Gianni Capuzzi Luiss-Guido Carli IV LA NOVITA’. LA LICEITA’ ... distinguere non basta: gli altri requisiti di validità IL MARCHIO COLLETTIVO … Il requisito della novità ha lo scopo di garantire che il segno di cui si chiede la registrazione sia diverso da qualsiasi altro segno distintivo preesistente. La novità si collega dunque alla funzione distintiva del marchio, perché, per poter distinguere i prodotti e servizi del titolare, occorre che l’ indicazione di provenienza sia univoca, e ciò non si verifica se il marchio, al contrario, crea confusione.
…gli obiettivi della lezione… esaminare le varie ipotesi in cui si articolano i requisiti della novità e della liceità del marchio mettere in relazione la disposizione sulla novità (art.12 c.p.i.) con quella sul contenuto del diritto di marchio (art.20 c.p.i.) comprendere la nozione di marchio collettivo
INDICE La novità segni di uso comune marchio di fatto conflitto con marchi anteriori registrati conflitto con altri segni distintivi conflitto con altri diritti di terzi la convalida 2. La liceità 3. Il marchio collettivo
Mappa concettuale
1. La NOVITA’: art. 12 c.p.i. ratio: -diversità del marchio da altri segni -funzione distintiva (non confondibilità) previgente art.17 l.m. con alcune innovazioni: 1) inserimento della disciplina del preuso (m.di fatto): prima nell’art.9 l.m. 2) Tutela m.rinomato:prodotti anche non affini 3) Domain names - novità “in negativo” anteriorità di tipo formale (d, e, f) e sostanziale(a, b, c) - art.12.2 c.p.i.: Ai fini previsti al comma 1, lettere d), e) e f), le domande anteriori sono assimilate ai marchi anteriori registrati, sotto riserva della conseguente registrazione. L’art. 12 c.p.i. riproduce il contenuto del previgente art.17 l.m. con alcune innovazioni: 1) vi è stata inserita la disciplina del preuso (o marchio di fatto), prima in una diversa disposizione (art.9 l.m.) 2) tenendo conto della giurisprudenza comunitaria si è sottolineato, per il marchio rinomato, che la disciplina si applica per i prodotti o servizi anche affini 3) tra i segni distintivi preesistenti sono stati inseriti i nomi a dominio La novità e definita in termini negativi, cioè indicando le fattispecie in cui la novità è assente. La disposizione contempla due ordini di fattispecie distruttive della novità. Alcune sono di ordine formale (lettere d) e) f), e fanno riferimento a domande anteriori, a prescindere dalla conoscenza dei consumatori; altre di ordine sostanziale (lettere a) b) c), in riferimento alla preesistenza di fatto, nel linguaggio del mercato, di segni già noti.
impedimenti assoluti / relativi Capacità distintiva / liceità vs novità Conflitti “privatistici” Nullità assoluta vs. relativa Sotto il requisito di validità della novità del marchio, disciplinata dall’art.12 c.p.i., sono ricompresi quelli che la terminologia comunitaria chiama “impedimenti relativi”. Mentre i requisiti della capacità distintiva e della liceità (meglio la loro assenza) attengono agli impedimenti assoluti alla registrazione del segno come marchio- cioè in sede giudiziaria essi possono essere fatti valere da chiunque vi abbia interesse e quindi anzitutto dal convenuto in giudizio come contraffattore. Si ha in tali casi una nullità assoluta- gli impedimenti relativi attengono invece al conflitto tra marchi registrati e marchi, altri segni distintivi od altri diritti anteriori di terzi. Il conflitto è qui “privatistico” e solo gli stessi titolari dei diritti (nullità relativa) possono farli valere. Questo concetto, chiaro nel diritto comunitario, non era presente nel nostro ordinamento fino alla modifica del d.lgs.n.447/99, in adeguamento al Protocollo di Madrid. Ora vi è l’ art. 122.2 c.p.i. Il diritto comunitario e quello italiano che ora si è allineato ad esso esercitano ”un’opzione nettamente a favore di un regime di nullità relativa con riguardo all’impedimento costituito dalla presenza di marchi registrati anteriori configgenti” (Ricolfi, Diritto indstriale, p.93).Cfr anche 52.3 r.m.c..non si può pronunciare la nullità se interviene il consenso del titolare dei marchi anteriori prima della proposizione della domanda di nullità o riconvenzionale. Si ha l’impressione, secondo Ricolfi, di assistere ad un conflitto privatistico tra titolari dei marchi senza che esso sembri riguardare anche il pubblico dei consumatori. Tutto ciò coerentemente con il principio della disponibilità dell’ esclusiva che informa la disciplina successiva al 1992.
