Effetto su popolazione, crescita e Pil Dall’assimilazione degli immigrati nel mercato del lavoro (par. 8.5 Borjas e 14.3 Pepi De Caleo) agli effetti sul sistema economico-sociale (appunti)
Come operano gli immigrati nei paesi di destinazione? Gli immigrati che si adattano bene contribuiscono alla crescita economica. L’impatto sulla spesa invece è un costo sociale se gli immigrati: sono in programmi di assistenza e gravano su finanza pubblica più dei nazionali => immigrati scelgono i paesi con stato sociale generoso (Welfare shopping) come destinazione non per remunerazione più elevata ma per i benefici sociali (disoccupazione, assistenza sanitaria, sistema scolastico gratuito ecc.) 2
Welfare e Performance Più alta incidenza degli stranieri rispetto ai nazionali nell’uso del welfare (hanno più figli, un reddito basso, più disoccupazione). Confrontati con i nazionali con le stesse caratteristiche i lavoratori stranieri utilizzano meno il welfare. Fig. 8-7: Relazione performance immigrati – assimilazione: da dati US 1970 cross–section su profili età – guadagni di immigrati e nazionali confrontiamo i guadagni correnti di immigrati appena arrivati con quelli di immigrati di anni fa. 3
fig. 8-7 Profili età – guadagni degli uomini immigrati e nazionali cross–section Al momento di entrare negli USA i salari degli immigrati sono il 15% più bassi dei salari dei nazionali confrontabili. Il profilo età - guadagni più ripido. Dopo 14 anni i guadagni degli immigrati sembrano “superare” i nazionali. L’immigrato tipico negli Stati Uniti per trent’anni guadagna il 10% in più dei nazionali confrontabili. Se gli immigrati sono selezionati dalla popolazione non sorprende che siano più produttivi dei nazionali guadagnino di più una volta che acquisiscono le competenze utili per gli Stati Uniti. 4
Notiamo 3 fatti I guadagni degli immigrati sono all’inizio inferiori a quelli nazionali. Perchè? quando gli immigrati arrivano negli USA, non hanno le qualifiche che imprese USA vogliono: lingua, credenziali di istruzione e informazioni sui lavori meglio pagati e dove trovarli. 2) il profilo età – guadagni è più ripido dei nativi: nel modello del capitale umano maggiori investimenti rendono ripido il profilo età–guadagni. Imparato l’inglese e le regole lo stock di capitale umano degli immigrati => i guadagni convergono verso i nazionali: i guadagni degli immigrati cominciano bassi e crescono più velocemente dei nazionali. 5
Gli immigrati guadagnano di più dei nativi? 3) La storia del capitale umano non spiega il terzo risultato: dopo 14 anni gli immigrati sembrano guadagnare il 10% di più dei nazionali. Alcuni lavoratori nel paese di origine migrano ed altri scelgono di rimanere e gli immigrati non sono selezionati casualmente nella popolazione dei paesi di provenienza, solo gli individui che hanno abilità eccezionali, o molta iniziativa fanno le valigie, lasciano la famiglia e gli amici e si trasferiscono 6
Assimilazione ed effetti di coorte Interpretazione “assimilizionista”: quelli che migrarono molti anni fa hanno acquisito le competenze specifiche per gli USA. Col tempo, anche gli immigrati appena arrivati acquisiranno le competenze e avranno lo stesso successo delle vecchie ondate migratorie. Problema: Stiamo ragionando su come i guadagni dei lavoratori immigrati evolvono da un’unica cross-section di popolazione immigrata. Ma gli immigrati arrivati da poco potrebbero essere diversi dagli emigrati venti anni fa: non è corretto utilizzare l’esperienza economica di quelli emigrati vent’anni fa per predire la performance futura sul mercato del lavoro degli immigrati attuali. 7
La mobilità del lavoro – La performance degli immigrati nel mercato del lavoro dei paesi di destinazione Fig. 8-8: Per semplificare, ipotizziamo 3 ondate migratorie con produttività differenti: 1960, 1980 e 2000 (tutti gli immigrati entrati negli USA a 20 anni). 1. La prima coorte ha più produttività di tutti, inclusi i nativi: i loro profili età – guadagni sarebbero PP. 2. L’ultima ondata del 2000 è la meno produttiva di tutti inclusi i nazionali: il loro profilo età – guadagni è RR . 3. Gli immigrati arrivati nel 1980 hanno le stesse qualifiche dei nazionali: se potessimo sapere quanto guadagnano in ogni periodo della loro vita lavorativa, il profilo età – guadagni di questa coorte e dei nazionali sarebbe QQ. 8
