Il paziente diabetico e nefropatico Agostino Virdis Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Università di Pisa
Prevalence of hypertension in diabetic patients 45-54 years 55-64 years Males Females E’ noto che esiste una stretta correlazione tra diabete mellito ed ipertensione arteriosa, due principali fattori di rischio CV. In questa diapositiva si osserva che all’interno della popolazione diabetica esista una netta prevalenza di ipertensione arteriosa, sia tra i maschi che tra le femmine, e tale stretta associazione aumenta con l’aumentare dell’età, in particolare dopo i 55 anni. Normal population Diabetic patients Normal population Diabetic patients Christlieb at al, Hypertension 1985
Cardiovascular Morbidity and Mortality in Hypertensive Subjects Without and With Type II Diabetes. The PIUMA Study Total CV Events Fatal CV Events All-Cause Mortality No diabetes No diabetes No diabetes Event-Free Survival E tale prevalenza porta inevitabilmente ad un aumento della morbidità e mortalità CV, come dimostrato in qs italianisssimo studio PIUMA, che ha valutato la morbidità e mortalità cardiovascolare nei pazienti ipertesi senza e con diabete mellito. Come si evince chiaramente dalla diapositiva, I pazienti ipertesi con diabete mellito hanno un maggior rischio di eventi CV totali, di eventi CV fatali e di mortalità per tutte le cause, rispetto alla popolazione di pazienti senza diabete mellito. Type 2 diabetes Type 2 diabetes Type 2 diabetes Verdecchia P et al, Diabetes Nutr Metab. 1999;12(4):292-9.
Relationship between systolic BP and end points in UK Prospective Diabetes Study (UKPDS) Any aggregate end-point Questo rappresenta il primo importante studio che ha valutato l’impatto della riduzione della PA sistolica sugli eventi CV in una popolazione di pazienti con diabete mellito. Il pannello a sinistra mostra come esiste una relazione diretta tra riduzione della PA ed eventi CV, per valori anche al di sotto di 130 mmHg. Se però si guardano i dati disaggragati (pannello a destra) si osserva come esista una significativa riduzione degli endpoint microvascolari, mentre gli eventi macrovascolari (IMA) non si riduceva ulteriormente per valori < 130 mmHg. UKPDS, BMJ 2000
Effect of Tight Glucose Control vs Tight BP Control on Events: UKPDS Any Diabetic Endpoint Diabetes- Related Death Microvascular Complications Stroke -10 -20 % Reduction * -30 * -40 Sempre in questo studio si osservava che uno stretto controllo pressorio era predominante, rispetto ad uno stretto controllo glicemico, sulla riduzione degli eventi CV. * * -50 Tight glucose control Tight BP control *P<0.05 compared with tight glucose control. Bakris et al. Am J Kidney Dis. 2000;36:646-661.
Stratificazione del rischio cardiovascolare in base ai valori di PA, fattori di rischio concomitanti, TOD e malattie associate Quindi in considerazione del fatto che, come anche sottolineato dalle linee guida ESH/ESC 2013, il paziente iperteso con diabete mellito, già a partire da valori di PA normale-alta, è ad elevato rischio CV, dobbiamo capire.. ESH/ESC Guidelines 2013
Approccio clinico al trattamento antipertensivo nel paziente diabetico Quali valori pressori raggiungere?
