I DIRITTI DEL LAVORATORE DIPENDENTE IN GIUDIZIO

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I DIRITTI DEL LAVORATORE DIPENDENTE IN GIUDIZIO

I CREDITI RETRIBUTIVI – PRESCRIZIONE BREVE Sono soggetti alla prescrizione di 5 anni tutti i crediti di natura retributiva pagati con periodicità annuale o inferiore, compresi gli interessi relativi alle somme in questione. Vi rientrano anche il TFR e le altre indennità spettanti per la cessazione del rapporto come, ad esempio, l’indennità sostitutiva del preavviso.

DECORSO DELLA PRESCRIZIONE BREVE La prescrizione inizia a decorrere: in pendenza di rapporto di lavoro, dal momento in cui il diritto può essere fatto valere quando il rapporto è assistito dalla garanzia della stabilità reale; dalla data di cessazione del rapporto qualora non operi la garanzia della stabilità reale; dalla data di cessazione di ogni singolo rapporto se tra le parti si succedono più rapporti di lavoro.

STRUMENTI PER IL RECUPERO DEI CREDITI DECRETO INGIUNTIVO (ART. 633 C.P.C.) RICORSO ORDINARIO AL GIUDICE (ART. 409 C.P.C.)

CONCILIAZIONE Si ha conciliazione ogni qual volta le parti, su propria iniziativa ovvero avvalendosi di apposite strutture, risolvono una controversia mediante un accordo. La conciliazione può aver luogo in sede giudiziale o in sede stragiudiziale.

CONCILIAZIONE STRAGIUDIZIALE L’accordo viene raggiunto al di fuori del contesto processuale e può essere distinto a seconda che esso si raggiunga in sede amministrativa (ossia avanti alla Direzione territoriale del lavoro) o in sede sindacale (ossia avanti ad una commissione costituita da incaricati appartenenti ad organizzazioni sindacali rappresentative di tutte le parti).

La legge 183/2010 ha eliminato l’obbligo di esperire un tentativo conciliativo in sede amministrativa prima di avviare la causa innanzi al giudice del lavoro. Oggi questo obbligo non esiste più, se non nell’ipotesi in cui si intenda impugnare un contratto certificato.

La legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro ha introdotto una nuova procedura preventiva che i datori di lavoro, a cui si applichi la disciplina dell’art. 18, debbono necessariamente esperire avanti alla Direzione territoriale del lavoro, nei casi in cui intendano intimare un licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

CERTIFICAZIONE Art. 76 D.Lgs. 276/2003: sono abilitate alle certificazione le Commissioni di certificazione istituite presso gli enti bilaterali, le DPL e le province. Possono essere istituite Commissioni di conciliazione presso il Ministero del Lavoro; università pubbliche o private; i Consigli provinciali dei consulenti del lavoro.

QUANDO E PERCHE’ -accertamento sulla qualificazione del contratto, volto a dare alle parti una maggiore certezza sulla natura e sulle caratteristiche del modello contrattuale da loro adottato -accertamento circa la reale volontà delle parti nell’inserire singole clausole all’interno di contratti in cui “sia dedotta una prestazione di lavoro”;

- tipizzare determinate condotte del prestatore di lavoro ai fini della valutazione di giusta causa e di giustificato motivo del licenziamento (condotte di cui il Giudice dovrà “tenere conto” nel giudizio sull’impugnazione avverso tale provvedimento)

- necessaria certificazione dell’eventuale clausola compromissoria apposta al contratto di lavoro, ai fini dell’accertamento dell’effettiva volontà delle parti di devolvere ad arbitri le future controversie (ad esclusione di quelle riguardanti la risoluzione del rapporto).

PROCEDURA DI CERTIFICAZIONE Comincia con un’istanza scritta comune delle parti del contratto di lavoro. Una volta ricevuta la richiesta, la Commissione fissa la data in cui le parti devono comparire davanti alla stessa: la regola è che debbano comparire le parti personalmente, ma queste possono anche delegare un terzo, nel caso di gravi motivi.

Il contratto di lavoro può essere sottoposto a certificazione all’atto della sottoscrizione o anche successivamente (in questo caso è il solo contratto di lavoro, e non il rapporto di lavoro nel suo concreto svolgimento). Con Legge 183/2010 le parti che intendano apporre una clausola compromissoria al contratto di lavoro debbono, a pena di nullità, certificare tale clausola avanti gli organi di certificazione

IL PROVVEDIMENTO DI CERTIFICAZIONE L’atto di certificazione ha natura di provvedimento amministrativo, pertanto deve essere motivato e deve contenere l’autorità cui è possibile fare ricorso, oltre all’esplicita menzione degli effetti civili, amministrativi, previdenziali o fiscali, in relazione ai quali le parti richiedono la certificazione.

L’IMPUGNAZIONE DEL PROVVEDIMENTO DI CERTIFICAZIONE -Al giudice del lavoro, nelle ipotesi di “erronea qualificazione del contratto, di vizi del consenso o di difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione” (v. art. 30, c. 2 della Legge 183/2010). - Al TAR in caso di violazione della procedura di certificazione o di eccesso di potere da parte degli organi della stessa .

ARBITRATO L’arbitrato è un mezzo (privato) di risoluzione delle controversie previsto dal nostro ordinamento in alternativa al normale ricorso all’autorità giudiziaria. È il procedimento (privato, appunto) attraverso il quale gli “arbitri”, nominati di comune accordo dalle parti in conflitto, risolvono una controversia. .

ACCORDO DI ARBITRATO: -“compromesso”: le parti regolano lo svolgimento dell’arbitrato per la soluzione di una controversia già in essere; - “clausola compromissoria”: clausola inserita in un contratto che ha come oggetto le eventuali controversie future relative a un rapporto determinato anche di natura non contrattuale. .

LIMITI Possono essere oggetto di una procedura arbitrale esclusivamente diritti disponibili (art. 806 c.p.c.). Così, ad esempio, non possono essere oggetto di arbitrato controversie in materia di filiazione, matrimonio, separazione, divorzio.

2 TIPI - Arbitrato rituale, disciplinato dal codice di procedura civile (artt. 806-832); - Arbitrato irrituale, rimesso dall’ordinamento all’autonomia negoziale delle parti

Il lodo rituale produce gli stessi effetti della sentenza; Nel caso di lodo irrituale, invece, la parte vittoriosa, se vuole ottenere un titolo esecutivo, in caso di mancato spontaneo adempimento della parte soccombente, deve ricorrere all’autorità giudiziaria e procurarselo con un decreto ingiuntivo o con una sentenza, a seguito di un giudizio ordinario.

ARBITRATO RITUALE solo se previsto dalla legge o dai contratti o accordi collettivi di lavoro (art. 806 c.p.c., così come modificato dall’art. 20 D.Lgs. 40/2006), e sia espressa la volontà delle parti di devolvere la controversia ad un collegio arbitrale. Si tratta di un “arbitrato di diritto” e dunque, a mente dell’art. 829 c.p.c., impugnabile sia per questioni di diritto che per violazione di legge, oltre che per violazione di contratti e accordi collettivi.

3 FORME DI ARBITRATO (LEGGE 183/2010) -l’arbitrato durante o all’esito del tentativo di conciliazione dinanzi alle Commissione di Conciliazione (art. 412 c.p.c.); -l’arbitrato previsto dai contratti collettivi sottoscritti dalle Associazioni Sindacali maggiormente rappresentative (art. 412ter c.p.c.); - l’arbitrato presso la Camere Arbitrali costituite dagli organi di certificazione (art. 412quater c.p.c.).