I micobatteri appartengono alla famiglia Mycobacteriaceae I micobatteri appartengono alla famiglia Mycobacteriaceae. Del genere Mycobacterium fanno parte importanti patogeni per l’uomo e gli animali e numerosi batteri ambientali, normalmente presenti nel suolo o nell’acqua, che a volte possono provocare importanti patologie in soggetti immunocompromessi (vedi Batteri non-tubercolari- NonTuberculus Mycobacteria-NTM) Mycobacterium bovis è l’agente eziologico della TM negli animali d’allevamento e selvatici e raramente causa patologia nell’uomo, che si infetta assumendo alimenti contaminati come il latte da bovini infetti Mycobacterium tuberculosis è l’agente eziologico della tubercolosi umana Tutti i micobatteri presentano una caratteristica parete cellulare ricca di lipidi complessi, polisaccaridi e glicolipidi
Micobatteri non-tubercolari associati a infezioni umane Un altro gruppo è costituito dai micobatteri non tubercolari, ossia da micobatteri che causano una serie di patologie diverse dalla tubercolosi nell'ospite umano, ma solo in concomitanza di particolari condizioni che abbassino le difese immunitarie dell'organismo colonizzato (si configurano perciò come parassiti opportunisti)
Caratteristiche generali 3 Caratteristiche generali 4 CERE 2 1 4 . Gli involucri dei micobatteri hanno una struttura complessa che condiziona la loro fisiologia e patogenicità. Il peptidoglicano è legato verso l’esterno da una struttura ricca di carboidrati e di lipidi. Molecole di (1) arabino-galattani legano al peptidoglicano particolari acidi grassi a lunga catena, denominati (2) acidi micolici (suddivisi in 5 tipi), a cui sono legati dei (3) glicolipidi fenolici a formare uno strato lipido-ceroso (cere). La struttura è inoltre attraversata da (4) altre molecole glicolipidiche (fosfatidil inositolo-mannoside e lipo-arabino mannani-LAM) ancorati alla parete. Da questo tipo di strutture dipende: (A) una proprietà tintoriale chiamata acido resistenza, che è alla base della colorazione di Ziehl-Neelsen, (B) un rallentamento dello scambio di sostanze nutrienti dall’esterno all’interno che rallenta la duplicazione cellulare (circa 12-24 ore) e la comparsa di colonie (3-4 settimane); (C) la formazione in terreni liquidi, per M. tuberculosis, di formazioni cordali formate da bacilli aggregati in file parallele dovute alle proprietà idrofobiche dei lipidi e in particolare alla presenza di derivati di acidi micolici (dimicolil-trealoso) denominati “fattori cordali”;
Mycobacterium tuberculosis Il Mycobacterium tuberculosis, agente eziologico della tubercolosi (TBC), è un microrganismo bastoncellare aerobio obbligato, immobile ed asporigeno. Viene comunemente considerato debolmente Gram positivo ed è caratterizzato da alcool-acido resistenza evidenziabile mediante la colorazione di Ziehl-Nielsen. Questi microrganismi sono molto resistenti agli agenti chimici e fisici e resistono a lungo all’essicamento . La trasmissione avviene per via aerea (attraverso l'esposizione al bacillo presente nelle goccioline di secreto bronchiale del soggetto infetto). Un'altra via di introduzione molto rara è rappresentata dalla cutaneo-mucosa (per contatto di lesioni cutanee o di membrane mucose con materiale infetto). Rarissimo è il contagio indiretto (attraverso oggetti contaminati). Il contagio è possibile fino a quando i bacilli continuano ad essere presenti nelle secrezioni del paziente infetto. Il grado di contagiosità dipende essenzialmente dal numero di bacilli tubercolari emessi (carica infettante) Fattori di virulenza. Una delle principali caratteristiche di M. tuberculosis è la sua capacità di resistere all’azione battericida dei macrofagi mediante un meccanismo che prevede (1) l’inibizione della fusione lisosoma-fagosoma. Il batterio rimane così in un vacuolo non acidificato , in cui sono assenti molecole ad attività battericida, e dove il batterio può replicarsi. M. tuberculosis sembra anche in grado di (2) traslocare dai vacuoli nel citoplasma dove si replica attivamente. I fattori di virulenza che intervengono in questi meccanismi sono: (1) gli acidi micolici ed in particolare il fattore cordale e (2) alcune proteine batteriche (ESAT-6 e CFP10) codificate da una regione genomica chiamata RD1 (regione di differenza 1), che differenzia M.tuberculosis da altri micobatteri non patogeni, sembrano favorire la permealizzazione delle membrane del vacuolo.
