Consiglio Giudiziario presso la Corte d’Appello di Trieste

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Consiglio Giudiziario presso la Corte d’Appello di Trieste Comitato per le Pari Opportunità Consiglio Giudiziario presso la Corte d’Appello di Trieste

IL RUOLO DELLA VITTIMA NEL PROCEDIMENTO PENALE (E NEL PROCESSO) VIOLENZA DI GENERE : IL RUOLO DELLA VITTIMA NEL PROCEDIMENTO PENALE (E NEL PROCESSO)

Il ruolo della ‘vittima’ (definita, nel nostro ordinamento, persona offesa) nel corso del procedimento penale ha progressivamente assunto un ruolo centrale. La sua fattiva e consapevole partecipazione è assicurata da un corollario di diritti e garanzie procedurali che discende da: fonti normative del Consiglio d’Europa → normativa nazionale di adeguamento normativa dell’Unione europea pronunce della Corte europea dei Diritti dell’Uomo → obbligo per gli Stati di adeguamento ai principi affermati da CEDU

contro qualsiasi forma di violenza » La “Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica” (adottata dal Consiglio d’Europa l’11 maggio 2011, Istanbul), entrata in vigore il 1° agosto 2014, è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante il cui principale obiettivo é creare « un quadro globale e integrato che consenta la protezione delle donne contro qualsiasi forma di violenza » Essa definisce (art.3): “violenza nei confronti delle donne”: una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata;

E’ basata sull’affermazione delle cd. 3 « P »: Prevenzione Protezione “violenza domestica”: tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima; “violenza contro le donne basata sul genere”: qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato. E’ basata sull’affermazione delle cd. 3 « P »: Prevenzione Protezione Perseguimento-azione penale Le Parti contraenti hanno l’obbligo di adottare misure legislative o di altro tipo finalizzate a:

Prevenzione (cap.III): promuovere i cambiamenti nei comportamenti socio-culturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull'idea dell'inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini; promuovere azioni e programmi di sensibilizzazione anche attraverso i mass-media, di educazione, di formazione delle figure professionali, di intervento di carattere preventivo e di trattamento verso gli autori di atti di violenza domestica; Protezione (cap.IV): proteggere tutte le vittime da nuovi atti di violenza; garantire adeguati meccanismi di cooperazione tra gli organismi statali competenti, comprese autorità giudiziarie, autorità locali e regionali, O.N.G., al fine di proteggere e sostenere le vittime e i testimoni di ogni forma di violenza;

garantire alle vittime un’informazione adeguata sui servizi di sostegno, servizi destinati a facilitare il loro recupero (compresi servizio sanitario, consulenze psicologiche, alloggio, istruzione, assistenza finanziaria), assistenza in materia di denunce individuali o collettive, case rifugio, linee telefoniche dedicate, supporto alle vittime di violenza sessuale, protezione e supporto ai bambini testimoni di violenza; Perseguimento-azione penale (cap. VI): garantire che le indagini e i procedimenti penali relativi a tutte le forme di violenza siano avviati senza indugio ingiustificato, prendendo in considerazione i diritti della vittima in tutte le fasi del procedimento penale; offrire protezione immediata e adeguata alle vittime anche attraverso emissione di ordinanze di ingiunzione o allontanamento dalla casa familiare; valutare il rischio di letalità, la gravità della situazione ed il rischio di reiterazione.

The Group of experts on actions against violence against women La Convenzione istituisce inoltre un meccanismo internazionale di monitoraggio : The Group of experts on actions against violence against women and domestic violence «GREVIO» (Capitolo IX) incaricato di monitorare l’applicazione della Convenzione su base nazionale: attraverso questionari, visite, inchieste e rapporti sullo stato di conformità degli ordinamenti interni agli standard convenzionali.

Il Capitolo V ("Diritto sostanziale") stabilisce obblighi di penalizzazione delle seguenti condotte: violenza psicologica (art.33), atti persecutori (Stalking, art.34), violenza fisica (art.35), violenza sessuale, compreso lo stupro (art.36), matrimonio forzato (art.37), mutilazioni genitali femminili (art.38), aborto forzato e sterilizzazione forzata (art.39), molestie sessuali (art.40); nonché, ad esclusione di tale ultima disposizione, del favoreggiamento o della complicità intenzionali in ordine alla commissione dei reati contemplati dalla Convenzione stessa; nonché, dei tentativi intenzionali di commissione dei reati di cui agli articoli 35, 35, 37, 38.a e 39  (art.41). Le Parti si accertano che le indagini e i procedimenti penali per i reati di cui agli articoli 35, 36, 37, 38 e 39 non dipendano interamente da una segnalazione o da una denuncia da parte della vittima, e che il procedimento possa continuare anche se la vittima dovesse ritrattare l’accusa o ritirare la denuncia (art.55); assicurano il gratuito patrocinio e l’assistenza legale; impongono la proroga del termine di prescrizione a partire dal raggiungimento della maggiore età della vittima.

In data 13 giugno 2017 l’Unione europea (la Presidenza del Consiglio dell’UE ed il Commissario per la Giustizia) ha firmato la Convenzione di Istanbul. I settori della Convenzione di competenza dell’UE sono: lotta contro la discriminazione e uguaglianza di genere (art.157 TFUE), molestie sessuali, occupazione, impiego, accesso a beni e servizi e loro fornitura (direttiva 2001/113/CE su parità di trattamento tra uomi e donne per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e loro fornitura; direttiva 2006/54/CE attuazione principio pari opportunità e parità trattamento in materia di occupazione e impiego; direttiva 201/41/UE parità trattamento tra uomini e donne che svolgono un’attività autonoma) le disposizioni di diritto derivato (artt.82 e 84 TFUE) sulla protezione e sostegno alle vittime, diritto procedurale e misure protettive (direttiva 2012/29/UE); lo sfruttamento sessuale delle donne e dei bambini (art.83 par.1 TFUE); in materia di asilo e migrazione (artt.78 e 79 TFUE); la protezione consolare (art.23 TFUE); le questioni transfrontaliere in materia civile e penale (artt.81 e 82 TFUE) e obblighi in materia di protezione dati (art.16 TFUE);

Il Decreto Legge n.93/2013 «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province» convertito in Legge n.119/2013, recependo parzialmente i contenuti della Convenzione di Istanbul, ha introdotto disposizioni volte a prevenire e reprimere la violenza domestica e di genere. Il provvedimento interviene sul codice penale: introduce l’aggravante comune di cui all’art.61 n.11-quinquies (l’avere nei delitti non colposi contro la vita e l’incolumità individuale nonché nel delitto di cui all’art.572 c.p., commesso il fatto in presenza o in danno di minore di anni 18 ovvero in danno di donna in stato di gravidanza; nel reato di stalking (art.612 bis c.p.) prevede aggravio di pena se il fatto é commesso dal coniuge anche separato o divorziato o da persona già legata sentimentalmente alla p.o., o se commesso con strumenti informatici o telematici; inoltre circoscrive l’irrevocabilità della querela ai casi più gravi (se il fatto é stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’art.612 comma II c.p.) e negli altri casi consentendo solo la remissione in sede processuale; Interviene sul codice di procedura penale: consente intercettazioni per il reato di stalking (art.266 comma I lett.f c.p.p.);