segni di uso comune: 12.1 a) c.p.i. 1. Non sono nuovi, ai sensi dell'articolo 7, i segni che alla data del deposito della domanda: consistano esclusivamente in segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio; extra, super , large etc -novità o capacità distintiva?Con il D.lgs.131/2010, nell’art.13.1 a)(c.d.) -secondary meaning La prima ipotesi disciplinata è quella dei segni di uso comune (lett.a). Questa ipotesi in realtà sembra più correttamente riconducibile al requisito della capacità distintiva: si tratta non di un conflitto tra segni, ma di appropriazione di segni di pubblico dominio. Tant’ è che l’ art.13 c.p.i fa riferimento (per il secondary meaning) anche ai segni di uso comune. Qui la mancanza di capacità distintiva è dovuta non alla descrittività/genericità del segno ma al fatto che il marchio consiste in parole impiegate per indicare genericamente categorie di prodotti di qualunque settore merceologico (extra, super, large). La giurisprudenza comunitaria assimila invece tali segni alle denominazioni generiche.
marchio di fatto: 12.1. b) c.p.i.(ora a) 1. Non sono nuovi, ai sensi dell'articolo 7, i segni che alla data del deposito della domanda: b) siano identici o simili ad un segno gia' noto come marchio o segno distintivo di prodotti o servizi fabbricati, messi in commercio o prestati da altri per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell'identita' o somiglianza tra i segni e dell'identita' o affinita' fra i prodotti o i servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che puo' consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni. Si considera altresi' noto il marchio che ai sensi dell'articolo 6-bis della Convenzione di Unione di Parigi per la proprieta' industriale, testo riveduto a Stoccolma il 14 luglio 1967, ratificato con legge 28 aprile 1976, n. 424, sia notoriamente conosciuto presso il pubblico interessato, anche in forza della notorieta' acquisita nello Stato attraverso la promozione del marchio. L'uso precedente del segno, quando non importi notorieta' di esso, o importi notorieta' puramente locale, non toglie la novita', ma il terzo preutente ha diritto di continuare nell'uso del marchio, anche ai fini della pubblicita', nei limiti della diffusione locale, nonostante la registrazione del marchio stesso. L'uso precedente del segno da parte del richiedente o del suo dante causa non e' di ostacolo alla registrazione; Notorietà generale Notorietà puramente locale La lettera b) fa riferimento al preuso di un marchio di fatto, distinguendo l’ipotesi del preuso con notorietà generale da quello che non importi notorietà o importi notorietà puramente locale. Sul rapporto tra marchio di fatto e marchio non registrato si dirà più approfonditamente nella X lezione. I presupposti per l’efficacia invalidante8validi anche per la lett.c9 sono il rischio di confusione(anche come rischio di associazione) e la notorietà generale del segno anteriore. La notorietà generale in ogni caso è una notorietà piuttosto intensa e diffusa derivante dall’uso. Il preuso che non importi notorietà o ne importi una solo locale non è distruttivo della novità, anzi, nei limiti del preuso, è protetto dal legislatore. Nella zona del preuso, quindi, possono coesistere marchio registrato e marchio di fatto. Si è proposta, per evitare il rischio di confusione, l’imposizione di oneri di differenziazione al titolare del marchio registrato. Al marchio di fatto è equiparato il marchio notoriamente conosciuto ex art 6bis Convenzione di unione di Parigi che obbliga gli Stati aderenti a rifiutare o invalidare la registrazione dei marchi confondibili con il marchio di un altro Stato che, anche se non registrato, può considerarsi notoriamente conosciuto.
altri segni distintivi: 12.1 c) c.p.i. (ora b) 1. Non sono nuovi, ai sensi dell'articolo 7, i segni che alla data del deposito della domanda: c) siano identici o simili a un segno gia' noto come ditta,denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio aziendale, adottato da altri, se a causa della identita' o somiglianza fra i segni e dell'identita' o affinita' fra l'attivita' d'impresa da questi esercitata ed i prodotti o servizi per i quali il marchio e‘ registrato possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che puo' consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni.L'uso precedente del segno, quando non importi notorieta' di esso o importi notorieta' puramente locale, non toglie la novita'. L'uso precedente del segno da parte del richiedente o dei suo dante causa non e' di ostacolo alla registrazione; L’ipotesi della lettera c) contempla il conflitto con altri segni distintivi anteriori, e va letto insieme all’ art. 22. Entrambi sono espressione del c.d principio di unitarietà dei segni distintivi. Oltre a ditta, ragione o denominazione sociale e insegna, il c.p.i. ha aggiunto i domain names (nomi di dominio aziendale, cioè riconducibili ad un soggetto imprenditoriale).
principio di unitarietà dei segni distintivi Art. 22. Unitarieta' dei segni distintivi 1. E' vietato adottare come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio aziendale un segno uguale o simile all'altrui marchio se, a causa dell'identita' o dell‘ affinita' tra l'attivita' di impresa dei titolari di quei segni ed i prodotti o servizi per i quali il marchio e' adottato, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico che puo' consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni. 2. Il divieto di cui al comma 1 si estende all'adozione come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio aziendale di un segno uguale o simile ad un marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini, che goda nello Stato di rinomanza se l'uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o reca pregiudizio agli stessi.
