Origini della prosa castigliana

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Origini della prosa castigliana 1) Terreno scivoloso per scarsezza o mancanza di documentazione. 2) Problematica dei limiti di ciò che è letterario e artistico, dei confini fra livello estetico e pragmatismo. 3) La lingua latina continuò a essere veicolo di letteratura fino al XV secolo. 4) Dalla Chronica visogothorum (fine IX secolo) inizia una corrente di cronache in latino che confluiranno nell’opera storiografica di Alfonso X.

La Historia Roderici Historia compostelana Chronica Adefonsi imperatoris Cronache in lingua latina fondamentali per capire lo sviluppo della prosa castigliana. Nel XIII secolo comincia la storiografia in lingua romanza ma continua la produzione in latino: Chronicon mundi del vescovo di Tuy (El Tudense) De rebus Hispaniae di Rodrigo Ximénez de Rada, arcivescovo di Toledo (El Toledano) che risiedette nel convento toledano di Santa María de Huerta. L’influenza del Tudense e del Toledano fu notevole all’epoca di Alfonso X (1221-1284) e si protrasse fino al XV secolo.

I primi documenti in lingua castigliana non sono letterari ma notarili, come avviene in molti altri ambiti romanzi. Importanza delle glosas. Il volgare primitivo degli stati cristiani spagnoli ci è noto grazie a documenti notarili che, sebbene scritti in latino, inseriscono voci e costruzioni spagnole per negligenza, ignoranza o semplicemente per necessità di farsi capire. Glosas Emilianenses e Silenses   Si tratta di glosse (note liminari) poste dai monaci a margine di alcune omelie e un penitenziale latino e consistono nella traduzione in volgare di parole e frasi latine di cui non conoscevano il significato, dimostrando di usare il volgare romanzo in piena coscienza. Le Glosas risalgono al secolo X o inizi dell’XI e le voci romanze in esse contenute sono scritte in dialetto navarro-aragonese .

La prosa nel regno di Fernando III (1199-1252)   Opere estese in prosa romanza non appaiono fino al secolo XIII, quando la lirica e l’epica avevano percorso già un ampio cammino e il teatro religioso aveva fatto la sua comparsa. Il regno di Fernando III segna una fase cruciale nel processo di Riconquista e inoltre nel 1230 si uniscono le corone di Castilla e León. Ma Fernando III si dedicò anche alla diffusione e protezione della cultura e fomentò la redazione di traduzioni della Bibbia, di opere storiografiche, di raccolte di exempla e in generale apprezzò molto la letteratura gnomica. Toledo cominciò a essere il punto di confluenza delle culture orientali, ebrea e latino-ecclesiastica, come ponte verso l’Europa. Già nel regno di Fernando III, dunque, iniziano le traduzioni promosse dalla scuola dei traduttori di Toledo.

La Fazienda de Ultramar è l’opera più importante scritta durante il regno di Fernando III. È la traduzione di un testo ebreo della Bibbia datato al XII secolo. Alle traduzioni dell’Antico Testamento, nella Fazienda de Ultramar si aggiungono descrizioni geografiche della Terra Santa e si introducono sporadicamente anche elementi provenienti dal mondo classico. È una sorta di guida per il pellegrino che si dirige in Terra Santa. È possibile che l’opera abbia avuto una prima versione in latino.  

Letteratura didattico-dottrinale Disputa entre un cristiano y un judío (inizi del XIII secolo). Il contenuto teologico è estremamente povero, per cui l’autore ricorre a burle e ad attacchi feroci al popolo ebreo senza arrivare tuttavia ai limiti di inconciliabilità fra le religioni. Diez mandamientos: manuale d’uso per i predicatori (didattica ecclesiastica). Sententiae: raccolgono detti di saggi e uomini famosi dell’antichità (soprattutto quelle di Valerio Massimo) Bocados de oro: ispirato al Libro de las sentencias di Abulwafá Mobaxir ben Fátic. È un’opera con cornice, dove le sentenze si iscrivono in un racconto romanzesco del viaggo di un re persiano in India per aumentare la sua sapienza.

Sulla stessa linea si colloca l’opera Poridat de poridades (Secreto de los secretos), collezione di norme morali e proverbi di origine araba. In quest’opera è Aristotele che consiglia Alessandro Magno e si nota l’influsso dell’opera latina Secretum secretorum. Libro de los cien capítulos: collezione di sentenze e massime morali e politiche per la formazione dei re e vassalli. Libro de los doce sabios o Tratado de la nobleza y lealtad (dove un gruppo di saggi istruiscono un re sui suoi doveri).

Prosa narrativa C’è un settore della letteratura didattico-dottrinale dove ha una grande importanza l’elemento narrativo. Questo tipo di prosa letteraria ha le sue origini nel Libro de Calila e Dimna, che Alfonso X, ancora infante, fece tradurre dall’arabo nel 1251. Si tratta di una collezione di favole indiane che derivano in gran parte dal Panchatantra (scritto in lingua sanscrita nel III sec. a.C.) e che furono raccolte e tradotte da un medico persiano per poi essere tradotte in arabo da Ben Almocaffa verso il 750 con il titolo di Kalila wa-Dimna. Calila e Dimna sono due fratelli lupi e gli exempla sono incorniciati dal racconto del loro viaggio.

