COME SI PUO’ DEFINIRE LA MAFIA? “MAFIA” è un termine generico, spesso utilizzato per definire varie forme di criminalità organizzata. Il suo obiettivo è quello di ottenere denaro e potere, anche usando la violenza. Spesso intreccia rapporti con gente che dovrebbe sconfiggerla come: politici,istituzioni …
CHE COS’ E’ LA COSCA MAFIOSA ? Cosca in siciliano indica il torso, la parte interna e nascosta del carciofo protetta da foglie spesso spinose. La composizione del carciofo rappresenta la coesione, la compattezza, la solidità della cosca mafiosa, nella quale ognuno svolge un compito preciso. C’è chi dà ordini e chi obbedisce, chi amministra i soldi e chi si occupa dell’ assistenza dei carcerati. La cosca ha le sue regole, i suoi diritti e le sue istituzioni. E’ dotata anche di un tribunale. =
IL PIZZO Il pizzo è una tassa che la mafia tenta di imporre a chiunque gestisca un’ attività economica. L’ USURA La mafia è solita anche a prestare i soldi e dopo richiederne il doppio. A chi sgarra costerà molto la propria attività, addirittura la vita.
LA ‘NDRANGHETA sviluppatasi in Calabria, ora è la mafia più ricca. LA MAFIA IN ITALIA LA ‘NDRANGHETA sviluppatasi in Calabria, ora è la mafia più ricca. LA CAMORRA sviluppatasi a Napoli. I conflitti esplodono con frequenza e si muore innocentemente LA SACRA CORONA UNITA sviluppatasi in Puglia, ora non più molto diffusa. I BASILISCHI sviluppatasi in Basilicata.
LE VITTIME DI MAFIA SONO CENTINAIA SU CENTINAIA. L’ ELENCO DI VITTIME INNOCENTI DI MAFIA E’ LUNGO; DI QUESTO ELENCO FANNO PARTE MAGISTRATI,POLIZIOTTI,PREFETTI,GIORNALISTI, PROPRIETARI DI PICCOLE ATTIVITA’, PASSANTI CHE SI TROVANO CASUALMENTE IN QUEL POSTO, BAMBINI….
(Libero Grassi, Caro estortore, Giornale di Sicilia, 10 gennaio 1991) Dopo aver avuto alcuni problemi con la fabbrica di famiglia, la Sigma, viene preso di mira da Cosa Nostra che pretende il pagamento del pizzo. Libero Grassi ha il coraggio di opporsi alle richieste di racket della mafia e di uscire allo scoperto. Nel gennaio 1991 il Giornale di Sicilia aveva pubblicato una sua lettera sul rifiuto di cedere ai ricatti della mafia. « Volevo avvertire il nostro ignoto esortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l'acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere. Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al "Geometra Anzalone" e diremo no a tutti quelli come lui. » (Libero Grassi, Caro estortore, Giornale di Sicilia, 10 gennaio 1991) L'imprenditore denuncia gli estorsori (i fratelli Avitabile, arrestati il 19 marzo 1991 assieme a un complice), e rifiuta l'offerta di una scorta personale. Definisce "scandalosa" la decisione del giudice Luigi Russo (del 4 aprile 1991) in cui si afferma che non è reato pagare la "protezione" ai boss mafiosi. Il 29 agosto del 1991, alle sette e mezza di mattina, viene ucciso a Palermo con quattro colpi di pistola mentre si reca a piedi al lavoro. LIBERO GRASSI
Nel 1958 venne assunto dall'ufficio stampa dell'assessorato ai Lavori Pubblici della Regione Siciliana. Nel frattempo intraprese una collaborazione con "Il Giornale di Sicilia" di Palermo. Nel 1968 si licenziò dalla Regione per lavorare a pieno nel giornale , dove si occupò della cronaca giudiziaria, entrando in contatto con gli scottanti temi del fenomeno mafioso. Divenuto giornalista professionista si occupò della strage di Ciaculli, del processo ai corleonesi del 1969 a Bari, dell'omicidio del colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo e fu l'unico giornalista a intervistare la moglie di Totò Riina, Antonietta Bagarella. Nelle sue inchieste entrò profondamente nell'analisi dell'organizzazione mafiosa, delle sue spaccature, delle famiglie e dei capi, specie del corleonese legata a Luciano Liggio e Totò Riina. La sera del 26 gennaio 1979 venne assassinato a colpi di pistola a Palermo, davanti a casa sua. Per il suo omicidio sono stati condannati: Totò Riina, Leoluca Bagarella (che sarebbe stato l'esecutore materiale del delitto), altri 5. Le motivazioni della condanna nella sentenza d'appello furono: «Il movente dell'omicidio Francese è sicuramente ricollegabile allo straordinario impegno civile con cui la vittima aveva compiuto un'approfondita ricostruzione delle più complesse e rilevanti vicende di mafia degli anni '70. Il 3 settembre 2002 si suicidò il figlio trentaseienne Giuseppe, che per anni si era dedicato a inchieste sulla ricostruzione dell'omicidio del padre. MARIO FRANCESE