Valori di pressioni arteriosa ottimali nei pazienti ipertesi diabetici secondo le precedenti Linee Guida < 130/80 mmHg (JNC 7, 2003) < 130/80 mmHg (ESH-ESC, 2007) < 130/80 mmHg (American Diabetes Association, 2002) Le precedenti linee guida , sia ESH/ESC del 2007 che quelle americane del diabete, avevano posto come target pressori da raggiungere nel paziente iperteso diabetico i valori < 130/80 mmHg
Major CV events per 1,000 patient-years The HOT Study Risk reduction in major CV events in diabetics with hypertension 30 25 P = 0.005 20 –51% Major CV events per 1,000 patient-years 15 10 In realtà questo target pressorio era basato esclusivamente su pochissimi studi, i cui risultati non si sono dimostrati poi così conclusivi. L’unico studio convincente da questo punto di vista, ma solo per la PAD, è lo studio HOT, qui riportato, che evidenzia nello sottogruppo di pazienti ipertesi diabetici, come la riduzione della PAD fino a 80 mmHg comporti una significativa riduzione degli eventi CV maggiori. 5 DBP (mmHg) 90 85 80 Adapted from Hansson L, et al. Lancet 1998; 351: 1755-1762.
Outcome primario: eventi macro- e microvascolari maggiori ADVANCE trial Outcome primario: eventi macro- e microvascolari maggiori (mortalità CV, ictus non fatale, IMA non fatale, insorgenza e-o progressione nefropatia e retinopatia) PA finale: 134/77 mmHg Numero di eventi Perindopril + Indapamide A favore di A favore di Placebo Perindopril + Indapamide Rischio relativo Placebo (n=5,569) (n=5,571) Riduzione (95% IC) Combinato macro + microvascolare * 861 938 9% (0 a 17) Macrovascolari 480 520 8% (-4 a 19) Dieci anni dopo la pubblicazione dell’UKPDS è stato compiuto un altro studio l’Advance, uno studio multicentrico prospettico nel quale oltre 11000 pazienti con diabete tipo 2 sono stai randomizati a trattamento con ACE-inibitore e diuretico (perindopril and indapamide), o placebo, in aggiunta alla terapia di base. L’endpoint primario era il composito di eventi maggiori macrovascolari e microvascolari, e definito come mortalità cardiovascolare, ictus non fatale, IMA non fatale, o peggioramento della nefropatia e retinopatia. Da notare che con l’ADVANCE ancora i 130 mmHg non vengono raggiunti (134 mmHg), mentre si raggiungono i 77 mmHg per la diastolica. Gli endpoint micro e macro vascolari disaggregati mostrano un trend, che non raggiunge la significatività. Microvascolari 439 477 9% (-4 a 20) 0.5 1.0 2.0 Hazard ratio *2P=0.04 Patel A et al, Lancet. 2007;370(9590):829-40.
ADVANCE trial post hoc analysis Incidence of renal endpoints Outcome dell’analisi: composito di microalbuminuria di nuova diagnosi, nefropatia franca, raddoppio creatinina, insufficienza renale terminale. Analisi post hoc dello studio ADVANCE che mostra l’effetto della riduzione della PA sistolica su l’endpoint renale, inteso come composito di microalbuniria di nuova diagnosi, nefropatia conclamata, raddoppio della creatinina, insufficienza renale terminale. Si evince come esista una relazione lineare tra riduzione della PAS e riduzione della progressione di malattia, fino a valori di PAS ben al di sotto di 130 mmHg. 106 mmHg De Galan BE et al, J Am Soc Nephrol 2009;20:883-892.
