Comunione legale dei beni
Non avendo la comunione dei beni carattere universale, la legge distingue tre categorie di beni: 1) i beni comuni (art. 177, lett. a) e d), c. c.) , i quali cadono immediatamente in comunione, al momento dell’acquisto, costituiti sia dalle aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio (o dopo l’instaurazione del regime di comunione), sia dai beni acquistati dopo tale momento, anche singolarmente, da ciascuno dei coniugi; 2) i beni personali (art. 179), tra cui quelli acquistati da ciascun coniuge prima del matrimonio, che sono esclusi dalla comunione; 3) i beni comuni de residuo, che cadono in comunione solo al momento dello scioglimento del regime legale
Beni in comunione immediata In base all’art. 177 c. c. costituiscono oggetto di comunione immediata: i beni acquistati sia congiuntamente, sia separatamente durante il matrimonio o la vigenza del regime legale, a meno che essi non rientrino nelle altre due categorie di beni innanzi richiamate; le aziende gestite congiuntamente e costituite dopo il matrimonio; nonché gli utili e gli incrementi prodotti dalla gestione comune, se l’azienda viene costituita da un solo coniuge prima del matrimonio.
Problemi interpretativi in relazione al titolo In relazione al titolo, si discute se cadano in comunione immediata gli acquisti a titolo originario (particolarmente controversa è l’ipotesi di acquisto per accessione ex art. 934 c. c.; vedi Cass. civ., sez. I, 30.09.2010, n. 20508 e App. Roma, sez. III, 04.07.2012)
Problemi interpretativi in relazione all’oggetto In relazione all’oggetto, si discute se la comunione possa riguardare anche i diritti di credito ed i diritti sui beni immateriali. La dottrina prevalente accoglie la soluzione positiva, in base alle seguenti considerazioni: il termine “acquisti” appare suscettibile di includere ogni specie di diritto; l’art. 180 c.c. prevede che debbono essere stipulati da entrambi i coniugi i contratti con cui si concedono o si acquistano diritti personali di godimento, che hanno natura di diritti di credito; è espressamente previsto dalla legge che è oggetto della comunione anche l’azienda, comprensiva dei diritti di credito inerenti al complesso aziendale.
Segue Secondo la giurisprudenza, può rientrare nella comunione ogni diritto, assoluto o relativo, che rappresenti un incremento stabile del patrimonio (Cass. Civ., sez. I, 9.10.2007, n. 21098; contra però Cass. Civ., sez. I, 24.01.2008, n. 1548 e Cass., 15.01.2009, n. 799).
Problemi interpretativi con riguardo al requisito temporale Con riguardo al requisito temporale, si discute se cadono in comunione i diritti il cui iter acquisitivo abbia avuto inizio anteriormente al matrimonio (fattispecie a formazione progressiva). La giurisprudenza ritiene che, ai fini della loro ricaduta in comunione, si debba avere riguardo al momento in cui si produce l’acquisto del diritto (ad es., contratto preliminare, usucapione, vendita a rate, contratto sospensivamente condizionato, etc.).
Natura della comunione immediata Secondo l’opinione prevalente, la situazione giuridica sui beni caduti in comunione consiste, non in una comunione per quote, come negli art. 1100 s. c. c., bensì in una contitolarità senza quote, in cui i coniugi sono solidalmente titolari del diritto sui beni oggetto della comunione (come chiarito da Corte Costituzionale, 17 marzo 1988, n. 311).
Segue Nella comunione tra coniugi, le quote, necessariamente paritarie, assolvono solamente alla funzione di delimitare l’aggressione dei beni comuni da parte dei creditori particolari del singolo coniuge e di determinare la ripartizione dei beni medesimi tra i coniugi, una volta che la comunione sia scolta per una delle cause previste dalla legge.
Segue A differenza della comunione ordinaria, dove ciascun partecipante può disporre del suo diritto nei limiti della quota, nella comunione legale, il coniuge non può disporre del suo diritto neppure entro siffatti limiti, perché l’ordinamento non ammette la partecipazione ad essa di estranei. Inoltre, la comunione legale si può sciogliere solo per effetto delle cause tassative previste dalla legge, mentre, nella comunione ordinaria, ciascun comunista può in ogni tempo domandarne lo scioglimento.
