Parte XXII: Le correnti alternate

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Parte XXII: Le correnti alternate Corso di Fisica Generale Beniamino Ginatempo Dipartimento di Fisica – Università di Messina Parte XXII: Le correnti alternate La legge Faraday-Neumann La mutua induzione e l’auto induzione Carica e scarica di un condensatore Extra corrente di chiusura ed apertura di un circuito Energia del campo magnetico Circuiti LC ed RLC Potenza dissipata in un circuito in corrente alternata Filtri passa-banda, passa-basso e passa-alto Il metodo dei numeri complessi Il trasformatore statico L’alternatore e la dinamo I motori elettrici

L’induzione elettromagnetica Esaminiamo il seguente fatto sperimentale Filmato: La legge di Faraday-Neumann

La legge di Faraday-Neumann Faraday dimostrò sperimentalmente il seguente fatto:  S dS d Data una spira non magnetica Sottoposta ad un campo magnetico variabile, le cui linee di flusso attraversano l’area sottesa dal circuito, Si misura una corrente variabile nel tempo pari a Non c’e nessuna batteria in serie al circuito Se il campo fosse costante non misureremmo nessuna corrente La corrente gira (il segno “-”) in senso opposto alla regola della mano destra Ne segue che il fenomeno avviene solo perché il campo magnetico varia (o, come vedremo in seguito, perché la spira si muove). Siccome per far sì che le cariche si muovano ci vuole un campo elettromotore, le cose vanno come se ci fosse in serie al circuito una f.e.m. pari a:

Tuttavia non c’è materialmente una batteria, quindi le cariche possono muoversi solo sotto l’azione di un campo elettrico che esiste solo perché il sistema è stato sottoposto ad un campo magnetico variabile. Inoltre questo campo elettrico “indotto” non può essere irrotazionale, perché deve essere: Eguagliando alla espressione precedente: Data l’arbitrarietà del circuito

Osservazioni sulla legge di Faraday-Neumann Un campo magnetico variabile nel tempo dunque produce un campo elettrico non conservativo, le cui derivate spaziali (rotore) sono legate alle derivate temporali del campo magnetico La formula appena trovata è assolutamente generale: vale in tutti i punti dello spazio, a tutti i tempi e contiene in sé anche il caso statico (rot E=0) . La legge di Faraday-Neumann è una legge di natura. Una situazione fisicamente simile è quella in cui la spira si muove in un campo B uniforme w r h L’effetto delle forze sui lati orizzontali è nullo se la spira è inestensibile B

Le Forze di Lorentz sono però parallele ai lati h, di conseguenza la loro circuitazione non sarà nulla: w r h B Ma deve anche essere: n a=wt Anche questo fenomeno, che è il principio di funzionamento dell’alternatore, rientra quindi nell’ambito generale della Legge di Faraday-Neumann

La Legge di Lenz Va sotto il nome di Legge di Lenz la presenza del segno – nella legge di Faraday-Neumann Il segno – è necessario per la seguente ragione. Una corrente in una spira genera un momento magnetico (Teorema di Ampère): SE la corrente girasse in senso levogiro questo momento sarebbe concorde col campo B a cui si sommerebbe il campo magnetico dovuto a questo momento indotto. Ciò farebbe aumentare B, quindi farebbe aumentare il flusso, quindi la f.e.m. indotta aumenterebbe, la corrente aumenterebbe e ciò farebbe ancora aumentare il campo B: in un attimo avremmo un campo infinito. In sostanza avremmo creato il moto perpetuo, con l’ovvia violazione del I Principio della Termodinamica. Con il segno – la corrente scorre in modo da CANCELLARE le variazioni di B che producono la corrente stessa, realizzando una situazione compatibile con i principi della Fisica

Mutua e auto induzione Consideriamo due circuiti in cui scorrono correnti variabili nel tempo S2 dS2 2 i2d2 n2 S1 dS1 1 i1d1 n1 B1 La corrente i1 genera un campo magnetico B1 che si concatena col secondo circuito Se vale l’Approssimazione Quasi-Stazionaria, che sarà discussa più avanti nel corso, posso usare la I formula di Laplace per calcolare il campo B1 ed il suo flusso attraverso la superficie S2 del secondo circuito Il coefficiente M21, coefficiente di mutua induzione dipende solo dalla geometria, nella approssimazione fatta, un po’ come la capacità di un condensatore