Reappraisal of European guidelines on hypertension management: a European Society of Hypertension Task Force document 145 144 139 153 132 128 140 141 143 134 130 148 137 138 162 154 155 BP Benefit Partial benefit No benefit Diabetes mellitus HOT UK S.Eur ABCD HT NT IDNT REN IR AM PROG ADV 170 160 150 120 110 100 SBP (mmHg) SHEP MHOPE Già nel reappraisal delle linee giuda europee pubblicato nel 2009 si metteva in evidenza che non vi fosse certezza proveniente dagli studi randomizzati sulla necessità di ridurre i valori di PAS < 130mmHg nei pazienti diabetici. Questa slide è riassuntiva degli studi pubblicati fino ad allora, dove in verde sono illustrati i benefici, in arancione i benefici parziali ed in rosso il mancato beneficio. Colpisce quanto detto finora: la maggior parte degli studi non raggiunge come PAS finale il cutoff di 130 mmHg. L’unico piccolo studio che lo raggiunge ha risultati parziali. Mancia G et al. J. Hypertens 2009
133.5 mmHg 119.3 mmHg Successivamente è stato pubblicato un altro importante studio, lo studio ACCORD, forse il primo grande trial che sia riuscito a valutare l’impatto della riduzione della PA , in maniera più o meno aggressiva, sugli eventi CV in una ampia popolazione di pazienti diabetici. Si osserva che nel braccio randomizzato ad un trattamento antiipertensivo più aggressivo si raggiunge durante ed al termine del periodo di follow-up valori di PAS di 119.3 mmHg, mentre nel braccio standard i valori ottenuti sono di 133.5 mmHg N Engl J Med 2010;362:1575-85
Nonfatal MI, Nonfatal Stroke or CVD Death Patients with Events (%) 5 10 15 20 Years Post-Randomization 1 2 3 4 6 7 8 Primary Outcome Nonfatal MI, Nonfatal Stroke or CVD Death HR = 0.88 95% CI (0.73-1.06) p=0.20 Risultati principali dello studio ACCORD. L’outcome primario era il composito di IM non fatale, ictus non fatale e mortalità cardiovascolare. Nessuna differenza significativa tra i due bracci di trattamento.
Nonfatal Stroke HR = 0.63 95% CI (0.41-0.96) Secondary End-points CV Mortality Nonfatal Stroke HR 1.06 (0.74-1.52) p=0.74 HR = 0.63 95% CI (0.41-0.96) P=0.03 Nonfatal MI Osservando i dati disaggregati si osserva che mentre non esiste differenza significativa tra i due bracci in termini di mortalità cardiovascolare o IM non fatale, siste una significativa riduzione dell’ictus non fatale nel braccio randomizzato ad una riduzione più marcata della PA, in accordo con il fatto che la PA sistolica è il fattore con maggior peso e relazione diretta con l’incidenza di ictus. Da osservare che i risultati sullo stroke sono molto chiari anche se, considerato il ridotto numero di eventi rispetto all’aspettativa considerato il rischio di qs pazienti, non può essere considerata una evidenza conclusiva. nello studio ACCORD, sebbene il eGFR al basale era nel range di normalita, un controllo pressorio piu intensivo (119/67 vs 134/73 mmHg) era associato a quasi un raddoppio di casi con eGFR <30 mL/min/1.73 m2 HR 0.87 (0.68-1.10) p=0.25 N Engl J Med 2010;362:1575-85
Osservando i dati disaggregati si osserva che mentre non esiste differenza significativa tra i due bracci in termini di mortalità cardiovascolare o IM non fatale, siste una significativa riduzione dell’ictus non fatale nel braccio randomizzato ad una riduzione più marcata della PA, in accordo con il fatto che la PA sistolica è il fattore con maggior peso e relazione diretta con l’incidenza di ictus. Da osservare che i risultati sullo stroke sono molto chiari anche se, considerato il ridotto numero di eventi rispetto all’aspettativa considerato il rischio di qs pazienti, non può essere considerata una evidenza conclusiva. nello studio ACCORD, sebbene il eGFR al basale era nel range di normalita, un controllo pressorio piu intensivo (119/67 vs 134/73 mmHg) era associato a quasi un raddoppio di casi con eGFR <30 mL/min/1.73 m2 N Engl J Med 2010;362:1575-85
I risultati dell’ACCORD lasciano comunque aperta la questione sulla PA ottimale da raggiungere nei paz , essendo una grossa forbice tra i 133 ed i 119 mmHg raggiunti. Non ci sono dati su una PAS intermedia. Questo grafico riassume i valori di PA sistolica raggiunta nei vari studi compiuti nei pazienti diabetici, e sulla destra la riduzione degli eventi CV raggiunta. Zanchetti A. Eur Heart J 2010
Il target pressorio nel paziente iperteso diabetico - Esistono dimostrazioni sufficienti per ridurre la PAD a valori < 80 mmHg - Per quanto riguarda invece la PAS, i pochi studi (post-hoc analisi) che hanno raggiunto il valore < 130 mmHg non mostrano benefici aggiuntivi sulla prevenzione degli eventi CV rispetto al target di < 140 mmHg. - Tuttavia la riduzione della PAS a valori < 130 mmHg può essere suggerita per una possibile efficacia sugli eventi cerebrovascolari. I dati non sono altrettanto univoci sullo sviluppo-progressione del danno renale
Approccio clinico al trattamento antipertensivo nel paziente diabetico Quali farmaci impiegare?