estende la misura di prevenzione dell’ammonimento del questore, introdotta per lo stalking (art.8 D.L.n.11/2009), anche per condotte di violenza domestica; introduce la misura dell’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare: art.384 bis c.p.p.: ufficiali e agenti di P.G. possono disporre - previa autorizzazione del P.M., scritta o orale e confermata per iscritto o per via telematica - l’allontanamento urgente dalla casa familiare con divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, nei confronti di chi è colto in flagranza dei delitti di cui all’art.282 bis comma VI, ove vi sia concreto pericolo di reiterazione delle delle condotte criminose con grave e attuale pericolo per la vita o integrità fisica o psichica della p.o. Si applicano le disposizioni in tema di arresto e fermo di cui all’art.385 e ss.: doveri della P.G., messa a disposizione del P.M., udienza di convalida G.I.P.; se si tratta di delitto perseguibile a querela, della dichiarazione di querela si dà atto nel verbale delle disposizioni di allontanamento. I delitti di cui all’art.282 bis comma VI c.p.p. sono violazione degli obblighi di assistenza (570 c.p.), abuso dei mezzi di correzione e disciplina (571 c.p.), 582 limitatamente alle ipotesi procedibili d’ufficio o comunque aggravate, riduzione in schiavitù (600 c.p.), prostituzione minorile (600 bis c.p.), pornografia minorile (600 ter c.p.), tratta di persone (601 c.p.), violenza sessuale (609 bis c.p.);

impone al P.M. e alla P.G., al momento di acquisire la notizia di reato, di informare la persona offesa (di qualsiasi reato) della facoltà di nominare un difensore (ex art.96 comma II c.p.p.) e di accedere al patrocinio gratuito a spese dello Stato (ex art.76 D.P.R. 30.05.2002n.115); estende l’arresto obbligatorio in flagranza a maltrattamenti e stalking; prevede obblighi informativi - a carico della P.G. - dei provvedimenti di revoca o sostituzione delle misure cautelari coercitive e interdittive, applicate nei procedimenti aventi ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona, ai servici socio-assistenziali, al difensore della P.O., o, in mancanza di questo, alla P.O. (art.299 comma 2 bis c.p.p.); impone oneri di notifica - a carico dell’indagato o del P.M. - delle richieste di revoca o sostituzione di misure coercitive applicate nei procedimenti per delitti commessi con violenza alle persone (art.299 comma 3 c.p.p.; estende la possibilità di ricorrere a modalità protette di assunzione della prova alla fattispecie di cui all’art.572 c.p. (nell’incidente probatorio ex art.398 c.5 bis c.p.p. e nel dibattimento ex art.498 commi 4 ter e 4 quater c.p.p.)

estende l’obbligo di notifica dell’avviso della richiesta di archiviazione alla p.o. di delitti commessi con violenza alla persona, anche qualora non ne abbia fatto richiesta (art.408 comma 3 bis c.p.p.) e dell’avviso di fine indagini al difensore della p.o. o, in mancanza a quest’ultima, quando si procede per i reati di cui agli artt.572 e 612 bis c.p. (art.415 bis comma 1 c.p.p.); inserisce i reati di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e stalking tra quelli che hanno priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza (art.132 bis comma 1 lett.a bis disp.att. c.p.p.); estende alle vittime dei reati di stalking, maltrattamenti e mutilazioni genitali femminili l’ammissione al gratuito patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito (art.76 D.P.R. 115/2002); riconosce agli stranieri vittime di violenza domestica la possibilità di ottenere uno specifico permesso di soggiorno (art.18 bis D.Lgs.286/98); demanda al Ministro per le Pari Opportunità l’elaborazione di un Piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere (adottato il 7/07/2015, a durata biennale).

La Direttiva 2012/29/UE (Direttiva “VITTIME”) del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012, istituisce “norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato”. Al Considerando n.9, è definito il reato: “Un reato è non solo un torto alla società, ma anche una violazione dei diritti individuali delle vittime”

Le vittime del reato dovrebbero essere trattate: “…. in maniera rispettosa, sensibile e professionale, senza discriminazioni di sorta …..” fondate su motivi di razza, colore della pelle, etnia, lingua, religione, convinzioni personali, politiche o di qualsiasi altra natura, appartenenza a minoranze, patrimonio, nascita, disabilità, età, genere, orientamento sessuale, status in materia di soggiorno o salute. In tutti i contatti con l’autorità giudiziaria e con i servizi di assistenza o di giustizia riparativa, si dovrebbe tenere conto: “della situazione personale delle vittime e delle loro necessità immediate, dell'età, del genere, di eventuali disabilità e della maturità delle vittime di reato, rispettandone pienamente l'integrità fisica, psichica e morale. Le vittime di reato dovrebbero essere protette dalla vittimizzazione secondaria e ripetuta, dall'intimidazione e dalle ritorsioni, dovrebbero ricevere adeguata assistenza per facilitarne il recupero e dovrebbe essere garantito loro un adeguato accesso alla giustizia”.

Al Considerando n.18 la violenza nelle relazioni strette è quella commessa “dall’attuale o ex coniuge o partner della vittima o da un altro membro della sua famiglia, a prescindere dal fatto che l'autore del reato conviva o abbia convissuto con la vittima”. Tale tipo di violenza può includere “la violenza fisica, sessuale, psicologica o economica e provocare un danno fisico, mentale o emotivo, o perdite economiche. Poiché la violenza nelle relazioni strette è un problema sociale serio e spesso nascosto, in grado di causare un trauma fisico e psicologico sistematico dalle gravi conseguenze essendo l'autore del reato una persona di cui la vittima dovrebbe potersi fidare, le vittime di tali forme di violenza “possono …. aver bisogno di speciali misure di protezione. Le donne sono colpite in modo sproporzionato da questo tipo di violenza e la loro situazione può essere peggiore in caso di dipendenza dall'autore del reato sotto il profilo economico, sociale o del diritto di soggiorno.”

Il Considerando n.34 della Direttiva «Vittime» prevede che non si possa ottenere realmente giustizia “….se le vittime non riescono a spiegare adeguatamente le circostanze del reato e a fornire prove in modo comprensibile alle autorità competenti. È altrettanto importante garantire che le vittime siano trattate in maniera rispettosa e siano in grado di far valere i propri diritti” e per questo prescrive il diritto all’interpretariato e alla traduzione degli atti del procedimento.

Al Considerando n.53, si chiede di limitare il rischio di vittimizzazione secondaria e ripetuta, di intimidazione e di ritorsioni da parte dell'autore del reato o a seguito della partecipazione al procedimento penale, svolgendo il procedimento in modo da consentire alle vittime di “stabilire un clima di fiducia con le autorità” ….. limitando il numero di contatti tra le autorità competenti e la vittima; ricorrendo a registrazioni video delle audizioni e consentendone l'uso nel processo; evitando sofferenza alle vittime a causa di un eventuale contatto visivo con l'autore del reato, i suoi familiari, i suoi complici o i cittadini che assistono al processo.

