Lezione 5 – La tassazione delle attività finanziarie in Italia Tassazione e mercati finanziari Silvia Giannini silvia.giannni@unibo.it Laurea Specialistica Corso di laurea in Direzione aziendale 14 novembre 2005- 19 dicembre 2004 30 ore – 5 crediti
Il regime fiscale dei redditi delle attività finanziarie (interessi, dividendi e plusvalenze) distingue tre casi (1) Redditi percepiti da persone fisiche al di fuori di ogni attività di impresa: 12,5% sugli interessi delle obbligazioni pubbliche e delle più rilevanti tipologie di obbligazioni private (durata maggiore 18 mesi) inclusione del 40% di dividendi e plusvalenze azionarie nell’imponibile Irpef per partecipazioni qualificate (nel caso dei titoli quotati, almeno il 2% dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria o il 5% del capitale della società partecipata. Nel caso dei titoli non quotati le due percentuali salgono, rispettivamente, al 20 e al 25%); 12,5% sulle plusvalenze e sui dividendi, derivanti da partecipazioni non qualificate, ossia quelle che riguardano il pubblico dei risparmiatori che detengono porzioni molto piccole del capitale delle società (vedi sopra); 12,5% sul risultato di gestione dei fondi comuni, in capo al fondo; 27% sui depositi e conti correnti bancari e postali, accettazioni bancarie, titoli atipici, obbligazioni inferiori 18 mesi
Il regime fiscale dei redditi delle attività finanziarie (interessi, dividendi e plusvalenze) distingue tre casi (2) 2. Redditi percepiti da un soggetto-Irpef che esercita attività di impresa dividendi e plusvalenze azionarie sono inclusi per il 40% nell’imponibile Irpef, con aliquote che vanno attualmente da un minimo del 23% ad un massimo del 43%. In queste ipotesi, l’aliquota effettiva (tenendo conto della parziale inclusione in Irpef) va pertanto da un minimo del 9,20% (0,40*0,23) ad un massimo del 17,20% (=0,40*0,43). (Lo stesso trattamento si ha nel caso in cui questi redditi vadano a un socio persona fisica diversa da impresa su partecipazioni qualificate; vedi slide precedente) interessi e altri redditi di capitale sono inclusi in Irpef e sottoposti a tassazione ordinaria
3. Redditi percepiti da società di capitali Il regime fiscale dei redditi delle attività finanziarie (interessi, dividendi e plusvalenze) distingue tre casi (3) 3. Redditi percepiti da società di capitali dividendi e plusvalenze azionarie godono di un regime di sostanziale esenzione (se valgono le condizioni per la cosiddetta PEX) interessi e altri redditi di capitale sono inclusi in Ires e sottoposti a tassazione ordinaria
La tassazione per un soggetto persona fisica che non esercita attività di impresa (1) Interessi: Non sono inclusi in Irpef (erosione base imponibile Irpef e scostamento da Comprehensive Income Tax) Tassazione proporzionale (non progressiva); reale (non personale) In passato molte discriminazioni. Esenzione dei titoli pubblici fino al 1986. Nel tempo si è proceduto ad una uniformità delle aliquote, ma permangono ancora due aliquote: 12,5% e 27% poco giustificabili sia sul piano dell’equità, sia su quello dell’efficienza Dal primo gennaio 1997 non si applica ritenuta alla fonte, ma imposta sostitutiva dell’Irpef, operata dagli intermediari. (modifica importante per soggetti per i quali la ritenuta era d’acconto o che essendo esenti, avevano diritto a un rimborso, come nel caso di investitori non residenti; sistema attuale più trasparente ed efficiente per la negoziazione dei titoli, che avviene su rendimenti lordi)
La tassazione per un soggetto persona fisica che non esercita attività di impresa (2) 2. Dividendi: differenza fra soci con partecipazioni qualificate e non qualificate Fino al 2003 era in vigore un credito di imposta ai dividendi, in grado di rimborsare l’imposta pagata in capo alla società a titolo di Irpeg. I dividendi erano inclusi nell’imponibile Irpef. Il sistema era obbligatorio per soci con partecipazioni qualificate e opzionale per altri soci (in alternativa all’imposta sostitutiva con aliquota 12,5%) Dal 2004 il sistema del credito di imposta è stato abolito. I dividendi su partecipazioni non qualificate restano assoggettati al 12,5% (senza più opzione) e gli altri (partecipazioni qualificate) devono essere inclusi in Irpef il 40% dei dividendi Tra i motivi dell’abolizione del credito vi sono alcune sentenze della Corte di Giustizia Europea che hanno condannato regimi di tassazione dei dividendi che discriminano fra soci residenti e non residenti (come è solitamente il caso del credito, che è riservato ai soli soci residenti). L’abolizione dei sistemi di imputazione (credito di imposta) è tratto comune ad altri paesi UE. Ora la doppia tassazione (Ires/Irpef) è solo attenuata, non è eliminata
La tassazione per un soggetto persona fisica che non esercita attività di impresa (3) 3. Plusvalenze (redditi diversi) 3a. Plusvalenze azionarie: anche in questo caso, come per i dividendi, vi è differenza fra plusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni qualificate e non qualificate Fino al 2003: 12,5% se derivanti da cessioni di partecipazioni non qualificate; 27% se qualificate Dal 2004: 12,5% se derivanti da cessioni di partecipazioni non qualificate; inclusione del 40% della plusvalenze in Irpef, se qualificate Dalla tassazione alla maturazione (riforma del 1998) alla tassazione al realizzo (dal 2001, con abolizione equalizzatore) 3b. Altre plusvalenze (relative a qualsiasi tipo di partecipazione, ogni altro valore mobiliare, valute e metalli preziosi): 12,5%. Vengono compresi fra i redditi diversi anche tutti i proventi dei derivati, con o senza attività sottostanti.
