Sociologia dell’organizzazione

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Transcript della presentazione:

Sociologia dell’organizzazione Il sistema universitario in Italia Fonte: Come cambia la governance. Università italiane ed europee a confronto, (a cura di) Capano G. e M. Regini, Fondazione CRUI, 2015

Principali elementi delle riforme del sistema universitario Gli obiettivi delle riforme sono stati quelli di modificare la governance degli Atenei, in particolare: un rafforzamento della leadership dell’Ateneo una gestione più manageriale degli Atenei una riduzione del potere degli organi collegiali A partire dagli anni Ottanta e Novanta, agli Atenei è stata accordata maggiore autonomia anche se i governi hanno aumentato i “controlli” e le pratiche di valutazione

Il SIS italiano: il modello continentale Il SIS italiano rappresenta un caso del modello continentale: centralizzazione delle decisioni a livello ministeriale; scarsa autonomia degli Atenei elevato potere delle oligarchie accademiche e un limitato potere delle autorità (Rettore e Presidi) Le riforme hanno modificato il sistema, ma hanno condotto a quello che è stata definita “un’autonomia senza responsabilità”?

Evoluzione della governance dell’università italiana Si deve distinguere tra: governance esterna o sistemica: rapporti tra Atenei e Stato; governance interna: rapporti interni dell’istituzione L’autonomia è stata riconosciuta dalla lex168/89 (Riforma Ruberti) Che ha individuato in capo alle Università precisi ambiti di autonomia normativa, mediante l’attribuzione agli statuti della potestà di disciplinare una serie di materie oltre che di autonomia didattica, finanziaria e contabile. Per quanto concerne la governance di ateneo, ai sensi della legge, gli statuti dovevano in particolare prevedere l’elettività del Rettore e stabilire una composizione del Senato Accademico sia rappresentativa di tutte le facoltà e del Consiglio di amministrazione, sia volta ad assicurare la rappresentanza delle varie componenti universitarie. Un dato di cambiamento rinvenuto in numerosi statuti era la previsione volta all’allargamento della base elettorale per l’elezione del Rettore.

La legge 240/2010 Riforma Gelmini Costituisce un riordino organico del sistema universitario con l’obiettivo prioritario della promozione dell’efficienza, anche in un’ottica di sostenibilità economica, e del merito. La concretizzazione del percorso di riforma, peraltro, è stata demandata dalla stessa legge ad un elevato numero di provvedimenti attuativi. Con tale riforma, all’affermazione dell’autonomia in capo agli atenei si accompagna però una precisa fissazione degli organi necessari per la governance di ateneo, con puntuali indicazioni circa composizione e funzioni.

La legge 240/2010 e gli statuti degli Atenei/1 Il nuovo disegno degli assetti istituzionali e organizzativi degli Atenei delineato dalla legge 240 e finalizzato alla responsabilizzazione istituzionale, alla verticalizzazione dei processi, alle economie di scala e alla semplificazione organizzativa. I pilastri su cui si fonda questo disegno sono contenuti nelle norme che stabiliscono: Il rafforzamento del ruolo del Rettore che, nella configurazione complessiva del governo degli Atenei appare perdere, almeno dal punto di vista formale, la sua caratteristica di primus inter pares per diventare un vero e proprio capo dell’esecutivo dell’Ateneo. Una composizione del CdA non superiore a 11, con un numero minimo di “esterni”. Una composizione del Senato accademico non superiore a 35, con una presenza di almeno un terzo di direttori di dipartimento.

La legge 240/2010 e gli statuti degli Atenei/ 2 Una ripartizione dei poteri che, almeno sulla carta, mira a far cessare lo storico bicameralismo simmetrico tra CdA e SA, attribuendo la gran parte dei poteri decisionali ultimi al CdA. L’attribuzione al dipartimento “delle funzioni finalizzate allo svolgimento della ricerca scientifica, delle attività didattiche e formative, nonché delle attività rivolte all’esterno ad esse correlate o accessorie”. Un numero minimo di docenti afferenti diventa necessario per costituire un dipartimento. L’abolizione delle facoltà e la possibilità di istituire strutture di raccordo “con funzioni di coordinamento e razionalizzazione delle attività didattiche, compresa la proposta di attivazione o soppressione di corsi di studio, e di gestione dei servizi comuni”.