“A tal fine gli Stati membri dovrebbero essere esortati ad adottare, in particolare in relazione ai tribunali e alle stazioni di polizia, misure pratiche e realizzabili per consentire di creare strutture quali ingressi e luoghi d'attesa separati per le vittime. Inoltre, gli Stati membri dovrebbero, nella misura del possibile, organizzare il procedimento penale in modo da evitare i contatti tra la vittima e i suoi familiari e l'autore del reato, ad esempio convocando la vittima e l'autore del reato alle udienze in orari diversi”. Scopo della Direttiva è garantire che le vittime di reato ricevano informazione, assistenza e protezione adeguate e possano partecipare ai procedimenti penali (art.1).

In Italia il Decreto Legislativo n In Italia il Decreto Legislativo n.212 del 15 dicembre 2015 ha recepito la Direttiva «Vittime» … modificando 8 articoli del codice di procedura penale (artt. 90, 134, 190-bis, 351, 362, 392, 398, e 498 c.p.p.); introducendo 4 nuovi articoli (artt. 90-bis, 90ter, 90-quater e 143-bis c.p.p.); introducendo 2 norme di attuazione (artt. 107-ter e 108-ter disp. att. c.p.p.).  

L’informazione   art.90 comma III c.p.p. (Il D.Lgs.212/2015 ha aggiunto l’inciso tra “virgolette”): per il caso di decesso della persona offesa in conseguenza del reato, le facoltà e i diritti previsti dalla legge sono esercitati dai prossimi congiunti di essa “o da persona alla medesima legata da relazione affettiva e con essa stabilmente convivente”; art.90-bis c.p.p.: («nuova carta dei diritti della vittima») alla persona offesa, sin dal primo contatto con l’autorità procedente (quindi con la P.G. o con il P.M.), vengono fornite, in una lingua a lei comprensibile, informazioni riguardanti1: 1 Tali obblighi informativi si aggiungono a quanto già stabilito dall’art.101 c.p.p. in base al quale, al momento dell’acquisizione della notizia di reato, P.M. e P.G. informano la P.O. della facoltà di nominare un difensore di fiducia e della possibilità di accedere al patrocinio a spese dello Stato a norma dell’art.76 T.U. spese di giustizia D.P.R. 115/2002 (e succ.modif.).

le modalità di presentazione degli atti di denuncia o querela, il ruolo che assume nel corso delle indagini e del processo, il diritto ad avere conoscenza della data e del luogo del processo e, ove costituita parte civile, il diritto a ricevere notifica della sentenza anche per estratto (lett. a); la facoltà di ricevere comunicazioni del procedimento e delle iscrizioni di cui all’art.335 commi 1, 2 e 3ter c.p.p. (lett. b); la Legge n.103/2017 (Riforma ORLANDO) ha introdotto il comma 3 ter all’art.335 c.p.p. in base al quale, senza pregiudizio per il segreto investigativo, la p.o., decorsi 6 mesi dalla presentazione della denuncia/querela, può chiedere di essere informata dall’A.G. procedente sullo stato del procedimento; la facoltà di essere avvisata della richiesta di archiviazione (lett. c); le autorità cui rivolgersi per ottenere informazioni sul procedimento (lett.i); la facoltà di avvalersi della consulenza legale e del patrocinio a spese dello Stato (lett.d)2; 2 L’art.76 comma 4-ter D.P.R.30.05.2002 n.115 prevede che la persona offesa dei reati di cui agli artt.572, 583 bis, 609-bis, quater e octies e 612 bis, nonché, ove commessi in danno di minori, dei reati di cui agli artt.600, 600 bis, ter e quinquies, 601, 602, 609 quinquies e undecies, può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dallo stesso decreto (€.11.528,41).

le modalità di esercizio del diritto all’interpretazione e alla traduzione degli atti del processo (lett.e); le eventuali misure di protezione e assistenza sul territorio, presso strutture sanitarie, centri antiviolenza, case famiglia, case rifugio (lett. f e p); la facoltà di ottenere il risarcimento del danno derivante dal reato e il rimborso delle spese sostenute per partecipare al procedimento penale (lett. m e l); la possibilità che il procedimento venga definito con la remissione della querela o attraverso la mediazione (lett. n); le diverse facoltà ad essa spettanti in caso di richiesta dell’imputato di sospensione del procedimento con messa alla prova (art.168-bis c.p.) o nel caso in cui sia applicabile la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto (art.131 bis c.p.).

art.90-ter c.p.p.: nei procedimenti commessi con violenza alla persona, sono immediatamente comunicati alla P.O. che ne faccia richiesta, con l’ausilio della P.G.: i provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva; la notizia dell’evasione dell’imputato in stato di custodia cautelare o del condannato; la notizia della volontaria sottrazione dell’internato alla misura di sicurezza detentiva; In tema di l’art.299 comma 2bis c.p.p.3 prevedeva già l’obbligo di comunicazione dei provvedimenti applicativi delle misure di cui agli artt.282bis, 282ter, 284, 285 e 286 c.p.p. emessi nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona, ai servizi socio-assistenziali, e al difensore della p.o. o, in mancanza di questo, alla stessa p.o.; 3Inserito con D.L.14 agosto 2013 n.93, conv, in L.15 ottobre 2013 n.119

L’interpretazione e la traduzione art.143-bis c.p.p.: l’autorità procedente nomina un interprete quando occorre tradurre uno scritto in lingua o dialetto stranieri, quando la persona che vuole/deve fare la dichiarazione non conosce la lingua italiana, quando occorre procedere all’audizione della persona offesa che non conosce la lingua italiana, quando la stessa intenda partecipare all’udienza e abbia fatto richiesta di essere assistita da interprete; l’assistenza può essere assicurata anche tramite l’utilizzo di tecnologie di comunicazione a distanza. Inoltre la persona offesa ha diritto alla traduzione gratuita di atti o parti di essi contenenti informazioni utili all’esercizio dei suoi diritti (la traduzione può essere disposta sia in forma orale che per riassunto se l’autorità procedente ritiene che non ne derivi pregiudizio alla p.o.);

art.107-ter disp.att. c.p.p.: la persona offesa che non conosce la lingua italiana, se presenta denuncia o querela presso la Procura del Tribunale del capoluogo del distretto, ha diritto di utilizzare una lingua a lei conosciuta e di ottenere, sempre nella lingua a lei conosciuta, l’attestato di ricezione della denuncia/querela;   art.108-ter disp.att. c.p.p.: quando la persona offesa denunciante o querelante sia residente o domiciliata nel territorio dello Stato, il Procuratore della Repubblica trasmette al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione le denunce/querele per fatti commessi in altri Stati dell’UE affinché ne curi l’invio all’A.G. competente.

L’escussione della persona offesa: la vittima particolarmente vulnerabile Il P.M. procede personalmente ad assumere informazioni dalle persone che possono riferire circostanze utili ai fini delle indagini (art.362 c.p.p.). Nei procedimenti per i delitti di cui all’art.351 comma 1-ter c.p.p. (maltrattamenti in famiglia, atti persecutori, riduzione in schiavitù, prostituzione minorile, pedo-pornografia, violenza sessuale…), quando precede all’assunzione di informazioni da persona offesa, anche maggiorenne, in condizioni di particolare vulnerabilità: si avvale dell’ausilio di un esperto in psicologia (la norma, per l’escussione dei minorenni con ausilio di esperto in psicologia o in psichiatria infantile, é stata introdotta con L.172/2012); assicura che la P.O. particolarmente vulnerabile, in occasione della richiesta di sommarie informazioni, non abbia contatti con la persona sottoposta ad indagini e non sia chiamata più volte a rendere sommarie informazioni, salva l’assoluta necessità per le indagini (art.362 comma 1-bis, 2° e 3° periodo, così come mod. da D.Lgs.212/2015).

