Introduzione alle tecniche cromatografiche

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Transcript della presentazione:

Introduzione alle tecniche cromatografiche Il termine cromatografia indica un insieme di tecniche che hanno lo scopo di separare una miscela nei suoi componenti, per permetterne il riconoscimento qualitativo e quantitativo I metodi cromatografici sfruttano la diversa affinità di molecole e ini nei confronti di due fasi diverse

Cromatografia Queste tecniche sono basate sulla distribuzione differenziale dei vari componenti fra due fasi, una chiamata fase stazionaria che è immobilizzata e l’altra chiamata fase mobile o eluente, che fluisce in continuo attraverso la fase stazionaria. Le tecniche sono particolarmente utili nell’analisi di miscele complesse come sono la maggior parte dei campioni di natura organica

Nascita della cromatografia Inizi del XX secolo come tecnica per la separazione di pigmenti fogliari, inventata dal botanico russo Mikhail Semenovich Tswett. Egli intendeva separare i pigmenti presenti nella clorofilla; fece un estratto di foglie verdi in etere di petrolio, lo depositò in testa ad una colonna di vetro impaccata con carbonato di calcio ed eluì, (cioè versò in continuo) con solfuro di carbonio: i vari pigmenti si separano in bande colorate, in particolare clorofilla A e B, carotene e xantofilla Tswett chiamò questa tecnica cromatografia dal greco scrittura del colore

Esperimento fondamentale Fase stazionaria (granuli di dimensioni tali da permettere lo scorrimento della fase mobile) inserita (impaccata) in una colonna e immersa nella fase mobile La miscela da separare viene depositata in testa alla colonna Si aggiunge in modo continuo la fase mobile (eluente) che scorrendo trascina in modo selettivo i componenti della miscela

Interazione fra le fasi Le interazioni che si verificano tra le sostanze da separare e le due fasi (mobile e stazionaria) sono deboli: se così non fosse non ci sarebbe trattenimento sulla fase stazionaria oppure, al contrario, eluizione. Sono sfruttate a scopo separativo le seguenti interazioni: legami a idrogeno interazioni dipolo-dipolo interazioni dipolo-dipolo indotto forze di Van der Waals In tutte queste interazioni svolge un ruolo solitamente decisivo la polarità delle due fasi. Spesso possono essere presenti più tipi di interazione nello stesso processo cromatografico

Principali meccanismi di separazione Adsorbimento: La fase stazionaria è un solido. Ripartizione:La fase stazionaria è un liquido, che impregna un solido granulare inerte. Scambio ionico:La fase stazionaria è costituita da macromolecole con siti attivi ionizzati, i cui controioni possono essere scambiati con quelli eluiti nella fase mobile Esclusione:La fase stazionaria è un solido poroso. In tali pori possono sostare le molecole degli analiti. Affinità:Variante della cromatografia di adsorbimento, si sfruttano reazioni biochimiche reversibili e molto specifiche in modo che le molecole da separare rimangano bloccate sulla fase stazionaria

Adsorbimento L'adsorbimento è quel fenomeno che determina il vincolarsi di una sostanza a un solido. Ciò perché sul solido ci sono i cosiddetti "centri attivi" ovvero raggruppamenti di atomi grazie ai quali esso si lega, con legami chimici secondari, ai componenti della miscela e ne ritarda il procedere.

Vari sono i fattori che influenzano il fenomeno dell'adsorbimento: Struttura reticolare del solido; Stato fisico del solido adsorbente: si intende praticamente la superficie di reazione che deve essere la massima possibile; Struttura molecolare dell'adsorbito: la polarità di una molecola influisce sulla sua attrazione con i "centri attivi" del solido. Le molecole con gruppi polari (–OH, –NH2, ecc...) saranno più trattenute dal solido che quelle apolari; Temperatura e pressione: sono fattori contrastanti a riguardo dell'adsorbimento. Mentre l'aumento di temperatura causa un aumento dell’agitazione molecolare con conseguente rottura dei legami adsorbente/adsorbito, un aumento della pressione favorisce l'addensarsi di un componente gassoso sul solido. L'adsorbimento quindi si basa sulla selettività del trattenimento dell'adsorbente nei confronti di adsorbiti diversi in base alle caratteristiche del solido adsorbente e alle condizioni interne (T e P) alla colonna.

Le interazioni che intercorrono tra le differenti sostanze e il solido con i suoi centri attivi sono paragonabili a ciò che succede quando due diverse palline scorrono su una tavola irta di chiodi. La diversa superficie delle palline, così come la diversa polarità delle molecole, assicurerà un maggior o minore trattenimento da parte delle punte dei chiodi, paragonabili ai centri attivi del solido.

Ripartizione La fase stazionaria è un liquido che impregna un solido granulare inerte o è ad esso chimicamente legato; in questo liquido le molecole da separare sono solubili; la fase stazionaria e la fase mobile devono invece essere immiscibili. Durante l’eluizione le molecole si ripartiscono dinamicamente tra le due fasi secondo la diversa solubilità di ognuna, secondo un rapporto costante che dipende dalla solubilità del campione nei due solventi: K = CX / CY (legge di ripartizione di Nernst). in cui: K = coefficiente di ripartizione: è costante a temperatura costante, CX = concentrazione del soluto nel solvente X, CY = concentrazione del soluto nel solvente Y. I valori di K variano da sostanza a sostanza ma anche a seconda della coppia di liquidi usata e della temperatura.