Dividendi: funzionamento del credito di imposta Introdotto nel 1978; abolito nel 2004 Obiettivo, se piena integrazione su utili distribuiti: T= Tp +Ts= tpU L’imposizione complessiva coincide con l’imposta sul socio; si ha piena integrazione fra le due imposte. L’imposta societaria funge da “acconto” dell’imposta personale. Es. utili tutti distribuiti a un solo azionista: UD=U(1-ts) Tp = tp(UD+ts/(1-ts) UD) - ts/(1-ts) UD Tp = tpUD/(1-ts) -UD ts/(1-ts) = (tp-ts)UD/(1-ts) Tp = U(tp-ts) T = Tp+Ts =tpU-tsU+tsU= tp U NB se il socio è società di capitali tp=ts; Tp = 0, non c’è doppia (o multipla) tassazione a fronte di diversi passaggi societari. Se tp<ts: rimborso!
Esercizio (1) 1. Nel 2003 l’aliquota Irpeg era il 36% e il credito di imposta i 9/16 dei dividendi netti. Le aliquote Irpef erano le seguenti: Fino a 15000 euro: 23% da 15000 a 29000: 29% da 29000 a 32600: 31% da 32600 a 70000: 39% oltre 70000: 45%. Descrivere il funzionamento del credito e ricavare l’imposizione complessiva sul socio e sulla società, nell’ipotesi di piena distribuzione degli utili e per diverse tipologie di azionisti. Calcolare se e se si quando poteva convenire ad un azionista con partecipazioni non qualificate optare per il credito, invece che per la tassazione definitiva del 12,5%.
Esercizio (2) 2. Nel 2004 l’aliquota Ires è il 33% e un socio qualificato deve includere il 40% dei dividendi in Irpef. Le aliquote Irpef sono le seguenti: Fino a 26000 euro: 23% da 26000 a 33500: 33% da 33500 a 100000: 39% oltre 100000: 43% Calcolare se e se si quando il nuovo regime è più conveniente del precedente (usate nel confronto le nuove aliquote Irpef e ricalcolate il credito di imposta ai dividendi sulla base della nuova aliquota Ires del 33%)
Tassazione delle plusvalenze (CG): aspetti problematici (1) Alcuni CG sono imputabili a variazioni nel livello dei prezzi: andrebbero tassate solo le plusvalenze reali (difficilmente si corregge per l’inflazione). In alcuni casi, es. zero coupon bond, le variazioni patrimoniali non si discostano dal reddito: andrebbero tassate come il relativo reddito es. interessi); così è in molti ordinamenti tra cui il nostro I CG possono essere di origine speculativa: vi è generalmente consenso che questi debbano essere tassati più onerosamente di altri CG, ma è difficile distinguere (in alcuni casi si fa riferimento al periodo di detenzione) Se i CG derivano da utili trattenuti e già tassati in capo alla società si pone problema di doppia imposizione I CG dovrebbero essere tassati al netto delle eventuali minusvalenze (solitamente le minusvalenze sono deducibili dai redditi di uguale natura)
Tassazione delle plusvalenze (CG): aspetti problematici (2) Tassazione alla maturazione o al realizzo? Equità: secondo un concetto di reddito entrata andrebbero tassate alla maturazione Efficienza: la tassazione alla maturazione evita il fenomeno del lock in effect Elusione: la tassazione alla maturazione elimina l’interesse a trasformare altri redditi in plusvalenze, per beneficiare dei vantaggi del differimento, e a realizzare subito le minus, posticipando il realizzo delle plus Controindicazioni della tassazione alla maturazione: Difficoltà di conoscenza del prezzo di mercato del titolo (per titoli non quotati e per soggetti non tenuti alla contabilità a prezzi di mercato) Possibili vincoli di liquidità per il contribuente
Tassazione retrospettiva delle plusvalenze maturate Possibile applicazione: Si tassano le plusvalenze alla realizzazione Si corregge la tassazione per tener conto del vantaggio del differimento dell’imposta Se non si conosce il valore del titolo alla fine di ogni periodo (ossia il CG maturato di periodo in periodo) si può presumere un certo sentiero di maturazione delle plusvalenze Le imposte dovute su tali incrementi maturati (veri o presunti) vengono capitalizzate attraverso un opportuno tasso di interesse (ad esempio di un paniere di titoli rappresentativi) Un correttivo di questo tipo è stato introdotto con la riforma 1998 (equalizzatore). Abolito nel 2001
