = 0  Δ(p1 + p2) = 0  ΔP = 0 Questo riflette il fatto che la quantità di moto del sistema (che considerato come un sistema isolato in quanto le uniche forze che abbiamo preso in esame sono le forze interne) non cambia durante l’urto

Urti in una dimensione Sebbene non sempre sono note le forze che agiscono durante un urto, nel caso unidimensionale l’applicazione delle leggi di conservazione della quantità di moto e di conservazione dell’energia di norma consente di prevedere l’esito dell’urto, cioè la determinazione del moto dei corpi dopo l’urto, se è noto il moto dei corpi prima dell’urto. In generale, parlare di urti, non vorrà dire limitarsi al caso in cui due corpi entrano fisicamente in contatto. Si può parlare di urti anche in quei casi in cui i corpi in questione esercitano delle forze l’uno sull’altro, in grado di modificarne il moto.

v iniziale 10 km/s v finale 22 km/s Un esempio famoso di questo genere di «urti» è la fionda gravitazionale: Un satellite artificiale in rotta di avvicinamento verso un pianeta di grande massa, a causa dell’interazione gravitazionale con esso, viene fiondato via a velocità superiore a quella che aveva in avvicinamento al pianeta. Il caso del Pioneer 10 v iniziale 10 km/s Direzione del moto di Giove v finale 22 km/s

Dunque il pianeta “afferra” la sonda e la rilancia fornendogli energia: per analogia proprio col fenomeno della fionda, questo meccanismo viene detto fionda gravitazionale Nell’accelerare la sonda il pianeta fornisce parte della sua energia, rallentando il proprio moto. Tuttavia, a causa dell’enorme disparità tra la massa della sonda e quella del pianeta, quest’ultimo rallenta in maniera impercettibile e possiamo dire che continua a muoversi come se niente fosse successo.

Gli urti di norma sono classificati a seconda che si conservi o non si conservi l’energia cinetica. Quando l’energia cinetica si conserva, l’urto è definito urto elastico Altrimenti, se l’energia cinetica non si conserva, l’urto è definito urto anelastico

Qualitativamente: Urto elastico: oltre alla Quantità di moto, si conserva l’energia cinetica ΔK = 0  ½ m1 v12 = ½ m2 v22 Urto anelastico: La Quantità di moto si conserva, ma l’energia cinetica NO −ΔK  per esempio per dissipazione in energia termica

Un altro esempio di urto anelastico può anche essere il caso in cui i due corpi restano attaccati. In questo caso è definito urto completamente anelastico Il termine completamente anelastico non vuol dire che tutta l’energia cinetica viene dissipata, (violerebbe la conservazione della Quantità di Moto!) ma ne viene dissipata piuttosto la massima consentita dalla conservazione della quantità di moto

Quindi, occorre considerare con particolare attenzione quei casi in cui sembra che ogni velocità si sia completamente annullata (violando apparentemente la conservazione della quantità di moto). Per esempio, come commentereste l’esempio di seguito ? Qui sembrerebbe che tutta l’energia cinetica si sia dissipata nel riscaldamento della biglia, dato che tutte le velocità si sarebbero annullate e che di conseguenza la legge di conservazione della quantità di moto non sia stata rispettata. In realtà non è vero: la biglia ha trasmesso quantità di moto alla massa del muro (ancorato a terra), solo che dato il rapporto fra e masse questa velocità è piccolissima.

TRATTIAMO ADESSO IL CASO PIU’ GENERALE Cominciamo adesso col discutere più a fondo gli urti elastici unidimensionali (di cui abbiamo già visto sin dalla prima lezione qualche caso particolare) TRATTIAMO ADESSO IL CASO PIU’ GENERALE Cioè trattiamo il caso in cui tutte e due le biglie hanno una certa velocità inziale La velocità iniziale delle due biglie potrà essere nello stesso verso come nell’esempio illustrato, così da dare luogo all’urto come in «un inseguimento», o potrà essere di verso opposto, così da dare luogo ad un urto frontale.