Multiple antihypertensive agents are needed to achieve target BP Average number of antihypertensive agents Trial Target BP (mm Hg) 1 2 3 4 UKPDS DBP <85 ABCD DBP <75 MDRD MAP <92 HOT DBP <80 Il problema del farmaco di prima scelta nel paziente iperteso diabetico è un falso problema in quanto il raggiungimento del target pressorio è raggiungibile difficilmente e con una combinazione di più farmaci. Anche nei principali trials clinici compiuti nei diabetici la media dei farmaci utilizzati è > 3. AASK MAP <92 IDNT SBP/DBP 135/85 DBP, diastolic BP; SBP, systolic BP; MAP, mean arterial pressure; UKPDS, United Kingdom Prospective Diabetes Study; ABCD, Appropriate Blood Pressure Control in Diabetes; MDRD, Modification of Diet in Renal Disease; HOT, Hypertension Optimal Treatment; AASK, African American Study of Kidney Disease; IDNT, Irbesartan Diabetic Nephropathy Trial Reprinted from Am J Kidney Dis, 36, Bakris GLet al., 646–661, copyright (2000), with permission from the National Kidney Foundation
Cardiovascular deaths Total mortality Non esiste una classe di farmaci migliore di un ‘altra in termini di mortalità cardiovascolare o totale nei pazienti diabetici, come dimostrato in questa recente meta-analisi. Arch Intern Med. 2005; 165:1410-1419
Farmaci di scelta in condizioni specifiche Riguardo ai farmaci antiipertensivi da preferire nel diabete, le linee guida ESH/ESC hanno basato la loro raccomandazione di utilizzare ogni farmaco in grado di ridurre effettivamente i valori di PA sull’evidenza di un’ampia meta-analisi che dimostra la sostanziale equivalenza fra le varie classi nel prevenire eventi cardiovascolari nel diabete. A tale raccomandazione è stata anche associata quella di utilizzare una combinazione di farmaci che includesse un bloccante del sistema renina- angiotensina, data la particolare efficacia di questi farmaci sull’escrezione renale di proteine e sulla protezione, a lungo termine, della funzione renale 2013 ESH/ESC Hypertension Guidelines
Approccio clinico globale al paziente iperteso con malattia renale cronica
E ben noto che esiste uno stretto legame di causalità tra ipertensione arteriosa e danno renale, il quale viene poi perpetuato ed aggravato da numerosi fattori qui sottolineati.
Diabetes: The Most Common Cause of ESRD Primary Diagnosis for Patients Who Start Dialysis Other Glomerulonephritis 10% 13% 700 Diabetes 50% Hypertension 27% 600 500 No. of Dialysis Patients (thousands) 400 Questo stretto legame è forse ancor più evidente se osserviamo che l’ipertensione arteriosa è una delle cause principali di insufficienza renale terminale, seconda soltanto al diabete mellito. Patients (n) Projection 95% CI 300 520,240 281,355 200 243,524 100 r2 = 99.8% 1984 1988 1992 1996 2000 2004 2008 United States Renal Data System. USRDS 2000Annual Data Report. June 2000.
