La sorveglianza sanitaria nei lavoratori esposti esposizione a cancerogeni Reggio Emilia – 20/10/2017 Dott. MAURO VALSIGLIO.

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La sorveglianza sanitaria nei lavoratori esposti esposizione a cancerogeni Reggio Emilia – 20/10/2017 Dott. MAURO VALSIGLIO

1. Caratteristiche principali dei tumori

Caratteristiche principali dei tumori L’insorgenza e la formazione del tumore viene anche detta cancerogenesi: è un processo che si manifesta in più stadi. L’evento iniziale denominato iniziazione (di breve durata e causata da un iniziatore, che può essere un agente chimico, fisico o biologico) è spesso dovuto ad un’alterazione genetica. Il secondo stadio, la promozione, della durata di anni o decenni, è causato dai promotori, una categoria di sostanze estremamente eterogenee strutturalmente e funzionalmente, sia molecole esogene che molecole endogene prodotte dal nostro organismo. L'evento più frequentemente determinato dai promoventi è un'intensa proliferazione cellulare, in genere reversibile.

Caratteristiche principali dei tumori Velocità con cui un tumore indotto si accresce: tempo che intercorre tra le successive divisioni cellulari (tempo di duplicazione), dell'ordine di giorni o di mesi, può variare dal tipo di tumore. Latenza: periodo che intercorre tra completamento dell'induzione (iniziazione / promozione / progressione) e la manifestazione clinica e/o diagnosi del tumore. Indica il periodo in cui il tumore, già instauratosi rimane clinicamente occulto. Tra l'inizio dell'esposizione e la manifestazione del tumore possono intercorrere molti anni.

2. I tumori professionali

I tumori professionali Sono i tumori nella cui genesi ha agito l'attività lavorativa (come causa o concausa) con esposizione ad agenti cancerogeni. La dimostrazione di un eccesso di tumori in un determinato gruppo di lavoratori esposti ad agenti cancerogeni rispetto ai casi attesi può suggerire un possibile rapporto causale.

Perché il riconoscimento di un tumore professionale è così complesso? Non esistono differenze cliniche e istologiche tra i tumori professionali e i tumori spontanei. Il tumore è spesso una malattia multifattoriale ed è difficile l’attribuzione ad una singola esposizione professionale (problema esposizioni multiple e contemporanee a cancerogeni professionali ed esposizione multiple ad cancerogeni professionali e ambientali e/o voluttuari). Periodo di latenza molto lungo (generalmente tra 10 e 40). Tale variabilità dipende dall’entità dell’esposizione, dal tipo di tumore (mesotelioma tra 20 e 50 anni; cute 1 anno), intervento di agenti promotori e di progressione che rendono difficile l’attribuzione ad esposizioni avvenute molti anni prima. Poca attenzione all’anamnesi lavorativa del soggetto al momento della diagnosi e i criteri diagnostico-terapeutici sono i medesimi adottati per tumori non professionali delle stesse sedi. Poco note e difficilmente valutabili le interazioni tra suscettibilità individuale, esposizioni professionali e abitudini di vita.

Perché il riconoscimento di un tumore professionale è così complesso? Non esistono marcatori precoci specifici per neoplasie professionali. Valutazione dell’intensità dell’esposizione può essere arbitraria in assenza di un adeguato monitoraggio ambientale. Alcune situazioni degli ambienti di lavoro sono troppo complesse per essere riprodotte in campo sperimentale.

Gli agenti causali di 4 tumori frequenti Mesotelioma Tumore maligno del polmone - Amianto: 98% - Amianto: 51% - Non noto o dubbio: 2% - Cromo: 3% - Idrocarburi aromatici: 2% Tumore maligno delle fosse nasali e dei seni paranasali - Vari: 7% - Non noto o dubbio :37% - Polveri di legno duro: 80% - Prodotti animali: 14% Tumore maligno della vescica - Non noto: 7% - Ammine aromatiche: 23% Vari (vernici, coloranti, materiali plastici, ecc.): 23% Non noto: 54%

Fattori che contribuiscono all’incidenza del tumore

3. Normativa

Normativa italiana Nel Titolo IX, Capo II del D.Lgs 81/08 è riportata la sorveglianza sanitaria degli esposti a cancerogeni chimici. Nello specifico gli agenti cancerogeni e mutageni sono riportati nel Titolo IX (Sostanze pericolose), Capo II (Protezione da agenti cancerogeni e mutageni) del D.Lgs 81/08. Fa eccezione la normativa che riguarda l’amianto, per la quale fa riferimento specifico il Capo III (Protezione dai rischi connessi all’esposizione all’amianto) sempre al Titolo IX.

