L’acqua … è un ciclo (introduzione ai servizi idrici)

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Transcript della presentazione:

L’acqua … è un ciclo (introduzione ai servizi idrici) L’acqua è un ciclo: evaporazione/condensa/pioggia-neve/assorbimento nella terra e nella falde e raccolta nei corsi d’acqua e poi si ricomincia. Occorre prestare attenzione nel distinguere la quantità d’acqua che cade su un certo territorio e quella che è poi effettivamente disponibile per essere utilizzata. Fattori che possono creare delle differenze: a) Regolarità o meno delle precipitazioni Es. Paesi tropicali (precipitazioni concentrate nel tempo) e Paesi a clima temperato (maggiore regolarità). b) Presenza di serbatoi naturali di stoccaggio (ghiacciai, laghi acquiferi sotterranei) c) Intervento dell’uomo (invasi artificiali o impermeabilizzazione del suolo (es. in Europa 20 Km cubici d’acqua all’anno vanno perduti a causa del drenaggio operato dalle superfici impermeabili artificiale). d) Variazioni climatiche (es. riscaldamento dell’atmosfera terrestre e conseguente scioglimento dei ghiacciai)

Gli usi dell’acqua (introduzione ai servizi idrici) L’acqua serve a tutto Molte attività dell’uomo hanno bisogno dell’acqua: dagli usi alimentari alla pesca, dalla navigazione alla produzione di energia elettrica, dagli usi industriali all’irrigazione delle coltivazioni, dalla balneazione allo scarico dei rifiuti. Difficoltà a comparare quanta acqua “consuma” ciascuna di queste funzioni. in quanto questa viene restituita più o meno direttamente e con caratteristiche più o meno alterate. Es. uso industriale per raffreddamento (acqua restituita a valle a temperatura leggermente superiore) Es. uso scarico acqua restituita inquinata (seppur depurata) Es. uso agricolo restituisce al terreno al netto dell’evaporazione dell’accrescimento delle piante Es. uso idroelettrico: tra prelievo e uso intercorre un certo lasso di tempo e il quantitativo di acqua prelevata comporta sottrazione di portate cospicue per lunghi tratti dell’alveo.

L’acqua è una risorsa scarsa? (introduzione ai servizi idrici) L’acqua in Italia è una risorsa abbondante, ma non illimitata. Relativa indipendenza tra i vari usi, ma problemi a causa della concomitante pressione di più usi sulla stessa risorsa. Ciò dipende da una molteplicità di ragioni: 1. L’acqua è una risorsa presente in quantità variabile e non facilmente calcolabile ex ante mentre la domanda di acqua tende ad avere un andamento stabile nel tempo con una intensità d’uso molto elevata. 2. La risorsa naturale grezza per essere effettivamente utilizzabile richiede interventi di varia natura (dalla piccola derivazione alle grandi dighe) e variamente costosi anche in ragione delle distanze da coprire. Ciò che è scarso non è tanto l’acqua in sé e per sé quanto l’acqua utilizzabile localmente a costi ragionevolmente bassi. 3. Le infrastrutture esistenti non sempre sono in grado di assicurare il quantitativo d’acqua necessario nell’unità di tempo. La scarsità dunque non è dovuta al fatto che c’è poca acqua, ma semmai al fatto che se ne vorrebbe usare più di quanta ce n’è o di quanta il sistema di infrastrutture è in grado di erogarne.

L’acqua bene pubblico. Di chi è l’acqua e chi ha diritto a sfruttarla (introduzione ai servizi idrici) Chi ha diritto di usare l’acqua? La risorsa idrica intimamente collegata all’idea di uso pubblico. Ma se l’acqua è di tutti chi ha diritto di appropriarsi dei benefici economici che essa genera? Come tutte le risorse limitate l’acqua deve essere allocata tra i diversi usi concorrenti, eventualmente sacrificandone qualcuno. Chi decide? Con quale criterio? Ad esempio in caso di siccità chi stabilisce che debba essere privilegiato un uso rispetto ad un altro? In Italia, e più in generale nel sistema continentale, è lo Stato (o comunque la pubblica amministrazione) ad avere la responsabilità di tutelare la risorsa ed amministrarla nell’interesse generale. È lo stato (la p.a.) il proprietario delle acque ed è esso stesso che stabilisce chi può usare l’acqua e in che modo e quali sono le regole che gli utilizzatori sono tenuti a rispettare. Più esattamente è il legislatore che stabilisce quali interessi pubblici debbano essere perseguiti nella gestione e nell’uso delle acque mentre spetta alla pubblica amministrazione il compito di curare in concreto questi interessi anche attraverso una funzione di arbitro degli eventuali conflitti tra diversi usi concorrenti.

