Gli antecedenti del melodramma L’origine del melodrAMMA

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Gli antecedenti del melodramma L’origine del melodrAMMA Teatro di corte Teatro impresariale Scuola veneziana Scuola romana

Come nasce una nuova sensibilità Sono vari e differenti i motivi che spingono verso la nascita del melodramma 1. Alcuni legati ai nuovi tipi di generi musicali e ai nuovi spettacoli nelle corti Gli aeri I madrigali ariosi Gli intermedi Il madrigale drammatico Le favole pastorali (vedi meriti Camerata Corsi) 2. Alcuni legati alla nuova sensibilità monodica e alle discussioni di carattere teorico (vedi anche tesina precedente)

Come nasce la nuova sensibilità e in quale luogo Altri di carattere sociale ed economico Lo spostamento degli spettacoli dalla corte al teatro a pagamento o teatro pubblico I luoghi saranno le due camerate fiorentine (Bardi e Corsi), ma anche l’ambiente romano (vedi meriti camerata Corsi)

Gli aeri In Italia – contrariamente a quello che stava avvenendo con i musicisti fiamminghi – si stava sviluppando una sensibilità monodica Alla corte di Pietro de’Medici attorno al 1490 si cantano ottave, sonetti e capitoli con semplici moduli melodici detti Aeri, accompagnandosi con strumenti quali il liuto e la viola da gamba.

I madrigali ariosi Nell’ambiente aristocratico e in particolar modo tra i cantanti virtuosi nasce la moda del madrigale arioso, un madrigale nel quale emerge la prima voce sulle altre che accompagnano. Prima raccolta è quella di A.Barré, editore-compositore, che la pubblica a Roma già nel 1555: Primo libro delle muse..madrigali ariosi Così come a Ferrara Luzzasco Luzzaschi compone Madrigali per cantare e suonare (già nel 1580) per le famose cantanti della corte

Le corti e le cantanti virtuose A Firenze lavorano cantanti come il romano Giulio Caccini (cantante e compositore) e la figlia Francesca A Mantova troviamo l’aretino Francesco Rasi e la napoletana Adriana Basile Itinerante è Sigismondo d’India che gira tra le corti di Piacenza, Roma, Modena e Firenze

Gli intermedi Tra un atto e l'altro delle commedie in prosa venivano eseguite delle composizioni piuttosto elaborate. Infatti, non vi era un sipario che si abbassasse alla fine di ogni atto, consentendo agli spettatori di alzarsi dai loro posti per chiacchierare o fumare, come avviene nei teatri moderni; il pubblico presenziava a questo tipo di spettacoli senza alcuna interruzione, rimanendo spesso in piedi per tutto il tempo (anche quattro ore!). Era dunque indispensabile che le vicende recitate fossero interrotte da qualcosa di ugualmente interessante ma profondamente diverso, per tenere desta l'attenzione degli spettatori.

Gli intermedi: da 4 a 6 Gli intervalli furono allora riempiti da musiche e danze, dando luogo, così, ai cosiddetti intermedi. Essi potevano essere 'apparenti' (i musicisti, cioè, erano visibili; in tal caso le musiche erano spesso concomitanti con un'azione scenica, mimata o ballata, comunque indipendente dalla trama della commedia principale) o ‘Non apparenti' (la scena rimaneva vuota, e la musica proveniva da luoghi celati alla vista del pubblico). Ai quattro intermedi necessari per separare tra loro gli abituali cinque atti, si aggiunsero talvolta inserti musicali anche all'inizio, con funzione di prologo, e alla fine della commedia; il numero degli intermedi variava dunque da quattro a sei.

in una sorta di parallelismo temporale Gli intermedi La funzione degli intermedi, tuttavia, non era quella di semplice intrattenimento: essi si ponevano infatti quasi come un 'negativo' fotografico della commedia a cui venivano associati. Ad esempio, la commedia Il granchio di Leonardo Salviati, il cui svolgimento è scandito dalle quattro ore del giorno (mattina, mezzogiorno, sera e notte), nella rappresentazione avvenuta a Firenze nel 1566 fu inframmezzata da intermedi dedicati alle quattro età dell'uomo (fanciullezza, gioventù, virilità e vecchiaia), in una sorta di parallelismo temporale

Gli intermedi Se nell'azione teatrale delle commedie prevaleva la parola recitata, quasi sempre in prosa e con un contenuto tendenzialmente realistico, negli intermedi erano la musica e la danza a prendere il sopravvento, relegando in secondo piano la parola, strutturata quasi sempre in versi poetici; personaggi mitologici o allegorici creavano un'atmosfera decisamente irreale, che giustificava pienamente l'inverosimiglianza del loro esprimersi cantando. Percepita la necessità di introdurre un legame tra commedia e intermedi, questi ultimi si sottomisero spesso ad una trama che ne unificasse in qualche modo il contenuto.

