Cicerone
Sono un uomo e come tale mi configuro appieno. << Io Cicerone illustrissimo uomo, politico, oratore, ma più di tutto filosofo, amico e padre : mi rivelo. Sono un uomo e come tale mi configuro appieno. L’orgoglio è ciò che ho sempre pensato fosse la mia più grande caratteristica distintiva ed è questo che ho di fatto sempre dato a vedere. Mai mi sono dichiarato incapace di fare o sapere qualcosa e mai avrei potuto mettermi a nudo di fronte a tanti uomini del mio tempo, che hanno cercato da sempre di trovare scheletri negli armadi e farmi critiche insensate pur di abbattermi politicamente.
Questa è la politica intrighi, passioni, delazioni, invidia: troppi! Lo stesso uomo potente e salvatore dello Stato, ne sono vittima nonostante io abbia cercato di allontanarmi da questo mondo : Clodio dietro un abile stratagemma di Cesare, che mi temeva, ha fatto approvare una legge con valore retroattivo che condanna all’esilio chi ha mandato a morte un cittadino romano senza concedergli la “provocatio ad populum” ; e in più non contento del processo e dell’umiliazione dovuta all’esilio hanno approvato numerose altre leggi che prevedono la confisca di tutti i miei beni. Io lontano da tutto ciò che mi era caro e familiare sono sprofondato in un assoluto senso di sconforto. Io abituato ad essere tra i primi sono rimasto ultimo, solo Infelice e misero.
Soffro. Soffro come mai ho sofferto e mi sento male al solo pensiero di ciò che sta succedendo alla mia famiglia, al mio onore ai miei averi, persino i miei schivi si ribellano al loro impotente padrone e chiedono l’emancipazione. Alterno momenti di positività ad attimi di profonda negatività. Ormai non so più niente, io che ero così sicuro di me stesso, dimentico il Cicerone dei tempi migliori, forte prode, coraggioso colmo di ego. Voglio essere ricordato così, per quello che ero e non per questo uomo che anch’io disprezzo, infangato il nome e la reputazione per opera di amici o che perlomeno credevo tali, che in realtà si sono rivelati traditori .
Ad essi io mi sono rivolto con onori e amicizia senza avere da loro altrettanta grazia. Per loro l’amicizia è funzionale solo al sostegno politico, io credo che questa sia di più : uomini virtuosi leali fedeli l’un l’altro. Ho ininterrottamente sentito la necessità di contornarmi di rapporti sinceri e ora mi accorgo che forse questo sostegno e questo amore fraterno l’ho avuto solo da Attico. Attico amico mio, a te devo molto! Ero solo e tu hai saputo ascoltarmi e consolarmi senza mai criticarmi per il poco vigore che ho mostrato nei miei momenti più bui, ci sei sempre stato per me e sai bene tu più di quanto non sappia io, e mi nuoce dirlo, che da solo non ce l’avrei mai fatta, mi hai sorretto in più di un’ occasione : ricordi quando avevo bisogno di te per la mia ascesa al consolato? Ti trovavi ad Atene eppure è stata sufficiente una lettera per farti tornare a Roma.
Solo tu conosci parti di me che nessun’altro immaginerebbe se non adesso che ho deciso di rivelarmi . Io uomo che all’apparenza sembro fatto tutto d’un pezzo sono in realtà fragile e insicuro. Ecco il mio più grande segreto svelato. Ardono in me sentimenti contrastanti e quando penso alla mia famiglia lontana piango mentre cerco di scrivere loro di stare tranquilli che il loro marito, fratello e padre li ama. Oh quanto li ama! I miei figli sono la mia esistenza, è per loro che cerco di andare avanti, di stare aggrappato a questa estenuante vita di sofferenza e disgrazia, continuando a sperare che questa situazione ingiusta dovuta non certo a mie mancanze ma per la mia troppa virtù si ribalti. Tullia è l'unica che non potrei mai criticare, lei era la mia bambina affettuosa, modesta e intelligente
Per la sua morte ho sofferto immensamente perdendo l’unica cosa che mi legava alla vita. Confidavo anche nel piccolo Marco che invece non era interessato ai miei ideali di studio, così come mia moglie Terenzia dedita a pregare gli dei che non ci hanno certo aiutati. Avrei voluto avere tutti al mio fianco per non sentirmi totalmente smarrito, ma non era possibile . Terenzia e la sua famiglia non mi perdoneranno di certo per ciò che hanno passato a causa mia, posso solo ricordare un tempo felice che è stato rovinato dal dolore, dal senso dell’ingiustizia e dal disonore.