Scambio ionico Si utilizza una resina con funzioni cariche bilanciate da ioni di segno opposto, per esempio -COO- H+. Queste funzioni sono in grado di scambiare i propri controioni (H+ nell’esempio citato) con altri di segno uguale (Na+, K+, etc ) provenienti dalla soluzione. Facendo passare il controione originale della resina (H+ nel caso illustrato) in elevata concentrazione, gli ioni provenienti dalla soluzione sono restituiti in modo differenziato, in funzione di carica e dimensioni, e quindi eluiti separatamente. Il meccanismo di separazione è basato sulla competizione per i siti di scambio tra gli ioni presenti nella fase mobile e quelli presenti nel campione. Si parla di cromatografia di scambio ionico (IEC) La cromatografia a scambio ionico è impiegata per la separazione di sostanze ioniche o ionizzabili

Esclusione La fase stazionaria è un gel con pori di varie dimensioni. I componenti della miscela vengono separati in funzione delle loro dimensioni: quelli più piccoli possono penetrare in tutti i pori dei granuli e quindi sono trattenuti a lungo, mentre quelli più grandi possono solo “girare attorno” ai granuli di gel e quindi usciranno velocemente. grande piccola

Affinità Il comportamento è molto simile a quello dell’adsorbimento in quanto i componenti della miscela si legano a “siti attivi” della fase stazionaria (a e b). A differenza dell’adsorbimento, si hanno legami veri e propri (primari). Le reazioni che li hanno formati sono comunque reversibili e facendo eluire un solvente opportuno è possibile restituire in modo differenziato i componenti che erano stati trattenuti (C).

A seconda di quale sia il meccanismo prevalente e di come si presentino la fase stazionaria e quella mobile si possono avere più tecniche cromatografiche che vanno da un semplice foglio di carta porosa che pesca in una bacinella contenente il solvente, a strumenti assistiti da componenti computerizzati.

GSC cromatografia gas/solido adsorbimento GLC cromatografia liquido/gas ripartizione gascromatografo gassosa HPLC cromatografia ad alte prestazioni TLIEC cromatografia a scambio ionico su strato sottile scambio ionico cromatografo liquido TLC cromatografia su strato sottile strato sottile liquida GPC cromatografia a permeazione di gel esclusione IEC cromatografia a scambio ionico LSC cromatografia liquido/solido colonna LLC cromatografia liquido/liquido Tecnica Principio di separazione Strumentazione Fase mobile

Il cromatogramma Grafico che descrive l’andamento del segnale del rivelatore in funzione del tempo (o del volume) L’eluente non deve fornire alcuna risposta (linea di base o risposta del solvente) Quando passano le sostanze si ha un picco di forma gaussiana nel caso ideale

I parametri del cromatogramma Abbiamo visto che unendo i punti delle barre che rappresentano le concentrazioni nelle porzioni consecutive della fase mobile si ottiene una gaussiana. Poiché nella maggior parte dei sistemi cromatografici destinati a misure quantitative vi è un sistema di misura che rileva la concentrazione della sostanza, esso restituirà tale informazione proprio sotto forma di tale curva.

I segnali si presentano spesso asimmetrici o parzialmente sovrapposti ma tali picchi hanno dei parametri caratteristici che derivano appunto dalla loro natura gaussiana.

Ampiezza a metà altezza wh1/2 Larghezza della base wb Altezza del picco h Ampiezza a metà altezza wh1/2 Larghezza della base wb Distanza tra i punti di flesso wi tra loro esistono le relazioni wi = wb/2 = 2 σ wb = 1,699 wh1/2 wh = 1,177 wi h h1/2 Queste relazioni nascono dal fatto che tutti i picchi sono delle gaussiane con equazione

Parametri del cromatogramma Altezza del picco h Ampiezza a metà altezza wh1/2 Larghezza della base wb Distanza tra i punti di flesso wi

tR tempo di ritenzione: tempo impiegato da ciascuna sostanza per scorrere lungo la Colonna, misurato da quando la miscella viene introdotta fino all’istante in cui si registra il massimo tR’ tempo di ritenzione corretto: tR’ =tR - tM tM tempo morto: è il tempo di ritenzione di una sostanza che praticamente non viene trattenuta dalla Colonna, per arrivare al rivelatore una certa sostanza deve trascorrere in Colonna un tempo almeno uguale al t morto Area del picco è proporzionale alla concentrazione

Grandezze, equazioni e parametri fondamentali Costante di distribuzione: dipende da fase stazionaria e fase mobile e dalla temperatura (grandezza termodinamica) Se kc è grande la sostanza è più affine alla fase stazionariae e quindi vi rimarrà più a lungo

Grandezze, equazioni e parametri fondamentali Fattore di ritenzione: Selettività: capacità di eluire sostanze diverse in modo che siano ben separate Efficienza: capacità di eluire tutte le particelle di una data specie chimica in modo da formare picchi (o bande) molto stretti

Numero dei piatti teorici L’efficienza di una colonna viene espressa tramite N detto numero dei piatti teorici: tratto di colonna in cui una specie si trova in equilibrio fra le due fasi prima di passare al piatto successive Altezza equivalente al piatto teorico H=L/N

Equazione di Van Deemter

Equazione di Van Deemter Abbiamo visto che per efficienza di una colonna si intende la sua capacità di mantenere compatti i picchi lungo il percorso e quindi all’uscita. Tale grandezza viene evidenziata con l’ altezza equivalente al piatto teorico (Height Equivalent to a Theoretical Plate) abbreviata con H.