Gli intermedi Pochi mesi prima, nel 1565 e sempre a Firenze, era stata rappresentata La cofanaria di Francesco d'Ambra con intermedi di Giovambattista Cini; in questo caso, l'azione sembra quasi scorrere su due piani tra loro correlati: la vicenda di Amore e Psiche contenuta negli intermedi si alterna con le vicende umane della commedia e - senza che i personaggi se ne rendano conto - ne influenza il decorso.

Gli intermedi aulici Si giunse così alla fase in cui l'attenzione degli spettatori si polarizzò più sugli intermedi che sulle relative commedie. Da semplici cornici all'azione teatrale, gli intermedi divennero allora il centro vero e proprio della rappresentazione; al loro confronto, le commedie recitate furono spesso retrocesse a mero contorno del canto e della danza.

Gli intermedi aulici Presso alcune corti, in occasioni particolarmente solenni (matrimoni, battesimi, ecc.) gli intermedi assunsero così una forma particolarmente sfarzosa, servendosi anche di complessi apparati scenografici e di ricchissimi costumi (tra i curatori della parte visiva di questo genere di spettacoli si annoverano perfino Leonardo da Vinci e Giorgio Vasari). Festa del Paradiso alla corte di Ludovico il Moro (DVD Piero Angela, minuto 34-38) Gli intermedi di questo tipo vengono definiti intermedi aulici.

Intermedi a Firenze La città che più si distinse nell'allestimento di questi intermedi aulici fu Firenze: forse per far dimenticare le loro origini mercantili, i Medici eccelsero in quella qualità che veniva spesso loro attribuita, ovvero la magnificenza. E veramente magnifici furono i celeberrimi intermedi* realizzati nel 1589 in occasione delle nozze del granduca Ferdinando I con Cristina di Lorena. Essi attorniavano la commedia parlata La pellegrina di Girolamo Bargagli, rappresentata il 2 e il 15 maggio, ma furono replicati nei giorni seguenti abbinati ad altre due commedie. *I musicisti che collaborarono furono: Luca Marenzio, Jacopo Peri, Giulio Caccini e il Conte de’ Bardi

Gli intermedi alla Pellegrina Primo intermedio: L'armonia delle sfere 2. Secondo intermedio: La gara fra Muse e Pieridi 3. Terzo intermedio: Il combattimento pitico d'Apollo 4. Quarto intemedio: La regione de' demoni 5. Quinto intermedio: Il canto d'Airone 6. Sesto intermedio: La discesa d'Apollo e Bacco col Ritmo e l'Armonia

Primo intermedio: L’armonia delle sfere L’intermedio è suddiviso in varie parti: sinfonia, brano per solista e orchestra, brani per coro da 8 a 15 voci. Noi ascoltiamo: 1. Sinfonia a sei di Cristiano Malvezzi Dalle più alte sfere di celesti sirene amica scorta son l'armonia, ch'a voi vengo, mortali poscia, che fino al ciel battendo l'ali l'alta fiamma n'apporta, che mai si nobil coppia 'l sol non vide qual voi nova Minerva, e fort'Alcide. Musica di Antonio Archilei, testo di Giovanni de Bardi per soprano e ensemble di archi (violino, viola da gamba, violone e contrabbasso di viola) e fiati (flauti a becco di varie taglie), chitarrone, clavicembalo Segue un brano a 8 voci, Noi che cantando a 8 voci

I madrigali drammatici, ma non rappresentati Verso la fine del secolo fiorì in Italia un particolare tipo di madrigale. Prevalentemente umoristico, questo tipo di madrigale prevede un intreccio dialogico fra le diverse voci. Proprio per questo motivo è stato chiamato "drammatico". Ciononostante nessuna di queste composizioni fu mai concepita per la scena.