Nel secondo circuito sarà presente una f. e. m Nel secondo circuito sarà presente una f.e.m. indotta che ostacolerà il flusso di cariche i2 Ma un passaggio di corrente nel secondo creerà una f.e.m. indotta nel primo tramite lo stesso meccanismo S2 dS2 2 i2d2 n2 S1 dS1 1 i1d1 n1 B2 Avremo scambiando gli indici 1 e 2:

È facile dimostrare che i coefficienti di mutua induzione sono uguali usando i potenziali vettore corrispondenti ai campi dati dalle formule di Laplace ed il teorema di Stokes S1 dS1 1 i1d1 n1 S2 dS2 2 i2d2 n2 r12 Pertanto:

Ma allora anche un circuito isolato deve auto indursi una f.e.m.  id id’ r12 Quindi un passaggio di corrente variabile in un circuito genera nel circuito stesso una f.e.m. che si oppone al passaggio della corrente. Il coefficiente di autoinduzione L si chiama spesso induttanza L’auto induzione in un circuito dipende dalla geometria del circuito: ci aspettiamo che questa sia elevata se il circuito è costituito da molti avvolgimenti ravvicinati ( il denominatore sotto il segno di integrale è piccolo) come in un rocchetto. Queste formule ci insegnano che: a spese di una f.e.m. esterna, la corrente che circola nel circuito genera un campo magnetico; il lavoro necessario per creare tale campo è compiuto a spese del generatore, e questa energia magnetica non può essere utilizzata; la f.e.m. utilizzabile è quindi

Carica e Scarica di un condensatore Consideriamo il seguente circuito (RC serie) R A B f(t) C Il condensatore è una interruzione delle linee di flusso della corrente quindi non può scorrere nessuna corrente stazionaria. Tuttavia se al tempo t=0 spostiamo il tasto nella posizione A,chiudendo così il circuito sulla batteria la f.e.m. varierà nel tempo nella seguente maniera t F f(t)

Da quando chiudiamo il circuito il condensatore comincerà a caricarsi, perché ci sarà una corrente. Si creerà, quindi, ai suoi capi una tensione (q/C) che ostacolerà l’arrivo sulla armatura di ulteriori cariche. Il passaggio di corrente dovrà quindi progressivamente diminuire fino ad annullarsi: la corrente sarà nulla quando la tensione ai capi del condensatore sarà uguale ed opposta alla f.e.m. Sulla base di questo ragionamento, trascorsi t secondi, la f.e.m. sarà stata utilizzata per avere una caduta di tensione Ri(t) sulla resistenza ed una tensione q(t)/C ai capi del condensatore Derivando rispetto al tempo: Risolvendo questa equazione differenziale avremo i(t). La condizione iniziale corrisponderà al condensatore completamente scarico, cioè q(0)=0, quindi

Per t<0 naturalmente la soluzione sarà i(t)=0. Per t 0, la f. e. m Per t<0 naturalmente la soluzione sarà i(t)=0. Per t 0, la f.e.m. non è nulla ma è costante quindi Risolvendo per separazione di variabili (possibile perché i(0)0) Costante di tempo del circuito

Questo esperimento va sotto il nome di carica del condensatore Questo esperimento va sotto il nome di carica del condensatore. Corrispondentemente La tensione ai capi del condensatore crescerà. Sarà data da:

Se commutiamo il tasto alla posizione B, dopo che il condensatore è completamente carico (dopo che sia trascorso un tempo molto più grande di t), potremo vedere come il condensatore si scarica. Il tal caso la f.e.m. sarà nulla a partire dall’istante in cui commutiamo il tasto, il nuovo istante t=0. Scorrerà ancora una corrente in senso opposto al caso della carica, e stavolta la tensione ai capi del condensatore diminuirà, per creare una caduta di tensione ai capi della resistenza R Si avrà di nuovo: Condizione iniziale: Quindi:

Extra-correnti di apertura e chiusura Per capire l’effetto della presenza di una induttanza in un circuito, consideriamo un caso analogo al precedente: il circuito RL serie R A B f(t) L Stavolta nel chiudere il tasto nella posizione A a t=0 l’effetto della autoinduzione del circuito Sarà quello di generare un campo magnetico che sottrarrà energia al generatore. Dovrà essere Le condizioni iniziali devono corrispondere al fatto che se non ci fosse l’induttanza la corrente sarebbe immediatamente F/R, ma non può raggiungere istantaneamente quel valore, perché a t=0 la sua derivata sarebbe enorme

Risolvendo per separazione di variabili: Senza l’induttanza (L=0) la corrente deve essere i=F/R. La formula precedente si riduce invece a Tempo caratteristico del circuito

L’effetto dell’induttanza, quindi è quello di non consentire che la corrente raggiunga immediatamente il valore di regime Tuttavia, come osservato precedentemente, l’autoinduzione sottrae energia al generatore per creare un campo magnetico. Per comprendere meglio questo fatto calcoliamo la energia fornita dal generatore in dt secondi moltiplicando l’equazione differenziale per idt Lavoro del generatore Energia termica Energia magnetica

Se adesso commutiamo il tasto alla posizione B, disinserendo così il generatore, avremo: Condizione iniziale: Cioè il circuito restituisce la corrente che aveva immagazzinato alla chiusura. L’extracorrente è il principale motivo delle scintille che compaiono azionando un interruttore o inserendo una spina

Energia del campo magnetico La quantità Lidi è quindi il lavoro che bisogna fare contro l’autoinduzione del circuito per far crescere la corrente da i ad i+di. L’energia magnetica che l’induttanza sottrae al generatore è quindi Se il circuito fosse un solenoide, tutta l’induttanza sarebbe concentrata in questo avvolgimento. Il campo magnetico al suo interno sarebbe B=moiN/, se si hanno N avvolgimenti ed il solenoide è lungo . Il flusso del campo magnetico, se l’area di ogni avvolgimento è S sarà Quindi l’energia magnetica immagazzinata nel volume V=Sdel solenoide sarà Al campo magnetico compete dunque una densità di energia pari a Risultato valido in generale ed analogo a

Circuiti LC ed RLC Consideriamo il seguente circuito (ideale) con il condensatore inizialmente carico: L C Se la tensione iniziale del condensatore è V0, questo avrà immagazzinata una energia elettrica pari a: Al fluire della corrente questa si trasformerà in energia magnetica, e quindi ancora in energia elettrica

Possiamo ottenere la corrente risolvendo la seguente equazione differenziale: con la condizione iniziale i(0)=0 Definendo otteniamo l’equazione del moto armonico semplice L’ampiezza I0 si può ricavare dal fatto che l’energia magnetica massima deve essere uguale alla energia elettrica massima (iniziale) Si ottiene facilmente per la tensione V(t)

Proprio come nel moto armonico semplice l’energia si trasforma continuamente da elettrica in magnetica e da magnetica in elettrica La corrente oscilla con frequenza w0 ed oscilla fuori fase con la tensione

Il tenere in conto una resistenza ohmica in serie trasforma il problema in quello dello oscillatore smorzato: L C R Con la condizione iniziale i(t=0)=I0 si ha:

Se il discriminante è maggiore di zero si hanno le soluzioni sovrasmorzate:

Se il discriminante è minore di zero si hanno le oscillazioni smorzate:

Circuiti RLC serie I fenomeni transitori studiati sinora hanno poco interesse rispetto al seguente caso: le oscillazioni elettriche smorzate e forzate L C R f(t) In tal caso l’equazione differenziale (la Legge delle Maglie di Kirchhoff) diventa: Un caso notevole è quello in cui f(t)=Fsinwt, sia perché questa è la f.e.m. fornita dall’ENEL, sia perché, per mezzo dell’analisi di Fourier, può consentire di costruire le soluzioni per circuiti alimentati da f.e.m. arbitrarie.