Subclinical Renal Damage 2013 ESH/ESC Guidelines Factors influencing prognosis Subclinical Renal Damage Slight increase in plasma creatinine: M: 1.3-1.5 mg/dl; W: 1.2-1.4 mg/dl Low estimated glomerular filtration rate (< 60 ml/min/1.73m2) or creatinine clearance (< 60 ml/min) Microalbuminuria 30-300 mg/24h or albumin creatinine ratio: ≥ 22 (M) o ≥ 31 (W) mg/g Established Renal Disease Diabetic nephropathy Renal impairment (serum creatinine M > 1.5, W > 1.4 mg/dL; proteinuria > 300 mg/24h) Questo nesso di causalità si trasmette anche in termini di stratificazione del rischio CV ed infatti le linee guida europea dell’ipertensione ci ricordano che tra i fattori che influenzano la prognosi vi è il rene, quando siamo in presenza di un danno subclinico (quindi con incremento della creatinina 1.3-1.5 nel mascio e 1.2-1.4 nella femmina, o per un filtrato < 60 ml/min o in presenza di microalbuminuria) , o di malattia renale conclamata, quando la creatinina è > 1.5 e 1.4 nel mascio o femmina rispettivamente, o in presenza di proteinuria franca
Stratificazione del rischio cardiovascolare in base ai valori di PA, fattori di rischio concomitanti, TOD e malattie associate Tutto questo si traduce in un aumento del rischio CV come è evidente in questa tavola del rischio CV dell’ESH ESC che ci mostra come in presenza di danno d’organo renale o di malattia renale conclamata il rischio del paziente è notevolmente amplificato. ESH/ESC Guidelines 2013
Ipertensione arteriosa e nefropatia cronica Quanto si deve ridurre la pressione arteriosa per proteggere il rene nei pazienti con nefropatia cronica ?
Le linee guida di qualche anno fa, sia quelle relative all’ipertensione che quelle specificatamente nefrologiche, raccomandavano il target di 130/80 mmHg. Ciononostante, come le lineeguida stesse riconoscono, i dati a conforto di queste raccomandazioni sono molto scarsi e spesso contrastanti. Nel caso della nefroptaia diabetica, essi si basano su dati retrospettivi e analisi post-hoc su sottogruppi di pazienti, con tutti i limiti che tali analisi comportano, mentre nel caso della nefropatia non diabetica esistono pochi dati su studi controllati randomizzati i cui risultati sono contrastanti.
Independent impact of SBP reduction on renal and CV outcomes in the IDNT trial (diabetic nephropathy) CV Mortality CHF Total Mortality Renal Outcomes e trattandosi di pazienti ad elevato rischio, con cardiopatia ischemica, per gli eventi CV esiste una curva J ben prima della soglia di 110 mmHg, come già ci ha ben descritto il Prof Borghi. Questa dia è riferita ai dati nel paziente con nefropatia diabetica nel quale si vede chiaramente in particolare un aumento della mortalità per valori di PAS < 120 adapted from Pohl MA et al, JASN 2005 Berl T et al JASN 2005
The MDRD STUDY (non diabetic nephropathy) No difference in the decline in GFR between usual-BP and low BP groups at 36 month follow-up (Klahr et al., NEJM 1994) Per quanto riguarda la nefropatia non diabetica, i dati originali dello studio MDRD, qui riportato, che prevedeva un braccio di trattamento standard rispetto ad uno più aggressivo, erano negativi, salva eccezione del sottogruppo di pazienti con marcata proteinuria. Usual BP 100-96 135/85 Low BP 94-92 125/75 Mean BP (mmHg) BP (mmHg) Peterson JC et al, Ann Intern Med 1995
A patient-level meta-analysis (non diabetic nephropathy) Relative risk for kidney disease progression based on current level of systolic blood pressure and current urine protein excretion. A patient-level meta-analysis (non diabetic nephropathy) Analogamente, in questa metanalisi di jafar che ha raccolto i dati di 11 studi condotti in pazienti con nefropatia non diabetica, si osserva che la progressione del danno renale è rallentata fino a valori di PAS intorno a 110 mmHg, ma solo nei pazienti con proteinuria > 1 gr. Kidney disease progression: doubling of baseline serum creatinine or ESRD. Jafar TH et al, Ann Intern Med 2003
Approccio clinico al trattamento antipertensivo nel paziente nefropatico Quali farmaci impiegare?