Il cicalamento di Striggio Nel 1567 Alessandro Striggio pubblicò Il cicalamento delle donne al bucato, a sette voci, che in un prologo e quattro scene descrive appunto le chiacchiere delle donne che insieme fanno il bucato. La musica è vivace e realistica. L'introduzione di motivi popolari aggiunge grazia e piacevolezza, e il contrappunto piuttosto elaborato fa diventare il brano particolarmente raffinato. Lo stesso si dica di altre due composizioni di Striggio, La caccia e Il gioco di primiera (un tipico gioco di carte di allora).

Il Festino di Banchieri Il Festino della sera di giovedì grasso di Adriano Banchieri (1568 – 1634) è un "intermedio" destinato agli illustri spettatori di una corte, e in questo si distingue dai lavori di Striggio. E prevede una serie di brani come Giustiniane; Mascherate di Villanelle; Capricciate, fino al celebre Contrappunto bestiale alla mente (ascolto CD King’s Singers) in cui l’obiettivo era anche quello di prendersi gioco delle complessità degli autori fiamminghi

I testi

I testi

I testi

I testi

Contrappunto bestiale alla mente Ascolto Contrappunto bestiale alla mente di Banchieri Intonato dai celebri King’s Singers

L’Amfiparnaso di Vecchi Il saggio più originale di commedia madrigalesca è senz'altro l'Amfiparnaso (1597) di Orazio Vecchi. Si tratta di una commedia di maschere musicata tramite una serie di quattordici madrigali a cinque voci. Si pensa generalmente che sia stato Vecchi stesso a stendere il testo; ma pare l'abbia prima discusso con Giulio Cesare Croce, poeta comico bolognese.

L’Amfiparnaso in tre atti L'Amfiparnaso è in tre atti preceduti da un prologo in cui l'autore dichiara che la sua "commedia" è solo per le orecchie e non per gli occhi, e questo nella produzione musicale di allora costituisce senz'altro una novità. I personaggi sono maschere assai note: Pantalone, il dottor Graziano, tre servi comici ("zanni"), lo spagnolo Cardon, gli innamorati Lelio e Nisa, Lucio e Isabella, la cortigiana Ortensia e un coro di ebrei. I personaggi parlano la loro lingua o il loro dialetto: veneziano, bolognese, bergamasco, spagnolo e finto ebraico; gli innamorati si esprimono invece in italiano letterario nei soliloqui e nei dialoghi.

L’Amfiparnaso – “si mira con la mente, dov’entra per l’orecchi e non per gl’occhi” Nell’Amfiparnaso, più che un vero e proprio intreccio, si articola con una rappresentazione di caratteri o di scene a sé stanti (come la descrizione satirica di un interno con il vociare di un gruppo di ebrei). La tecnica musicale impiegata è quella del madrigale dialogico (a cinque voci); i registri femminili possono dar voce sia agli uomini che alle donne. Orazio Vecchi

Ascolti Amfiparnaso Prologo a 8 voci con accompagnamento di basso continuo (2’ 41’) [...] O Spettatori illustri...voi però non sdegnate questa Commedia nostra, se non di ricca e vaga scena adorna, almen di doppia novità composta....” Atto primo, scena prima: (3’ 31’’) Argomento: E’ preso Pantalon de le bellezze d’Hortensia Cortigiana; ma l’ingrata non cura esser da un vecchio amata

Le discussioni dei teorici Elementi che concorsero alla nascita del melodramma: I. lo sviluppo della monodia fra Quattro e Cinquecento 1. La fortuna della monodia viene esaltata anche da alcuni teorici del Cinquecento quali: a) Heinricus Glareanus (1488– 1563) che nel suo Dodecachordon (1547) avanzò l’idea che fosse più appropriato considerare veri musicisti coloro che scrivevano musica monodica piuttosto che polifonica; b) Nicola Vicentino (1511– 1576ca) autore de L’antica musica ridotta alla moderna pratica: proponeva di imitare gli antichi e quindi di semplificare la polifonia allo scopo di renderla più espressiva e di facilitare la comprensione del testo; c) A Vicentino veniva (ingiustamente) contrapposto Gioseffo Zarlino (1517– 1590) considerato un accanito sostenitore della polifonia.