La Polizia Giudiziaria procede, con o senza delega del P. M La Polizia Giudiziaria procede, con o senza delega del P.M., ad assumere sommarie informazioni dalle persone che possono riferire circostanze utili alle indagini (artt.351 e 370 c.p.p.). Nei procedimenti per determinati delitti tra i quali maltrattamenti in famiglia e stalking, quando deve assumere sommarie informazioni dalla persona offesa in condizioni di particolare vulnerabilità: si avvale dell’ausilio di un esperto in psicologia nominato dal P.M.; assicura che la P.O., in occasione della richiesta di sommarie informazioni, non abbia contatti con la persona sottoposta ad indagini e non sia chiamata più volte a rendere sommarie informazioni, salva l’assoluta necessità per le indagini (art.351 comma 1-bis, 2° e 3° periodo c.p.p., così come mod. da D.Lgs.212/2015).

La vittima particolarmente vulnerabile è individuata con i criteri di cui all’art. 90-quater c.p.p. (introdotto dal D.Lgs.212/15). La condizione di particolare vulnerabilità è desunta: dall’età e dallo stato di infermità o di deficienza psichica (es. minore, anziano, stato di infermità di tipo psichico); dal tipo di reato (es. reati abituali quali artt. 572, 612-bis, reati spia, 609-bis, 643 c.p. ecc…); dalle modalità e circostanze del fatto per cui si procede (es. comportamento criminoso a forte impatto traumatico); inoltre, si tiene conto anche:

se il fatto risulta commesso con violenza alla persona (intesa anche come violenza psicologica, come nella violenza domestica e di genere) o con odio razziale; se è riconducibile ad ambiti di criminalità organizzata o di terrorismo, anche internazionale, o di tratta degli esseri umani (es.: sfruttamento della prostituzione, estorsione, usura); se si caratterizza per finalità di discriminazione (per cultura, sesso, razza, religione ecc.); se la persona offesa è affettivamente, psicologicamente o economicamente dipendente dall’autore del reato (es. tutte le condotte di violenza domestica e di genere). La condizione assume rilievo al momento dell’escussione della persona offesa ad opera della P.G. o del P.M. e per quanto concerne le modalità di documentazione delle sue dichiarazioni (artt.351 comma 1-ter 2° e 3° periodo, 362 comma 1-bis 2° e 3° periodo, 134 comma 4 c.p.p.) e la possibilità di ricorrere ad incidente probatorio.

In generale, si può procedere con incidente probatorio nei casi in cui (art.392 c.p.p.): vi è fondato motivo di ritenere che la persona non potrà essere sentita in dibattimento per infermità o altro grave impedimento (comma 1 lett.a), oppure per elementi specifici e concreti, vi è fondato motivo di ritenere che la persona sia esposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché non deponga o deponga il falso (comma 1 lett.b); nei procedimenti per determinati reati (tra cui 572, 612 bis, riduzione in schiavitù, prostituzione minorile, pedo-pornografia, violenza sessuale…), il P.M. anche su richiesta della persona offesa, o la persona sottoposta ad indagini, possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all’assunzione della testimonianza del minore ovvero della persona offesa maggiorenne (anche fuori dalle ipotesi prevista dal comma 1) e in ogni caso qualora la p.o. versi in condizione di particolare vulnerabilità (art.392 comma 1-bis c.p.p., mod. dal D.Lgs.212/2015).

Modalità di svolgimento dell’incidente probatorio: per l’esame di P. O Modalità di svolgimento dell’incidente probatorio: per l’esame di P.O. particolarmente vulnerabile, il giudice può disporre che l’audizione avvenga con modalità protette (artt.398 u.c. e 498 comma 4-quater c.p.p. come modificati ex D.Lgs.212/2015). Nel caso si sia proceduto all’assunzione della testimonianza di una P.O. in condizioni di particolare vulnerabilità, per un qualsiasi reato, la ripetizione del suo esame in sede dibattimentale sarà consentita solo in casi eccezionali. Si applica la norma (art.190 bis c.p.p.) prevista (ab origine) per i reati di cui all’art.51 comma 3bis c.p.p., estesa in seguito ai delitti di prostituzione minorile, pornografia minorile, detenzione di materiale pedo-pornografico, violenza sessuale …..; in questi casi, e in ogni caso quando l’esame riguarda una persona offesa particolarmente vulnerabile, l’esame in dibattimento è ammesso solo se riguarda fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni, ovvero se il giudice o taluna delle parti lo ritenga necessario sulla base di specifiche esigenze (art.190 comma 1bis c.p.p. mod. ex D.Lgs.212/2015).

In tema di documentazione degli atti processuali, mentre il verbale redatto in forma integrale o riassuntiva, con la stenotipia o altro strumento meccanico (o con la scrittura manuale) è la regola, e solo se tale verbalizzazione appare insufficiente può essere aggiunta la riproduzione audiovisiva se assolutamente indispensabile; la riproduzione audiovisiva delle dichiarazioni rese dalla persona particolarmente vulnerabile è sempre consentita anche fuori dei casi di assoluta indispensabilità (art.134 comma 4 c.p.p.). Tale norma si applica anche per l’esame condotto con incidente probatorio ed in generale nel corso delle indagini preliminari.   L’audizione con l’ausilio di un esperto e la video-registrazione rispondono all’esigenza di impedire che l’audizione della vittima (di qualsiasi età) in condizione di speciale vulnerabilità (e del testimone minorenne) diventi causa di ulteriore trauma, assicurando al contempo la migliore qualità dell’assunzione della dichiarazione e la tutela delle garanzie dell’indagato.

Esame della P.O. nel processo d’appello. Cass.Sez.Un. in sentenza “Dasgupta”7, in ossequio all’art.6 par.3 lett.d) Convenzione EDU (diritto dell’imputato di esaminare o fare esaminare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l'esame dei testimoni a discarico), ha stabilito che il giudice di appello, investito della impugnazione del P.M. con cui si adduce l’erronea valutazione delle prove dichiarative, non può riformare la sentenza (assolutoria) impugnata, affermando la responsabilità penale dell'imputato, senza avere proceduto anche d’ufficio (ex art.603 comma 3 c.p.p.) a rinnovare l’istruzione dibattimentale attraverso l'esame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni testimoniali ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado. 7 Cass. SS.UU. 28/4/2016 n. 27620, 267486-92.

Cass.Sez.Un. 19/01/2017 Patalano sancisce che sussiste l’onere di disporre la rinnovazione della prova dichiarativa decisiva anche nel caso di ribaltamento di una sentenza assolutoria emessa nel giudizio abbreviato. Con la Riforma ORLANDO (Legge 23.06.2017 n.103) dopo il comma 3 dell’art.603 c.p.p., é stato introdotto il comma 3bis « Nel caso di appello del P.M. contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale ». Poiché, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lvo 15/12/2015 n.212, sede naturale di escussione anticipata del teste vulnerabile é l’incidente probatorio (vedi sopra), in tali casi il giudice dibattimentale non assumerà la testimonianza del dichiarante vulnerabile se non (come dispone il novellato art.90 bis comma 1-bis c.p.p.) nelle ipotesi in cui siano indicati temi di prova nuovi.