Diritti conferiti dalla registrazione conflitto con marchi registrati anteriori: 12.1 d) e) f) g) c.p.i. (ora c), d), e) -parallelo con l’ art.20 c.p.i. (contenuto del diritto) Art. 20. Diritti conferiti dalla registrazione 1. I diritti del titolare del marchio d'impresa registrato consistono nella facolta' di fare uso esclusivo del marchio. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso,di usare nell'attivita' economica: a) un segno identico al marchio per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso e' stato registrato; b) un segno identico o simile al marchio registrato, per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell'identita' o somiglianza fra i segni e dell'identita' o affinita' fra i prodotti o servizi, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che puo‘ consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni; c) un segno identico o simile al marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini, se il marchio registrato goda nello stato di rinomanza e se l'uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o reca pregiudizio agli stessi. 2. Nei casi menzionati al comma 1 il titolare del marchio puo' in particolare vietare ai terzi di apporre il segno sui prodotti o sulle loro confezioni; di offrire i prodotti, di immetterli in commercio o di detenerli a tali fini, oppure di offrire o fornire i servizi contraddistinti dal segno; di importare o esportare prodotti contraddistinti dal segno stesso; di utilizzare il segno nella corrispondenza commerciale e nella pubblicita'. 3. Il commerciante puo' apporre il proprio marchio alle merci che mette in vendita, ma non puo' sopprimere il marchio del produttore del commerciante da cui abbia ricevuto i prodotti o le merci. Le lettere d) e) f) e g) prevedono ipotesi di conflitto con marchi registrati anteriori. Le disposizioni e i presupposti corrispondono esattamente a quelle previste dall’ art.20 c.p.i, sul contenuto del diritto di marchio. Il conflitto fra segni successivi può essere visto infatti in una doppia prospettiva:o come ostacolo alla validità del segno(novità) o , dal punto di vista del tilare della registrazione anteriore, come contraffazione del marchio anteriore. Dunque i conflitti – ipotesi di contraffazione sono tre:
“identici-identici”: art.12.1.d) c.p.i.(c) Non sono nuovi, ai sensi dell'articolo 7, i segni che alla data del deposito della domanda: d) siano identici ad un marchio gia' da altri registrato nello Stato o con efficacia nello Stato in seguito a domanda depositata in data anteriore o avente effetto da data anteriore in forza di un diritto di priorita' o di una valida rivendicazione di preesistenza per prodotti o servizi identici; si prescinde dall’ accertamento del rischio di confusione - rafforzamento della tutela del marchio Anzitutto l’ipotesi cd degli IDENTICI-IDENTICI: in questa ipotesi, introdotta nel 1992, si prescinde dall’ accertamento del rischio di confusione(tutela assoluta:caso Arthur della CGCE, per altri si tratta di confondibilità in re ipsa)così come dall’indebito vantaggio/pregiudizio. Si tratta di una delle disposizioni che rafforzano la tutela del marchio, per far fronte ai fenomeni di pirateria (in cui il marchio è imitato integralmente, ma i consumatori non sono indotti in errore,anzi sono perfettamente consapevoli della contraffazione).la tutela è particolarmente ampia:se vi identità totale di beni e segni(o differenze irrilevanti), non basta neppure ad evitare la contraffazione un disclaimer che chiarisca che i prodotti non sono ufficiali(così nel caso Arsenal).
segue: “identici-identici” Lotta alla prateria dei marchi Tutela forte: non bastano disclaimers (Arsenal) “segno”- “PER” prodotti e servizi usi non distintivi/ “civili”del marchio Ricolfi nota poi che in sede di contraffazione (vs di novità) il riferimento è ad un “segno”successivo. Il termine “segno” fa riferimento ai degni distintivi diversi dal marchio e forse anche a quelli atipici (es. slogan). Inoltre ci si deve soffermare sull’uso “PER” prodotti o servizi identici. Ci si chiede se la preposizione “per” indica una relazione specificamente distintiva oppure”una relazione più ampia e generica” comprendente anche l’uso del segno in un contesto non distintivo o anche non imprenditoriale (uso “civile” del marchio). Nel caso “euro” del TPG si esclude la contraffazione quando l’uso del segno sia fato iure imperii; nel contesto imprenditoriale, ma per usi non distintivi, la giurisprudenza comunitaria è discorde: se nel caso Arsenal si è ritenuto che l’uso per beni non ufficiali pregiudichi la funzione distintiva (largamente intesa, non solo come indicazione di origine)in base alla quale vi è un unico responsabile della qualità e reputazione dei beni, nel caso Hoelteroff si è voluto tutelare l’uso descrittivo del marchio.