Figura 8 – 8 Effetti di coorte e il profilo età – guadagni degli immigrati L’individuo emigrato nel 1960, è qualificato e ha un profilo età – guadagni PP, l’immigrato del 2000 non è qualificato e ha un profilo età – guadagni RR, l’immigrato del 1980 ha le stesse competenze del lavoratore nazionale tipico e il profilo età – guadagni è QQ. Tutti gli immigrati arrivano a 20 anni. La cross–section del censimento del 2000 riporta i salari degli immigrati che sono appena arrivati ( R*), il salario degli immigrati che sono arrivati nel 1980 e hanno quarant’anni (Q*) e il salario degli immigrati che arrivarono nel 1960 e ora hanno 60 anni (P*). Il profilo età–guadagni della cross–section suggerisce la conclusione sbagliata: i guadagni degli immigrati crescono più velocemente di quelli dei nazionali. 9
La mobilità del lavoro – La performance degli immigrati nel mercato del lavoro dei paesi di destinazione Da cross–section del 2000 osserviamo quindi: w degli immigrati appena arrivati ( R*) che hanno 20 anni, w degli immigrati arrivati nel 1980, che hanno 40 anni (Q*) e il w degli immigrati che arrivarono nel 1960, di 60 anni (P*). Se colleghiamo P*, Q* e R* tracciamo il profilo età – guadagni illustrato dalla retta CC che ha due proprietà. 1. E’ più ripida del profilo età – guadagni dei nazionali: mostra una convergenza del salario tra immigrati e nazionali, che in realtà non c’è. 2. Attraversa la retta nazionale a 40 anni: sembra che i guadagni degli immigrati > dei nazionali dopo che sono rimasti negli US 20 anni, invece nessun gruppo di immigrati ha avuto tale successo. 10
La mobilità del lavoro – La performance degli immigrati nel mercato del lavoro dei paesi di destinazione Nell’esempio le coorti immigrate più di recente erano meno qualificate delle coorti precedenti (effetto coorte) Questo può verificarsi se la politica di immigrazione del paese di destinazione non mette più l’accento sulla qualifica come condizione per l’entrata nel paese oppure dai ritorni degli immigrati. Per esempio negli USA circa 1/3 di tutti gli immigrati lasciano il paese, presumibilmente per ritornare al paese di origine. 11
Selezione positiva e negativa Se gli immigrati che hanno guadagni più bassi negli USA sono quelli che ritornano => in ogni cross–section: le ondate precedenti si sono selezionate positivamente ed i sopravvissuti guadagnano di più le più recenti ondate devono ancora passare attraverso la selezione ed i loro guadagni medi sono spinti in basso dalla presenza di emigranti che ritorneranno nel paese di origine => emigrati che ritornano generano correlazione positiva tra guadagni e anni dalla migrazione (che non dice nulla sull’assimilazione economica). 12
Coorte e qualifiche Dati sugli effetti di coorte e assimilazione degli immigrati I dati suggeriscono che esistono differenziali di qualifiche tra coorti di immigrati e che questi effetti di coorte sono abbastanza ampi. Fig. 8 – 9: andamento del divario del salario d’entrata immigrati-nazionali tra le ondate migratorie successive intercorse tra il 1960 e il 1990 negli Stati Uniti. Nel 1960 gli immigrati appena arrivati guadagnavano l’11% circa in meno dei nazionali. Dal 1990, i nuovi immigrati guadagnavano il 37% in meno dei nazionali. 13
La mobilità del lavoro – effetto coorte Negli anni Novanta: lieve cambiamento e nel 2000 gli immigrati appena arrivati guadagnavano il 31% circa in meno dei nazionali. Seguire le specifiche coorti di immigrati tra i vari censimenti permette di tracciare un corretto profilo età – guadagni per ognuna delle coorti: 1980: w medio degli individui che migrarono nel 1980 quando avevano 25 anni 1990: w medio degli stessi immigrati all’età di 35 anni 2000: w medio degli stessi individui a 45 anni. 14
La mobilità del lavoro – La performance degli immigrati nel mercato del lavoro dei paesi di destinazione Figura 8 – 9 Il differenziale salariale tra lavoratori immigrati e nazionali al momento dell’arrivo Fonte: George J. Borjas e Rachel Friedberg, “The Immigrant e Earnings Turnaround of the 1990s,” Working Paper, Harvard University and Brown University, luglio 2006. 15