La teoria delle equazioni differenziali dice che la soluzione si può costruire sommando la soluzione della equazione omogenea associata con una soluzione particolare Abbiamo visto come io è non nulla solo per un breve transitorio iniziale. La soluzione a regime si ridurrà quindi alla sola ip. Per calcolare i(t) immaginiamo che oscilli con la stessa frequenza della f.e.m. (causa) Le funzioni I(w) e (w) possono essere determinate sostituendo nell’equazione differenziale Sviluppando, con le formule di addizione e sottrazione le funzioni trigonometriche e mettendo in evidenza sinwt e coswt

La dipendenza dalla variabile t sta solo in sinwt e coswt che sono funzioni linearmente indipendenti. L’equazione trovata può valere solo se le quantità tra parentesi si annullano separatemente Dalla prima si ottiene semplificando per wI: La quantità X(w) si chiama Reattanza e vale quanto indicato per questo circuito RLC serie. per altri circuiti con induttanze e capacità in parallelo dipenderà dalla frequenza, dalla induttanza e dalla capacità secondo altre formule Dalla equazione per lo sfasamento  si ottiene, introducendo l’Impedenza Z(w):

Introducendo questi ultimi risultati nella seconda equazione Nell’ultima equazione si è introdotta la quantità A(w) detta Ammettenza del circuito Abbiamo quindi trovato: Dove le quantità A e  dipendono crucialmente dai parametri del circuito e dalla sua configurazione topologica

Alcune osservazioni sui circuiti RLC La corrente scorre nel circuito sfasata rispetto alla tensione, e tale sfasamento dipende dalla frequenza Se anche l’ampiezza della f.e.m., F, è elevata, la ampiezza della corrente potrebbe essere molto bassa, perché l’ammettenza (impedenza) potrebbe essere molto piccola (grande) Confrontando con la legge di Ohm per i circuiti in corrente continua (d.c.), il ruolo della resistenza (conduttanza) è giocato dalla impedenza (ammettenza). Queste dipendono solo dal circuito non dalla forza elettromotrice esterna L’ammettenza gioca il ruolo di funzione di risposta del circuito alla perturbazione esterna costituita dal generatore. Studiando il comportamento ai limiti delle funzioni A(w) e Z(w) si ottiene Ciò significa che per effetto della capacità il circuito non consente il passaggio di correnti continue(w->0) perché il condensatore interrompe il circuito, mentre per frequenze elevate il fenomeno dell’autoinduzione produce una f.e.m. autoindotta enorme che impedisce il passaggio di corrente

Quando X(w)=0, lo sfasamento  si annulla e contemporaneamente Z ha un minimo e A un massimo Ciò accade, per il circuito RLC, per una frequenza w0 tale che Per tale frequenza, la frequenza di risonanza, l’impedenza si riduce al solo valore passivo R e l’ammettenza al suo massimo 1/R

Potenza dissipata in un circuito in a.c. La risonanza elettrica è un fenomeno che può avvenire per qualunque circuito, benché non necessariamente alla frequenza dell’oscillatore semplice. Possono anche esserci più frequenze di risonanza, in dipendenza dalla topologia del circuito La condizione di risonanza può essere fissata in generale da In realtà tgè in generale una funzione razionale di w, i cui zeri sono di solito gli zeri del numeratore. Come vedremo alla frequenza di risonanza si ha la massima potenza dissipata La potenza istantanea dissipata si può scrivere come: Si distinguono potenza attiva e potenza reattiva

La distinzione è significativa per le seguenti circostanze La distinzione è significativa per le seguenti circostanze. Calcoliamo il valor medio in un periodo di queste potenze Il valor medio della potenza reattiva è nullo: di conseguenza è potenza che il circuito trattiene senza dissiparla, e che restituisce alla rete apertura del circuito. Come dire: è presente nella bolletta della luce ma non può essere utilizzata. Inoltre è sempre nulla alla risonanza (sin=0) Il valor medio della potenza attiva costituisce tutta la potenza utilizzabile (trasformabile in energia di altro tipo, per esempio). È massima alla risonanza (cos=1). A volte si scrive in termini dei valori efficaci della f.e.m. e della corrente

Filtri passa-banda, passa-basso e passa-alto Il circuito RLC serie studiato sinora consente, come si è visto il passaggio di corrente solo per correnti di frequenza vicina alla frequenza di risonanza, poiché l’ammettenza è praticamente nulla lontano da w0. Tuttavia l’ammettenza può essere, se la resistenza ohmica è grande, abbastanza piatta. Un tale circuito si dice che è un filtro passa-banda, e può essere selettivo o fedele Per capire il significato di questi termini, immaginiamo che il generatore eroghi una f.e.m. che vari nel tempo periodicamente, e sia rappresentabile in serie di Fourier di seni. L’ultimo passaggio è dovuto alla linearità della equazione differenziale. Dovrà essere, per l’indipendenza lineare delle funzioni:

Se solo una frequenza cade vicino al massimo dell’ammettenza, perché questa presenta una campana attorno ad w0 più stretta della frequenza fondamentale w In tal caso solo una funzione armonica, per esempio la k-esima, potrà dare contributo alla corrente In tal caso il circuito seleziona una sola componente armonica e si dice selettivo. Un tale circuito è utile come sintonizzatore (antenna)

Se la campana dell’ammettenza è molto larga, saranno molte le componenti armoniche a contribuire alla corrente In tal caso il circuito è detto fedele e si avrà Un tale circuito è adatto per replicare esattamente un segnale di ingresso

Un circuito che non presenta capacità (RL) presenta le seguenti soluzioni f(t) Un tale circuito consente preferibilmente il passaggio delle basse frequenze, ed è caratterizzato da una frequenza di taglio, wT, alla quale l’ammettenza si riduce ad ½ del valore massimo

Un circuito che non presenta autoinduzione (RC) presenta le seguenti soluzioni f(t) Questo circuito consente il passaggio delle alte frequenze ed è caratterizzato da un taglio a bassa frequenza, wT

Il metodo dei numeri complessi Per circuiti topologicamente complicati (molte maglie e molti rami) le formule possono diventare molto complicate. Se un circuito è costituito da molte maglie accoppiate, bisognerà scrivere tante equazioni differenziali per ogni maglia e risolvere il sistema risultante Questo procedimento è però notevolmente più complicato delle normale applicazione della teoria dei circuiti (analisi per maglie, per nodi, teorema di Thevenin), facilmente applicabile nei circuiti d.c. Il seguente schema consente di applicare per intero la teoria dei circuiti anche ai circuiti a.c. Data la linearità dell’ equazione differenziale, applicando una f.e.m. esterna pari a fc(t)=Fcoswt, in un circuito RLC serie si troverebbe: Z(w) e (w) sono esattamente le stesse funzioni del caso fs(t)=Fsinwt Sempre per la linearità delle equazioni segue che se la f.e.m. esterna fosse una combinazione lineare delle precedenti due il risultato finale sarebbe la stessa combinazione lineare dei precedenti risultati. Per esempio:

Come è ovvio quanto visto è puramente matematico (non ha senso fisico una f.e.m. complessa o immaginario), ma ci consente di definire una impedenza complessa che porta con sé oltre che le informazioni sulle resistenze attive e reattive del circuito anche la fase: Il grande vantaggio di questa espressione è che è formalmente identica alla legge di Ohm, di conseguenza la teoria dei circuiti lineari può essere applicata in toto senza dover trattare equazioni differenziali!! In altre parole le impedenza complesse così introdotte osservano le stesse regole delle resistenze ohmiche per i collegamenti in serie o parallelo, etc. Perché tutto funzioni basta assegnare a resistenze, capacità ed induttanze le seguenti impedenze Notare che

Come applicazione del precedente metodo si consideri il seguente circuito f(t) In questo circuito sono individuabili due maglie. un filtro RL ed un filtro RC L’ammettenza totale sarà la somma delle ammettenze Per ottenere il modulo dell’ammettenza (proporzionale all’ampiezza della corrente e lo sfasamento (la fase dell’ammettenza è la fase dell’impedenza cambiata di segno) conviene usare alcune formulette utili dei numeri complessi

Si ottiene così per il modulo dell’ammettenza: Si ottiene per lo sfasamento: Per i valori numerici R=10, L=1, C=0.0001 si ottiene:

Il trasformatore statico Consideriamo due circuiti RL accoppiati L1 R1 f(t) L2 R2 Traferro La funzione del traferro è quella di accoppiare le bobine, creando una forte mutua Induzione fra queste. Le correnti fra i due circuiti risultano così accoppiate e vanno risolte le seguenti equazioni