ipotesi classica del “rischio di confusione”: art.12.1.e) c.p.i. (d) Non sono nuovi, ai sensi dell'articolo 7, i segni che alla data del deposito della domanda: e) siano identici o simili ad un marchio gia' da altri registrato nello Stato o con efficacia nello Stato, in seguito a domanda depositata in data anteriore o avente effetto da data anteriore in forza di un diritto di priorita' o di una valida rivendicazione di preesistenza per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell'identita' o somiglianza fra i segni o dell‘ identita' o affinita‘ fra i prodotti o i servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che puo' consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni; -modello base (l’unico ante riforma): principio di specialità -con il 1992:allargamento della nozione di rischio di confusione al concetto di -“rischio di associazione” -criteri di valutazione della confondibilità L’ ipotesi della lettera e) riguarda i segni IDENTICI o SIMILI per prodotti o servizi IDENTICI o AFFINI, quando sussiste RISCHIO DI CONFUSIONE per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione Come si è visto, si tratta del modello-base originario dell’impedimento, in quanto corrispondente all’ipotesi classica di tutela del marchio,l’unica prima del 1992, quando il marchio era tutelato solo nei limiti del rischio di confusione, entro il principio di specialità.Il segno anteriore non esplicava prima della riforma e non esplica in base a questa ipotesi “efficacia invalidante a 360 gradi, per tutte le clssi di beni possibili e immaginabili, ma solo nei limiti merceologici risultanti dalla registrazione”(Ricolfi, Diritto industriale, p. 90). Con il 1992, si rivisita la nozione di rischio di confusione attribuendo autonoma rilevanza al rischio di associazione (vedi lezione su funzioni del marchio). Completando quanto si è detto in relazione alla capacità distintiva, si può dire che occorre valutare l’ interdipendenza nei vari fattori che generano confondibilità, e la stessa interferenza tra confondibilità tra segni e tra prodotti. Inoltre si afferma che più un marchio è distintivo, maggiore è il rischio di confusione (caso Sabel), ma anche il contrario: più un marchio è notorio, meno ci si può confondere (caso Picaro). Quindi rileva anche nell’ipotesi del rischio di confusione, e non solo nell’ipotesi del marchio rinomato, l’ entità degli investimenti pubblicitari. Circa la confondibilità tra beni, si fa attenzione al livello di attenzione del pubblico (maggiore per beni non di consumo e per beni durevoli). Circa il confronto tra i segni, occorre considerare che il consumatore non ha di fronte entrambi i marchi, ma uno solo e ha presente l’altro solo nella memoria.Bisogna dunque guardare all’impressione globale e comparare i segni da tre punti di vista: visivo, fonetico e logico-concettuale.
marchio rinomato: 12.1.f) e g) c.p.i.(e ed f) f) siano identici o simili ad un marchio gia' da altri registrato nello Stato o con efficacia nello Stato, in seguito a domanda depositata in data anteriore o avente effetto da data anteriore in forza di un diritto di priorita' o di una valida rivendicazione di preesistenza per prodotti o servizi anche non affini, quando il marchio anteriore goda nella Comunita', se comunitario, o nello Stato, di rinomanza e quando l'uso di quello successivo senza giusto motivo trarrebbe indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del segno anteriore o recherebbe pregiudizio agli stessi; siano identici o simili ad un marchio gia' notoriamente conosciuto ai sensi dell'articolo 6-bis della Convenzione di Unione di Parigi per la proprieta' industriale, per prodotti o servizi anche non affini, quando ricorrono le condizioni di cui alla lettera g); “ANCHE” non AFFINI: casi Davidoff e Adidas La terza ipotesi è quella di cui si è ampiamente parlato del marchio che gode di rinomanza. Il c.p.i., prendendo spunto dai casi Davidoff e Adidas ha chiarito che i marchi che godono di rinomanza godono di protezione e quindi hanno efficacia invalidante di successive registrazioni pur in assenza di rischio di confusione in relazioni tanto a beni non simili quanto a beni simili (per questo la lett.f) dell’art.12.1 aggiunge al congiunzione “anche”. La lettera g) attribuisce efficacia invalidante al marchio notoriamente conosciuto ex art.6 bis CUP se vi sono i presupposti della tutela del marchio rinomato.
alcuni profili comuni alle varie ipotesi dell’ art.12 c.p.i. marchi “già da altri registrati nello Stato o con efficacia nello Stato”: marchio comunitario e internazionale 2) “in seguito a domanda depositata in data anteriore o avente effetto da data anteriore in forza di un diritto di priorita' o di una valida rivendicazione di preesistenza”: - art. 4 CUP (c.d. priorità unionista) - art.18 c.p.i. (c.d. “protezione temporanea” o “priorità di esposizione”) Hanno rilevanza come fatto distruttivo della novità anche il marchio comunitario e internazionale (marchi “già da altri registrati nello Stato o con efficacia nello Stato”). Il riferimento poi al marchio avente effetto da data anteriore in forza di un diritto di priorità o di una valida rivendicazione di preesistenza fa riferimento ai casi in cui gli effetti della registrazione del marchio risalgono ad una data anteriore al deposito. Si tratta anzitutto dell’ art. 4 CUP (la c.d. priorità unionista: un cittadino di uno Stato aderente che ha depositato un marchio presso l’ufficio di uno Stato membro può, entro sei mesi, depositare anche negli altri Stati una domanda di registrazione con effetti che retroagiscono alla data del primo deposito.Si veda in proposito l’art.4 c.p.i.