Figura 8 – 10 Evoluzione dei salari per specifiche coorti di immigrati nel ciclo vitale (rispetto ai salari degli uomini nazionali confrontabili per età) Le ondate migratorie arrivate prima del ‘70 hanno iniziato con lieve svantaggio del salario e recuperato o sorpassato i nazionali in 1 o 2 decenni. Negli anni 70-80 hanno iniziato con svantaggio grande, perciò è improbabile che durante la loro vita lavorativa recuperato il divario con i nazionali della stessa età. 16
La mobilità del lavoro – La performance degli immigrati nel mercato del lavoro dei paesi di destinazione necessità di seguire la dinamica salariale dei lavoratori nel tempo: i dati panel hanno sicuramente reso più semplice il confronto intertemporale dei profili salariali tra lavoratori nazionali e stranieri (seguono gli individui nella vita lavorativa). Risultato: in Europa gli stranieri non si assimilano ai lavoratori nazionali: il loro profilo salariale non riesce a raggiungere nel tempo quello di lavoratori nazionali con uguali qualifiche. Nonostante la selezione dei ritorni, perché il processo di selezione è molto spesso negativo: i peggiori restano nei paesi di destinazione. 17
Figura 8 – 11 L’effetto dell’esperienza crescente sul mercato del lavoro sul logaritmo del profilo del salario per stranieri e nazionali (25 anni, colletti blu in una piccola impresa manifatturiera del nord d’Italia) 1990 – 2002. i lavoratori stranieri non riescono nei 13 anni a raggiungere i lavoratori nazionali, valutazioni più recenti confermano questo dato. 18
Fonte: Venturini et al., 2013
Teorie macro-strutturali: i fattori esterni Le migrazioni sono il risultato di cambiamenti economici, politici, storici esterni al soggetto e su cui egli non ha controllo (migrante come attore passivo): FATTORI DI SPINTA (PUSH FACTORS) FATTORI DI ATTRAZIONE (PULL FACTORS)
FATTORI DI SPINTA Degrado economico (anche a seguito di carestie o eventi naturali) e conseguente disoccupazione Degrado ambientale e igienico/sanitario Crisi politiche Guerre
FATTORI DI ATTRAZIONE Differenziali di reddito pro-capite Immaginario collettivo dell’Occidente come terra di ricchezze e facili opportunità per tutti (rinforzato e creato dai mass media, dai racconti e dai comportamenti dei migranti di ritorno, ecc.) Diffusione di una cultura di consumo/penetrazione capitalistica vs economie di sussistenza Turismo
Le analisi recenti su crescita e immigrazione Tutte le analisi recenti tendono invece a stimare un effetto positivo sulla crescita economica del paese di destinazione in seguito ai flussi migratori, inoltre, per l’Europa vi è un fattore in più: il cambiamento demografico. Secondo l’agenzia Bloomberg, entro il 2020, ci vorranno 42 milioni nuovi europei per sostenere il sistema di welfare e pensionistico del Vecchio Continente. Il termine di grandezza stimato da Alesina et al (2013) e Peri et al (2014) per citare solo i più recenti, evidenziano una correlazione positiva tra aumento della diversità degli immigrati e aumento del PIL reale di lungo periodo: un aumento dell’1% nella diversità della composizione degli stranieri aumenta il PIL di un fattore pari a 1,2-1,5. Occorre poi fare chiarezza sulla direzione della crescita: gli autori sottolineano infatti che è la ricchezza del paese ad attrarre diversi gruppi di immigrati, mentre i paesi non diventano ricchi grazie alla diversa composizione della forza lavoro immigrata
Assimilazione e crescita Più veloce è il processo di assimilazione degli immigrati, minore sarà l’effetto negativo sulla crescita di lungo periodo La popolazione residente straniera in Italia è cresciuta da circa un milione a fine anni ’90 ad oltre 5 milioni nel 2015 ed è raddoppiata rispetto al 2007, fino a rappresentare oltre l’8% della popolazione totale e il 10% degli occupati. Una crescita così sostenuta e prolungata non ha equivalenti in Europa, se si esclude il solo caso della Spagna, dove i tassi di crescita nel decennio pre-crisi sono stati assai più elevati.