DELL’INFEZIONE TUBERCOLARE “Tubercolosi primaria” La patogenesi della tubercolosi dipende dallo sviluppo di una immunità cellulo-mediata, che conferisce resistenza al batterio e produce ipersensibilità verso antigeni tubercolari. Il M. tuberculosis si trasmette per via aerea da un paziente con TB polmonare attiva. Il bacillo, una volta raggiunto lo spazio alveolare penetra nei macrofagi alveolari per endocitosi mediata da recettori macrofagici: i recettori per il mannosio legano il lipoarabinomannano e i recettori per il complemento legano i batteri opsonizzati dalla C3b. Nel tempo di 0-3 settimane il micobatterio (1) può essere rapidamente ucciso (immunità innata) causando una lieve infiammazione, oppure (2) può resistere all’azione microbicida, (bloccando la fusione del fagosoma con il lisosoma) e moltiplicarsi. Nel primo caso, l’infezione non ha luogo in assenza di risposta immunitaria specifica. Nel secondo caso il batterio si moltiplica con l’instaurarsi di un’infezione e di un’intensa risposta immunitaria causa della tubercolosi primaria. Dopo più di tre settimane dall’infezione i macrofagi raggiungono i linfonodi drenanti dove si ha l’attivazione dei linfociti Th1 ed in seguito dei T8. I Th1 producono IL2, IFN che attiva i macrofagi e TNF importante nel processo infiammatorio. La comparsa di macrofagi “attivati”, con un aumentato potere micobattericida, e di linfociti CD8 citotossici specifici riesce di norma a contenere l’infezione, con l’attivazione di un caratteristico processo infiammatorio di tipo granulomatoso, denominato “tubercolo” o granuloma primario e l’instaurarsi di una fase di latenza clinicamente asintomatica, che può rimanere per anni o per tutta la vita. Solo raramente una lesione primaria polmonare può evolvere in tubercolosi attiva o polmonare con diffusione bronchiale e solo in alcuni casi, attraverso vari meccanismi (disseminazione ematica), si può avere una localizzazione diffusa del batterio (tubercolosi disseminata) PATOGENESI DELL’INFEZIONE TUBERCOLARE “Tubercolosi primaria”
-formazione del tubercolo primario( focolaio di Ghon) Tubercolosi primaria -formazione del tubercolo primario( focolaio di Ghon) Il Tubercolo si manifesta con un denso infiltrato di cellule epiteliodi (macrofagi fittamente stipati), cellule giganti multinucleate dovute alla fusione di macrofagi (cellule di Langhans), linfociti B e T che viene circoscritto da un’intensa reazione connettiva (fibrosi) ad opera di fibroblasti e tessuto connettivo. La porzione centrale va incontro a necrosi (necrosi caseosa) ed è successivamente sede di una intensa precipitazione di sali di calcio, con successiva cicatrizzazione della lesione (che può essere evidente o non evidente ai Rx.) Il granuloma tubercolare associato ad infiammazione dei linfonodi corrispondenti e delle vie linfatiche che collegano il granuloma ai linfonodi prende il nome di “complesso primario di Ghon”. L’infiammazione granulomatosa, è dovuta all’intensa risposta cellulo-mediata che è alla base delle reazione di ipersensibilità ritardata (delayed-type hypersensitivity – DTH). Si ritiene che la necrosi caseosa serva a eliminare i macrofagi infettati e fornisca un ambiente privo di ossigeno dove il batterio non si replica. I granulomi rappresentano la principale causa di danno tissutale e sintomatologia clinica della malattia. Complesso primario ai raggi x
Tubercolosi secondaria Non sempre però, il “complesso primario” viene completamente e definitivamente “sterilizzato”. In una elevata percentuale dei casi, la lesione granulomatosa iniziale, si traduce in un’infezione cronica (tubercolosi latente-quiescente), assolutamente asintomatica, ma con la persistenza di micobatteri, che possono rimanere vitali per lunghissimi periodi (decenni), in una sorta di letargo metabolico. Occasionalmente (5-10% di una TBC latente), una diminuita efficienza del sistema immune (la infezione da HIV-1 rappresentano il maggior fattore di rischio) può favorire una reinfezione o portare, più frequentemente, alla “riattivazione” del complesso primario con la comparsa di quella che viene definita Tubercolosi secondaria. In questo caso si ha la ripresa della moltiplicazione dei micobatteri nella zona apicale dei lobi superiori dei polmoni (maggiormente aerata) e con la formazione di lesioni granulomatose multiple che confluiscono e che, in