Gioseffo Zarlino In verità - sebbene Zarlino considerasse la polifonia un segno di progresso rispetto al passato - egli non esitava ad ammettere che la monodia potesse riscuotere maggiore effetto sull’animo umano rispetto alla polifonia. Tuttavia Zarlino non accettava il principio che la musica venisse subordinata alla parola, ma riteneva che ambedue dovessero mantenersi autonome

Secondo Galilei i vantaggi della monodia erano molteplici, e cioè: Vincenzo Galilei Di avviso assai diverso da Zarlino era invece Vicenzo Galilei (1520– 1591), padre del più celebre Galileo. Questo teorico, autore de Dialogo della musica antica et della moderna (1581), contrapponeva la polifonia (nata in un’epoca di barbarie come il medioevo) alla monodia (nata nell’antica Grecia). Secondo Galilei i vantaggi della monodia erano molteplici, e cioè:

I vantaggi secondo Galilei a) era una forma espressiva più naturale della polifonia (artificiale) b) lasciava comprendere meglio il significato delle parole; c) stimolava un ascolto emotivo e non una percezione intellettualistica. Inoltre, dato che secondo i greci ogni melodia era apportatrice di un ethos, la polifonia determinava la sovrapposizione di caratteri contrastanti

La prima Camerata: Camerata de’Bardi Le opinioni di Galilei erano condivise da un gruppo (Camerata) di intellettuali che egli frequentava, e che si riunivano in casa del conte Giovanni de’ Bardi (1534– 1612). Questa Camerata (detta perciò Camerata de’ Bardi) ebbe il massimo sviluppo fra il 1570 e il 1580. Vi presero parte anche: Giulio Caccini (1545– 1618ca), cantante e compositore Pietro Strozzi (scienziato) Ottavio Rinuccini (1562–1621), poeta (autore dei primi libretti) Giovanni Battista Strozzi, poeta Giovan Battista Guarini e Gabriello Chiabrera (poeti entrambi, questi ultimi frequentavano poco assiduamente) Il grecista Girolamo Mei tenne con la Camerata un rapporto prevalentemente epistolare.

Galilei Va detto che fu il Conte Bardi a spingere Galilei verso la composizione di brani musicali monodici. Nacquero così il Lamento del conte Ugolino per voce con accompagnamento di viole nonché alcuni testi liturgici (le Lamentazioni e i Responsori).

Caccini Caccini compose alcuni madrigali a voce sola, pubblicati nel suo volume Le nuove musiche del 1602. (madrigali ariosi) Ma la produzione più importante consistette nella composizione degli Intermedi fiorentini (alla Pellegrina) del 1589 per le nozze di Ferdinando de’ Medici e Cristina di Lorena ai quali concorsero diversi musicisti come: Luca Marenzio, Jacopo Peri, Giulio Caccini e il Conte de’ Bardi

La Camerata Corsi Declinando la fortuna del conte Bardi presso la corte medicea, le riunioni a casa Bardi divennero sempre meno frequenti e prestigiose. L’eredità della Camerata Bardi passò perciò nelle mani di un altro gruppo che si riuniva – soprattutto negli anni ‘90 – nel palazzo di un altro gentiluomo fiorentino: Jacopo Corsi (1561– 1602). Esponente di punta di questo secondo gruppo era Jacopo Peri (1561– 1633) rivale di Caccini, così come Corsi lo era di Bardi. Nonostante la rivalità fra le due camerate, alcuni intellettuali parteciparono all’una e all’altra, come Rinuccini e Galilei.

Le conquiste intellettuali della Camerata Corsi furono: a) l’idea che nell’antichità le tragedie greche fossero interamente cantate; b) l’idea che per riprodurre i medesimi effetti della musica greca, la monodia dovesse essere cantata con un uno stile di canto a metà strada fra il parlato e il cantato; stile che perciò fu definito recitar cantando

I meriti della Camerata Corsi Finanziata da Corsi la Camerata diede vita ad alcuni spettacoli molto importanti nella storia del melodramma: a) la Dafne di Ottavio Rinuccini – musica di Jacopo Peri e Jacopo Corsi, composta fra il 1594– 95, rappresentata pubblicamente a palazzo Corsi nel 1598 (musica perduta). b) Le favole pastorali: La Disperazione di Fileno e Il satiro di Emilio de’ Cavalieri, testi di Laura Guidiccioni, 1° rappr. 1591; Il giuoco della cieca, adattamento del Pastor fido di Guarini, eseguito a Palazzo Pitti nel 1595 (tutte perdute)