Tassazione retrospettiva delle plusvalenze Hp: r=5%; t=10%; titolo acquistato 1/1/2001 al prezzo p=1000 e venduto il 31/12/2003 al prezzo di 1500 CG maturato Relativa imposta capitalizzata CG imputato (es. 1/3) 31/12/2001 200 0,10*200*(1+0,05)2 =22,05 166,67 0,10*166,67*(1+0,05)2 = 18,37 31/12/2002 100 0,10*100*(1+0,05) = 10,5 0,10*166,67*(1+0,05) =17,50 31/12/2003 0,10*200= 20 0,10*166,67 =16,667 Totale 500 52,55 52,54
Riforma 1998: principali obiettivi Prima della riforma: le plusvalenze erano generalmente escluse dal prelievo. Tassate solo se derivanti da titoli partecipativi (azioni o quote di società) con regimi sostitutivi fortemente agevolativi (tassazione sospesa per titoli quotati) Obiettivo riforma 1998: introdurre un sistema generale e omogeneo su tutti i redditi delle attività finanziarie. Finalità: Equità: evitare che redditi di uguale natura siano tassati in modo difforme; Efficienza: evitare di distorcere le scelte allocative; Efficacia antielusiva: se il sistema non è generale e uniforme si apre la possibilità di arbitraggi volti a sfruttare il differenziale di tassazione.
Riforma 1998: principali caratteristiche Principali caratteristiche della riforma 1998: Progressiva uniformità delle aliquote: ne permangono due (12,5% e 27%, tuttora in vigore) ma l’obiettivo era unificazione al 19% o 20% (come la prima aliquota Irpef di allora) Generalità della tassazione (soprattutto con la tassazione generalizzata delle plusvalenze e dei derivati) Tassazione delle plusvalenze alla maturazione Ampio coinvolgimento degli intermediari nell’accertamento e nel prelievo dell’imposta. Tre regimi di prelievo: Risparmio amministrato Risparmio gestito Regime della dichiarazione Con i primi due sistemi è centrale il ruolo degli intermediari. E’ garantito anche l’anonimato.
Regime del risparmio amministrato Risparmio amministrato: il risparmiatore tiene i propri titoli, quote o certificati in custodia o amministrazione presso intermediari, senza affidarne loro la gestione. La tassazione di interessi e dividendi avviene con le imposte sostitutive descritte in precedenza. Sulle plusvalenze l’intermediario effettua il prelievo del 12,5% sulla singola operazione. Le minus possono essere dedotte dalla plus nell’anno in corso o nei quattro successivi. Il prelievo avviene in forma anonima a carico dell’intermediario L’opzione per questo regime non è ammessa per le partecipazioni qualificate
Regime del risparmio gestito (1) Risparmio gestito: il risparmiatore affida a un intermediario la gestione di parte o di tutto il proprio patrimonio. E’ il sistema più innovativo della riforma 1998. Si applica con alcuni adattamenti anche ai fondi comuni e alle Sicav. In questo modo gestioni collettive e individuali del risparmio hanno lo stesso trattamento fiscale (il fisco è neutrale…) la tassazione dei redditi di capitale (interessi e dividendi) e dei redditi diversi (plusvalenze e proventi da derivati) è unitaria e contestuale la base imponibile, infatti, è il risultato netto di gestione: Valore del patrimonio al termine del periodo meno Valore del patrimonio all’inizio del periodo più prelievi meno conferimenti e altri redditi (es. i redditi tassati al 5%, ad eccezione depositi c/c bancari la cui giacenza media non ecceda il 5% dell’attivo gestito…. )
Regime del risparmio gestito (2) Sono dunque comprese nel risultato netto di gestione: Tutte le plusvalenze, I proventi dei prodotti derivati I redditi tassati al 12,5% Gli interessi sui c/c bancari la cui giacenza media non superi il 5% dell’attivo Il risultato netto di gestione: è tassato al 12,5% se negativo può compensare il risultato positivo dei periodi successivi, ma non oltre il quarto I CG sono tassati alla maturazione Il prelievo avviene in forma anonima Le minusvalenze e le altre perdite sono deducibili anche da redditi di diversa natura (es. interessi e dividendi tassati al 12,5%). Importante vantaggio rispetto agli altri regimi.