seguito alla necrosi caseosa ed alla colliquazione (fluidificazione di parti solide in seguito a processi degenerativi) della porzione centrale, sfociano nelle tipiche “caverne polmonari”. Il contenuto necrotico può essere riversato nelle cavità bronchiali con la emissione di espettorato bacillifero in grado di diffondere l’infezione ad altri soggetti (è questa la classica forma di TB polmonare clinicamente evidente che rappresenta la principale forma contagiosa) o riversato in circolo, con la diffusione metastatica dell’infezione in altre sedi polmonari, o extrapolmonari (tubercolosi miliare, tubercolosi meningea, renale, ossea, etc.) . Tubercolosi secondaria
La diagnosi di infezione La diagnosi di infezione tuberculare è possibile mediante la ricerca di M. tuberculosis in un idoneo campione di materiale patologico mediante: (1) ricerca microscopica attraverso la colorazione di Ziehl-Neelsen di materiale provenente da espettorato, liquor, biopsia, sedimento urinario, etc. La certezza diagnostica si ha solo con l’isolamento colturale; (2) ricerca colturale . Il batterio cresce molto lentamente e produce colonie solo dopo alcune settimane. L’isolamento di un determinato ceppo batterico in terreni di coltura è importante per poter condurre studi di sensibilità ai farmaci antibatterici: (a) l’espettorato si tratta con emulsionanti al 3% di NaOH per decontaminare il materiale patologico (i micobatteri sono resistenti al trattamento con basi forti) e (b) il M. tuberculosis si coltiva in terreno solidificato contenente verde di malachite (in grado di inibire la crescita di microrganismi contaminanti) e dopo 2-3 settimane di incubazione a 37°C si assiste alla comparsa di colonie con pigmentazione giallastra. (3) l’identificazione definitiva si può ottenere mediante PCR e l’utilizzo di sonde molecolari specifiche per M. tuberculosis. Un’indagine importante ai fini epidemiologici è l’accertamento della presenza di immunità cellulo-mediata attraverso la reazione di Mantoux o della tubercolina.
Reazione di Mantoux o della tuberculina L’avvenuta infezione può essere diagnosticata con un test cutaneo mediante l’inoculazione intradermica di “tubercolina” (proteine del micobatterio) che rivela l’avvenuta sensibilizzazione (presenza di immunità cellulo-mediata) dell’organismo. La tubercolina attiva i Thl della memoria che proliferano e secernono citochine infiammatorie (IFN-γ, TNF) con il richiamo di monociti e macrofagi, la cui attivazione contribuisce alla flogosi ed alla deposizione di fibrina nei capillari distrettuali. La positività (comparsa di una papula eritematosa dopo 24-48 ore dall’inoculazione è dovuta alla reazione infiammatoria “allergia ritardata”-DTH) non diagnostica un’infezione in atto ma un avvenuto contatto con il batterio e pertanto ha un valore epidemiologico. Il test della tubercolina ha valore diagnostico solo quando si osservi il passaggio da reazione negativa a positiva in un breve periodo di tempo (particolarmente importante nell’infanzia-prima età scolare). Il test di Mantoux, benché ancora valido come misura di controllo, risulta spesso positivo anche dopo esposizione a micobatteri ambientali innocui, dopo esposizione asintomatica recente a M. tuberculosis, e nei soggetti vaccinati. QuantiFERON o TB-Test . Consiste nel cimentare le cellule di un campione di sangue, eparinizzato, del soggetto con particolari antigeni tubercolari quali ESAT-6, CFP-10 o la stessa tubercolina. Successivamente si valuta mediante ELISA la presenza di interferone, che testimonia l'attività dei linfociti T sensibilizzati al M. tubercolosis NOTA: Con il termine di ipersensibilità si indica l’insieme delle manifestazioni morbose o anatomo-funzionali provocate dall’interazione dell’antigene (secondo contatto) con componenti immunitari (anticorpi e/o linfociti T) precedentemente prodotti e/o sensibilizzati dal contatto con lo stesso antigene (prima infezione o contatto). Ad esempio l’ipersensibilità o allergia ritardata (delayed-type hypersensitivity – DTH) è dovuta alla presenza di linfociti T e citochine e si manifesta in un periodo variabile di 24-72 ore (es. malattie allergiche come tubercolosi e sifilide), mentre l’ipersensibilità immediata è legata alla presenza di anticorpi e si manifesta in pochi minuti dal contatto con l’antigene (es. allergie da pollini, farmaci etc).