I meriti della Camerata Corsi d) L’Euridice – Firenze, Palazzo Pitti, 6 ottobre 1600, libretto Ottavio Rinuccini, musiche di Jacopo Peri (scrive la maggior parte) e Giulio Caccini (scrive le arie per i suoi allievi) (prima opera di cui ci rimane il libretto e la partitura) e) Il Rapimento di Cefalo libretto di Chiabrera, musica di Caccini. Lo spettacolo non fu offerto da Corsi ma da Ferdinando I. 1a rappr. 9 ottobre 1600 nel palazzo degli Uffizi (sala delle Commedie). f) Ingelosito dal successo riscosso da Peri, Caccini si affrettò a dare alle stampe una sua redazione dell’Euridice sul medesimo testo di Rinuccini già musicato da Peri. Non venne però mai rappresentata.

La polemica Nella prefazione alla sua Euridice (dedicata a Bardi) Caccini non parla né di Rinuccini né di Peri. Si vanta però di essere stato il primo a comporre nello stile rappresentativo. La risposta di Peri non si fece attendere e in occasione della pubblicazione delle Musiche sopra l’Euridice avocò a sé il merito di aver inventato il nuovo stile di canto (Firenze 1601), citando la sua Dafne e il modello di Emilio de’Cavalieri. Di lì a poco anche Cavalieri e Rinuccini (librettista) si vantarono ciascuno di essere stato «L’inventore di questo nuovo modo di rappresentare in musica».

Nel frattempo a Roma... Anche Roma – nonostante tutto – ebbe un ruolo importante per la nascita del melodramma. Nella capitale viene eseguita la Rappresentazione di Anima et di Corpo (Roma, Oratorio della Chiesa Nuova) 1° rappr. 1600, sempre di Emilio de’ Cavalieri. Non è propriamente un’opera ma un dramma sacro interamente cantato, con scene e costumi.

Rappresentazione di anima e corpo Personaggi: Anima, Corpo, Piacere, Tempo, Mondo, Intelletto, Consiglio, Vita Mondana L’esecuzione della famosa Rappresentatione di anima, et di corpo fu certamente il più memorabile dei molti eventi occorsi a Roma in occasione dell’anno santo del 1600. Il lavoro venne rappresentato due volte nell’Oratorio di S. Maria di Vallicella durante il mese di febbraio, riscuotendo larghi consensi anche fra i cardinali presenti.

L’opera di corte Tutte le rappresentazioni fin qui elencate appartengono a un particolare tipo di spettacolo, quello di corte, la cui esistenza fu legata a doppio filo alle disponibilità economiche delle corti stesse. A partire dal 1637, allo spettacolo di corte (di cui elencheremo le caratteristiche nella prossima diapositiva) si affiancherà l’opera impresariale, cioè un tipo di spettacolo più moderno nell’organizzazione, basato sul libero mercato e la disponibilità di denaro da parte del pubblico, che vi accede pagando il biglietto.

Le specificità dell’opera di corte 1. In quanto spettacolo di corte, e quindi legato agli avvenimenti che scandiscono la vita di quest’ultima, l'opera di corte è uno spettacolo unico e irripetibile: rarissimi sono i casi di ripresa. Una volta rappresentata (e una volta terminata l'occasione per celebrare la quale l'opera fu composta), essa non viene di solito più allestita. 2. Costa moltissimo ed è bene che ciò si veda visto che il pubblico che vi partecipa è un pubblico selezionato di ospiti invitati alla festa di corte (il pubblico che vi assiste non è dunque un pubblico pagante).

Le specificità dell’opera di corte 3. Il luogo teatrale è indefinito (come nel caso dell'Orfeo monteverdiano rappresentato nel 1607 in una sala del Palazzo ducale, forse la Sala Fiume o la Sala degli Specchi). In altre parole non esiste un teatro specifico per le rappresentazioni. 4. Gli strumenti sono usati con funzione spettacolare; essi sono attributi sonori di determinati personaggi e di determinate situazioni.