Normativa italiana Agente cancerogeno e mutageno Nel Titolo IX, capo II, art. 234 del D.Lgs 81/08, sono definiti come: Agente cancerogeno: Una sostanza o miscela che corrisponde ai criteri di classificazione come sostanza cancerogena di categoria 1A o 1B di cui all'allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio. Una sostanza, miscela o procedimento menzionati all'Allegato XLII del presente decreto, nonchè sostanza o miscela liberate nel corso di un processo e menzionate nello stesso allegato. Agente mutageno: una sostanza o miscela corrispondente ai criteri di classificazione come agente mutageno di cellule germinali di categoria 1A o 1B di cui all'allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008.

Normativa italiana Allegato XLII – Elenco di sostanze, miscele e processi Produzione di auramina con il metodo Michler. I lavori che espongono agli idrocarburi policiclici aromatici presenti nella fuliggine, nel catrame o nella pece di carbone. Lavori che espongono alle polveri, fumi e nebbie prodotti durante il raffinamento del nichel a temperature elevate. Processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcool isopropilico. Il lavoro comportante l’esposizione a polvere di legno duro.

Cancerogeno Agente capace di aumentare l’incidenza di tumori maligni. Genotossico: agisce nello stadio della iniziazione, inducendo una alterazione, ereditabile, in genere irreversibile, nel materiale genetico. Non hanno dose soglia anche se l’incremento di iniziazione e del rischio di cancro è proporzionale alla dose. Meccanismo d’azione: - Diretto: molecola che per la sua struttura chimica ha la capacità di reagire direttamente con il DNA e con gli altri biopolimeri senza preventiva azione enzimatica. - Indiretto: per poter agire e formare addotti con il DNA necessita di una attivazione metabolica a livello del sistema microsomiale per azione di enzimi. Epigenetico: agisce come promotore, non causando un danno diretto del materiale genetico. Hanno teoricamente una dose soglia, causano alterazioni biochimico-funzionali e immunologiche anche reversibili che però possono condizionare l’abnorme proliferazione di cellule iniziate.

4. Cancerogenesi e mutagenesi

Cancerogenesi e mutagenesi Differenze piuttosto sfumate tra agente mutageno e agente cancerogeno, come i processi di mutagenesi e cancerogenesi. Cancerogenesi: si comprendono mutazioni ed effetti diversi sul materiale genetico (come danni al DNA quali formazione di addotti al DNA, rotture a singola o doppia elica, scambi tra cromatidi fratelli, ricombinazione mitotica e sintesi non programmata del DNA) ed anche epigenetici. Mutagenesi: induzione di cambiamenti permanenti trasmissibili nella struttura del materiale genetico di cellule o organismi, a livello somatico o germinale.

5. Obblighi del datore di lavoro

D.Lgs 81/08 Obblighi del datore di lavoro Il datore di lavoro deve evitare o ridurre l’utilizzazione di un agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro sostituendolo, se tecnicamente possibile, con una sostanza o una miscela o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non risulta nocivo o risulta meno nocivo per la salute e la sicurezza dei lavoratori. Se non è tecnicamente possibile sostituire l’agente cancerogeno o mutageno il datore di lavoro deve provvedere affinché la produzione o l’utilizzazione dell’agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema chiuso, purché tecnicamente possibile. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di lavoro deve provvedere affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile, tenendo conto che comunque l’esposizione non deve superare il valore limite dell’agente stabilito nell’ALLEGATO XLIII.

D.Lgs 81/08 Obblighi del datore di lavoro Effettuare una valutazione dell’esposizione agli agenti cancerogeni o mutageni, per poter adottare misure preventive e protettive adattandole alle situazioni lavorative, valutazione che deve tener conto delle: Caratteristiche delle lavorazioni Durata e frequenza dell’esposizione Quantitativi e caratteristiche dei cancerogeni o mutageni prodotti o utilizzati: Stato di aggregazione. Possibilità di rilascio. Concentrazione. Capacità di penetrazione nell’organismo con le diverse vie di assorbimento.

