Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale Triennio

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Transcript della presentazione:

Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale Triennio 2007-2010 TERAPIA DEL MORBO DI PARKINSON Tirocinante Dott. Giorgio Fruscoloni

Premessa Partiamo dalla considerazione che la Malattia di Parkinson e' caratterizzata da una perdita progressiva delle cellule nervose che producono dopamina che si trovano in una regione del cervello chiamata substantia nigra; la ragione di tale perdita rimane sconosciuta. La mancanza della dopamina è responsabile dei noti sintomi parkinsoniani e la terapia farmacologica a nostra disposizione ci permette di migliorare i sintomi senza agire sulle cause o senza garantire il rallentamento della malattia.

Considerazioni Da quanto è emerso da questo studio sulla terapia del Morbo di Parkinson si è visto che per quanto concerne la terapia farmacologica non vi sono grosse innovazioni se non nella migliorata biodisponibilità dei farmaci , nella riduzione degli effetti collaterali e nella maneggevolezza della somministrazione. Per quanto riguarda il futuro della terapia intesa nel suo insieme si potranno avere in un periodo di tempo non molto lontano, delle nuove prospettive sia per quanto riguarda la neuro chirurgia che soprattutto quella genica e non per ultimo l’ impianto di cellule staminali che a mio avviso sarà il futuro della Malattia di Parkinson. In tutto ciò del medico di medicina generale ha un ruolo non del tutto marginale. A lui il compito di follow up ed il monitoraggio degli effetti collaterali dei farmaci. Ben diverso il ruolo dello specialista, che sia il neurologo e/o il neurochirurgo, nella conduzione della terapia sempre però in contatto con il ”medico di famiglia”. Il ruolo del MMG diventa rilevante nella gestione della malattia nel suo insieme, sia nell’ ambito familiare, che nella scelta dello specialista, che nell’accettazione da parte del malato della sua nuova condizione.

Terapia Farmacologica Trattamento neurochirurgico Altre terapie Levodopa Inibitori delle monoamino-ossidasi e della catecol-O-metiltransferasi Agonisti dopaminergici Apomorfina Duodopa Trattamento neurochirurgico Stimolazione cerebrale profonda DBS Stimolazione corticale epidurale La terapia genica Infusione intracerebrale di farmaci Trapianto di cellule staminali Altre terapie La tossina botulinica Fisioterapia

La terapia farmacologica morbo di Parkinson si basa sulla Levodopa (LD), precursore naturale della dopamina, questa resta il cardine della terapia farmacologica del MP. Il trattamento con LD determina un miglioramento dei sintomi parkinsoniani, tuttavia non arresta la progressione della malattia ed è gravato dall'insorgenza di complicanze tardive. Nell'ultimo decennio si sono affermati come alternativa alla LD i dopaminoagonisti che agiscono tramite uno stimolo diretto sui neuroni dopaminergici. A distanza di anni si è visto nel Parkinson iniziale, determinano una buona risposta con una bassa incidenza di discinesie. L’associazione con un inibitore periferico della DOPA-decarbossilasi come la carbidopa (Sinemet) o la benserazide (Madopar) ha consentito di ridurre notevolmente la dose quotidiana di LD e quindi di aumentare la tollerabilità del farmaco. Le linee guida italiane suggeriscono strategie diverse in funzione dell'età: per pazienti con malattia ad esordio giovanile (<50 anni) si consiglia una monoterapia con dopaminoagonisti che può essere associata a basse dosi di L-dopa; per pazienti con età compresa fra i 50 ed i 70 anni si consiglia una monoterapia con dopaminoagonisti o con L-dopa oppure l'associazione tra i due farmaci.

In questi ultimi anni si è affacciata la possibilità di poter sostituire le cellule produttrici di dopamina . Inizialmente l’idea dei trapianti era quella di prelevare cellule nervose (neuroni) dai feti o dagli embrioni, fare in modo che queste cellule molto indifferenziate si trasformassero in cellule che producono dopamina e quindi trapiantarle in quelle zone del cervello carenti; i risultati ottenuti però sono stati modesti. Ma dall'embrione si possono ottenere anche le cosiddette cellule embrionali staminali, la cui caratteristica principale è l'elevata capacità di differenziarsi in qualsiasi altro tipo cellulare. Sono cellule dette pluripotenti, ossia che non possiedono compiti specifici ma che sono in grado di proliferare e differenziarsi, a seconda dell’esigenza, in cellule con compiti speciali (come quello di produrre dopamina). Tali cellule si ottengono, per esempio, da embrioni o feti abortiti o vengono forniti dalle cliniche in cui si effettua la fecondazione in vitro (embrioni in eccesso che non sono stati trasferiti nell'utero della madre) e che possono essere sono utilizzati per la ricerca solo dopo il consenso dei genitori. E’ facile intuire le difficoltà legislative ed etiche che ciò comporta. Le cellule staminali non si trovano solo negli embrioni, ma anche nei tessuti differenziati dell' adulto, per esempio nel midollo spinale, nella retina, negli epiteli, nel cervello. Purtroppo le cellule staminali adulte sono difficili da reperire, poiché numericamente molto scarse; inoltre non possono essere coltivate a lungo poiché, tendono più facilmente a perdere le caratteristiche di pluripotenzialità. Una via alternativa per ottenere cellule staminali è il loro isolamento dal cordone ombelicale. Gli studi e la sperimentazione sull’utilizzo delle cellule staminali per la cura del Morbo di Parkinson sono iniziati nel 2000.

Terapia genica somministrata per la prima volta ad un paziente parkinsoniano A New York un uomo di 55 anni affetto da malattia di Parkinson da 10 anni ha dato il suo consenso informato per partecipare ad uno studio sperimentale sulla terapia genica. La terapia è stata somministrata direttamente nel cervello tramite un catetere. Lo studio è stato approvato dal Ministero della Sanità Americano e verrà effettuato su 12 pazienti affetti da malattia di Parkinson grave. Esso è uno studio di fase 1, questo significa che lo scopo della studio è di stabilire se la terapia è sicura cioè se presenta rischi per la salute dei pazienti o no. Tuttavia, è evidente che i pazienti verranno anche sottoposti alle indagini necessarie per verificarne la efficacia terapeutica. (Times, Agosto 2003).