Protezione temporanea segue: art.18 c.p.i. Art. 18. Protezione temporanea 1. Entro i limiti ed alle condizioni indicate nel comma 2, puo‘ essere accordata, mediante decreto del Ministro delle attivita‘ produttive, una protezione temporanea ai nuovi marchi apposti sui prodotti o sui materiali inerenti alla prestazione dei servizi che figurano in esposizioni nazionali o internazionali, ufficiali od ufficialmente riconosciute, tenute nel territorio dello Stato o in uno Stato estero che accordi reciprocita' di trattamento. 2. La protezione temporanea fa risalire la priorita' della registrazione, a favore del titolare o del suo avente causa, al giorno della consegna del prodotto o del materiale inerente alla prestazione del servizio per l'esposizione, ed ha effetto sempre che la domanda di registrazione sia depositata entro sei mesi dalla data della consegna ed, in ogni caso, non oltre sei mesi dalla data di apertura dell'esposizione. 3. Nel caso di esposizione tenuta in uno Stato estero, se ivi e‘ stabilito un termine piu' breve, la domanda di registrazione deve essere depositata entro questo termine. 4. Tra piu' marchi identici o simili per prodotti o servizi identici o affini presentati per l'esposizione nello stesso giorno, la priorita' spetta al marchio per il quale e' stata depositata prima la domanda di registrazione. 5. Le date di cui ai commi 2, 3 e 4 devono essere indicate dall'interessato e menzionate nell'attestato di registrazione, previa la loro verifica da parte dell'Ufficio italiano brevetti e marchi In secondo luogo, all’ipotesi della c.d. “protezione temporanea” ex art. 18 c.p.i. o “priorità di esposizione”. (14) La lett. h) riguarda i marchi anteriori scaduti o decaduti ed ha lo scopo di evitare il sovraffollamento del registro dei marchi da parte di segni che sono anteriorità solo cartacee.
marchi anteriori scaduti o decaduti: 12.1.h) c.p.i. h) nei casi di cui alle lettere d) ed e), non toglie la novita‘ il marchio anteriore che sia scaduto da oltre due anni ovvero tre se si tratta di un marchio collettivo o possa considerarsi decaduto per non uso ai sensi dell'articolo 26 al momento della proposizione della domanda o dell'eccezione di nullita'. - evitare l’impedimento di anteriorità solo cartacee La lett. h) riguarda i marchi anteriori scaduti o decaduti ed ha lo scopo di evitare il sovraffollamento del registro dei marchi da parte di segni che sono anteriorità solo cartacee.
la novità in prospettiva “dinamica” Capacità distintiva secondary meaning e volgarizzazione art.13 c.p.i. Novità convalidazione(convalida) art.28 c.p.i. Come il requisito della capacità distintiva trova la sua prospettiva “dinamica” negli istituti della riabilitazione (secondary meaning) e della volgarizzazione, così anche per il requisito della novità il decorso del tempo acquista rilievo nella valutazione del conflitto tra segni. L’istituto da considerare è quello della convalida o convalidazione del marchio (art.28 c.p.i.) Ratio dell’istituto è evitare comportamenti maliziosi da parte del titolare di un segno distintivo anteriore che, prima di agire, attenda che il segno confliggente con il proprio si sia accreditato presso il pubblico, per poi approfittare di questo credito e sostituirvi il proprio. Si discute se l’istituto sia applicabile anche ai marchi di fatto. Il diritto del titolare del segno anteriore non si estingue ma non conferisce più al titolare la facoltà di opporsi all’uso del marchio successivo convalidato, verificandosi un’altra ipotesi di coesistenza sul mercato di segni configgenti.
segue: convalida del marchio: art.28 c.p.i. Convalidazione 1. Il titolare di un marchio d'impresa anteriore ai sensi dell‘ articolo 12 e il titolare di un diritto di preuso che importi notorieta' non puramente locale,i quali abbiano, durante cinque anni consecutivi, tollerato, essendone a conoscenza, l'uso di un marchio posteriore registrato uguale o simile, non possono domandare la dichiarazione di nullita' del marchio posteriore ne' opporsi all'uso dello stesso per i prodotti o servizi in relazione ai quali il detto marchio e' stato usato sulla base del proprio marchio anteriore o del proprio preuso, salvo il caso in cui il marchio posteriore sia stato domandato in mala fede. Il titolare del marchio posteriore non puo‘ opporsi all'uso di quello anteriore o alla continuazione del preuso. La disciplina del comma 1 si applica anche al caso di marchio registrato in violazione degli articoli 8 e 14, comma 1, lettera c). Ratio -evitare comportamenti maliziosi
conflitto con altri diritti di terzi Diritto al ritratto Diritto al nome Segni notori “civili” Segni il cui uso violerebbe diritti di esclusiva di terzi Dal momento che la novità concerne il conflitto con diritti di terzi, consideriamo qui le ipotesi in cui vi sia un’ interferenza tra diritto di marchio e altre tipologie di diritti di terzi.