m1 m2 velocità = u1 velocita = u2 velocità = v1 velocità = v2 Prima dell’urto (velocità u) velocità = u1 velocita = u2 Dopo l’urto (velocità v) velocità = v1 velocità = v2

m1u1 + m2u2 = m1v1 + m2v2 ½ m1u12 + ½ m2u22 = ½ m1v12 + ½ m2v22 In base alle Leggi di Conservazione che abbiamo studiato potremo scrivere: Prima dell’urto Dopo l’urto Conservazione della Quantità di Moto m1u1 + m2u2 = m1v1 + m2v2 Conservazione della Energia Cinetica (Urto elastico) ½ m1u12 + ½ m2u22 = ½ m1v12 + ½ m2v22

m1u1 + m2u2 = m1v1 + m2v2 ½ m1u12 + ½ m2u22 = ½ m1v12 + ½ m2v22 L’equazione per la quantità di moto: m1u1 + m2u2 = m1v1 + m2v2 si può scrivere: m1 (u1 − v1) = m2 (v2 −u2 ) e quella per l’energia cinetica: ½ m1u12 + ½ m2u22 = ½ m1v12 + ½ m2v22 m1(u12 − v12) = m2(v22 −u22 )

(u12 − v12) / (u1 − v1) = (v22 −u22 ) / (v2 −u2 ) Dividendo l’equazione m1(u12 − v12) = m2(v22 −u22 ) per l’equazione m1 (u1 − v1) = m2 (v2 −u2 ) si ha (u12 − v12) / (u1 − v1) = (v22 −u22 ) / (v2 −u2 ) cioè: (u1 − v1) x (u1 + v1) / (u1 − v1) = (v2 −u2 ) x (v2 + u2 ) / (v2 −u2 ) u1 + v1 = v2 + u2 Cioè la somma delle velocità della massa m1 prima e dopo l’urto è uguale alla somma delle velocità prima e dopo l’urto della massa m2

u1 + v1 = v2 + u2 u1 − u2 = v2 − v1 Questa equazione: può anche essere scritta: u1 − u2 = v2 − v1 Cioè le differenze di velocità di ognuna delle due biglie prima e dopo l’urto sono eguali e contrarie.

Per determinare le velocità v1 e v2 delle due biglie dopo l’urto, note le velocità prima dell’urto u1 e u2, possiamo usare una delle due equazioni precedenti. Per esempio, utilizzando la: u1 + v1 = v2 + u2 scriveremo: v2 = u1 + v1 − u2 Introducendo questa equazione nella precedente: m1 (u1 − v1) = m2 (v2 −u2 ) si ricava: m1 (u1 − v1) = m2 (u1 + v1 −2u2 )  m1u1− m1v1 = m2 u1 + m2 v1 − 2 m2u2

m1u1− m1v1 = m2 u1 + m2 v1 − 2 m2u2 m1u1 + 2 m2u2 − m2 u1 = m2 v1 +m1v1 m1u1 + m2 (2u2 − u1) = v1 (m2 +m1) v1 = [ m1u1 + m2 (2u2 − u1) ] / (m2 +m1) v1 = m1u1/ (m2 +m1) + m2 2u2 / (m2 +m1) − u1/ (m2 +m1) v1 = u1 [m1/ (m2 +m1) − 1/ (m2 +m1) ] + m2 2u2 / (m2 +m1)

v1 = u1 (m1 − m2) / (m1 +m2) + u2 2 m2 / (m1 +m2) Da cui si ricava: v1 = u1 (m1 − m2) / (m1 +m2) + u2 2 m2 / (m1 +m2) E analogamente per v2 si ricava: v2 = u1 2 m1 / (m1 +m2) + u2 (m2 − m1) / (m1 +m2) Un caso particolare: m1 = m2 Risulta: v1 = u2  velocità finale particella 1 = velocità iniziale particella 2 v2 = u1  velocità finale particella 2 = velocità iniziale particella 1 Cioè se m1 = m2 le due particelle si scambiano le velocità

v1 = 0  la prima particella si ferma Un altro caso interessante è quello in cui la particella m2 è inizialmente ferma, cioè u2 = 0 In questo caso risulta: v1 = u1 (m1 − m2) / (m1 +m2) v2 = u1 2 m1 / (m1 +m2) Se allo stesso tempo m1 = m2 si ottiene v1 = 0  la prima particella si ferma v2 = u1  la seconda particella scatta via con la sua velocità Se invece m2 >> m1 (particella ferma MOLTO più massiva di quella incidente) si ha: v1 ≈ −u1  la prima particella, quella incidente, rimbalza circa con la stessa velocità (caso della palla che cade per terra) v2 ≈ 0  la seconda particella, quella ferma e molto massiva, non si muove (caso della terra colpita dalla palla)

v1 ≈ u1  la velocità della particella pesante rimane invariata Se infine si ha m2 << m1 (particella ferma MOLTO più leggera di quella incidente) si ha: v1 ≈ u1  la velocità della particella pesante rimane invariata v2 ≈ 2u1  la velocità con cui schizza via la particella leggera che era ferma è il doppio della velocità della biglia pesante incidente. Alla luce di queste formule che derivano dalla applicazione congiunta della Conservazione della Quantità di Moto e della Conservazione dell’Energia Cinetica, ci rendiamo conto che gli esperimenti pensati durante le prime lezioni non tenevano in conto la «velocità residua» della biglia incidente, che seppure in molti casi può essere minima, esiste comunque a meno che le due biglie non abbiano la stessa massa.