L’opera impresariale Il momento cruciale nell'evoluzione del melodramma è rappresentato dal passaggio dalla corte al pubblico teatro. La città di Venezia diede vita al teatro d'opera impresariale con l'apertura del S. Cassiano nel 1637 (ove si rappresentò l'opera Andromeda, libretto di Francesco Manelli, musica di Benedetto Ferrari, quest’ultimo fu probabilmente anche fra i collaboratori dell’Incoronazione di Poppea di Monteverdi), un teatro originariamente destinato alla commedia dell'arte e successivamente adattato alle esigenze del nuovo genere di spettacolo.

Venezia e i teatri Tra il 1637 e la fine del secolo furono ben diciassette i teatri della sola Venezia e ben 388 le opere che vi furono rappresentate. Fin dalle prime stagioni la storia del teatro è la storia di una struttura economica di stampo impresariale. Così, fin dalle prime stagioni, la sua storia risulta contrassegnata da bancarotte e processi per insolvenza, da successi clamorosi e altrettanto clamorosi insuccessi.

I teatri veneziani

Le categorie di operatori teatrali Alla base di questa struttura troviamo tre diverse categorie di operatori: 1. I padroni del teatro I padroni del teatro sono le grandi famiglie patrizie veneziane: i Tron, i Grimani, i Capello, i Giustinian, che, alla ricerca di un investimento immobiliare sicuro, acquistano o rimaneggiano gli edifici teatrali senza però intervenire direttamente nella produzione degli spettacoli.

Le categorie di operatori teatrali 2. L'impresario La gestione dell'impresa teatrale è affidata poi per un'intera o per una serie di stagioni, all'impresario: costui investe il proprio denaro per ricavarne degli utili. Le stagioni: Carnevale (dall’Epifania alle Ceneri) Estiva (dall’Ascensione a fine giugno) Autunnale (da S.Michele 29/9 all’Avvento) Il pubblico è costituito da nobili, alto borghesi (con qualche gondoliere) e da turisti stranieri

L’impresario La miglior forma di guadagno (e la più sicura) è quella ricavata dall'affitto su base annuale dei palchi, ma anche dalla vendita dei biglietti. Per questo le opere si rappresentano più volte, circolano fra i teatri e riutilizzano spesso le stesse scene e i costumi. Al contrario dell’opera di corte, il teatro impresariale manca di istituzionalità: perciò si evitano le spese ‘inutili’, quali la stampa delle partiture, o la realizzazione delle incisioni riproducenti le scene o i costumi…

Le categorie degli operatori teatrali 3. Gli artisti E' il terzo livello di operatori. Comprende i compositori, i cantanti, gli scenografi, i ballerini e i costumisti. Di uno status a parte gode il librettista ossia colui che viene considerato il vero e proprio autore del dramma per musica: a lui spettano le spese di stampa e gli utili di vendita del libretto. Partiture rimarranno manoscritte almeno fino all’inizio dell’800

I punti di criticità Dei tre livelli di questa struttura economica quello critico è ovviamente quello dell'impresario in quanto numerosi sono gli eventi imprevedibili (una pestilenza, una guerra improvvisa) che possono provocare la chiusura del teatro. E' poi da mettere in conto la concorrenza: non tutti i teatri d'opera aperti a Venezia nel Seicento durano più di qualche stagione. Ma capita anche che impresari abili passino da un teatro piccolo a uno più grande per risanare coi frutti di questo i debiti contratti in quello.

I costi e le novità Il 50% del budget d'un dramma per musica veneziano degli anni '50 è assorbito dalle sole spese musicali: un protagonista (castrato o prima donna) prende il doppio di quanto riceve Cavalli che -non dimentichiamolo - è il compositore meglio pagato sulla piazza. Gli avvicendamenti del gusto sono veloci (nessuna opera vecchia può essere riallestita senza notevoli adattamenti nel testo e nella musica). I drammi per musica di una stagione vengono letteralmente rimpiazzati dai drammi per musica nuovi della stagione seguente. Si richiede sempre qualche cosa di nuovo, che però soddisfi nel contempo le stesse aspettative che il vecchio aveva soddisfatto.