Il Sendebar o Libro de los engaños e los asayamientos de las mujeres appartiene già all’epoca di Alfonso X poiché fu fatto tradurre dall’arabo dal fratello di questi, l’infante don Fadrique, nel 1253. La prima versione europea di questo libro arabo fu proprio quella castigliana. Costruzione molto simile a quella delle Mille e una notte, dove la salvezza del personaggio principale, il principe accusato dalla sua matrigna, è determinata proprio dal tempo che i sette saggi guadagnano grazie al racconto di favole.

Il pretesto narrativo che incornicia i racconti è la leggenda del figlio unico di Alcos, re di Giudea, che rifiuta le profferte amorose di una delle donne dell’harem di suo padre e riceve in seguito da questa l’accusa di averla violentata. Il giovane principe è condannato a morte per il delitto commesso e, consigliato dal suo precettore Çendubete, è costretto a serbare il silenzio per sette giorni. Per intrattenerlo i saggi della corte gli narrano racconti di carattere misogino; la sua matrigna ne racconta altri che hanno come scopo la condanna del principe. L’epilogo, sentenziato dal re, consiste nel riscatto del principe e nella condanna a morte inferta alla matrigna, che morirà in un "caldero seco" al fuoco. Sono documentate varie versioni di quest’opera in tutta Europa. I racconti del Sendebar furono parzialmente raccolti nella Scala coeli (Diego de Cañizares, secolo xv), nel Libro de los siete sabios de Roma (1530) y nella  Historia del Príncipe Erasto (1575).

La prosa castigliana del secolo XIII e inizi del XIV   Il lessico acquisì concetti scientifici, cultismi, elementi astratti. La sintassi divenne più ampia e varia, privilegiando la ipotassi. Alla fine del XIII secolo la prosa castigliana si poteva considerare già un utile strumento per la creazione letteraria. Con il regno di Sancho IV (1258-1295) venne promossa una intensa attività letteraria che aveva il suo punto di appoggio nella sede arcivescovile di Toledo. Questa elite adotta la posizione ortodossa contraria all’aristotelismo eterodosso, condannato dalla Chiesa; preferisce l’utilizzazione di fonti classiche ed ecclesiastiche, diminuendo quella di fonti orientali indiscriminate e, nella prosa, qualifica l’amplificazione e la glossa. Il Libro del caballero Cifar (1300 ca.) e Los castigos e documentos del rey don Sancho (fine XIII secolo) sono le opere più significative di questa nuova tendenza.

Juan Manuel Don Juan Manuel (1282-1348) era figlio di Manuel de Castilla e nipote di Fernando III il Santo. Il re Alfonso X era pertanto suo zio. Rimase orfano di padre e madre in precoce età e il re Sancho IV fu il suo tutore. Appartenente alla famiglia reale, ricevette una solida formazione intellettuale e fu educato come un membro dell’alta aristocrazia. Una delle sue attività preferite, oltre alla scrittura letteraria fu la caccia, tanto che le dedicò un trattato didattico: Libro de la caza.

Opere di don Juan Manuel Crónica abreviada, precedente al 1325. Libro de la caza, (1325-1326). Libro del cavallero et del escudero (1326-1328) Libro de los estados (1330). Libro del conde Lucanor, 1335.​ Tratado de la Asunción de la Virgen María, posteriore al 1335). Libro infinido, 1336-1337. Libro de las tres razones o Libro de las armas (1345).

Libro del Conde Lucanor Juan Manuel terminò di scrivere il Conde Lucanor nel 1335. L’opera si compone di un Prologo, seguito da una sezione di 50 exemplos (exempla), da una sezione di proverbi e infine da un trattato dottrinale. Exemplo diventa sinonimo di ‘racconto’. Lo sviluppo della predicazione fu uno stimolo forte alla diffusione di exemplos e raccolte di exemplos. Principio del prodesse et delectare.

Libro del Conde Lucanor Questione delle semejanzas, favole, aneddoti, parabole. Tradizione gnomica medievale. Tecnica della abbreviatio, che consiste nel riportare in forma succinta materiali preesistenti. Patronio fa da cerniera fra la realtà del conte e quella della novella. E a sua volta don Juan si fa mediatore fra la fittizia realtà dell’opera e la quotidiana problematica del piano dei lettori.

Libro del Conde Lucanor Nel prologo in prima persona Juan Manuel si rivolge a un anonimo interlocutore narrativo. La voce del relatore che il patto ‘fittivo’ identifica con l’autore ci introduce nella convenzione narrativa di strutture fisse che incorniciano ogni exemplo nel ritmo ricorrente del dialogo tra il conte e il suo consigliere. L’autore è costantemente presente. Forte coscienza autoriale. Juan Manuel aveva uno scriptorium ben organizzato e controllava personalmente quanto scrivevano i copisti. Concetto moderno di volontà d’autore. Nel Conde Lucanor tutto è intellettualizzato e depurato razionalmente. L’autore ha in mente un libro, un’opera da leggere singolarmente e non da recitare in pubblico.

Temi: aspetti politico-sociali e religiosi. Rigida struttura sociale. Il punto di partenza è sempre una domanda del Conde rispetto a come conservare qualcosa, bene materiale o spirituale che sia. Tema dei falsi amici, delle minacce che vengono dai nemici, delle unioni matrimoniali, religiosità e pietà. L’estamento favorito, naturalmente, è quello dei bellatores, che viene presentato con una moralità ben più alta di quella degli oratores. I personaggi sono molto schematici e servono per trattare una materia morale. Procedimenti retorici della amplificatio e abbreviatio. Uso di iterazione (dobletes léxicos), interpolazione di lunghe digressioni argomentative, tecnica della dilazione narrativa. La tecnica opposta è quella della abbreviatio che produce oscurità ed ermetismo.