di Claudio Monteverdi e Alessandro Striggio

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Transcript della presentazione:

di Claudio Monteverdi e Alessandro Striggio L’Orfeo di Claudio Monteverdi e Alessandro Striggio

Mantova, 24 febbraio 1607 Palazzo Ducale Personaggi: La Musica (S); due pastori (S e T), una ninfa (S); Orfeo (T); Euridice (S); Silvia, messaggera (S); la Speranza (S); Caronte (B); Proserpina (S); Plutone (B); tre spiriti (T, T, B); Eco (T); Apollo (T); ninfe, pastori, spiriti e coro Organico (minimo): due clavicembali, due contrabbassi di viola, dieci viole da braccio, un’arpa doppia, due violini piccoli alla francese, due chitarroni, due organi in legno, tra bassi da gamba, quattro tromboni, un regale, due cornetti, un flautino, un clarino con tre trombe sordine

Il melodramma, le corti italiane e le accademie Nasce per volontà del principe Francesco Gonzaga, che voleva emulare i fasti della corte medicea fiorentina. L’incarico venne affidato all’Accademia degli Invaghiti (nata un cinquantennio prima); era Invaghito il conte Alessandro Striggio, autore del libretto, dato poi ad intonare al maestro della musica ducale Monteverdi. La recita non avvenne al teatro di corte, ma in una sala non molto grande della residenza gonzaghesca, repliche: 1° marzo 1607 e poi Torino (1610); Salisburgo (1614); Genova (prima del) 1646 Cantanti: castrato Magli (Musica, Proserpina e Speranza); tenore Francesco Rasi (Orfeo), allievo di Caccini; un giovane sacerdote Bacchini (Euridice)

I due finali e le pubblicazioni Sappiamo che esistono due finali dell’opera, uno peraltro andato perso. Un finale - nel quale si lascia intendere che Orfeo venga divorato dalle Baccanti - che riflette il mito originario (solo in una versione del libretto) (per il pubblico più colto e raffinato). Questa partitura è andata persa. Un finale nel quale da una nuvola discende Apollo che incorona Orfeo e lo porta con sé nell’Empireo (più complesso da realizzare da un punto di vista scenotecnico, ma più spettacolare) In occasione della prima venne stampato solo il libretto; la partitura venne stampata a Venezia (1609) e ristampata nel 1615 per consentire futuri allestimenti.

Prologo e Atto primo Dopo la “Toccata che si suona avanti il levar della tela tre volte con tutti li stomenti” esordisce la Musica che nel Prologo introduce la vicenda presentandosi, illustrando l’argomento e chiedendo silenzio. I pastori si raccolgono festosi attorno ad Orfeo ed Euridice, che stanno per celebrare le loro nozze. Vengono intonate preghiere propiziatorie ed eseguite gioiose danze corali. Orfeo chiama gli astri a testimone della sua felicità ed Euridice gli fa eco. Poi tutti si avviano al tempio in cui si compirà il rito. Conclude il coro che invita i presenti a non lasciarsi mai prendere dalla disperazione.

Toccata e Prologo Toccata che si suona avanti il levar della tela tre volte con tutti li stromenti, e si fa un Tuono più alto volendo suonar le trombe con le sordine Recitar cantando della Musica che si alterna al ritornello strumentale La forza della musica: “che sa far tranquillo ogni turbato cor” Sottolineature del testo: “le più gelate menti” (dissonanza) Piccole fioriture (ad libitum) della cantante (sprona) Interpretazione: pausa (dopo non si mova)

Atto primo Pastore: recitar cantando (Orfeo semideo perché figlio della musa Calliope e di un re della Tracia) liuto e poi strumento a corda grave Coro: tessitura a 5 voci di carattere prevalentemente omoritmico (invocazione di Imeneo, la divinità che guidava il corteo nuziale) Ninfa: invoca anch’essa Imeneo Coro+Ritornello strumentale: tessitura a 6 voci con vari strumenti in raddoppio (confronto con Peri e Caccini). Tessitura contrappuntistica imitativa; ritornello strumentale per la danza

La struttura simmetrica del primo atto Al centro si collocano Orfeo ed Euridice

Secondo atto: si consuma il dramma Orfeo ritorna ai suoi boschi e ai suoi prati, al culmine della felicità, mentre i pastori continuano ad intonare lieti canti; lo stesso Orfeo si esibisce in una canzonetta strofica. L’atmosfera gioiosa è però turbata dall’arrivo della messaggera che comunica ai presenti l’improvviso lutto. Silvia racconta come tutto ciò sia potuto accadere “In un fiorito prato”: mentre Euridice raccoglieva fiori, è stata morsa da un serpente ed è spirata tra le braccia delle sue compagne invocando il suo amato La costernazione avvolge i presenti (“Ahi, caso acerbo”), ma Orfeo si propone di scendere nell’oltretomba per riportare con sé Euridice

Elementi stilistici salienti Contrasto tra i lieti canti strofici di Orfeo e dei pastori e il tono lugubre del recitar cantando della messaggera (recitar cantando di Monteverdi è ben più mobile, duttile e patetico di quello di Peri e Caccini) con impiego di soluzioni armoniche e melodiche ben più ardite, ma sempre per finalità espressive Confronto tra le due arie

Atto III Orfeo discende agli inferi e dedica la sua aria “Possente spirto” a Caronte per cercare di impietosirlo, ma non ci riesce. Decide allora di suscitarne il sonno intonando un’appropriata melodia sulla sua lira Riesce poi ad utilizzare l’imbarcazione di Caronte per attraversare il fiume infernale Il coro commenta queste azioni come caso esemplare di ardimento umano “Nulla impresa”

IV atto Giunto al cospetto delle divinità infernali, espone il suo caso e viene appoggiato da Proserpina. Plutone acconsente, ma fissa le sue condizioni: Orfeo potrà portare con sé Euridice, ma non si potrà voltare a vederla. Orfeo si ricongiunge ad Euridice; prima è raggiante e canta “Quale onore fia degno”, poi viene roso dal dubbio e, spaventato da alcuni rumori, si gira per essere sicuro che la donna lo segua. Euridice è perduta per sempre e il coro commenta il paradosso: Orfeo ha vinto la Natura, ma non sé stesso

Orfeo ritorna sulla Terra e promette di non innamorarsi più. V atto Orfeo ritorna sulla Terra e promette di non innamorarsi più. Dal cielo scende suo padre Apollo (era figlio di Apollo e della musa Calliope) e lo consola portandolo poi con sé in cielo. Il coro si rallegra

Esistono due versioni: Possente spirto Esistono due versioni: Secondo Nino Pirrotta la prima – dallo stile più neutro – venne realizzata imitando Peri; la seconda – più fiorita – Caccini. Secondo altri per evitare le diminuzioni dei cantanti (Francesco Rasi, per esempio) Testo di endecasillabi sul quale si innesta una melodia ripetuta (in forma strofica) come fosse un aere rinascimentale per cantare capitoli La varietà è però garantita dalla strumentazione sempre diversa strofa dopo strofa (violini in eco; trombe, ecc.) e dalla presenza di una sinfonia introduttiva e una finale. Gli strumenti intervengono in maniera concertante strofa dopo strofa