I temi delle opere Incoronazione di Poppea di Monteverdi Per quanto concerne i soggetti, persevera inizialmente lo sfruttamento dei temi mitologici coltivati anche nelle corti (Andromeda, Orfeo ecc); poi il mondo romanzesco di Tasso e Ariosto; poi quello storico (come nell’Incoronazione di Poppea). Venezia ricerca nel melodramma e nei temi trattati (mitologici e storici) l’esaltazione della Serenissima Andromeda di Ferrari Nozze di Teti e di Peleo di Cavalli Amori di Apollo e Dafne di Cavalli Incoronazione di Poppea di Monteverdi

I caratteri dell’opera (1) Temi encomiastici Da 5 a 3 atti Sinfonia strumentale all’inizio di ogni atto Prologo cantato dai personaggi mitologici o allegorici (es.Musica nel I atto; Speranza nel III atto dell’Orfeo) Ballo alla fine dei primi due atti (che in seguito scomparirà per i costi eccessivi Rimane il recitar cantando, ma tende ad essere soppiantato dal recitativo secco, dall’impiego dell’aria e da altre formule come i duetti; presenti i cori, una compagine orchestrale che tende ad allargarsi e un imponente allestimento scenico spettacolare (apparati di Jacopo Torelli)

I caratteri dell’opera (2) Trama che si sviluppa attorno a due coppie di amanti, contornati da personaggi secondari e comici Es. nel Giasone di Cavalli troviamo Medea-Egeo e Giasone e Isifile Trama si sviluppa per gruppi di scene in base ai personaggi presenti e alle vicende narrate Recitativo secco: canto sillabico per grado congiunto; testo realizzato da endecasillabi e settenari; veniva composto alla fine (collegamenti che potevano cambiare) Aria: canto più spiegato e lirico; inizialmente strofica con ritornelli strumentali; testo con versi più brevi (quinari, senari, settenari)

I caratteri dell’opera (3) – le arie, cioè la stasi drammaturgica (da qui) Aria di sortita: (all’inizio) quando il cantante esce dalle quinte; azione propulsiva, cioè tende ad accelerare l’azione Aria di entrata: (alla fine) quando il personaggio rientra nelle quinte; funzione drammaturgica più statica perché personaggio tende a commentare quanto successo Aria di Lamento: su basso discendente per grado congiunto (es. Lamento di Arianna e Aria di Ottavia nell’Incoronazione di Poppea); per intervalli ampi con versione diminuita per i virtuosi Aria comica: canto sillabico con limitata estensione vocale Testi: più facilmente parisillabi

DIGRESSIONE: I personaggi comici nell’opera del ‘600 Graduali inserimenti di personaggi comici nell’opera sia a Venezia, sia a Roma durante il Seicento Monteverdi, Incoronazione di Poppea (valletto); Cavalli, Xerse la scena del fioraio (Elviro travestito) Giulio Rospigliosi, Chi soffre, speri Alessandro Scarlatti, Trespolo tutore (su libretto di Carlo Maria Maggi) Si arriverà ad inserire dalle 4 alle 6 scene comiche per ogni melodramma, impiegando i due classici personaggi comici: la vecchia nutrice (nell’Incoronazione affidata ad un tenore per aumentare lo “scarto” comico) e il giovane paggio

Le scene e il duetto amoroso Scena di lamento: dall’aria si sviluppa una vera entità drammaturgica (esportata anche nelle Cantate) Scena di sonno: utilizzata perché utilizza la parte irrazionale dei personaggi (es.nel II atto Isifile dorme e pensa di parlare con Giasone: si sveglia e scopre Oreste!) Scena di incantamento: simile alla precedente (es. Medea nel Giasone di Cavalli) Duetto amoroso: collocato alla fine del III atto come momento risolutivo

Francesco Cavalli (Crema, 1602 – Venezia, 1676) Cremasco; è il primo operista a pieno titolo perché in pochi anni fa rappresentare molte sue opere a Venezia; melodrammi che giungono a Parigi e a Vienna Stile: inserimento recitativi secchi con solo clavicembalo (raro uso degli archi con lunghi accordi); arie a ritmo ternario con basso ostinato e pochi virtuosismi Mitologia: Gli amori di Apollo e Dafne (librettista Busenello), La Calisto Eneide: Didone Storia orientale: Serse, Ciro Storia romana: Scipione Africano, Muzio Scevola

Antonio Cesti (Arezzo, 1623 – Firenze, 1669) Musicista itinerante e sregolato che passa da Firenze (Medici) a Venezia per diventare musicista di corte a Innsbruck e Vienna Stile: introduce cambiamenti durante le repliche dei melodrammi Duetti per 3 e 6 Arie patetiche in ritmo ternario Aria con il da capo ABA’ con fioriture Devisen arie (tema aria ripreso dagli strumenti) Arie virtuosistiche ai personaggi buffi

Il Pomo d'oro (Vienna, 1668) e Orontea (1656). Titoli Il Pomo d'oro (Vienna, 1668) e Orontea (1656). Il Pomo d'oro venne messo in scena per celebrare il matrimonio dell’imperatore Leopoldo I d’Asburgo; Fu un dramma assai più elaborato delle opere veneziane contemporanee, il quale includeva un grande orchestra, numerosi cori e diversi congegni meccanici, usati per rappresentare situazioni come gli dei che discendevano dal paradiso (deus ex machina), battaglie navali e tempeste.