Come conciliare il principio della rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale con la necessità di evitare il rischio della cd. « vittimizzazione secondaria »? La sentenza “Dasgupta” introduce un temperamento al nuovo statuto della prova dichiarativa, laddove afferma che: “Anche per quanto riguarda, in particolare, la figura del soggetto vulnerabile (come per i minori, soprattutto se vittime di reati) non sussistono valide ragioni per ritenere inapplicabile la preclusione di un ribaltamento ex actis del giudizio assolutorio”. Peraltro, in questa speciale situazione, è rimessa al giudice la valutazione circa l'indefettibile necessità di sottoporre il soggetto debole, sia pure con le opportune cautele, a un ulteriore stress al fine di saggiare la fondatezza dell'impugnazione proposta avverso la sentenza assolutoria”.

Con il termine «seconda vittimizzazione» si indicano le conseguenze negative - dal punto di vista emotivo e relazionale - che possono derivare dall’impatto tra la vittima e il sistema della giustizia penale. La vittima può diventare tale una seconda volta per effetto delle modalità con cui viene trattata da polizia ed appartenenti al sistema giudiziario, sanitario e sociale: accade spesso che essa sia costretta a ripetere più volte le narrazioni dolorose relative al reato, al fine di verificare la sua credibilità o moralità e la personalità del reo. Regola fondamentale è che la sua escussione avvenga a breve distanza dalla denuncia/querela o dalla segnalazione del reato, in modo da cristallizzare i fatti ed infondere fiducia alla vittima in ordine all’affidabilità degli inquirenti. E’ stato accertato come spesso le vittime di reati violenti tendono a riferire meno di quello che hanno vissuto o a ritrattare, a volte perché affette dalla cd. sindrome di Stoccolma o da disturbo post traumatico da stress.

La partecipazione al procedimento Nel Procedimento di messa alla prova (artt.464 bis e ss. c.p.p.): Il programma di trattamento elaborato d’intesa con l’U.E.P.E., prevede, tra le altre, le condotte volte a promuovere, ove possibile, la mediazione con la persona offesa (art.464 bis co.4 lett.c); il giudice, decide in udienza preliminare o in apposita udienza in camera di consiglio, sentite le parti nonché la persona offesa (art.464 quater c.1 c.p.p.); il giudice, al fine di valutare il programma di trattamento, deve valutare se il domicilio indicato sia tale da garantire le esigenze di tutela della P.O. (comma 3); la P.O. può sollecitare il PM ad impugnare l’ordinanza del giudice che decide sulla M.A.P. con ricorso per cassazione; inoltre può impugnare autonomamente per omesso avviso dell’udienza o perché, pur essendo comparsa, non é stata sentita (art.464 quater comma 7);

nell’ordinanza che dispone la M. AP. (art. 464 quinquies c. 1 c. p. p nell’ordinanza che dispone la M.AP. (art.464 quinquies c.1 c.p.p.) il giudice, con il consenso della P.O., può autorizzare il pagamento rateale delle somme dovute per risarcimento del danno; decorso il periodo di sospensione (art.464 septies c.p.p.) il giudice acquisisce la relazione dell’U.E.P.E. e fissa udienza, dandone avviso alle parti e alla P.O..; quindi decide nel contraddittorio delle parti; la revoca dell’ordinanza di sospensione (art.464 octies c.p.p.) é anch’essa disposta a seguito di fissazione di udienza con avviso alle parti e alla persona offesa.

Nella fase dell’archiviazione: D.L. n.93/2013 ha introdotto (comma 3bis art.408 c.p.p.), per i delitti commessi con violenza alla persona, l’avviso della richiesta di archiviazione da parte del P.M. alla persona offesa «in ogni caso» (a prescindere da sua espressa richiesta) ed il termine di 20 giorni per formulare opposizione; Legge n.103/2017 ha esteso l’obbligo della notifica anche per il reato di cui all’art.624 bis c.p., allungando il termine per fare opposizione (per i delitti commessi con violenza alla persona e per il delitto di cui all’art.624 bis) a giorni 30; Stessa legge ha previsto (art.410 bis c.p.p.) la nullità del decreto di archiviazione emesso in mancanza dell’avviso ex art.408 c.p.p. ovvero prima che il termine per proporre opposizione sia decorso ovvero senza che il giudice si pronunci sulla sua ammissibilità; l’interessato, entro 15 giorni dalla conoscenza del decreto, può proporre reclamo innanzi al tribunale in composizione monocratica che provvede o a confermare il decreto o a restituire gli atti al giudice che ha emesso il provvedimento.

Nella fase dell’archiviazione/proscioglimento per particolare tenuità del fatto: Se viene richiesta l’archiviazione per particolare tenuità del fatto (art.411 comma 1 bis c.p.p.), il P.M. deve darne avviso alla persona sottoposta ad indagini ed alla P.O., precisando che entro 10 giorni possono prendere visione degli atti e presentare opposizione in cui indicare, a pena di inammissibilità, le ragioni del dissenso rispetto alla richiesta. Il giudice, se l’opposizione non é inammissibile, procede a norma dell’art.409 comma 2 c.p.p. (fissa udienza in camera di consiglio e avvisa P.M., persona sottoposta alle indagini e P.O.) e, dopo aver sentito le parti, provvede con ordinanza.

L’omessa citazione dell’offeso determina l’invalidità della decisione per nullità ex art.178 lett. c) ult. parte c.p.p., mentre la mancata audizione della persona offesa determina la nullità ex art.127 comma 3 c.p.p.. Il proscioglimento prima del dibattimento (art.469 c.1 bis c.p.p.) è pronunciato, quando l’imputato non è punibile ex art.131 bis c,p., previa audizione in camera di consiglio anche della P.O. se compare.

La partecipazione nelle fasi pre-cautelare e cautelare   La partecipazione nelle fasi pre-cautelare e cautelare L’arresto in flagranza è obbligatorio (art.380 c.p.p.) nei seguenti casi (che interessano la violenza di genere): (lett.d) delitto di riduzione in schiavitù (600 c.p.), prostituzione minorile (600 bis comma 1 c.p.), pornografia minorile (600 ter commi 1 e 2 c.p.p.), iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (600 quinquies c.p.); (lett.d bis) violenza sessuale (609 bis c.p. escluso il caso di cui al 3 comma) e violenza sessuale di gruppo (609 octies c.p.); (lett.d ter) atti sessuali con minorenne (609 quater commi 1 e 2 c.p.); (lett.l ter) maltrattamenti contro familiari (572 c.p.) e atti persecutori (612 bis c.p.)