m1 ≥ m2 Una biglia incidente su una biglia bersaglio ferma: si ferma solo se ha rigorosamente la stessa massa della biglia bersaglio prosegue alla sua stessa velocità solo se è MOLTO più massiva della biglia bersaglio se ha una massa intermedia manterrà una certa velocità inferiore a quella iniziale Negli esperimenti simulati che abbiamo visto durante le prime lezioni infatti, NON ci eravamo preoccupati della velocità residua della biglia incidente

m1 ≤ m2 Una biglia incidente su una biglia bersaglio ferma: si ferma solo se ha la stessa massa della biglia bersaglio Rimbalza indietro con la sua stessa velocità cambiata di segno solo se è MOLTO più leggera della biglia bersaglio se ha una massa intermedia avrà un lieve rimbalzo ma non sarà del tutto ferma Negli esperimenti simulati che abbiamo visto durante le prime lezioni infatti, NON ci eravamo preoccupati della velocità residua della biglia incidente

Riassumendo: Nel caso di biglie di massa differente, il caso in cui una biglia incidente su una biglia ferma si ferma anch’essa, cedendo tutta la sua quantità di moto alla biglia ferma, non violerebbe la Legge di Conservazione della Quantità di Moto. Cioè: gli esperimenti che avevamo immaginato in cui la biglia incidente si ferma sempre anche se le due masse sono differenti, NON violano la conservazione della quantità di moto, ma semplicemente non è così che le cose vanno in natura: l’applicazione congiunta della Conservazione della Quantità di Moto e della Conservazione dell’Energia Cinetica vieta che la biglia incidente si fermi a meno che le due masse non siano equali.

Urti anelastici Nel caso di urti anelastici, continua a valere la Conservazione della Quantità di Moto ma non possiamo utilizzare la Conservazione dell’Energia Cinetica, in quanto parte dell’energia cinetica viene dissipata in calore. Per potere ricavare le velocità delle particelle dopo l’urto dovremmo pertanto applicare la conservazione dell’energia totale il che in molti casi non è semplice in quanto potrebbe non essere noto quanta energia cinetica si è dissipata in energia termica.

Fra gli urti anelastici, l’unico che può essere risolto avendo a disposizione la sola legge di conservazione della quantità di moto è l’urto completamente anelastico. In questo caso infatti le due particelle rimangono attaccate e dopo l’urto hanno quindi la stessa velocità v. Avendo una sola velocità da determinare, può essere ricavata con una sola equazione: m1 u1 + m2 u2 = ( m1 + m2 ) v

oppure per la sua capacità di cambiare l’energia cinetica ? L’utilizzo delle due Leggi di Conservazione risulta quindi essenziale per la soluzione dei problemi del moto dei corpi. Poiché come abbiamo visto è sempre l’applicazione di una forza esterna che genera variazioni della quantità di moto ed è sempre l’applicazione di una forza esterna che genera variazioni di energia cinetica: una domanda che potrebbe sembrare naive, ma che è stata oggetto di dibattito è: Ma allora una forza si caratterizza per la sua capacità di cambiare la quantità di moto? oppure per la sua capacità di cambiare l’energia cinetica ? In realtà possiamo affermare che l’effetto cumulativo di una forza può essere misurato sia dal suo effetto integrato nel tempo, sia per il suo effetto integrato nello spazio. I due integrali danno rispettivamente una misura delle variazioni di quantità di moto e di energia prodotte dalla forza.

Urti in due dimensioni Abbiamo visto che nel caso di urti elastici unidimensionali, l’applicazione delle due leggi di conservazione studiate ci fornisce sufficienti equazioni per determinare le velocità dopo l’urto, note le velocità prima dell’urto. Nel caso di urti elastici in due dimensioni invece abbiamo 4 incognite che sono le componenti x e y delle velocità dopo l’urto delle due particelle, ma abbiamo a disposizione solo 3 equazioni: due per la quantità di moto lungo x e lungo y e una per l’energia cinetica. L’unico caso in cui un urto in due dimensioni può essere risolto è infatti il caso di un urto completamente anelastico: in questo caso infatti le due particelle rimangono attaccate, hanno cioè la stessa velocità e abbiamo pertanto 2 incognite in meno

Pertanto, nel caso di urti elastici in due dimensioni, occorrono maggiori informazioni sul particolare esperimento in questione. Una situazione semplice è quella in cui viene fornito come dato del problema l’angolo con cui viene deviata una delle due particelle.