Nettunno e Flora festeggianti Titoli Orontea (Innsbruck, 1656), con le sue 17 riprese nei successivi trent'anni fu una delle opere più allestite nella seconda metà del Seicento. Annoveriamo inoltre: Il Cesare amante (Venezia, 1651, che diventa Cleopatra, Innsbruck, 1656) Nettunno e Flora festeggianti (drama musicale per introduttione al gran balletto, libretto di Francesco Sbarra, 1666, Vienna)

Come si diffonde l’opera Merito della diffusione dell’Opera è dovuta alle compagnie di cantanti itineranti Compagnia di Ferrari e Mannelli e Compagnia dei Febiarmonici (che nel 1651 porteranno l’opera a Napoli) Dopo il 1670 alle compagnie si aggiungeranno le figure dei cantanti virtuosi (divi e itineranti) ma anche a cause storico-belliche (alleanze politiche per la famosa la guerra Austro-Turca (1683-1699) che sancisce il collegamento tra Venezia-Roma e gli Asburgo (d’Austria)

ROMA Melodrammi messi in scena nelle dimore patrizie delle grandi famiglie romane come EVENTO Es. Palazzo Barberini in via Quattro Fontane Temi: allegorici, vite di santi (agiografia cristiana), epico-cavallereschi, commedia dell’arte (novità), ma anche dal Decameron e dal teatro immaginifico di Calderon della Barca Primo melodramma: Sant’Alessio di Stefano Landi (palazzo Barberini, 1631) Musicisti: Stefano Landi; Marzocchi; Marazzoli e Abbatini Librettisti: il cardinale Giulio Rospigliosi

(Giasone-Isifile; Medea-Egeo) Gìasone di Cavalli Opera messa in scena al Teatro San Cassiano nel 1649 su libretto di Andrea Cicognini. Meriti del librettista: aver dato spazio più che al mito alla storia della coppia di amanti (Giasone-Isifile; Medea-Egeo) Opera che ben rappresenta lo spirito barocco unendo recitativo con brani strofici anche di basso livello (canzonette), oltre alle arie strofiche di maggior levatura. Momenti amorosi, infernali, scena del sonno, duetto finale di rappacificazione. Presenti personaggi buffi (Demo, goffo balbuziente)

Gìasone di Cavalli Ascolti: I atto “Delizie e contenti” aria strofica di Giasone che ha perso la testa per Medea, pur avendo avuto già due gemelli da Isifile, conosciuta durante un viaggio. 8 minuti I atto: “Dall’antro magico” cantata da Medea che sta compiendo sortilegi per far ottenere il Vello d’Oro a Giasone. Segue il balletto degli spiriti infernali (non presente in qs. edizione) 5 minuti

III atto: Rappacificazione delle coppie Gìasone di Cavalli II atto: Aria di Oreste “Io pur ti tocco” n°15 mentre Isifile dorme pensando di avere vicino a sé l’amato Giasone. Durata 12 minuti III atto: Rappacificazione delle coppie Aria di Isifile “Regina, Egeo” (4 min.) cui segue l’aria di Giasone “Non ho più core in petto” (4 min.) nella quale ammette i propri errori. Durata: 8 minuti

I personaggi Giasone - contralto Ercole, uno degli Argonauti - basso Besso, capitano della guardia di Giasone - basso Isifile, regina di Lenno - soprano Oreste, confidente di Isifile - basso Alinda, dama - soprano Medea, regina di Colco - soprano Delfa, nutrice - contralto Rosmina, giardiniera - soprano Egeo, re d'Atene - tenore Demo, servo - tenore Sole - soprano Amore - soprano Giove - basso Eolo - contralto Zeffiro - soprano Volano, spirito - tenore