Regime della dichiarazione Regime della dichiarazione: opzionale ai primi due e obbligatorio nel caso il risparmiatore non si affidi ad un intermediario per la custodia o gestione delle proprie attività patrimoniali. I redditi di capitale (interessi e dividendi) sono assoggettati alle imposte sostitutive descritte in precedenza. I redditi diversi (plusvalenze) devono essere dichiarati in modo analitico. L’insieme delle plusvalenze (al netto delle minusvalenze e delle perdite, riportabili per quattro esercizi) è tassato con l’aliquota del 12,5% (ad eccezione delle plusvalenze su partecipazioni qualificate). Il regime non è anonimo ed è soggetto a monitoraggio
Tassazione delle plusvalenze nei tre regimi Riforma 1998: per equiparare la tassazione delle plusvalenze alla maturazione nel caso di risparmio gestito, con quella al realizzo, nel caso di dichiarazione e risparmio amministrato si applicava un correttivo chiamato equalizzatore. Equalizzatore abolito nel 2001 Adesso vi è un regime misto, che crea distorsioni Le plusvalenze realizzate nell’ambito del risparmio gestito sono tassate alla maturazione Le altre sono tassate al realizzo Discriminazione fra fondi comuni interni ed esteri (tassati al realizzo) Legge delega di riforma fiscale n. 80/2003 prevedeva il ritorno generalizzato ad un sistema di tassazione delle plusvalenze al momento del realizzo.
Proposte di riforma (1) Precedente governo: unificazione dell’aliquota al livello intermedio tra 12,5% e 27%. Sistema coerente di imposizione diretta tipo Dit Nordica Legge delega 80/2003: unificazione al 12,5%. Dibattito su opportunità innalzamento aliquota del 12,5% (tra le più basse nella UE, ma i confronti internazionali sono difficili) La differenza tra 12,5% e 27% non è giustificabile sia sotto il profilo dell’equità, sia sotto quello dell’efficienza Il livello a cui decidere di uniformare le aliquote dipende da molti fattori, ma soprattutto deve essere deciso congiuntamente alla tassazione del reddito di impresa e degli altri redditi, inclusi quelli di lavoro. Come abbiamo visto la tassazione dei redditi di capitale è un tassello centrale nel definire il sistema di imposizione diretta
Proposte di riforma (2) Un aumento generalizzato dell’aliquota del 12,5% potrebbe avere effetto controproducenti, come si nota dalla seguente tabella, che tiene conto anche dell’imposta societaria (Ires, non Irap) Occorrerebbe aumentare la tassazione relativa degli interessi, rispetto a dividendi e plusvalenze derivanti da utili già tassati in capo alla società. Occorre tenere conto dei riflessi dell’imposta societaria
Proposte di riforma (3) Timori che un aumento dell’aliquota del 12,5% possa rivelarsi un boomerang, con effetti negativi sul gettito: Costituisca in larga parte una partita di giro, per gli interessi sui titoli del debito pubblico. Argomentazione: per collocare i titoli più tassati lo stato dovrebbe aumentare il rendimento lordo; a fronte delle maggiori entrate vi sarebbero maggiori spese per interessi Obiezione: non vi può essere traslazione completa (i soggetti interessati all’aumento dell’aliquota detengono meno di un quarto dei titoli in circolazione) Possa provocare una fuga di capitali. Argomentazione: si preferirebbe investire all’estero per evitare la maggiore imposta. Obiezione: non vi è perfetta mobilità di capitali (ad es. home bias); vi è monitoraggio e soprattutto nuova direttiva UE sullo scambio di informazioni. Tuttavia, la concorrenza fiscale può giustificare la non inclusione in Irpef (vedi motivazioni Dit Nordica)
Riferimenti bibliografici addizionali G. Ricotti, A. Sanelli, Conti finanziari e fiscalità: un’analisi storica, presentato al Convegno “I conti finanziari: la storia, i metodi, l’Italia, i confronti internazionali, Perugia, SADIBA, 1-2 dicembre 2005, Disponibile presso il Dipartimento (Sig. Ezio Volta)