Si segnala che il reato di maltrattamenti in famiglia cui all’art Si segnala che il reato di maltrattamenti in famiglia cui all’art.572 C.P. é configurabile anche nei confronti di persona non più convivente "more uxorio" con l'agente a condizione che quest'ultimo conservi con la vittima una stabilità di relazione dipendente dai doveri connessi alla filiazione9. L’atto criminoso per cui vi è flagranza sarà solo l’ultimo di una serie più o meno lunga di episodi; sarà necessario dimostrare che vi sono stati in passato altri episodi, ancorché non denuncianti o non refertati, di maltrattamenti fisici e/o psichici (in assenza di pregresse denunce da parte della p.o., il comportamento del reo può essere ricostruito attraverso le dichiarazioni di figli, parenti, amici, assistenti sociali, anche solo ‘ de relato’); 9 Sez. 6, Sentenza n.25498 del 20/04/2017, in cui la S.C. ha precisato che la permanenza del complesso di obblighi verso il figlio implica il permanere in capo ai genitori, che avevano costituito una famiglia di fatto, dei doveri di collaborazione e di reciproco rispetto.

  Si segnala che il reato di atti persecutori di cui all’art.612 bis C.P. é reato abituale a reiterazione necessaria delle condotte: l’atto criminoso per cui vi è flagranza sarà solo l’ultimo di una serie di atti persecutori che la vittima dovrà dichiarare e se possibile documentare. Prima di proporre querela, la p.o. può avanzare richiesta al Questore di “ammonimento” ai sensi dell’art.8 D.L.11/2009; a seguito di tale misura i comportamenti persecutori divengono procedibili d’ufficio e la pena è aumentata); sono sufficienti anche solo 2 comportamenti di stalking, anche se commessi in un ristretto arco temporale (anche nell’arco di una giornata, così Cass.n.38306/2016).

  L’arresto é facoltativo, per cui vi si può procedere “soltanto se la misura è giustificata dalla gravità del fatto ovvero dalla pericolosità del soggetto desunta dalla sua personalità o dalle circostanze del fatto” (art.381 comma 4 c.p.p.) e se, trattandosi di reato perseguibile a querela, questa viene proposta anche con dichiarazione resa oralmente all’ufficiale o agente di polizia giudiziaria presente sul luogo (comma 3) nei seguenti casi: lesione personale di cui all’art.582 C.P. (art.381 lett.f); violazione di domicilio di cui all’art.614 commi 1 e 2 C.P. (art.381 lett.f bis) ancorché non aggravata dalla violenza alle cose, alle persone o dall’essere il colpevole palesemente armato; sequestro di persona di cui all’art.605 c.p. qualora la vittima sia stata costretta a rimanere per un congruo periodo di tempo entro uno spazio limitato, senza possibilità di comunicare, di uscire; violenza privata di cui all’art.610 C.P. .

Per poter procedere all’arresto in flagranza o quasi flagranza, sarà necessario per la P.G.: verbalizzare e valutare attentamente le dichiarazioni della vittima; acquisire certificazioni mediche; constatare e dare atto nell’annotazione di P.G. della situazione in cui versa la vittima, come si presenta l’alloggio, ecc…; acquisire dichiarazione di familiari, vicini di casa, amici; acquisire relazioni dei servizi sociali e assistenziali. Tale materiale probatorio potrà poi essere approfondito ulteriormente in un secondo tempo in vista della fase processuale.

A seguito della convalida dell’arresto, il G. I. P A seguito della convalida dell’arresto, il G.I.P. potrà disporre misura cautelare personale e, per i delitti di cui agli artt. 572 e 612 bis c.p., anche la custodia in carcere, senza il limite di cui all’art.275 comma 2bis ultimo periodo c.p.p. (ovvero la ritenuta applicabilità, in caso di condanna, di una pena superiore a tre anni).   La misura di prevenzione dell’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare (art.384 bis c.p.p.) può essere disposto dalla P.G. - previa autorizzazione del P.M. (scritta o orale e poi confermata per iscritto o per via telematica) - congiuntamente al divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla p.o., nei confronti di chi è colto in flagranza dei delitti di cui all’art.282 bis comma 6 c.p.p. (tra cui, 582 procedibile d’ufficio o comunque aggravato e 612 comma 2), ove vi siano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate con serio e attuale pericolo per la vita e l’integrità fisica o psichica della persona offesa. In tali casi la P.G. avrà gli stessi incombenti di quanto procede all’arresto in flagranza.

Misure coercitive più frequentemente richieste:   Allontanamento casa familiare (art.282 bis c.p.p.) ed eventuale divieto di avvicinamento a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare luogo di lavoro, domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro nel qual caso il giudice prescrive modalità e limitazioni (art.282 bis comma 2); il giudice potrà anche ingiungere il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che per effetto della misura cautelare, rimangano prive di mezzi adeguati; per determinati delitti (tra cui 571, 581, 582 procedibili d’ufficio o aggravati, 612 comma 2….) commessi in danno di prossimi congiunti o del convivente, la misura può essere disposta anche fuori dai limiti di pena dell’art.280 c.p. (pena superiore nel massimo a 3 anni);

Divieto avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla P.O. (art.282 ter c.p.p.) ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla P.O., ed eventuale divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati da prossimi congiunti della P.O., da persone con questa conviventi, o legate da relazione affettiva; il giudice può vietare ogni forma di comunicazione tra l’indagato e queste persone;   Nel caso sia stato convalidato l’arresto, le misure cautelari potranno essere adottate anche fuori dai limiti di pena previsti dall’art.274 comma 1 lett.c (reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni per gli arresti domiciliari; reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni per il carcere) e 280 c.p.p. (reclusione superiore nel massimo a 3 anni per la misure coercitive in generale); tuttavia, il giudice non potrà disporre la custodia cautelare in carcere né gli arresti domiciliari ove ritenga che potrà essere concessa la sospensione condizionale; né potrà disporre la custodia in carcere ove ritenga che verrà irrogata una pena non superiore a 3 anni di reclusione (art.275 comma 2 bis c.p.p.).

Tale ultima disposizione non si applica, tra gli altri, per i reati di cui agli artt. 572 e 612 bis c.p. (art.275 comma 2 bis ultimo periodo c.p.p.), oltre che quando manchi un luogo idoneo per gli arresti domiciliari.   In caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare, può essere disposta la sostituzione o il cumulo con altra più grave, tenuto conto dell’entità, dei motivi e delle circostanze della violazione (artt.276 e 280 comma 3 c.p.p.). Si è constatato che le violazioni alle prescrizioni imposte in particolare con le misure del divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla persona offesa, sono frequenti, verosimilmente dettate dal desiderio di riconciliazione e di ottenere la ritrattazione da parte della persona offesa.

In merito alle richieste di revoca o sostituzione delle misure cautelari coercitive previste dagli artt.282bis (misure di allontanamento dalla casa familiare), 282ter (divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa), 283 (divieto ed obbligo di dimora), 284 (custodia cautelare in carcere), 285 (arresti domiciliari) e 286 (custodia cautelare in luogo di cura) c.p.p., applicate nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona, proposte sia dal P.M. che dall’indagato, vi sono obblighi informativi a favore della persona offesa (art.299 comma 3 c.p.p.). La richiesta di revoca/modifica, se non presentata in sede di interrogatorio di garanzia, deve essere contestualmente notificata, a cura della parte richiedente ed a pena di inammissibilità, presso il difensore della persona offesa, o, in mancanza di questo, alla persona offesa.