E come i miei suoceri persone che mi avevano promesso fedeltà si sono rimangiate le loro stesse parole : perché tra dire e il fare c’è di mezzo il mare! Ma ricordo come se fosse oggi Lenio Flacco al quale devo solo gratitudine, che con onore e dignità mi ha ospitato per 13 giorni a Brindisi rischiando di perdere tutto in nome dell’amicizia e di aiutare me che avevo tanto bisogno di visi amici : certo avrei voluto Terenzia con me, avevo bisogno di lei come si ha bisogno dell’aria, ma lei doveva reagire per me a Roma mi era di aiuto li. Si, ebbene si, io così legato e fedele alle tradizioni chiesi l’aiuto ad una donna per disperazione. Poiché questa era la mia condizione ero incapace di reagire e di darmi conforto.
L’unica ancora di salvezza è stata la filosofia alla quale mi rivolgevo per essere incoraggiato e sollevato dai pensieri brutali che mi affliggevano. Cicerone è uomo debole di carattere. Tutti mi conoscete come uomo vanitoso, acculturato più di chiunque altro poiché sapientemente conscio delle proprie potenzialità e dell’aver perfezionato la letteratura latina da ogni punto di vista ( stilistico, sintattico, morfologico, musicale ) e che ha reso nota al popolo di Roma la cultura Greca.
Io sono anche un uomo sostenitore della filantropia del fare del bene per il prossimo, sono colto raffinato, sono mediatore poiché so cosa è giusto e cosa no, cosa è l’onestà e il decoro, distinguo la ragione , il pensiero che credo si leghino indissolubilmente alle conoscenze, al sapere, sono un vir bonus caratterizzato dall’humanitas e dalla virtus : l’una utile nella sfera sentimentale , l’altra nella vita pubblica e politica . Ma quello che non sapevate di me è che sono un uomo come gli altri : io mi spezzo come tutti e mi abbandono a me stesso e alle sventure che mi affliggono in maniera del tutto negativa, mi demoralizzo e piango. >>
Cato Maior de Senectute “La vecchiaia è l'unico sistema che si sia trovato per vivere a lungo.” Charles de Sainte-Beuve Quando si parla di vecchia, della Senectus, si intende generalmente nella nostra società l’età più avanzata nella vita dell’uomo, nella quale si ha un progressivo decadimento e indebolimento dell’organismo. Cicerone, con il suo stile elaborato e ricercato, intendeva presentare questa fase della vita umana in termini di esaltazione e di ammirazione, ribattendo a tutte le accuse, i luoghi comuni che le vengono generalmente rivolti.
Il Cato Maior, così come il Lelius, è dedicato ad Attico; Cicerone compose, nei primi mesi del 44 a.C, il Cato Maior che costituisce insieme al Laelius de Amicitia una delle più importanti opere filosofiche dell’intera produzione latina e che avevano come finalità quella di definire un ideale di saggezza capace di misurarsi concretamente con i problemi dell’uomo che vive ed opera su questa terra, o meglio nella Roma del I secolo a.C. Il Cato Maior, così come il Lelius, è dedicato ad Attico; per questo l’opera si configura come una testimonianza di amicizia per l’amico fedele di tutta una vita.
Scrivendo quest’opera l’Arpinate intendeva soprattutto fare cosa utile, divulgando nel mondo romano i precetti della filosofia greca, con l’intento di educare i giovani, di rendere autonoma la cultura romana da quella greca e di trovare per se, costretto all’emarginazione politica, una occupazione dignitosa capace sebbene indirettamente di contribuire al bene comune. La forma scelta per la trattazione della vecchiaia è quella dialogica e l’Arpinate giustifica tale scelta attraverso due motivazioni fondamentali: la prima per ragioni narrative, evitare i “dice” e i “dico” propri del discorso indiretto; - la seconda di tipo psicologico,far parlare personaggi antichi e autorevoli conferisce maggior peso al discorso.
A parlare è un solo personaggio, Catone, mentre gli interlocutori si limitano a poche e brevi battute. La struttura dialogica serve semplicemente a conferire al discorso una particolare “marca” linguistica e contenutistica: Cicerone marca il fatto che si tratta di conversazione tenute entro una cerchia di amici e familiari da un romano reso saggio dalla sua cultura e dalla sua esperienza di vita. Sebbene Cicerone, nel Cato Maior, rielaborò una o più fonti greche, il suo intento fu quello di calare il discorso sulla vecchiaia in un contesto squisitamente romano. Questo ci viene confermato non solo dalle ambientazioni dei dialoghi ma anche dalle continue precisazioni di alcuni termini.