Consideriamo per esempio un urto in due dimensioni come di seguito:

PRIMA DELL’URTO m2 v2 m2 m1 u1 m1 v1

DOPO L’URTO m2 v2 m2 m1 u1 m1 v1

Indicheremo con b il cosiddetto parametro d’urto, cioè la distanza fra la traiettoria della particella incidente ed una parallela passante per il centro della particella bersaglio Indicheremo con θ1 l’angolo di cui viene deviata la particella 1 e θ2 l’angolo con cui si muove la particella 2 dopo l’urto m2 v2 θ2 m2 b θ1 m1 u1 m1 v1

m1 u1 = m1 v1 cos (θ1) + m2 v2 cos (θ2) Applicando la conservazione della quantità di moto che essendo una relazione vettoriale ci fornisce due equazioni scalari, una lungo x e una lungo y, si ha: Per l’asse x: m1 u1 = m1 v1 cos (θ1) + m2 v2 cos (θ2) e per l’asse y: 0 = m1 v1 sin (θ1) + m2 v2 sin (θ2) Per un urto elastico potremo anche applicare la conservazione dell’energia cinetica: ½ m1 u12 = ½ m1 v12 + ½ m2 v22

Note le sole condizioni iniziali: m1 m2 e u1 avremmo 4 incognite: v1 v2 θ1 e θ2 E abbiamo a disposizione solo 3 equazioni Pertanto potremo descrivere il moto dopo l’urto solo se misuriamo una delle 4 incognite, per esempio θ1

Sezione d’urto Quando invece le forze in gioco nell’urto sono note, si possono derivare le caratteristiche del moto a partire dalle sole condizioni iniziali. In questo caso, la stessa legge fondamentale della dinamica (la II Legge di Newton) fornisce la quarta equazione necessaria. In questo caso, il parametro d’urto diventa un’importante condizione iniziale che deve essere nota per definire il range di azione della forza in questione. Per esempio può essere utile definire una dimensione massima del parametro d’urto per il quale la deflessione attesa è la minima, affinché nel particolare esperimento si possa parlare di urto. In sostanza, risulta rilevante definire la distanza sino alla quale la forza di interazione è efficace

In sostanza, possiamo definire un’area attorno alla particella bersaglio, tale che l’urto avviene solo se la particella incidente intercetta questa area Chiameremo quest’area sezione d’urto σ

Esempio 1 Una palla avente una massa di 100 gr viene colpita da una mazza mentre vola orizzontalmente ad una velocità di 30 m/s. Dopo l’urto la palla viaggia ad una velocità di 40 m/s in verso opposto. Determinare l’impulso della collisione. Ovviamente non possiamo ricavare l’impulso dalla sua definizione: J = F dt In quanto non conosciamo F (né tantomeno t1 e t2) Dobbiamo servirci della relazione che ci dice che: J = Δp  cioè: Impulso = variazione quantità di moto t2 ∫ t1

Esempio 1 Una palla avente una massa di 100 gr viene colpita da una mazza mentre vola orizzontalmente ad una velocità di 30 m/s. Dopo l’urto la palla viaggia ad una velocità di 40 m/s in verso opposto. Determinare l’impulso della collisione. Ovviamente non possiamo ricavare l’impulso dalla sua definizione: J = F dt In quanto non conosciamo F (né tantomeno t1 e t2) Dobbiamo servirci della relazione che ci dice che: J = Δp  cioè: Impulso = variazione quantità di moto t2 ∫ t1

J = Δp = p2 − p1 = mv2 –mv1 = m(v2 –v1) Pertanto scriveremo: J = Δp = p2 − p1 = mv2 –mv1 = m(v2 –v1) Quindi: J = 0,1 Kg (−40 m/sec − 30 m/sec ) = 0,1kg x (−70 m/sec) = − 7 kg m /sec Il risultato − 7 kg m /sec Può essere scritto: − 7 (kg m /s2) sec = − 7 nt sec ma  dimensioni di una forza

Ovviamente, abbiamo determinato J come richiesto, ma NON possiamo determinare F, che dipende dall’intervallo di durata dell’impulso

Esempio 2 Ki = ½ m1 u12 Kf = ½ m1 v12 (Ki − Kf ) / Ki = 1 − v12 / u12 Un neutrone (massa m1) urta frontalmente in modo elastico contro un nucleo atomico. L’energia cinetica iniziale Ki vale: Ki = ½ m1 u12 Mentre quella finale vale: Kf = ½ m1 v12 Determinare la diminuzione percentuale di Energia Cinetica Quindi la diminuzione percentuale è (Ki − Kf ) / Ki = 1 − v12 / u12