D.Lgs 81/08 Obblighi del datore di lavoro Il datore di lavoro deve effettuare una nuova valutazione in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall’ultima valutazione effettuata. Il datore di lavoro deve anche: Assicurare che nelle varie operazioni lavorative siano impiegati quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni non superiori alle necessità delle lavorazioni e deve limitare al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o potenzialmente esposti. Progettare, programmare e sorvegliare le lavorazioni in modo da evitare emissione di agenti cancerogeni o mutageni nell’aria. Provvedere alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni. Provvedere alla regolare e sistematica pulitura dei locali e assicurare che i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati e adeguati. Elaborare procedure per i casi di emergenza.

D.Lgs 81/08 Obblighi del datore di lavoro Il datore di lavoro deve anche: Assicurare che gli agenti cancerogeni o mutageni siano conservati, raccolti e immagazzinati in condizioni di sicurezza. Disporre misure protettive particolari per quelle categorie di lavoratori per i quali l’esposizione a taluni agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi particolarmente elevati. Istituire e aggiornare (per il tramite del medico competente) il registro degli esposti per i lavoratori per i quali è stato evidenziato un rischio. Disporre che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi (da riporre in posti separati dagli abiti civili. I dispositivi di protezione individuale devono essere custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione e riparati / sostituiti se difettosi o deteriorati, prima di ogni nuova utilizzazione).

D.Lgs 81/08 Obblighi del datore di lavoro Fornire ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare: Per quanto riguarda gli agenti cancerogeni o mutageni presenti nei cicli lavorativi (la loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare). Le precauzioni da prendere per evitare l’esposizione. Le misure igieniche da osservare. La necessità di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi individuali di protezione ed il loro corretto impiego. Il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare per ridurre al minimo le conseguenze. Deve provvede affinché gli impianti, i contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni o mutageni siano etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile.

D.Lgs 81/08 Obblighi del datore di lavoro Qualora si verifichino eventi non prevedibili o incidenti che possono comportare un’esposizione anomala dei lavoratori ad agenti cancerogeno o mutageni, il datore di lavoro deve adottare quanto prima misure appropriate per identificare e rimuovere la causa dell’evento e ne informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l’area interessata, cui possono accedere soltanto gli addetti agli interventi di riparazione ed ad altre operazioni necessarie, indossando idonei indumenti protettivi e dispositivi di protezione delle vie respiratorie, messi a loro disposizione dal datore di lavoro. In ogni caso l’uso dei dispositivi di protezione non può essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, è limitata al tempo strettamente necessario. Il datore di lavoro deve comunicare all’organo di vigilanza il verificarsi egli eventi indicando analiticamente le misure adottate per ridurre al minimo le conseguenze dannose o pericolose.

D.Lgs 81/08 Obblighi del datore di lavoro Per le operazioni lavorative, quale quella di manutenzione, per le quali è prevedibile, nonostante l’adozione di tutte le misure di prevenzione tecnicamente applicabili, un’esposizione rilevante dei lavoratori addetti ad agenti cancerogeno o mutageni, il datore di lavoro previa consultazione del rappresentante per la sicurezza: Dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette aree anche provvedendo, ove tecnicamente possibile, all’isolamento delle stesse ed alla loro identificazione mediante appositi contrassegni. Fornire ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di protezione individuale che devono essere indossati dai lavoratori adibiti alle suddette operazioni. La presenza in tali aree dei lavoratori addetti è in ogni caso ridotta al tempo strettamente necessario con riferimento alle lavorazioni da espletare.

6. La valutazione del rischio

La valutazione del rischio Ai sensi del D.Lgs 81/08, per i cancerogeni la valutazione del rischio si fonda sulla valutazione dell’esposizione con gli obiettivi di: Giudicare se la concentrazione di cancerogeni nei materiali e negli ambienti di lavoro sia contenuta al livello minimo tecnicamente raggiungibile. Identificare gli esposti (il minor numero possibile) che vengono iscritti nell’apposito registro. Le attività necessarie per quantificare e gestire il rischio comprendono: Il monitoraggio ambientale e personale. La sorveglianza sanitaria con monitoraggio biologico dell’esposizione. Le attività di misura e valutazione (monitoraggio ambientale, monitoraggio biologico, sorveglianza sanitaria) andrebbero modulate, anche sulla scorta della classificazione dei lavoratori nelle categorie di esposizione, in funzione: Dell’entità dell’esposizione. Dell’entità rischio.