Sapientia Viene intesa non come ricerca astratta ma come conoscenza calata nella realtà e capace di trasformarsi in azione. Il sapiens romano infatti: sa leggere la realtà e vederla nelle sue vere dimensioni, sa quindi modificarla a vantaggio di tutti, - sa distinguere il bene dal male, - ha scoperto che i beni autentici sono dentro di noi, - ha raggiunto la consapevolezza che rende padroni di se stessi (autarkexia); - è capace di soffrire e di amare, sa dominare i sentimenti senza eliminarli.
Virtus Costituisce il possesso fondamentale del vir bonus e ne guida la condotta in qualsiasi circostanza. Il vir bonus è quindi un modello possibile, storicamente incarnato dai grandi romani che la tradizione ricorda come esemplari: i Curi, i Fabi, i Corucani e accanto a loro i grandi di un passato sospeso tra mito e storia, che incarnano i tratti fondamentali del mos maiorum: Atilo Regolo, Gaio Diolio, Cincinnato, tutti testimonianze viventi dei valori sui quali si fonda una civiltà.
La celebrazione della virtus trova il suo fondamento in un eclettismo in cui convergono, oltre al mos maiorum, principi etici di estrazione accademica e stoica; l’unica corrente verso la quale Cicerone dimostrò sempre la più totale chiusura fu quella epicurea. L’Arpinate avverte come pericolosa l’etica epicurea che pone il sommo bene nel piacere e che esorta a una vita serena, lontana dalle tempeste politiche e dall’impegno sociale; importante ricordare che Cicerone polemizza spesso contro affermazioni che costituiscono deformazioni della dottrina epicurea. L’epicureismo minava alle fondamenta le basi etiche della società romana, poiché delineava la figura di un sapiens teso alla ricerca della propria liberazione personale, lontano da un ideale di vita attiva.
Il Cato Maior è ambientato nel 150 a Il Cato Maior è ambientato nel 150 a.C e gli interlocutori sono fra i protagonisti di un importantissima esperienza culturale vissuta dal mondo romano: l’incontro scontro con la civiltà greca. A Roma si ebbero profondi contrasti fra gli ambienti più aperti e disponibili alla cultura ellenica (il Circolo degli Scipioni) e quelli più cauti che facevano a capo a Catone. Verso la metà del II secolo a.C (epoca in cui Cicerone ambienta il Cato Maior) la furia iconoclasta dei conservatori si spense ed anche Catone attenuò la sua opposizione. I suoi timori si erano infatti rivelati infondati, l’incontro con la Grecia non aveva affatto distrutto la cultura romana, ma aveva portato alla creazione di un nuovo modello culturale, sintesi originalissima di mos maiorum e di paideia greca.
L’intento dell’opera è dichiarato nel proemio ed è quello di sollevare l’animo dell’amico Attico e il proprio dalle angosce che la vecchiaia porta con sé. Attico, nel 44 a.C aveva 65 anni, Cicerone 62, non molti secondo l’ottica del nostro tempo, parecchi se riferiti alla durata media della vita nell’antica Roma. I motivi di conforto cercati nella filosofia verranno messi in bocca a Catone, ormai ultraottantenne, durante una conversazione con Lelio e Scipione Emiliano, probabilmente tenuta nel 150 a.C. Cicerone mette in bocca al vecchio Catone un discorso in cui abilmente si mescolano richiami alla filosofia e all’esperienza di vira, allusioni a poeti latini e greci, annotazioni psicologiche e richiami ad una saggezza pratica radicata nel mos maiorum.
Il dialogo, incomincia senza un minimo di ambientazione, senza una didascalia che suggerisca al lettore l’ambiente in cui si svolge. Scipione Emiliano e Lelio invitano Catone a dire come mai egli mostra di sopportare la vecchiaia con tanta disinvoltura, mentre la maggior parte degli uomini la considera << un carico più pesante dell’Etna >>. Catone acconsente ed imposta il discorso con una tecnica più vicina a quella oratoria che a quella propria della trattazione filosofica: egli affronta infatti l’argomento come un avvocato che deve difendere l’imputato (la vecchiaia). Analizza quindi, una per una, le singole accuse, confutandole sia con argomentazioni filosofiche, sia con la testimonianza offerta da personaggi tratti dalla storia. Tutto il discorso è tenuto da Catone, anche se la presenza di Scipione e Lelio è spesso rimarcata dalla parole stesse di Catone .