Il sistema è molto semplificato se il secondo circuito (secondario) è aperto (i2=0), il trasformatore statico L1 R1 f(t) L2 Traferro f2(t) Si crea ai capi del secondario una forza elettromotrice pari a: Se la resistenza R1 in serie al primario è molto piccola (di solito il primario è una bobina di filo di rame), si avrà: È possibile, lavorando sul rapporto M/L1, ottenere una tensione proporzionale a F1

Per capire come costruire un trasformatore cerchiamo di capire come sia legato M alle due induttanze L1 ed L2. Se la prima (seconda) bobina è costituita da N1 (N2) spire ed ha una lunghezza  In assenza di dispersioni (inevitabili: i trasformatori si riscaldano!) la f.e.m. indotta nel secondario è legata al flusso di H1attraverso la seconda bobina. Calcolando i flussi attraverso le due bobine immaginando che siano di uguale lunghezza Quindi si ottiene per il rapporto di trasformazione relazione che consente di progettare un trasformatore

L’alternatore e la dinamo Abbiamo visto come una spira in moto in un campo magnetico venga percorsa da una corrente indotta, consistente con i principi della Termodinamica. Ciò suggerisce la possibilità di costruire un generatore di corrente, tale da trasformare l’energia meccanica in energia elettrica: l’alternatore B w wt Contatti striscianti (spazzole) Poli dell’elettromagnete R

La corrente che percorre la resistenza R sarà sinusoidale: È possibile ottenere una corrente sempre positiva modellando i contatti striscianti come l’anello di Pacinotti Dopo ogni semirotazione i contatti si scambiano, di conseguenza il verso della corrente si inverte, ottenendo: Un tale dispositivo si chiama dinamo. Normalmente l’indotto (la spira) è molto più leggero dell’elettromagnete, si preferisce quindi far ruotare l’elettromagnete, che ha una inerzia molto maggiore, e tenere fermo l’indotto

Correnti trifase Un alternatore si può ottimizzare opportunamente sagomando l’indotto. Per esempio esso può essere costituito da tre bobine ruotate di 120 gradi. In queste scorreranno tre correnti diverse sfasate tra loro proprio di 120 gradi. Se poi i tre circuiti vengono chiusi con lo stesso cavo (neutro), mediante collegamenti detti a stella o a triangolo, su questo scorrerà una corrente totale data da: Una tale corrente consente quindi di dissipare il meno possibile per costruire una rete elettrica. Una centrale elettrica sfrutta energia di qualche tipo (termica, nucleare, eolica, meccanica, etc.) per far ruotare enormi alternatori (turbine) trifase.

Motori elettrici Se in un alternatore si forza una corrente elettrica nell’indotto, si provocherà una rotazione, quindi si può trasformare energia elettrica in meccanica. Un tale dispositivo è detto motore elettrico (treno elettrico, tram, frullino, motori di avviamento di automobili, phon, ventilatore, compressore del frigorifero, motore della lavatrice o della lavastoviglie, aspirapolvere, lettori di CD o cassette, l’ascensore, il montacarichi di una gru, etc., etc……..) senza il quale la vita di oggi non sarebbe la stessa. In sostanza, quando nella spira passa una corrente questa acquista un momento magnetico che il campo farà ruotare. Calcoliamo il momento meccanico (medio) di tale rotazione: Se la frequenza della corrente è la stessa della rotazione, diventa cruciale il ruolo della fase della corrente Il valor medio di M in un periodo è la quantità che conta:

Quindi se sinb è positivo il motore ruota in senso antiorario, se è negativo ruota in senso orario, ma la coppia è nulla se la corrente è in fase. Un tale motore si dice sincrono e necessita per il suo funzionamento di un servomotore che lo sincronizzi (lo porti alla stessa frequenza di rotazione della corrente). Il lavoro resistente della spira sarà poi sufficiente per mantenere una rotazione uniforme, sfasando leggermente la corrente e la rotazione. Più efficienti sono i motori asincroni (a campo rotante). Essi sono coatituiti da tre spire ruotate di 120 gradi, che percorse da una corrente trifase generano tre campi magnetici sinusoidali, la cui somma non è mai nulla e che ruota nel piano perpendicolare alle tre spire Per tutti questi motori, però, non è possibile variare la velocità senza variare la pulsazione della corrente. Ciò è possibile fare con i motori a corrente continua, i quali lavorano sul principio della dinamo, più che sul quello dell’alternatore.