GIACOMO LEOPARDI – LA POETICA – SECONDA PARTE Dal 1824 il Leopardi modifica la sua visione: si passa a quello che è stato definito pessimismo cosmico
Cambia l’idea di natura: ora il Leopardi la vede come un meccanismo impersonale, una matrigna cattiva, come una forza meccanica e fatale, interessata soltanto al ciclo perenne di trasformazione della materia, completamente disinteressata alla felicità dell’uomo; non esiste uno stato felice di natura da cui l’uomo si sarebbe allontanato: nella natura di ogni uomo c’è una contraddizione, che non può essere risolta, tra il desiderio infinito di piacere e felicità e l’impossibilità di realizzarlo
L’uomo, come tutti gli altri esseri viventi, nasce con l’unico scopo di morire, appartiene al ciclo universale di produzione e distruzione della materia, il cui solo scopo è il mantenimento dell’universo; la contraddizione insanabile che caratterizza la vita di ogni uomo, cioè l’impossibilità di realizzare il desiderio infinito di felicità, è già dentro l’uomo al momento della nascita
Leopardi arriva ad affermare l’infinita vanità del tutto; l’uomo, di qualsiasi epoca, è destinato all’infelicità e alla distruzione; l’infelicità appartiene a tutti gli uomini e le illusioni sono vane e prive di ogni garanzia oggettiva
La ragione, che prima era vista in maniera negativa, ora gli appare positiva perché rappresenta uno strumento conoscitivo in grado di svelare le contraddizioni della realtà: essa non può portare alla felicità, che è negata all’uomo per natura, però può rendere l’uomo consapevole della propria infelicità, liberandolo dalle false credenze, dandogli almeno la dignità della consapevolezza della propria condizione Sapere è sempre meglio che non sapere, anche se ciò accresce il dolore.
LE OPERETTE MORALI p. 736-737 Già nel 1819 Leopardi aveva avuto l’idea di scrivere dialoghi “satirici” alla maniera di Luciano di Samosata, scrittore greco del II secolo d.C.: alcune immagini avrebbero dovuto svolgersi nel mare ed avere come interlocutori i pesci, quindi c’era già l’idea del mondo senza gente
Abbandonata la poesia tra il 1822 e il 1823, dopo il soggiorno a Roma, Leopardi inizia a scrivere le Operette morali: l’edizione definitiva è del 1845; sono 24 componimenti in prosa, 19 scritti nel 1824, uno nel 1825, due nel 1827 e due nel 1832
alcune si svolgono come narrazioni o come riflessioni di tipo teorico, altre come veri e propri dialoghi, e si servono di un repertorio di situazioni, personaggi, voci appartenenti all’immaginario classico, alla tradizione dei miti filosofici, alla storia della cultura e della letteratura Sono definite morali perché esprimono, attraverso finzioni fantastiche, le meditazioni del Leopardi sull’uomo e sul suo destino, sul dolore della condizione di tutti gli uomini, che cercano sempre una felicità impossibile: il fine del poeta è comunicare il vero attraverso le armi del ridicolo, qui è il fine pedagogico del titolo
Tra i temi fondamentali delle Operette del ’24 c’è proprio l’indagine sull’infelicità e sulla felicità, e, accanto ad essa, c’è la rivelazione dell’ostilità della natura, che è la radice del male, che è proprio della sostanza delle cose, dell’esistere, l’ironia nei confronti delle teorie che mettono l’uomo al centro dell’universo
tematica di fondo è quella del desiderio di felicità proprio di ciascun essere vivente; ogni operetta mostra poi una verità collegata a quel tema: la vanità del piacere e della gloria, l’assurdo orgoglio degli uomini, l’inconsistenza delle illusioni, il tema della noia
Fondamentale è la tesi dell’indifferenza della natura davanti alla sorte umana e quella del ciclo di produzione e distruzione che domina la vita dell’universo. Leopardi introduce a dialogare personaggi tratti dalla storia, dalla poesia, dalla mitologia antica o del tutto fantastici. LETTURA DELLE OPERETTE DA P. 738 A 751