Epidemiologia Questa malattia e' tutt'altro che debellata - ricorda l'Oms - anzi continua a colpire confermandosi uno dei ''big killer'', se e' vero che un terzo della popolazione mondiale è stata infettata dal batterio, con circa 8-10 milioni di nuovi casi di tubercolosi, e un milione e seicentomila decessi nel 2016. Se si considerano poi le forme associate con HIV (un milione e mezzo di persone colpite, circa 430mila decessi) e quelle multifamaco resistenti, che riguardano 630mila persone. In Italia - secondo i dati del ministero della Salute- l'incidenza di tubercolosi negli ultimi anni è costantemente inferiore a 10 casi ogni 100.000 abitanti, soglia entro la quale un Paese è definito dall'Oms come ''a bassa endemia''. La maggior parte degli episodi si concentra in alcuni gruppi definiti a rischio (immigrati, detenuti extracomunitari, detenuti Hiv positivi, tossicodipendenti) e, nella distribuzione per fasce d’età', i giovani adulti sembrano essere i più colpiti. Il maggior numero di casi si verifica nel Nord e nel Centro Italia (soprattutto nelle grandi città') dove in alcuni casi si supera il livello soglia dei 10 casi per 100.000 abitanti e la resistenza ai farmaci antitubercolari si e‘ attestata, nel 2015, al 3,2%.
Terapia e vaccinazione Il controllo dell’infezione è basato su un precoce e protratto trattamento farmacologico. La tubercolosi deve essere trattata per periodi lunghi (circa un anno) utilizzando 2 o più antibiotici e chemioterapici. La multiterapia richiede rifampicina, isoniazide o streptomicina, pirazinamide** ed etambutolo* somministrati in associazione, giornalmente e per almeno due mesi, seguita da una terapia di mantenimento con isoniazide e rifampicina tre volte alla settimana per quattro mesi. A causa delle frequente comparsa di ceppi resistenti è importante eseguire un antibiogramma sul ceppo isolato dal paziente. Il vaccino tubercolare è costituito da una variante apatogena di Mycobacterium bovis scoperto da Calmette e Guerin e denominato B.C.G. L’efficacia protettiva di questo vaccino ha un’elevata variabilità e sembra dipendere da (1) differenze nei ceppi di BCG, dalla (2) diversa virulenza di ceppi di MT prevalenti in località diverse, (3) da fattori ambientali e (4) dall’evoluzione dell’infezione, etc. *Etambutolo: blocca l'enzima arabinosil-transferasi che catalizza la polimerizzazione del D-arabinofuranosio a dare arabinofuranosilgalattosio componente della parete micobatterica **Pirazinamide: viene metabolizzata el fegato e convertita in acido pirazimico che favorisce l’acidificazione del pH citoplasmatico Il pH acido causa l'inattivazione e il malfunzionamento di pompe di membrana che sono essenziali per il nutrimento del batterio, che trovandosi senza nutrimento muore
Mycobacterium leprae Il M. lepre è l’agente eziologico della lebbra (i primi casi sono stati descritti. in India intorno al 600 a.C). La lebbra è una malattia cronica a lungo decorso con un lunghissimo periodo d’incubazione (alcuni anni). Non è ancora noto come la lebbra si trasmetta. Si pensa attraverso i contatti con le persone infette, ma non si esclude che la trasmissione possa avere luogo anche per via aerea (si ritiene che il bacillo possa essere trasmesso attraverso le secrezioni nasali) clinicamente caratterizzata dalla presenza di lesioni granulomatose cutanee o mucose che vanno incontro ad ulcerazioni provocando spesso mutilazioni deformanti (es. al volto) e da lesioni che coinvolgono varie terminazioni nervose. Secondo l'OMS-WHO negli anni 1980 erano circa 12 milioni e negli anni 1990 sarebbero scesi drasticamente a 2,5 milioni circa, fino a raggiungere i 249.000 nuovi casi accertati annui nel 2008 (Africa, India, America meridionale). Anche negli Stati Uniti e in Italia (2 casi nel 2014) sono presenti alcuni casi dovuti soprattutto ai flussi immigratori. La terapia della lebbra è attualmente efficace con l’introduzione della terapia multipla che comprende antibiotici e chemioterapici. Il farmaco di elezione è la rifampicina