segue: conflitto con altri diritti di terzi Art. 8. Ritratti di persone, nomi e segni notori 1. I ritratti di persone non possono essere registrati come marchi senza il consenso delle medesime e, dopo la loro morte, senza il consenso del coniuge e dei figli; in loro mancanza o dopo la loro morte, dei genitori e degli altri ascendenti, e, in mancanza o dopo la morte anche di questi ultimi, dei parenti fino al quarto grado incluso. 2. I nomi di persona diversi da quelli di chi chiede la registrazione possono essere registrati come marchi, purche' il loro uso non sia tale da ledere la fama, il credito o il decoro di chi ha diritto di portare tali nomi. L'Ufficio italiano brevetti e marchi ha tuttavia la facolta' di subordinare la registrazione al consenso stabilito al comma 1. In ogni caso, la registrazione non impedira' a chi abbia diritto al nome di farne uso nella ditta da lui prescelta. a) anzitutto il diritto al ritratto, disciplinato dall’art 8.1 c.p.i. b) il diritto al nome: cf art. 7 cc e art. 8.2 e 3 c.p.i.Si noti come la tutela del diritto al ritratto è più intensa di quella del diritto al nome, essendo solo il primo riferibile ad una sola persona.
segue: conflitto con altri diritti di terzi Art.8.3 c.p.i. Se notori, possono essere registrati come marchio solo dall'avente diritto, o con il consenso di questi, o dei soggetti di cui al comma 1: i nomi di persona, i segni usati in campo artistico, letterario, scientifico, politico o sportivo, le denominazioni e sigle di manifestazioni e quelli di enti ed associazioni non aventi finalita' economiche, nonche' gli emblemi caratteristici di questi. art.14.1. c) c.p.i. (liceità) Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa: c) i segni il cui uso costituirebbe violazione di un altrui diritto di autore, di proprieta' industriale o altro diritto esclusivo di terzi. c) i segni notori cd “civili” (che riguardano la politica, lo sport, la cultura, lo spettacolo): lo sfruttamento del valore pubblicitario è riservato a chi ne abbia il merito, nella stessa ottica della tutela del marchio rinomato. Qui, per di più, il plusvalore commerciale, di origine “extramercantile”, attiene esclusivamente al valore pubblicitario (così Ricolfi, Diritto industriale, p.103-104). d) segni il cui uso violerebbe diritti di esclusiva altrui (14.1 c). Ipotesi poco opportunamente raggruppata tra ipotesi di iliceità.In questo caso il contrasto può essere azionato solo in via giurisdizionale, al contrario che nei casi dell’ art.8 che possono essere fatti valere sia d’ufficio che in seguito ad opposizione già in fase di registrazione. L’azione di nullità comunque sempre relativa, cioè riservata ai titolari del diritto anteriore configgente fatto valere (122.2 c.p.i.).
Liceita‘(e diritti di terzi): mod. 2010 2. La LICEITA’ no requisito unitario art.9 c.p.i. sui marchi di forma art. 14.1 a) e b) c.p.i. Art. 14. Liceita‘(e diritti di terzi): mod. 2010 1. Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa: a) i segni contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume; b) i segni idonei ad ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualita' dei prodotti o servizi; 3) art.10 c.p.i.: stemmi, emblemi, bandiere Oltre al requisito della capacità distintiva e della novità, il marchio deve presentare il requisito della liceità. La liceità in realtà non si pone come un requisito unitario ma raggruppa una serie di ipotesi. 1) sono limiti di liceità quelli riguardanti la registrabilità del marchio di forma (ex art.9 c.p.i.), di cui tratteremo in un’apposita lezione; 2) è poi vietata la registrazione come marchio (art.14 c.p.i.) -dei segni contrari alla legge, all’ordine pubblico, al buon costume -degli stemmi, emblemi e bandiere (secondo l’art.10 c.p.i). -dei segni decettivi ab origine (vs l’ipotesi di decadenza per decettività sopravvenuta, con l’uso). L’ art. 14 .2 considera alcune ipotesi di decadenza, correlate all’illiceità, di cui si tratterà nella lezione dedicata alla decadenza.
