Un po’ di storia (da http://it.wikipedia.org/wiki/Elettrone): Thomson mostrò come il rapporto carica-massa e/m […] fosse indipendente dal materiale del.

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Transcript della presentazione:

Un po’ di storia (da http://it.wikipedia.org/wiki/Elettrone): Thomson mostrò come il rapporto carica-massa e/m […] fosse indipendente dal materiale del catodo [e come] le particelle cariche negative prodotte dai materiali radioattivi, dai materiali riscaldati e dai raggi catodici fossero universali […]. Il nome elettrone fu nuovamente proposto per queste particelle dal fisico irlandese George F. Fitzgerald, e da allora il nome venne universalmente accettato. Mentre studiava i minerali naturalmente fluorescenti nel 1896, il fisico francese Henri Becquerel scoprì che essi emettono radiazione senza alcuna esposizione ad una sorgente di energia esterna. Nel 1900, Becquerel mostrò che i raggi beta emessi dal radio potessero essere deflessi da un campo elettrico e che il loro rapporto massa-carica era lo stesso dei raggi catodici. Questa evidenza sottolineò il fatto che gli elettroni esistessero come componenti degli atomi. La carica degli elettroni fu misurata con maggiore precisione dai fisici americani Robert Millikan e Harvey Fletcher nel loro esperimento della goccia d'olio del 1909, i cui risultati furono pubblicati nel 1911. In questo esperimento venne usato un campo elettrico per [influenzare] la caduta, dovuta alla gravità, di una goccia d'olio elettricamente carica. [L’esperimento permise di determinare che la carica elettrica era granulare; si ottenne per l’elettrone] un valore pari a -1,602 · 10-19 C e fu quindi possibile stimare che la sua massa dovesse valere 9,109 · 10-31 kg.

I “raggi Goldstein” e il protone Nel 1886 Goldstein modificò un tubo di Crookes impiegando un catodo forato. Applicando un’elevata tensione tra gli elettrodi egli notò che la parete di vetro dietro al catodo diveniva fluorescente in corrispondenza dei fori. catodo anodo Immagine da: http://www.mondadorieducation.it/media/contenuti/sfoglialibro/120900030082_tottola_chimica_per_noi/files/assets/seo/page18.html

Goldstein chiamò “raggi canale” i raggi in apparenza generati nei fori del catodo. Il loro studio, compresa l’analisi della deflessione in un campo magnetico, indicava che essi erano composti di particelle con carica positiva e rapporto massa/carica variabile. Il rapporto più piccolo si aveva quando il tubo era riempito di idrogeno. Tra gli esperimenti successivi fondamentali sono quelli di Rutherford (fisico di cui parleremo in seguito) che nel 1917 bombardò azoto gassoso con particelle alfa espellendo nuclei di idrogeno, riconoscibili dalla “firma” lasciata nei rivelatori a scintillazione al tempo utilizzati (ritorneremo su questo tipo di rivelatori più avanti). Rutherford concluse che questi nuclei provenissero dagli atomi di azoto. Queste ed altre evidenze mostravano che il nucleo di idrogeno era un componente fondamentale dei nuclei di altri atomi e si poteva considerare una particella con carica positiva cui venne dato il nome di “protone”. Il protone si dimostra avere una carica uguale a quella dell’elettrone, ma opposta, e una massa circa 1840 volte maggiore.

Il neutrone se la massa del nucleo atomico fosse data dai soli protoni allora massa e carica dovrebbero crescere secondo lo stesso multiplo; era noto, però, che il nucleo di elio ha carica doppia di quella dell’idrogeno, ma massa quattro volte maggiore; diversi esperimenti mostravano che bombardando con particelle alfa energetiche nuclei di elementi leggeri veniva emessa una radiazione neutra molto penetrante che, fra l’altro, era in grado di espellere protoni ad alta energia dalla paraffina; nel 1932 James Chadwick - ripercorrendo e sviluppando alcuni degli esperimenti precedenti - eseguì una serie di misurazioni che fornirono prove dell’esistenza di una particella neutra con la stessa massa del protone.

L’esperimento di Chadwick Dal sito: http://www.dima.unige.it/~denegri/PLS2/PENSIERO_SCIENTIFICO%20DEF/RADIOATTIVITA'/pages/scoperta%20neutrone.htm (modificato) Nel rivelatore proporzionale i protoni in arrivo producono una corrente elettrica la cui intensità dipende dalla loro energia cinetica, pari a 1/2mv2; misurando la corrente si può dunque risalire alla velocità dei protoni stessi, poiché la loro massa è nota. Si dimostra che se la radiazione in uscita dal berillio fosse costituita da particelle neutre con massa analoga a quella del protone la velocità dei protoni emessi dalla paraffina sarebbe circa il 17% di quella della luce, cosa che si conferma sperimentalmente.

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