Alessandro Pinto CLASSE 1°As Genocidio del ruanda Alessandro Pinto CLASSE 1°As
Il genocidio del Ruanda fu uno dei più sanguinosi episodi della storia del XX secolo. Dal 6 Aprile alla metà di Luglio del 1994, per 100 giorni, vennero massacrate e uccise sistematicamente, a colpi di fuoco, machete e bastoni chiodati circa 500.000 persone. Il genocidio, ufficialmente, viene considerato concluso dopo la spedizione umanitaria, voluta e interpretata dai francesi, sotto l’autorizzazione dell’ONU. Il Ruanda è un piccolo stato dell’Africa occidentale che non possiede sbocchi sul mare. E’ ricco di minerali, oro e gas naturale. I primi popoli che abitarono il Ruanda furono i Twa, popolo di cacciatori, successivamente gli Hutu, popolo di coltivatori e infine i Tutsi un popolo di allevatori.
Il pretesto principale, forse tanto atteso dagli estremisti, fu l’abbattimento dell’aereo e la conseguente morte del presidente ruandese Habyarimana, al potere dal 1973. Con lui morì anche il presidente del Burundi, entrambi di ritorno dai colloqui di pace in Tanzania. Il Ruanda fece il suo ingresso nella sfera politica europea alla fine dell’Ottocento, precisamente nel 1897, quando la Germania di Guglielmo II entrò in possesso del regno. I tedeschi vi trovarono un regno molto organizzato con a capo un re Tutsi. Era considerato dal popolo un semi-dio. La popolazione era divisa in due gruppi: i Tutsi e gli Hutu. I primi allevavano il bestiame e i secondi coltivavano la terra. I Tutsi erano considerati aristocratici, alti, belli con fisici slanciati, pelle non molto scura, labbra sottili e naso stretto e appuntito; mentre gli Hutu erano rozzi, bassi con corporatura tozza, pelle scura e naso schiacciato. Inoltre, i Tutsi fossero in realtà i discendenti del re David, e di conseguenza li considerava una tribù caucasica di origini etiopi; mentre identificava gli Hutu come la classica tribù negroide e sottosviluppata.
Dopo la Prima guerra mondiale, il Belgio amministrò il regno di Ruanda-Urundi al posto della Germania sconfitta. Con la dominazione belga la situazione tra le due “etnie” diventò sempre più insostenibile, scavando tra loro un solco sempre più profondo e incolmabile. Gli Hutu, sempre più emarginati ed esclusi dalla società, cominciarono ad organizzarsi: un gruppo di intellettuali pubblicò “il Manifesto Hutu”. Il manifesto dichiarava la sostituzione degli uomini Tutsi ai cardinali del potere con uomini Hutu, legittimando la violenza contri gli oppressori. Il Belgio, che fino ad allora aveva sempre appoggiato e protetto i Tutsi, improvvisamente cambiò strategia politica e abbandonò i vecchi protetti per i nuovi diseredati da redimere. L’influenza della Chiesa qui fu forte. Negli anni ’50 i nuovi sacerdoti belgi mandati nella colonia ruandese erano di origine fiamminga e di conseguenza gli veniva naturale identificarsi con gli Hutu.
Nel 1959-60 avvengono i primi incidenti gravi: migliaia di Tutsi vengono uccisi e migliaia di persone sono costrette a fuggire all’estero. I belgi non muovono un dito. Nel 1962 i ruandesi ottengono l’indipendenza dal Belgio ed eleggono Kayibanda presidente. L’odio verso i Tutsi non tende a placarsi, e anche quando nel 1973 il generale Juvenas Habyarinama prende il potere con un colpo di stato, i massacri continueranno. Quello stesso anno migliaia di persone vengono uccise. Nel 1993, grazie alla scesa dell’ ONU, viene firmato un trattato di pace tra Habyarimana e i ribelli Tutsi, che risiedono in Uganda. Anche dopo l'accordo di pace firmato ad Arusha nel 1993, alcuni uomini d'affari vicini al generale Habyarimana si fecero importare 581.000 machete dalla Cina per aiutare gli Hutu nell'uccidere i Tutsi, perché erano più economici delle pistole.
Numerosi autori delle stragi rimasero impuniti o indirettamente protetti da paesi occidentali, come la Gran Bretagna, a causa dell'assenza di trattati di estradizione con il Ruanda. Il 18 dicembre 2008, il tribunale internazionale speciale istituito ad Arusha, in Tanzania , ha condannato all'ergastolo per genocidio il colonnello Théoneste Bagosora, nel 1994 a capo del Ministero della Difesa ruandese e ritenuto l'ideatore del massacro, il maggiore Aloys Ntabakuze e il colonnello Anatole Nsengiyumva. Théoneste Bagosora
Maggiori sono le vittime della popolazione dei Tutsi Maggiori sono le vittime della popolazione dei Tutsi. Le cifre ufficiali diffuse dal governo ruandese parlano di 1.174.000 persone uccise in soli 100 giorni, 10.000 morti al giorno, 400 ogni ora, 7 al minuto. Altre fonti parlano di 800.000 vittime. Tra loro il 20% circa è di etnia hutu. I sopravvissuti tutsi al genocidio sono stimati in 300.000. Migliaia le vedove, molte stuprate e oggi sieropositive. 400.000 i bambini rimasti orfani, 85.000 dei quali sono diventati capifamiglia. Pascal Simbikangwa, capo delle squadre della morte che guidò il genocidio: "800.000 in 4 mesi con il machete...ho fatto del mio meglio con i mezzi a disposizione”. 1.174.000 VITTIME 10.000 VITTIME AL GIORNO 400 VITTIME OGNI ORA 7 VITTIME AL MINUTO