segue: art. 10 c.p.i. Art. 10. Stemmi 1. Gli stemmi e gli altri segni considerati nelle convenzioni internazionali vigenti in materia, nei casi e alle condizioni menzionati nelle convenzioni stesse, nonche' i segni contenenti simboli, emblemi e stemmi che rivestano un interesse pubblico non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa, a meno che l'autorita' competente non ne abbia autorizzato la registrazione. 2. Trattandosi di marchio contenente parole, figure o segni con significazione politica o di alto valore simbolico, o contenente elementi araldici, l'Ufficio italiano brevetti e marchi, prima della registrazione, invia l'esemplare del marchio e quantaltro possa occorrere alle amministrazioni pubbliche interessate, o competenti, per sentirne l'avviso, in conformita' a quanto e' disposto nel comma 4. 3. L'Ufficio italiano brevetti e marchi ha la facolta' di provvedere ai termini del comma 2 in ogni caso in cui sussista dubbio che il marchio possa essere contrario all'ordine pubblico o al buon costume. 4. Se l'amministrazione interessata, o competente, di cui ai commi2 e 3, esprime avviso contrario alla registrazione del marchio, l'Ufficio italiano brevetti e marchi respinge la domanda.
3. Il marchio collettivo Art. 11. Marchio collettivo 1. I soggetti che svolgono la funzione di garantire l'origine, la natura o la qualita' di determinati prodotti o servizi, possono ottenere la registrazione per appositi marchi come marchi collettivi ed hanno la facolta' di concedere l'uso dei marchi stessi a produttori o commercianti. 2. I regolamenti concernenti l'uso dei marchi collettivi, i controlli e le relative sanzioni devono essere allegati alla domanda di registrazione; le modificazioni regolamentari devono essere comunicate a cura dei titolari all'Ufficio italiano brevetti e marchi per essere incluse tra i documenti allegati alla domanda. 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 sono applicabili anche ai marchi collettivi stranieri registrati nel Paese di origine. 4. In deroga all'articolo 13, comma 1, un marchio collettivo puo‘ consistere in segni o indicazioni che nel commercio possono servire per designare la provenienza geografica dei prodotti o servizi. In tal caso, peraltro, l'Ufficio italiano brevetti e marchi puo‘ rifiutare, con provvedimento motivato, la registrazione quando i marchi richiesti possano creare situazioni di ingiustificato privilegio o comunque recare pregiudizio allo sviluppo di altre analoghe iniziative nella regione. L'Ufficio italiano brevetti e marchi ha facolta' di chiedere al riguardo l'avviso delle amministrazioni pubbliche, categorie e organi interessati o competenti. L'avvenuta registrazione del marchio collettivo costituito da nome geografico non autorizza il titolare a vietare a terzi l'uso nel commercio del nome stesso, purche' quest'uso sia conforme ai principi della correttezza professionale (e quindi limitato alla funzione di indicazione di provenienza.):SOPPRESSO 5. I marchi collettivi sono soggetti a tutte le altre disposizioni del presente codice in quanto non contrastino con la natura di essi. Nella sistematica del c.p.i., tra l’art.10 c.p. dedicato agli stemmi e ‘art.12 dedicato alla novità vi è la disposizione dedicata all’ art.11, riguardante il marchio collettivo, cui ora accenniamo.
segue: il marchio collettivo funzione di garanzia o certificazione / attestazione art.14.2.c.p.i. Il marchio d'impresa decade: c) per omissione da parte del titolare dei controlli previsti dalle disposizioni regolamentari sull'uso del marchio collettivo - marchio collettivo “geografico” L’art. 2570 c.c. e l’art 11 cpi (ex 2 l.m.) prevedono, con il marchio “collettivo”, una tipologia di marchio ulteriore rispetto a quella del marchio “individuale”, che differisce da questo per funzione e modalità d’uso. Infatti il marchio individuale, data la sua natura di segno distintivo del prodotto/servizio di una determinata impresa, svolge come funzione fondamentale quella di indicazione di provenienza e solo eccezionalmente ne è permesso un uso contemporaneo da parte di più imprenditori. Al contrario il marchio collettivo è destinato a venire usato da una pluralità di imprenditori diversi dal titolare e non invece da quest’ ultimo, che non necessariamente svolge un’attività imprenditoriale propria (e comunque non adopera in essa il marchio collettivo di cui è titolare), ma concede in uso il marchio collettivo ad altri imprenditori e svolge la funzione di soggetto certificatore. Tratto di rilievo della disciplina del marchio collettivIl marchio collettivo, esplica, soprattutto dopo la riforma del 1992, principalmente una funzione (oggettiva) di garanzia o certificazione/attestazione, pur continuando a svolgere anche una funzione (soggettiva) di indicazione di provenienza/distinzione.In tal senso depone il dato letterale del comma 1 dell’articolo in esame, che pone subito in risalto la funzione di garanzia. A questo proposito è stato notato che la triplice specificazione legislativa («origine, natura o qualità di determinati prodotti o servizi») è riconducibile (cfr Vanzetti A.