Nei 2 giorni successivi alla notifica, difensore e p. o Nei 2 giorni successivi alla notifica, difensore e p.o. possono presentare memorie; decorso tale termine, il giudice procede10. La S.C. ha espressamente riconosciuto che nei procedimenti per reati commessi con violenza alla persona, la p.o. può dedurre con ricorso per cassazione l’inammissibilità dell’istanza di revoca o sostituzione di misure cautelari coercitive (diverse dal divieto di espatrio e dall’obbligo di presentazione alla p.g.) applicate all’imputato, qualora questi non abbia provveduto a notificarle al difensore o alla p.o.11. 10Disposizioni introdotte dal D.Lgs.14 agosto 2013 n.93 con in L.119/2013 11Cass.Sez.6, n.6864 del 09/02/2016 P.

L’Ordine di Protezione Europeo   Il D.Lgs. 11 febbraio 2015, n.9 ha dato attuazione alla direttiva 2011/99/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011 sull'ordine di protezione europeo. L’O.P.E. é una decisione adottata dall'A.G. di uno Stato membro con la quale, al fine di continuare a tutelare la persona protetta, viene disposto che gli effetti della misura di protezione nazionale (con la quale vengono applicati divieti o restrizioni finalizzati a tutelare la vita, l’integrità fisica o psichica, la dignità, la libertà personale o l’integrità sessuale della persona protetta contro atti di rilevanza penale) si estendano al territorio di altro Stato membro in cui la persona protetta risieda o soggiorni o dichiari di voler risiedere o soggiornare. Il Ministero della giustizia provvede alla trasmissione e ricezione delle misure di protezione e degli Ordini di protezione europei.

La persona offesa può richiedere l’emissione di un O. P. E La persona offesa può richiedere l’emissione di un O.P.E.; essa viene informata di tale facoltà già con la comunicazione prevista dall’art.282-quater comma 1 c.p.p. (relativa all’adozione dei provvedimenti di cui agli artt.282 bis e 282 ter c.p.p.). Competente ad emettere un O.P.E. è il giudice che dispone una delle misure cautelari previste dagli articoli 282-bis e 282-ter c.p.p., su richiesta della persona protetta che dichiari di soggiornare o risiedere all'interno di altro Stato membro ovvero che manifesti l'intenzione di risiedere o soggiornare in altro Stato membro. La richiesta può essere presentata anche dal rappresentante legale della persona protetta. Nella richiesta sono indicati, a pena di inammissibilità, il luogo in cui la persona protetta ha assunto o intende assumere la residenza, la durata e le ragioni del soggiorno.

L'ordinanza relativa all'O. P. E L'ordinanza relativa all'O.P.E. é emessa in conformità ad un modello prestabilito e deve contenere informazioni riguardanti la persona offesa, i fatti-reato, la misura di protezione nazionale ed i divieti e restrizioni imposti dalla stessa, l'eventuale utilizzo di dispositivo tecnologico di controllo in conformità alle previsioni di cui all'articolo 275-bis c.p.p., identità e cittadinanza della persona che determina il pericolo (art.5). L'A.G. che ha emesso l'O.P.E. lo trasmette senza ritardo al Ministero di giustizia per il successivo inoltro all'autorità competente dello Stato di esecuzione, con qualsiasi mezzo idoneo a comprovare l'autenticità del documento, previa traduzione nella lingua di detto Stato. Ad analoga comunicazione provvede per i provvedimenti di revoca, modifica, proroga o nei casi di annullamento o sostituzione della misura o dell'O.P.E.. Qualora l'autorità competente dello Stato di esecuzione rifiuti di riconoscere un O.P.E., il Ministero di giustizia ne dà comunicazione all'autorità giudiziaria che ha emesso la misura di protezione ai fini della successiva comunicazione alla persona protetta (art.6).

Sul riconoscimento di un O. P. E Sul riconoscimento di un O.P.E. decide la Corte di appello nel cui distretto la persona protetta, nella richiesta, ha dichiarato di soggiornare o di risiedere o presso cui ha dichiarato l'intenzione di soggiornare o di risiedere (art.8). Il Ministero di giustizia, ricevuto l’O.P.E., lo trasmette senza indugio al Presidente della Corte d'appello competente per territorio; la Corte decide entro 10 giorni dalla data di ricevimento; qualora le informazioni siano incomplete, il Presidente della Corte ne dà comunicazione al Ministero di giustizia, che richiede le necessarie integrazioni (art.9). Tra i motivi di rifiuto del riconoscimento di un O.P.E. (art.9), vi sono il ne bis in idem, la non imputabilità, il fatto non costituente reato per la legge italiana, obblighi non contemplati dagli artt.282 bis e 282 ter c.p.p.,…. Avvero la decisione della Corte d'appello può essere proposto ricorso per cassazione (si applicano le disposizioni dell'art. 22 L.22 aprile 2005, n. 69).

La Corte d'appello che ha riconosciuto l’O. P. E La Corte d'appello che ha riconosciuto l’O.P.E., informa il Ministero di giustizia che ne dà comunicazione alla persona protetta ed alla persona che determina il pericolo anche tramite l'autorità competente dello Stato di emissione. Il provvedimento è comunicato alla P.G. e ai servizi socio-assistenziali del luogo presso il quale la persona protetta ha dichiarato di risiedere o soggiornare ovvero l'intenzione di risiedere o soggiornare. In caso di violazioni delle prescrizioni dell'O.P.E., se sussistono le condizioni di applicabilità di una misura più grave, la Corte d'appello, su richiesta del Procuratore generale, provvede tenendo conto dell'entità, dei motivi e delle circostanze della violazione e determinandone la scadenza entro un termine non superiore a 30 giorni (si osservano le disposizioni del Titolo primo del libro IV del codice di procedura penale). All'interrogatorio previsto dall'art.294 c.p.p. procede il Presidente della Corte d'appello o un magistrato delegato.

La misura perde efficacia qualora sia trascorso il termine indicato nel comma 2 o anche prima, quando lo Stato di emissione provvede secondo quanto previsto dall'articolo 11. Spetta infatti all'autorità giudiziaria dello Stato di emissione la decisione in ordine alla proroga, al riesame, alla modifica, all'annullamento ovvero alla sostituzione della misura di protezione posta alla base dell'O.P.E., nonché l'applicazione di più gravi misure cautelari (art.11).

Il Risarcimento dei danni da reato   Il Risarcimento dei danni da reato A carico dell’imputato: “ogni reato che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole …” (art.185 comma 2 c.p.). Come assicurarlo? Attraverso il sequestro conservativo (art.316 comma 2 c.p.p.) dei beni dell’imputato che la persona offesa costituita parte civile, già in udienza preliminare, può chiedere qualora vi sia “fondata ragione per ritenere che manchino o si disperdano le garanzie delle obbligazioni civili derivanti dal reato…”; essa beneficerà anche del sequestro conservativo richiesto dal P.M. (art.316 comma I c.p.p.) al fine di assicurare il pagamento della pena pecuniaria, delle spese del procedimento, di ogni altra somma dovuta all’erario.

  A carico dell’Erario: è previsto dal D.Lgs.n.122/2016 recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea” (art.11 prevede il diritto all’indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti, in attuazione della Direttiva 2004/80/CE - Procedura di infrazione 2011/4147). Salve le provvidenze in favore delle vittime di determinati reati previste da altre disposizioni di legge se più favorevoli, l’art.11 riconosce il diritto all'indennizzo a carico dello Stato alla vittima di un reato doloso commesso con violenza alla persona, del delitto di cui all'art.603-bis C.P., del delitto di cui agli artt. 581, 582 e 583 C.P.. L'indennizzo è di regola elargito per la rifusione di spese mediche e assistenziali, salvo che per i reati di violenza sessuale e di omicidio, in favore delle cui vittime (ovvero degli aventi diritto), l'indennizzo è elargito anche in assenza di spese mediche e assistenziali.