7. Interventi

1) Eliminare / ridurre / sostituire il pericolo Step importantissimo ma spesso trascurato. È necessario poter dimostrare l’impossibilità di sostituire l’agente cancerogeno/mutageno con un altro meno pericoloso. È necessario quindi avere evidenza di: Ricerche bibliografiche. Risultati da prove sperimentali. Report di laboratorio e sviluppo processi. Documento riassuntivo delle problematiche riscontrate. Il tutto deve essere mantenuto aggiornato al progresso tecnico e scientifico.

2) Misure di protezione collettiva e individuale Promozione del ciclo chiuso durante tutte le fasi del processo. Remotizzazione del controllo di processo. Intervento limitato dell’operatore in campo. Prevenzione e controllo delle emissioni. Misure di protezione individuale Specifici DPI sono da adottare nei casi in cui non è possibile garantire il ciclo chiuso o per ulteriore cautela per prevenire gli effetti di eventuali failure delle altre barriere, quali ad esempio: Tute in tyvek ad elevata protezione. Guanti a resistenza chimica. Maschere a facciale completo con filtro polivalente.

3) Monitoraggi L’esposizione è valutata incrociando i dati provenienti dal: Monitoraggio ambientale e personale. Monitoraggio personale biologico (analisi dell’indicatore biologico di esposizione – IBE nelle matrice organica di elezione, in genere urine e/o sangue).

Il monitoraggio biologico Consiste nella misura nei tessuti, nei secreti, nell’aria espirata del soggetto esposto delle sostanze presenti nell’ambiente di lavoro o dei loro metaboliti o di indicatori del loro effetto biologico, al fine della valutazione dell’esposizione e del loro effetto biologico e quindi della valutazione dell’esposizione e del rischio per la salute. Tipologia di indicatori: Indicatori di esposizione. Indicatori di effetto. Indicatori di suscettibilità.

Il monitoraggio biologico Nella pratica del medico competente ci si riferisce prevalentemente ad indicatori di esposizione (come una sostanza esogena o un suo metabolita o il prodotto dell’interazione tra uno xenobiotico ed una molecola o cellula bersaglio), misurati in un compartimento dell’organismo. Gli indicatori di esposizione, integrativi ai risultati del monitoraggio ambientale, presentano il vantaggio di considerare gli effetti di diverse vie di esposizione professionali ed extraprofessionali. Una caratteristica degli indicatori di esposizione è infatti la specificità.

Il monitoraggio biologico Il monitoraggio biologico deve essere eseguito quando per una sostanza esiste un valore limite biologico. Utilità del monitoraggio se: Esiste un’evidenza scientifica e quantitativamente definita di una relazione tra esposizione professionale ad una sostanza ed indicatore biologico. Esiste un metodo con una sensibilità tale da rilevare livelli minimi di esposizione. Le metodologie e le strumentazioni di campionamento sono adeguate ed innocue per i lavoratori. L’entità delle esposizioni nell’azienda nella specifica situazione giustifica il dosaggio dell’indicatore biologico. ACGIH raccomanda il monitoraggio biologico accanto a quello ambientale perché: Individua l’assorbimento anche per via cutanea e digerente. Definisce il carico corporeo complessivo dello xenobiotico. Ricostruisce l’esposizione pregressa. Considera l’esposizione non professionale. Verifica efficacia delle misure di tutela e degli interventi preventivi collettivi ed individuali, nonché procedure operative.

Limiti degli indicatori biologici di esposizione Non sono ancora complete le conoscenze sui processi di biotrasformazione di molti tossici occupazionali. In corso di esposizioni acute gli indicatori biologici possono essere utilizzati solo per sostanze a metabolismo veloce e non per quelle a metabolismo lento. lI crescente inquinamento degli ambienti di vita può comportare sommazione di più esposizioni. Pochi composti presentano limiti di esposizione stabiliti e scarsi sono gli studi epidemiologici a riguardo. Per alcune sostanze e agenti, come ad esempio il cromo o nichel, può essere difficile discriminare con un metodo analitico sufficientemente sensibile la presenza di una quota estranea della sostanza.