“La vecchiaia realizza i presentimenti della gioventù “La vecchiaia realizza i presentimenti della gioventù.” Sören Kierkegaard Chi era Catone? <<Marco Porcio Catone nacque a Tusculum da una famiglia plebea di agricoltori benestanti. Partecipò giovanissimo alla seconda guerra punica, combattendo in Campania, in Sicilia e nella battaglia del Metauro (207). Homo novus percorse tutta la carriera politica parteggiando per il gruppo conservatore. Fu tribuno militare; condusse a Roma Ennio. Fu edile nel 199; nel 198 pretore in Sardegna, quindi console nel 195 e censore nel 184 insieme a Lucio Valerio Flacco, il patrizio che lo appoggiò nella carriera politica.
di ogni tendenza individualistica nella vita pubblica e alla Come console governò la Spagna, come censore esercitò la carica con un rigore e una severità che gli valsero il soprannome di Censore. La sua attività politica fu sempre ispirata a un'intransigenza inflessibile contro quelle che considerava degenerazioni del costume romano. Si oppose all'affermazione di ogni tendenza individualistica nella vita pubblica e alla cultura ellenizzante; contrastò quei patrizi che si arricchivano illecitamente all'ombra dello stato, e ne fece espellere alcuni dal senato per improbità. Sostenne che si doveva pensare all'agricoltura e ai rapporti con il resto dell'Italia, prima della conquista di paesi lontani. Si oppose tenacemente all'abrogazione della lex Oppia, che imponeva limiti austeri alle spese private, specie quelle sullo sfarzo dell'abbigliamento femminile.
Nel 155 ottenne l'espulsione dei tre filosofi greci Carneade, Diogene, Critolao, inviati da Atene a Roma come ambasciatori, perché considerava insidioso il loro influsso sui giovani. Promosse la terza guerra punica, sostenendo in senato la necessità della distruzione di Cartagine (Carthago delenda est): la spedizione iniziò l'anno della sua morte, (149) e così non potè assistere alla caduta della città. Sia pure pensando di agire in buona fede nell'interesse dello Stato, Catone attaccò con troppa leggerezza, forse per gelosia, patrizi dotati di benemerenze quali gli Scipioni, i Corneli, i Claudi, i Semproni; Scipione l'Africano fu da lui costretto all'esilio. >>
Nel Cato Maior de Senectute Cicerone fa di Catone un ritratto che ben poco ha in comune con la figura storica quale emerge, ad esempio, dalle biografie di Cornelio Nepote o di Plutarco. Cicerone infatti attenua i tratti più duri e più aspri del Catone della tradizione, descrivendolo come un uomo tutto dedito allo studio della lingua greca e dello strumento della lira. Particolare insistenza pone Cicerone nel raffigurare in termini molto amichevoli i rapporti fra Catone e gli Scipioni: in effetti è probabile che i contrasti ideologici si fossero attenuati e che fosse avvenuto un riavvicinamento fra Catone e la famiglia degli Scipioni. L’Arpinate rappresenta il Censore secondo un ideale di cultura contrassegnato dall’humanitas e dall’urbanitas.
Accanto a Catone troviamo una celebre coppia di amici, Scipione Emiliano e Lelio, il protagonista del de Amicitia. - Scipione Emiliano, nato nel 185 o nel 184 a.C., entrato a far parte della famiglia degli Scipioni, divenne una delle personalità più importanti del suo secolo, sia dal punto di vista culturale, sia da quello politico (distrusse Cartagine al termine della terza guerra punica). - Gaio Lelio, nato verso il 190 a.C. e morto qualche tempo dopo nel 129, condivise con Scipione Emiliano studi e interessi ed a lui fu legato da un’amicizia destinata ad essere ricordata come esemplare. Egli fu il teorico del Circolo degli Scipioni. Scipione e Lelio avevano all’epoca del dialogo 35 anni circa, erano quindi poco più che ragazzi di fronte all’ottantaquatrenne Catone.