  Si prevede che con decreto del Ministro dell'interno e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, vengano determinati gli importi dell'indennizzo, comunque nei limiti delle disponibilità del Fondo di cui all'art.14, assicurando un maggior ristoro alle vittime dei reati di violenza sessuale e di omicidio (e, in particolare, ai figli della vittima in caso di omicidio commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa). (art.11).   L’indennizzo è corrisposto alle seguenti condizioni (art.12): a) la vittima sia titolare di un reddito annuo, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore a quello previsto per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato;

  b) abbia già esperito infruttuosamente l'azione esecutiva nei confronti dell'autore del reato per ottenere il risarcimento del danno dal soggetto obbligato in forza di sentenza di condanna irrevocabile o di una condanna a titolo di provvisionale, salvo che l'autore del reato sia rimasto ignoto; c) la vittima non abbia concorso, anche colposamente, alla commissione del reato ovvero di reati connessi al medesimo, ai sensi dell'art. 12 C.P.P.; d) la vittima non sia stata condannata con sentenza definitiva ovvero, alla data di presentazione della domanda, non sia sottoposta a procedimento penale per uno dei reati di cui all'art. 407 comma 2 lettera a) C.P.P. e per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto; e) la vittima non abbia percepito, per lo stesso fatto somme erogate a qualunque titolo da soggetti pubblici o privati.

  La domanda di indennizzo é presentata dall'interessato, o dagli aventi diritto in caso di morte della vittima del reato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, e deve essere corredata, a pena di inammissibilità, dai documenti che attestino l’avvenuta condanna del reo, l’infruttuoso esperimento nei suoi confronti di azioni esecutive, le spese mediche sostenute. Deve essere presentata nel termine di 60 giorni dalla decisione che ha definito il giudizio per essere ignoto l'autore del reato o dall'ultimo atto dell'azione esecutiva infruttuosamente esperita (art.13). L’indennizzo alle vittime dei reati indicati all’art.11, è alimentato dal Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura che assume la denominazione di «Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti» (art.14).

  Il Decreto del Ministero dell’Interno e del Ministro di Giustizia del 31/08/2017 ha stabilito la misura massima risarcibile alla vittima da parte dell’Erario nella seguente misura (art.1): a) per il reato di omicidio, nell'importo fisso di euro 7.200, nonchè, in caso di omicidio commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, nell'importo fisso di euro 8.200 esclusivamente in favore dei figli della vittima; b) per il reato di violenza sessuale di cui all'art. 609-bis C.P., salvo che ricorra la circostanza attenuante della minore gravità, nell'importo fisso di euro 4.800; c) per i reati diversi da quelli di cui alle lettere a) e b), fino a un massimo di euro 3.000 a titolo di rifusione delle spese mediche e assistenziali.

Le misure di prevenzione personali e reali In tema di misure di prevenzione di cui al D.Lgs 6 settembre 2011 n.159: all’art.4 «soggetti destinatari» delle misure di prevenzione personali e patrimoniali applicate dall’autorità giudiziaria, figurano anche i soggetti indiziati del delitto di cui all’art.612 bis c.p. : ciò a seguito della modifica operata con Legge 17 ottobre 2017 n.161 che con l’art.1 ha modificato l’art.4 del D.Lgs.159/2011 con l’aggiunta della lett.i-ter recante “Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni.

Le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo e l’interpretazione autentica dei principi affermati nella Convenzione. Con le “Sentenze gemelle” (nn.348 e 349 del 2007) la Corte Costituzionale ha precisato che la Convenzione EDU ha rango sub-costituzionale, subordinato alla Costituzione e sovraordinato rispetto alla legge e che le norme della Convenzione vivono attraverso l’interpretazione che di esse dà la giurisprudenza della Corte EDU. Rilevano in particolare le pronunce della Corte in materia di affermazione dei diritti di cui agli articoli 2, 3, 8 e 14 della «Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali» Roma, 4.XI.1950 . Vedasi casi TALPIS c.Italia, OPUZ c.Turchia, OSMAN c.Regno Unito e altri ancora.

Art.2: Diritto alla vita 1. Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nel caso in cui il reato sia punito dalla legge con tale pena (modificato con Protocollo n.6: divieto penale di morte). 2. La morte non si considera cagionata in violazione del presente articolo se è il risultato di un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario: (a) per garantire la difesa di ogni persona contro la violenza illegale; (b) per eseguire un arresto regolare o per impedire l’evasione di una persona regolarmente detenuta; (c) per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o un’insurrezione. In base a tale principio, gli Stati membri non solo devono astenersi dal porre in essere azioni che mettano in pericolo la vita altrui, ma a certe condizioni devono adottare le misure necessarie a proteggere la vita delle persone dalle minacce che possano derivare dalle azioni criminose di terze persone.

Art.3: Proibizione della tortura Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti. Art.8: Diritto al rispetto della vita privata e familiare 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.

Art.14:Divieto di discriminazione Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione

Principi affermati nel caso TALPIS c.Italia: incombe alle istanze nazionali di tener conto della situazione di precarietà e di vulnerabilità - morale, fisica e materiale - in cui versa la persona offesa e di apprestarle adeguato sostegno; il rischio di una minaccia reale e immediata deve essere valutato tenendo conto del contesto particolare delle violenze domestiche, in cui spesso episodi successivi di violenza si reiterano nel tempo in seno al nucleo familiare; la mancata messa in atto di misure ragionevoli che avrebbero potuto cambiare il corso degli eventi o quantomeno attenuare il pregiudizio causato, è sufficiente a impegnare la responsabilità dello Stato; il decorso del tempo (dalla denuncia) può avere duplice effetto negativo: nuocere all’inchiesta, intaccando la qualità e quantità delle prove; aggravare lo stato di prostrazione dei denuncianti, posto che l’apparenza di una mancanza di diligenza potrebbe farli dubitare della buona fede con cui vengono svolte le indagini.

Principi affermati nel caso RUMOR c.Italia il maltrattamento deve raggiungere un livello minimo di gravità, la cui valutazione dipende da tutte le circostanze del caso, quali la natura e il contesto del trattamento, la durata, gli effetti fisici e mentali e, in alcuni casi, il sesso, l’età e le condizioni di salute della vittima; grava sugli Stati l’obbligo positivo di assicurare alle persone sottoposte alla loro giurisdizione protezione da qualsiasi forma di maltrattamento, anche perpetrato da privati, anche attraverso misure idonee a prevenire i maltrattamenti di cui le autorità erano, o avrebbero dovuto essere, a conoscenza; nessun principio della Convenzione impone agli Stati membri l’obbligo di rendere edotta la vittima di maltrattamenti dell’evoluzione dei procedimenti penali nei confronti dell’autore del reato, né dell’eventuale liberazione condizionale o del trasferimento agli arresti domiciliari.

GRAZIE PER L’ATTENZIONE …….