Segue Infine, nella prima sono previste particolari regole in materia di amministrazione, che deve essere necessariamente congiuntiva se si tratta di atti di straordinaria amministrazione, laddove, invece, nella comunione ordinaria vige il principio maggioritario.
L’acquisto in comunione: il congegno acquisitivo dei diritti In caso di acquisto separato, il coniuge estraneo è acquirente immediato del diritto, per trasferimento diretto dal dante causa del coniuge che ha preso parte all’atto e dunque è destinatario di un automatico coacquisto.
Segue Il coacquisto a favore del coniuge estraneo costituisce un effetto ex lege e non ha carattere negoziale, neppure quando si ricollega ad un contratto: l’acquisto del coniuge contraente si comunica all’altro, con le medesime caratteristiche (per ciò che riguarda, ad esempio, la rilevanza della buona o della mala fede). Di conseguenza, la contitolarità si crea indipendentemente, ed anche contro, la volontà dell’altro coniuge o di entrambi, trattandosi di un effetto indisponibile (come si dirà quando si tratterà il c. d. rifiuto di coacquisto).
Segue In caso di acquisto separato, la veste di parte contrattuale spetta solo al coniuge contraente, con le seguenti conseguenze: - compete esclusivamente a costui la legittimazione all’esercizio delle azioni contrattuali (nullità, annullamento, risoluzione, rescissione, etc.); - spetta al coniuge estraneo al contratto, invece, la legittimazione all’esercizio delle azioni a tutela del diritto acquistato; - il coniuge estraneo al contratto, non essendo parte, nemmeno in senso sostanziale, non acquista le obbligazioni nascenti dal contratto.
Responsabilità del coniuge per le obbligazioni contratte nell’interesse della famiglia Quindi, nessuna deroga è stata introdotta al principio di relatività del contratto (art. 1372 c. c.), salva la possibilità di ravvisare, nel caso concreto, un potere di rappresentanza basato sul diverso principio di apparenza (tutte le volte in cui sia stata creata una situazione tale da suscitare nel creditore l’affidamento, meritevole di protezione, che il coniuge abbia assunto l’obbligazione anche in nome e per conto dell’altro) ovvero su di una procura tacita, tale da qualificare il coniuge che non ha stipulato il contratto come parte in senso sostanziale, dunque, destinataria degli effetti, anche obbligatori, dello stesso.
Segue Pertanto, il coniuge stipulante è responsabile in proprio per le obbligazioni contratte nell’interesse della famiglia, mentre il coniuge estraneo al contratto è responsabile delle obbligazioni contratte in suo nome dall’altro: - nel caso in cui sia stato a questo conferito, in forma espressa o tacita, una procura a rappresentarlo; - ovvero nel caso in cui sia stata posta in essere una situazione tale da far ritenere, alla stregua del principio dell’apparenza giuridica, che il coniuge stipulante abbia contratto non già in proprio, ma in nome e per conto dell’altro.
Responsabilità patrimoniale dei coniugi La disciplina del regime patrimoniale della famiglia ha introdotto una regolamentazione espressa del (diverso) profilo costituito dalla responsabilità patrimoniale gravante sui beni comuni. Ed infatti, secondo l’art. 186 c. c. i beni della comunione rispondono: - dei pesi ed oneri gravanti sui beni comuni al tempo dell’acquisto; - dei carichi dell’amministrazione;
Segue - delle obbligazioni contratte dai coniugi congiuntamente (anche per un fine diverso dal perseguimento dell’interesse familiare, diversamente da quanto avviene nel fondo patrimoniale); - delle obbligazioni assunte per il mantenimento, istruzione ed educazione dei figli, nonché di ogni obbligazione contratta dai coniugi, anche separatamente, nell’interesse della famiglia (a titolo di esempio, si pensi ad un mutuo contratto da un coniuge per l’acquisto della casa familiare).
Segue Se i beni della comunione non sono sufficienti a soddisfare i debiti su di essa gravanti, i creditori possono agire in via sussidiaria sui beni personali di ciascun coniuge (cui spetta la facoltà di opporre il beneficio di preventiva escussione dei beni comuni, indicando gli elementi del patrimonio comune sui quali il creditore può soddisfare, in via prioritaria, la propria pretesa), ma solo nella misura della metà del credito (tale regola tuttavia si ritiene applicabile al solo coniuge che non ha assunto l’obbligazione, mentre il coniuge obbligatosi risponde con l’intero suo patrimonio, ai sensi dell’art. 2740 c. c.).