- Di Cataldo V., Manuale, pp. 253 - 254) in ogni caso a una garanzia di tipo qualitativo. Funzionali alla garanzia qualitativa e all’interesse del consumatore sono i regolamenti d’uso, che costituiscono l’elemento strutturale centrale dell’istituto del marchio collettivo, dal momento che dal regolamento dipendono le modalità d’uso del segno e il contenuto della garanzia che esso assicura. Sono due le prospettive secondo cui cogliere il significato del regolamento, in relazione alle due funzioni del marchio collettivo. Esso anzitutto rende sicura l’ uniformità delle produzioni delle imprese aderenti, permettendo quindi al marchio di svolgere la sua primaria funzione distintiva (rispetto ai prodotti provenienti da altre imprese); in secondo luogo, permette l’esplicarsi della funzione di garanzia, garantendo l’interesse essenziale dei consumatori a non essere ingannati sull’effettiva corrispondenza dei beni alle caratteristiche indicate. Si noti la sanzione della decadenza ex art.14.2 c) per omissione dei controlli Il comma 4 dell’articolo in esame contiene una deroga all’ art.13 c.p.i. e prevede una particolare species di marchio collettivo (il marchio collettivo geografico) che, nell’ambito della funzione di garanzia qualitativa, avrà anche la funzione di garantire la provenienza geografica. Dal momento, infatti, che per molti marchi collettivi la garanzia qualitativa è connessa all’origine geografica del prodotto, il legislatore del 1992 ha ritenuto di derogare al divieto della registrazione di marchi costituiti esclusivamente da una denominazione geografica per cui il marchio collettivo può consistere anche solo in indicazioni della provenienza geografica dei prodotti o servizi.
Domande di verifica Quali ipotesi di conflitto fra segni sono disciplinate dall’art. 12 c.p.i.? Quall è la disciplian dell’art.8 c.p.i.? In cosa consiste il requisito della liceità del marchio? Cos’è un marchio collettivo?Qual è la sua funzione?
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Sui segni divenuti di uso comune, cfr AMMENDOLA M., I segni divenuti di “uso comune”e la loro inappropriabilità come marchi, in Studi di diritto industriale in onore di A.Vanzetti, I, Milano, 2004,p. 1. Sul conflitto con marchi registrati anteriori (e quindi sulle diverse ipotesi di tutela del marchio): cfr SIRONI G.E., La tutela del marchio nell’ipotesi di uso di segni identici per prodotti o servizi identici, Studi di diritto industriale in onore di A.Vanzetti, II, Milano, 2004,p.1543; GALLI C., Protezione del marchio e interessi del mercato, in Studi di diritto industriale in onore di A.Vanzetti, I, Milano, 2004,p.661;Id., Rinomanza del marchio e tutela oltre il limite del pericolo di confusione, in Dir.ind., 1/2007,p. 83 ss.;Id. La protezione del marchio oltre il limite del pericolo di confusione, in Segni e forme distintive:la nuova disciplina, Milano, 2001,p.19 ss; BASTIAN E.M., Il marchio celebre nel diritto europeo dei marchi e nella giurisprudenza della Corte di giustizia europea,in Studi di diritto industriale in onore di A.Vanzetti, I, Milano, 2004,p. 109 ss., RONCAGLIA P.L., Nozione di confondibilità e tutela della funzione suggestiva del marchio,in Segni e forme distintive:la nuova disciplina, Milano, 2001, p.367 ss; BOTTERO N., Marchi notori, beni affini ed usi atipici nella giurisprudenza comunitaria, Giur.comm.,II, 2004, p. 369; MONTUSCHI P., Nuova decisione della Corte di giustizia CE sul rischio di associazione: il commento, Dir. Ind., I, 2001, p. 17. Sul marchio collettivo, cfr MASI P., Il marchio collettivo, in AA.VV., Commento tematico alla legge marchi, Torino, 1998; MAGELLI S., marchio e nome geografico, in Studi di diritto industriale in onore di A.Vanzetti, II,Milano, 2004,p.909 ss; GALLI C., Globalizzazione dell’economia e tutela delle denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, in Riv.dir.ind., 2004, II, p.60; FALCE V., Denominazioni di origine protetta e limitazioni della produzione:i profili antitrust, in Giurispr.comm., I,p.45 ss; G.GHIDINI- F.DE BENEDETTI (a cura di), Codice della proprietà industriale. Commento alla normativa sui diritti derivanti da brevettazione e registrazione, Milano, 2006. Sulla convalida del marchio, cfr PENNISI R., La convalida del marchio, Mlano, 1991.
Giurisprudenza comunitaria CGCE, C-291/00, caso “Arthur”,20/3/2003 CGCE,12/11/2002, caso “Arsenal”,12/11/2002 TPG, T-195/00, caso “euro”, 10/4/2003 CGCE, C-251/95, caso “Sabel”,11/11/1997 TPG, caso “Picaro”,T-185/02, 22/6/2004 CGCE, C-292/00, caso “Davidoff”, 9/1/2003 CGCE, C-408/01, caso “Adidas”, 23/10/2003
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