“I vecchi non diventano saggi, diventano attenti.” Ernest Hemingway Struttura e partizione dell’opera Dopo il capitolo introduttivo, dedicato ad illustrare la genesi e le finalità dell’opera, il dialogo prende il via con una battuta di Scipione l’Emiliano che esprime a Catone l’ammirazione sua e di Lelio per la serenià con cui egli affronta la vecchiaia. Catone risponde proponendo due riflessione che costituiscono una vera e propria promessa all’intera opera: - la vecchiaia è un fenomeno del tutto naturale,; - la vecchiaia è al logica conclusione di tutta la vita.
Senectus = punto d’arrivo di un discorso sapientemente preparato da un autore (la natura stessa) che, dopo aver dato ottima prova di se negli atti precedenti, non può aver miseramente fallito nella parte finale del dramma. La vecchiaia è la stagione in cui si raccoglie quanto, in bene e in male, è stato seminato nelle età precedenti: quale è stato il resto della vita, tale sarà la vecchiaia.
Come esempi di vecchiaia serena perché la conclusione di una vita operosa e intenda, Cicerone porta due casi molto significativi: da una parte Quinto Fabio Massimo, l’uomo che unì insieme la virtù guerriera e la saggezza, che dimostrò straordinaria tempra morale e insieme buona cultura, - dall’altra parte Platone, Iscocrate, Gorgia ed Ennio, uomini che mirarono al perfezionamento intellettuale spirituale.
L’opera comprende quattro parti di lunghezza disuguale, ciascuna corrispondente alla confutazione di una delle quattro accuse che vendono rivolte alla vecchiaia: distoglie dalla vita attiva; rende debole il corpo; priva l’uomo dei piaceri dei sensi; - è vicina alla morte.
La vecchiaia e la vita politica sociale La prima accusa che viene mossa alla vecchiaia è quella di allontanare l’uomo dalla vita politica e sociale, condannandolo ad un ruolo del tutto passivo, lontano da ogni possibilità di intervento nella vita attiva. Cicerone smonta l’accusa, sostenendo che essa si basa su un equivoco e cioè sull’identificazione di azione militare e azione politica; in realtà si può svolgere un ruolo politico anche senza avere responsabilità di governo o ricoprire cariche militari. “La giovinezza è felice perché ha la capacità di vedere la bellezza. Chiunque sia in grado di mantenere la capacità di vedere la bellezza non diventerà mai vecchio.” Franz Kafka
La vecchiaia e la decadenza fisica La seconda delle accuse rivolte alla vecchiaia riguarda il progressivo indebolimento delle forze fisiche, lo sfinimento che a poco a poco coinvolge tutto il corpo fino ad impedirne l’azione. Anche questa accusa , afferma Catone-Cicerone, si basa su un grosso equivoco e cioè sulla identificazione della vitalità e della energia dell’uomo con la suo forza fisica. Lo spirito, in vecchiaia, vive la sua stagione più bella, quando raccoglie i frutti di una vita operosa e diventa ricco di saggezza e quindi rende l’uomo prezioso, come il vecchio Nestore ricordato da Omero. “Vista dai giovani, la vita è un avvenire infinitamente lungo. Vista dai vecchi, un passato molto breve.” Arthur Schopenhauer
La vecchia e il piacere La terza delle accuse tradizionalmente rivolta alla vecchiaia è che essa, indebolendo i sensi, priva l’uomo di tutta una serie di sensazioni gradevoli, sopprime in definitiva ogni piacere fisico. A tali accuse Cicerone replicacon due diverse argomentazioni: - sul piano teorico, con la confutazione delle tesi epicuree che fanno del piacere il centro dell’esistenza umana attorno a cui ruotare ogni azione, su quello pratico, con l’elenco circostanziato di tutti i motivi di piacere che un vecchio può ancora ricavare dalla vita. "La vecchiaia è l'adolescenzadell'infinito." VictorHugo
La vecchiaia e la morte La confutazione dell’ulltima delle quattro accuse che generalmente vengono rivolte alla vecchiaia, e cioè il fatto che essa confina con la morte, coinvolge Cicerone non solo sul piano intellettuale ma anche quello emotivo. Al timore della morte Cicerone contrappone le classiche argomentazioni della filosofia intese a liberare l’uomo dalla paura, prospettando la morte o come totale insensibilità, priva quindi di dolore, o come pienezza di vita in cui lo spirito può essere finalmente felice, ricongiungendosi alla natura divina di cui è parte. "Nessuno è tanto vecchio che non creda di poter vivere ancora un anno." Marco Tullio Cicerone