UMANESIMO E RINASCIMENTO

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Transcript della presentazione:

UMANESIMO E RINASCIMENTO A cura della Prof.ssa Maria Isaura Piredda UMANESIMO E RINASCIMENTO

Nel corso del Quattrocento e nei primi anni del Cinquecento in Italia si verificò una vera e propria svolta della civiltà. Ebbe inizio una nuova era, chiamata Rinascimento.

Il Rinascimento si suddivide in due fasi: la prima fase coincide all’incirca con il Quattrocento, è nota come Umanesimo ed è caratterizzata dalla rinascita dell’interesse per l’antichità e dalla riscoperta dei classici, la seconda fase occupa i primi decenni del Cinquecento ed è l’età propriamente definita Rinascimento caratterizzata dal trionfo della cultura cortigiana.

Il contesto storico

Fra la fine del Quattrocento e i primi del Cinquecento vi furono eventi storici importantissimi: la perdita dell’indipendenza degli Stati italiani le scoperte geografiche l’affermarsi delle armi da fuoco la nascita e la diffusione della stampa la Riforma protestante

In Italia nel primo Quattrocento si erano affermate le Signorie col passaggio del potere cittadino nelle mani di un individuo che poi lo trasmette ereditariamente ai discendenti. Il potere dei signori veniva poi legittimato dall’imperatore o dal pontefice tanto che la signoria si trasformò in Principato

Il signore si circondava di persone a lui fedeli e decideva la politica interna ed estera. Attorno a lui si creò la corte, costituita non solo da personale politico ma anche da intellettuali ed artisti perché il signore amava proteggere la cultura e le arti per ricavarne prestigio presso gli altri Stati e per conquistare consenso tra i sudditi (mecenatismo).

Le Signorie divennero così centri di cultura, in cui si coltivano la letteratura, la filosofia, la scienza, le arti. I signori investivano enormi somme per costruire palazzi e ville, per ornali con affreschi e statue o per far decorare cappelle a loro intitolate nelle chiese

I cittadini furono trasformati in sudditi (non partecipavano più alla vita politica ma si uniformavano alla volontà del signore). Spesso le Signorie diventavano stati di dimensioni regionali perché si espandevano a spese delle città vicine, perciò tra le varie città c’erano guerre continue e feroci.

Solo la pace di Lodi del 1454 aveva portato un certo equilibrio fra gli stati italiani che favorì uno sviluppo economico notevole ed una grande fioritura artistica ma impedì il formarsi di un’unità statale in Italia (che fu la causa della debolezza degli stati italiani rispetto agli altri Stati europei).

Rispetto alla crisi del Trecento dunque, nel Quattrocento ci fu una netta seppur graduale ripresa con un ritorno alla terra da parte dei contadini ma anche da parte della borghesia cittadina che preferiva investire in agricoltura piuttosto che nel commercio perché la rendita terriera risultava più sicura di quella mercantile.

Nacque un’elite cittadina che possedeva grandi ricchezze che poteva spendere in generi di lusso oppure nella costruzione di palazzi e ville, nella committenza di affreschi o statue ai più prestigiosi artisti del momento. Quest’elite viveva in ambienti splendidi e trascorreva il tempo in feste, spettacoli e banchetti e realizzava quell’ideale di eleganza e raffinatezza che caratterizzava quest’epoca.

Si accentuò il divario fra quest’elite (poche persone benestanti) e i ceti popolari (soprattutto i contadini) che vedevano peggiorare le loro condizioni e continuavano a vivere e a pensare come nel Medioevo.

L’intellettuale e la corte nel Quattrocento

Gli intellettuali in questo periodo erano coloro che con le loro opere avevano il compito di elaborare ed esprimere gli ideali dell’elite colta che si raccoglieva nella corte. La corte era il luogo dove si produceva cultura ma al tempo stesso la si consumava: il pubblico a cui lo scrittore si rivolgeva era composto da cortigiani (la povera gente non aveva accesso alla cultura).

L’intellettuale (scrittore o artista) a corte aveva anche il compito di intrattenere i cortigiani nelle continue feste o decorare i saloni o le cappelle con affreschi. Egli a corte trovava le condizioni ottimali per la sua attività perché viveva nella tranquillità economica, poteva dedicarsi allo studio e alla scrittura senza essere costretto ad altre incombenze.

Queste condizioni ideali sono alla base della straordinaria fioritura della letteratura del secondo Quattrocento e del Cinquecento, il periodo forse più splendido e ricco della nostra letteratura. L’intellettuale però viveva staccato dalla realtà, rivolto solo a persone della sua cultura e in condizione subalterna nei confronti del signore a cui era legato da un rapporto di servilismo e adulazione.

Le mansioni degli intellettuale erano molteplici. Essi a corte svolgevano l’attività di poeti e studiosi incarichi diplomatici o politici funzioni di segretari e cancellieri la funzione di bibliotecari o pedagoghi che dovevano educare i figli del signore.

L’unica alternativa che si offriva all’intellettuale che non voleva entrare alle dipendenze dei principi era la condizione clericale che offriva anche notevoli vantaggi materiali. Essa consisteva: o nel semplice godimento dei benefici ecclesiastici e non esigeva gli ordini sacerdotali (ma solo quelli minori con l’obbligo del celibato) o nel rivestire importanti cariche religiose, ma in realtà anche vescovi e cardinali erano simili ai laici per lo stile di vita fastosa e raffinata che conducevano. Gli intellettuali spesso si spostavano da una corte all’altra favorendo la circolazione e lo scambio culturale tra i vari centri.

Il pubblico del Quattrocento era strettamente elitario perché gli intellettuali scrivevano essenzialmente per altri intellettuali. La situazione cominciò a cambiare con l’introduzione della stampa che favorì la diffusione della cultura.

Le idee e le visioni del mondo nel Rinascimento

Il Medioevo aveva una concezione del mondo di tipo teocentrico: Dio era al centro dell’universo come motore di tutta la realtà e autore della storia. Ora invece si afferma una visione antropocentrica, in cui l’uomo pone se stesso al centro della realtà come protagonista e autore della propria storia. Questa concezione laica non implica affatto il rifiuto del sentimento religioso cristiano. Anzi, questa è un’età profondamente religiosa che mira al ritorno ad una purezza originaria del messaggio cristiano.