8. Il medico competente e la sorveglianza sanitaria

Ruolo del medico competente Il Medico Competente ha un ruolo attivo: Nella valutazione del rischio (importanza del sopralluogo aziendale e della conoscenza dei prodotti in uso e delle lavorazioni effettuate). Nella valutazione dell’esposizione. Nel collaborare alla individuazione e ottimizzazione delle misure di prevenzione tecniche, organizzative e procedurali (come individuare tutte le misure igieniche che possono ridurre al minimo possibile l’entità dell’esposizione, qualora l’agente cancerogeno non sia stato eliminato, sostituito o utilizzato a ciclo chiuso, contribuendo anche alla scelta dei Dispositivi di protezione individuale - DPI e alla formazione dei lavoratori sul loro corretto utilizzo).

Ruolo del medico competente Ricordiamo che lo scopo primario della sorveglianza sanitaria non è la diagnosi precoce di malattia ma la prevenzione della stessa, anche attraverso la rilevazione di quelle alterazioni precoci a carico dell’organo critico o bersaglio. L’utilizzo degli accertamenti finalizzati alla sorveglianza sanitaria degli esposti deve tener conto degli indicatori di dose e di effetto, della loro sensibilità e specificità, della validazione dei protocolli (cioè con dimostrazione di efficacia) (sorveglianza sanitaria come seconda linea) delle azioni di prevenzione e protezione (apporto del medico competente come prima linea).

Obiettivi e strumenti della sorveglianza sanitaria Come parte integrante e per contribuire all’accuratezza della valutazione del rischio. Come verifica dell’efficacia delle misure preventive. Identificare i soggetti suscettibili (esclusione di condizioni congenite o acquisite che configurino una suscettibilità a esposizioni considerate accettabili per la maggioranza dei lavoratori in quanto contenute entro i limiti individuati dalle autorità competenti. Eventuali alterazioni o effetti precoci a carico dell’organo critico o dell’organo bersaglio vanno considerate alla stregua di condizioni di aumentata suscettibilità). Identificare le patologia iniziali. L’organizzazione della sorveglianza sanitaria prevede: Visite mediche per l’accertamento di salute dei lavoratori. Monitoraggio biologico ed altri accertamenti medici. Sistemi di notifica e di registrazione dei dati Sopralluoghi nei luoghi di lavoro.

Obiettivi e strumenti della sorveglianza sanitaria Per esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni, il medico competente deve informare i lavoratori e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza sul significato della sorveglianza sanitaria e degli accertamenti, non finalizzati alla diagnosi precoce di patologie tumorali, ma al controllo dell’avvenuta riduzione dell’esposizione al minimo livello tecnicamente possibile mediante una rigorosa osservanza delle misure preventive e dei corretti comportamenti organizzativi, procedurali e individuali. Qualora gli accertamenti sanitari evidenzino anomalie (per esempio un superamento di un valore limite biologico di esposizione), il medico competente deve informare il datore di lavoro affinché siano attuate le misure tecniche, organizzative e procedurali per ridurre l’esposizione, verificando, attraverso nuove misurazioni ambientali e biologiche, l’efficacia dei provvedimenti adottati. È evidente che risulta cruciale l’adeguamento a criteri di scientificità per inferire un rapporto causale tra un’esposizione e un effetto.

Obiettivi e strumenti della sorveglianza sanitaria Sempre il medico competente istituisce e aggiorna la cartella sanitaria e di rischio, contenente i livelli e le modalità di esposizione (Allegato 3A del D.Lgs. 81/08), cartella che alla cessazione del rapporto di lavoro deve essere consegnata al lavoratore e copia va inviata all’ISPESL, che la conserverà per almeno 40 anni. RICORDIAMO che sorveglianza sanitaria non può assolutamente essere alternativa alle misure di prevenzione primaria sull’ambiente ma deve essere complementare ad esse

La sorveglianza sanitaria Anche nel caso di esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni la sorveglianza sanitaria sui lavoratori a rischio è comunque sempre finalizzata alla formulazione di un giudizio di idoneità specifica alla mansione svolta. Nonostante non rientrino nelle sorveglianza sanitaria né lo screening né la diagnosi precoce di malattie professionali (considerata una sconfitta per la prevenzione), l’applicazione sistematica di indicatori precoci può condurre all’identificazione di patologie in atto o incipienti che potrebbero richiedere interventi di diagnosi, trattamento e valutazione medico-legale.