Assimilazione e crescita economica Le principali teorie economiche e sociologiche sulle migrazioni validano generalmente l’ipotesi di una relazione positiva (e bi-direzionale) tra immigrazione e crescita economica: I potenziali migranti scelgono la loro destinazione anche in base alle aspettative di successo nella ricerca di un lavoro, orientandosi dunque verso quei paesi con maggiori prospettive di crescita dell’economia e dell’occupazione. L’Italia ha avuto flussi consistenti prima della crisi simili a Spagna e Gran Bretagna, ma la crescita non è stata simile a quella dei due Paesi Secondo un’analisi condotta da Pastore et al. (2011) la correlazione tra crescita economica e flussi migratori è negativa e significativa per l’Italia a differenza di tutti gli altri paesi europei in cui è risultata , invece, positiva (Spagna, UK , Lussemburgo e Belgio) o non significativa.
La non assimilazione italiana Come già sottolineato all’inizio della parte monografica, gli stranieri sono relegati in profili professionali molto bassi, talvolta anche se in possesso delle qualifiche Come evidenzia la seconda tabella che riporta la quota di lavoratori sovraqualificati in base alla cittadinanza Si tratta in definitiva di una immigrazione “low cost” di cui ha usufruito non solo il sistema del lavoro, ma anche il welfare e l’amministrazione pubblica, impattando in modo particolare sul mercato del lavoro
Qualifiche in riduzione Pastore et al., 2011
E sovraistruzione…. Pastore et al., 2011
Immigrazione “Low cost” nel Mercato del lavoro Tutte le analisi empiriche sul caso italiano pervengono allo stesso risultato: effetto positivo sull’occupazione dei nativi, effetto positivo sul salario di operai e nulli su quello degli impiegati La presenza straniera in Italia ha, inoltre, permesso di trasferire sul mercato alcuni servizi di cura tradizionalmente svolti dalle donne all’interno della famiglia e di coprire la carenza di offerta di welfare pubblico determinando in ultimo anche una crescita dell’occupazione femminile nazionale.
Ed anche per le imprese L’immigrazione ha comportato, inoltre, importanti risparmi per il sistema delle imprese che, anche grazie alla presenza massiccia di lavoratori stranieri, hanno potuto risparmiare sugli investimenti che sarebbero stati altrimenti necessari ai fini del miglioramento della produttività. Secondo i dati di Invind (indagine sulle imprese industriali e dei servizi) della Banca d’Italia, nel periodo 1996-2007, le imprese manifatturiere italiane localizzate in aree a più elevata presenza di immigrati avrebbero progressivamente aumentato l’incidenza delle mansioni operaie sulla manodopera totale, senza peraltro accrescere la dimensione aziendale. Inoltre sono le imprese meno efficienti ad impiegare manodopera straniera con un’attenzione rivolta più alla sopravvivenza nel breve periodo che alla crescita nel lungo. Gli imprenditori stranieri, anche se aumentati notevolmente negli ultimi anni (+40%), sono presenti quasi esclusivamente in settori a bassa tecnologia e conoscenza.