Degree of change of SBP and proteinuria reduction Effect of ACEi or ARBs on renal outcomes: systematic review and meta-analysis Degree of change of SBP and proteinuria reduction In questa metanalisi del 2005 che ha riunito gli studi controllati che hanno valutato l’impatto dei bloccanti del RAS, quindi ACE-inibitori e sartani, sulla funzione renale, si mostra che la maggior efficacia mostrata dai RAS bloccanti sulla riduzione dell’albuminuria deriva da una maggior riduzione della PA.
Effect of ACEi or ARBs on renal outcomes: systematic review and meta-analysis Degree of change of SBP and RR for ESRD
Target pressori e nefroprotezione nel paziente con nefropatia cronica Anche se una maggior riduzione della PA può spiegare l’effetto nefroprotettivo dei farmaci che bloccano il RAS, il fatto che questi farmaci siano più efficaci nel ridurre i valori pressori, indica la necessità di utilizzare sempre un bloccante del RAS in questi pazienti.
Target pressori e nefroprotezione nel paziente con nefropatia cronica Non esiste una chiara evidenza che la riduzione della PA a valori < 130/80 vs valori < 140/90 mmHg sia vantaggiosa in termini di nefroprotezione, se si escludono i pazienti con nefropatie proteinuriche Ridurre la PAS a valori < 140 mmHg nei pazienti con nefropatia cronica non diabetica e diabetica Ridurre la PAS < 130 mmHg quando è presente proteinuria conclamata, avendo cura di monitorare il GFR Pertanto, sulla base dei dati disponibili in letteratura, occorre riconoscere che non esiste una chiara evidenza che ridurre la PA a valori < 130/80 rispetto a < 140/90 mmHg sia vantaggiosa in termini di nefroprotezione in pazienti con nefropatia cronica, se si escludono i pazienti con nefropatie proteinuriche. Nella slide sono riportate le raccomandazione delle linee guida ESH/ESC del 2013 riguardo alla riduzione della PA nel paziente iperteso con malattia renale cronica. Per raggiungere i target pressori è molto spesso necessaria una terapia di associazione ed è raccomandato associare un bloccante del RAS ad altri farmaci antipertensivi. 2013 ESH/ESC Hypertension Guidelines
Adapted from Pohl M.A et al. JASN 2005 Per quanto riguarda la nefropatia diabetica, per trovare un dato a sostegno delle raccomandazioni di ridurre la PA a valori inferiori a 130 mmHg per la sistolica dobbiamo rifarci a questa analisi retrospettiva e osservazionale che mostrava una progressiva riduzione del rischio di peggioramento del filtrato per valori di PAS < 120 mmHg Adapted from Pohl M.A et al. JASN 2005
Effects of additional risk factors on the relative risk of CHD death (20-year follow-up; 121,046 women with type 2 DM) 23.3 20 15 13.3 Relative Risk 10 5.51 Questa stretta correlazione tra questi due fattori di rischio ovviamente comporta un esponenziale aumento del profilo di rischio CV. Si osserva in questo studio prospettico che la contemporanea presenza di ipertensione e diabete mellito aumenta il rischio relativo di mortalità coronarica dal 5.51 al 13.3. Se il paziente ha già avuto un precedente evento cardiaco, la coesistenza di diabete ed ipertensione aumenta di circa il doppio il rischio CV 3.45 5 Hypertension Diabetes Diabetes + hypertension Diabetes + hypertension + preexisting CHD Hu et al, Arch Int Med 2001