Il regime giuridico delle acque in Italia (breve riepilogo dell’evoluzione normativa) Il problema dell’acqua è affrontato dal legislatore da una molteplicità di punti di vista sicché diverse sono le normative T.U. sulle acque e sugli impianti elettrici (R.D. n. 1775/1933). Si stabilisce la proprietà pubblica delle risorse superficiali (“sono pubbliche tutte le acque sorgenti, fluenti e lacuali, anche se artificialmente estratte dal sottosuolo, sistemate o incrementate, le quali, […] abbiano o acquistino attitudine ad usi di pubblico generale interesse) e si subordina ogni loro uso ad autorizzazione dello stato. Si disciplina il procedimento amministrativo per il rilascio delle concessioni, prevedendo una procedura partecipata arbitrata dallo stato nel caso di concomitanti domande per la stessa risorsa. Si istituisce il canone per la concessione di acque pubbliche.

Il regime giuridico delle acque in Italia (breve riepilogo dell’evoluzione normativa) L. n. 129/63 introduce il P.R.G.A. (piano regolatore generale acquedottistico) per monitorare i fabbisogni idrici dei centri abitati e associarli ai fabbisogni disponibili, cioè uno strumento di pianificazione per garantire l’approvvigionamento idrico nelle forme adeguate alla nuova richiesta proveniente dalla rapida crescita degli agglomerati urbani. Non si occupa però della qualità della risorsa e rimane inattuata nella parte relativa all’armonizzazione dei diversi usi.

Il regime giuridico delle acque in Italia (breve riepilogo dell’evoluzione normativa) L. 319/76 (legge Merli) cerca di affrontare il problema della qualità dell’acqua: introduce il principio dell’autorizzazione per tutti gli scarichi in acque superficiali o in fognatura e vieta gli scarichi diretti sul suolo. Stabilisce i limiti di concentrazione che tutti gli scarichi devono rispettare. La legge Merli inoltre assegna alle regioni la responsabilità di provvedere ai Piani di risanamento delle acque, in particolare regolando e finanziando la realizzazione delle infrastrutture fognarie e depurative. Anche questa legge rimane in parte inattuata, ma rappresenta un archetipo di visione onnicomprensiva del governo dell’acqua.

Il regime giuridico delle acque in Italia (breve riepilogo dell’evoluzione normativa) L. 183/89 (legge quadro sulla difesa del suolo): introduce il principio della gestione integrata delle risorse idriche a livello di bacino. Questa legge suddivide il territorio nazionale in bacini idrografici e prevede che per ciascun bacino sia definito un piano di bacino con il compito di regolare e programmare gli usi delle acque e del suolo, facendo da cornice per tutti i piani settoriali. Il piano di bacino è adottato e attuato da apposite Autorità di bacino. La legge istituisce Autorità di bacino di interesse nazionale (es. Autorità di bacino del fiume Po) ed attribuisce alle regioni il potere di istituirne altre. Mancato coordinamento con il piano regolatore generale degli acquedotti di cui alla legge n. 129/63.

Il regime giuridico delle acque in Italia (breve riepilogo dell’evoluzione normativa) L. 36/94 (legge Galli): con l’obiettivo di rifare il quadro entro il quale risolvere i problemi. Introduce alcune significative novità in materia di risorse idriche: L’acqua da bene a risorsa Anteposizione della tutela rispetto all’uso Salvaguardia e utilizzo improntati a criteri di solidarietà a garanzia delle generazioni future Priorità del consumo umano rispetto agli altri usi Risparmio e riciclo dell’acqua Proprietà pubblica di tutte le acque Disciplina la riforma in senso industriale dei servizi idrici vincolandoli alla copertura dei costi attraverso le tariffe. I soggetti affidatari del servizio possono essere imprese pubbliche o private.

Il regime giuridico delle acque in Italia (breve riepilogo dell’evoluzione normativa) D. lgs. 152/99 (decreto Ronchi): recepisce alcune importanti direttive europee, supera la legge Merli introducendo la programmazione basata sugli obiettivi di qualità del recettore finale e non più sulla qualità del singolo scarico. Viene sostituito dal testo unico ambientale. D. lgs. 152/2006 (testo unico ambientale): raccoglie la gran parte della normativa in materia di tutela e gestione delle risorse idriche ed introduce alcune significative modifiche alle leggi preesistenti, in particolare alla legge Galli.

Il regime giuridico delle acque in Italia (breve riepilogo dell’evoluzione normativa) Oggi l’art. 144 del Codice dell’ambiente riassume i contenuti degli artt. 1 e 2 della lege Galli: 1. Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato. 2. Le acque costituiscono una risorsa che va tutelata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà; qualsiasi loro uso è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale. 3. La disciplina degli usi delle acque è finalizzata alla loro razionalizzazione, allo scopo di evitare gli sprechi e di favorire il rinnovo delle risorse, di non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell'ambiente, l'agricoltura, la piscicoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici. 4. Gli usi diversi dal consumo umano sono consentiti nei limiti nei quali le risorse idriche siano sufficienti e a condizione che non ne pregiudichino la qualità.