Imprese stranieri Complessivamente, sono oggi poco meno di 540mila, pari all’8,9% del tessuto produttivo nazionale, con una presenza cospicua soprattutto nelle Costruzioni, nel Commercio all’ingrosso e al dettaglio, nel Noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese e nei Servizi di alloggio e ristorazione.
Anche il welfare ne ha beneficiato L’identificazione precisa e puntuale del gettito fiscale e contributivo ascrivibile alla popolazione straniera è resa difficile dalla natura stessa delle fonti informative disponibili. Peraltro, anche la stima della spesa pubblica complessiva ascrivibile alla componente straniera, per prestazioni sanitarie o assistenziali, in ambito educativo o di edilizia pubblica, oltre che per l’amministrazione generale dei servizi pubblici, è necessariamente imprecisa. Secondo le stime fatte da Andrea Stuppini e Valeria Benvenuti per il Dossier Caritas/Migrantes (2011: 302-308) gli immigrati hanno un’incidenza complessivamente positiva sul bilancio dello Stato: 12 mld € di entrate fiscali a fronte di uscite pari a circa 10,5 mld €. Questo è l’effetto combinato della giovane età media e del tasso più elevato di partecipazione al lavoro, infatti le entrate generate dai soli contributi previdenziali degli immigrati sono pari a 7.5 mld € mentre le uscite per prestazioni previdenziali sono pari solamente a 1,5 mld €.
Costi/benefici dell’immigrazione
Così anche lo Stato non investe… In un lavoro recente, Pelizzari (2011) ha dimostrato che gli immigrati extra-europei in Italia usufruiscono dei servizi di welfare in misura lievemente superiore agli italiani, ma questo fenomeno è legato a caratteristiche individuali e familiari (famiglie più numerose, salari inferiori, etc.) e alla maggiore concentrazione degli stranieri nelle aree del Nord Italia, dove il welfare locale è più ricco e generoso. Gli immigrati nel nostro paese non sono solo consumatori, ma soprattutto produttori di servizi di cura e assistenza. l’apporto delle lavoratrici immigrate è diventato sempre più decisivo: secondo le ultime stime disponibili, le persone con cittadinanza straniera rappresentano oltre l’80% dei lavoratori domestici regolarmente iscritti all’INPS, pari a oltre 700 mila lavoratori. Secondo i dati ISTAT oltre il 18% della popolazione con più di 65 anni non è autosufficiente in almeno un aspetto della vita quotidiana, mentre i servizi pubblici di assistenza domiciliare coprono meno del 2% degli ultra - sessantacinquenni (ISTAT 2010).
Un avvicinamento al ribasso?
E i servizi del lavoro….
Con scarsi risultati in termini di impiego
Il lavoro è cercato nella rete di conoscenze
I costi crescenti del welfare Alcuni campanelli d’allarme: Il sistema della produzione si è adagiato e quindi la ripresa sarà più lenta e difficile La crisi ha aumentato il numero dei beneficiari di indennità di mobilità con cittadinanza extracomunitaria del 61,4% dal 2009 al 2011, mentre tra i beneficiari italiani l’aumento è stato del 28,8% (Ministero del lavoro e delle politiche sociali 2012) L’assimilazione alla popolazione italiana ridurrà nel futuro i vantaggi demografici, inoltre i percettori stranieri di pensioni di invalidità, vecchiaia o per i cosiddetti superstiti (IVS) rappresentano solo una minima parte del totale (circa lo 0,2% nel 2011), ma il loro numero ha conosciuto una crescita sostenuta nel corso degli ultimi anni: +39,4% (Ministero del lavoro e delle politiche sociali 2012). I costi amministrativi per la gestione dei nuovi flussi aumenteranno a causa dell’inevitabile selettività. Occorre osservare però che contribuiscono per circa 123 milioni di euro di valore aggiunto, pari all’8,8% della ricchezza nazionale totale.