Esempio 2 Ki = ½ m1 u12 Kf = ½ m1 v12 (Ki − Kf ) / Ki = 1 − v12 / u12 Un neutrone (massa m1) urta frontalmente in modo elastico contro un nucleo atomico. L’energia cinetica iniziale Ki vale: Ki = ½ m1 u12 Mentre quella finale vale: Kf = ½ m1 v12 Determinare la diminuzione percentuale di Energia Cinetica La diminuzione percentuale è (Ki − Kf ) / Ki = 1 − v12 / u12

(Ki − Kf ) / Ki = 1 − v12 / u12 v1 = u1 (m1 –m2) / (m1 + m2) Quindi la diminuzione percentuale è (Ki − Kf ) / Ki = 1 − v12 / u12 Ricordando che per questo tipo di urto risulta: v1 = u1 (m1 –m2) / (m1 + m2) e quindi: (Ki − Kf ) / Ki = 1 − (m1 –m2)2 / (m1 + m2)2 = 4 m1 m2 / (m1 + m2)2

Esempio 3 Il cosiddetto pendolo balistico viene usato per misurare la velocità delle pallottole. Il sistema è così congegnato: un grande blocco di legno di massa M è appeso con due cordicelle e la pallottola di massa m, sparata orizzontalmente, incide su un lato

Pfinale = Piniziale  m u = (m + M)v Consideriamo la conservazione della componente orizzontale della quantità di moto del sistema pallottola-legno. La quantità di moto iniziale è quella della pallottola. Indicando con u la velocità inziale della pallottola e con v la velocità subito dopo l’urto della pallottola e del legno attaccati, scriveremo: Piniziale = m u Pfinale = (m + M)v E poiché: Pfinale = Piniziale  m u = (m + M)v D’altra parte, la velocità v che acquista il sistema pallottola-legno subito dopo l’urto corrisponde ad una energia cinetica K = ½ (m + M)v2

m u = (m + M) (2 g y)1/2  u = (1/m) (m + M) (2 g y)1/2 Quindi adesso sappiamo che questo pendolo comincerà ad oscillare, raggiungendo una altezza massima y tale che l’energia potenziale corrispondente U eguagli l’energica cinetica subito dopo l’urto K. Quindi scriveremo: ½ (m + M)v2 = (m + M) g y Da cui si ricava: v = (2 g y)1/2 Tornando alla equazione della quantità di moto: m u = (m + M)v si ricava: m u = (m + M) (2 g y)1/2  u = (1/m) (m + M) (2 g y)1/2 Questa è la velocità iniziale della pallottola ricavata in funzione delle grandezze note

Esempio 4 Una molecola che ha una velocità di 300 m/sec urta elasticamente contro un’altra molecola ferma di eguale massa. Dopo l’urto la molecola incidente si muove ad un angolo di 30° rispetto alla direzione iniziale. Quesito: Determinare le velocità delle due molecole dopo l’urto e l’angolo formato dalla traiettoria della molecola originariamente ferma con la direzione di incidenza della molecola incidente.

L’esercizio in questione propone esattamente il caso illustrato a lezione:

Condizioni iniziali: m2 v2 m1 = m2 m2 m1 u1 = 100 m/s m1 v1

m2 v2 incognita m1 = m2 m2 m1 u1 m1 v1 incognita Condizioni finali θ1 = 30° m1 v1 incognita

v1 sin (θ1) = v2 sin (θ2) (porre attenzione ai segni) Poniamo m = m1 = m2 . Dalla conservazione della quantità di moto si ha: Per l’asse x: Px iniziale = Px finale m u1 = m v1 cos (θ1) + m v2 cos (θ2) u1 = v1 cos (θ1) + v2 cos (θ2) Per l’asse y: Py iniziale = Pyfinale 0 = m v1 sin (θ1) + m v2 sin (θ2) 0 = v1 sin (θ1) + v2 sin (θ2) v1 sin (θ1) = v2 sin (θ2) (porre attenzione ai segni)

Dalla conservazione dell’energia cinetica si ricava: ½ m u12 = ½ m v12 + ½ m v22 u12 = v12 + v22 Riassumendo abbiamo a disposizione le tre equazioni per risolvere le tre incognite: u1 = v1 cos (θ1) + v2 cos (θ2) v1 sin (θ1) = v2 sin (θ2) u12 = v12 + v22