Astensione del programma di sorveglianza Alcuni autori propongono l’astensione da ogni programma di sorveglianza perché sostengono l’ininfluenza della diagnosi precoce rispetto alla prognosi. Per questo motivo pongono in discussione l’utilità di controlli di qualsiasi tipo, vista la non disponibilità di test adeguati per programmi di screening per la diagnosi precoce nei soggetti asintomatici. Sostengono inoltre che in caso di risultati negativi dei test, anche dei più sensibili, non si può in alcun modo escludere che vi siano stati effetti di altro genere. Secondo questa linea di pensiero i medici competenti dovrebbero essere scoraggiati dal porre in opera qualsiasi intervento. Secondo questa impostazione solamente l’informazione e la formazione dei lavoratori è fondamentale, in quanto prevenzione primaria. Altri autori, invece, sostengono campagne di monitoraggio basate su test di effetto precoce. Secondo questi autori sono proponibili interventi di prevenzione secondaria con lo scopo di garantire la miglior sorveglianza scientificamente possibile.

Registro di esposizione Nelle aziende ove vengono svolge attività lavorative con rischio cancerogeno / mutageno è richiesta l’istituzione del registro di esposizione, riportante diverse informazione, tra le quali: Gli addetti esposti. Le sostanze / prodotti / lavorazioni a rischio. Il livello di esposizione.

Formazione e informazione Lo strumento della informazione/formazione rappresenta forse uno dei punti più importanti della prevenzione, ma nel caso del rischio oncogeno è anche di delicata e non immediata applicazione. La criticità è nella tecnica e nei contenuti della comunicazione e nella ricerca di un difficile equilibrio fra la trasmissione di nozioni precise e il rischio di creare situazioni di allarme talvolta al limite della fobia. Lo strumento della informazione/formazione deve essere fondato sul counselling, intervento di sostegno per fornire a un soggetto a rischio consigli e indicazioni utili ad adottare le decisioni migliori per tutelare la propria salute. Al momento dell’informazione individuale del soggetto esposto si dovrà tenere conto della entità del rischio accumulato, della presenza o meno di sintomi, della condizione psicologica individuale. La comunicazione deve mantenere un equilibrio tra la possibilità di generare stati di ansia e di timore permanenti e quella di non sensibilizzare a sufficienza circa l’opportunità di un controllo sanitario dedicato. Un aspetto rilevante è la necessità di informare sulla organizzazione della sorveglianza sanitaria all’atto della cessazione dell’attività lavorativa a rischio.

La sorveglianza sanitaria degli ex esposti La sorveglianza sanitaria degli ex esposti pone problemi di non facile soluzione pratica, gestionale ed economica. Nel caso dell’ex esposto ovvero per cessata esposizione in quanto trasferito in altra azienda non a rischio, pare logico supporre che il medico del lavoro competente possa farsi carico della sorveglianza sanitaria, MA sorgono dubbi sulla legittimità dell’attribuzione dell’onere economico a un nuovo datore di lavoro per un rischio maturato in un’altra realtà operativa. Più difficile è il caso di quando di un lavoratore non si conosce l’effettiva pregressa esposizione con difficoltà riferite alla tipologia e all’entità della passata esposizione. All’atto della cessazione dell’attività lavorativa, diventa rilevante il ruolo del medico di medicina generale nell’ambito di un progetto di prevenzione secondaria efficace.

La sorveglianza sanitaria degli ex esposti Le principali finalità della sorveglianza sanitaria degli ex esposti ad agenti cancerogeni sono fondamentalmente diverse da quelle relative agli esposti. Si privilegiano infatti finalità di tipo: Clinico: prevenzione secondaria a livello individuale, basata sui metodi e criteri della evidence based prevention (EBP). Medico legale: certificazione di malattia professionale. Etico sociale: riconoscimento e risarcimento di malattia professionale. Di sanità pubblica: riduzione del rischio aggiuntivo (counseling antifumo, promozione di corretti stili di vita). Epidemiologico: sorveglianza e conoscenza del rapporto causa/effetto (attribuibilità delle patologie a pregresse esposizioni lavorative).