Segue I beni della comunione non rispondono dei debiti personali di ciascun coniuge (ad es., quelli assunti separatamente dal coniuge, per ragioni estranee all’interesse familiare ed alle esigenze di amministrazione dei beni comuni, come i debiti contratti nell’esercizio della professione, etc.), se non in via sussidiaria, ma solo entro la misura della metà del valore degli stessi, pari alla quota spettante al coniuge debitore (art. 189 c. c.). In ogni caso, i creditori della comunione hanno diritto di soddisfarsi con preferenza sui beni comuni rispetto ai creditori personali di ciascun coniuge (art. 189 c. c.).
Pubblicità L’acquisto alla comunione di beni immobili e mobili registrati è assoggettato a trascrizione ai fini della sua opponibilità ai terzi (art. 2643 c. c.). Nel caso di acquisto separato, l’atto va trascritto nei confronti del solo coniuge stipulante, sebbene anche l’altro ne divenga titolare (c. d. pubblicità negativa). Il coniuge non stipulante può sempre ottenere una pronuncia giudiziale di accertamento della titolarità congiunta del bene, sulla base della quale richiedere la trascrizione anche a proprio nome.
Amministrazione dei beni comuni Gli atti di straordinaria amministrazione compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell’altro sono soggetti ad un doppio regime (art. 184 c. c.): - gli atti di disposizione di beni immobili e di beni mobili registrati compiuti da un solo coniuge sono annullabili entro un anno dalla conoscenza dell’atto e comunque non oltre un anno dalla loro trascrizione (termine di prescrizione); - mentre in caso di atti di disposizione di beni mobili, è previsto l’obbligo di ricostituire la comunione, in forma specifica o per equivalente, nello stato in cui si trovava prima del loro compimento.
Segue L’annullabilità dell’atto trova fondamento nella natura della comunione legale dei beni (secondo Corte Costituzionale, 17 marzo 1988, n. 311): essendo entrambi i coniugi solidalmente titolari del diritto sui beni ed avendo entrambi il potere di disporne, il terzo acquista a domino e non è configurabile un’inefficacia per difetto di legittimazione: il consenso dell’altro coniuge ha solamente la funzione di rimuovere un limite all’esercizio di siffatto potere e consiste in un requisito di regolarità del procedimento di formazione dell’atto, in caso di beni immobili o mobili registrati; mentre, nel caso dei beni mobili, il suddetto limite, per volontà della legge, mantiene un carattere esclusivamente interno (affinché non sia intralciata la circolazione giuridica, in considerazione della mancanza di un sistema di pubblicità).
Beni personali L’art. 179 c. c. detta un elenco di beni personali avente carattere inderogabile e si ritiene che i presupposti che conferiscono ai beni il suddetto carattere debbano esistere oggettivamente (Cass. civ., sez. I, 17.07.2012, n. 12197; Cass. civ., sez. I, 02.02.2012, n. 1523). Ai sensi dell’’art. 179 c. c. sono beni personali: quelli oggetto di acquisti anteriori alla instaurazione del regime di comunione legale (art. 179, 1° co., lett. a), c. c. (beni personali a causa del tempo dell’acquisto);
Segue quelli oggetto di acquisti per successione mortis causa e per donazione (art. 179, 1° co., lett. b), c. c.), a meno che il testatore o il donante non abbiano diversamente stabilito in modo espresso ed non equivoco nell’atto [l’ipotesi comprende, per orientamento unanime, non solo gli acquisti mortis causa e mediante donazione, ma anche quelli effetto di liberalità indirette (art. 809 c. c.)]; beni oggetto di acquisti per risarcimento del danno o per pensione d’invalidità (art. 179, 1° co., lett. e), c. c. (beni personali a causa del titolo dell’acquisto);
Segue i beni di uso strettamente personale (problema se rileva l’effettiva destinazione e se l’uso personale è escluso dal valore ingente del bene) ed i beni destinati all’uso professionale o all’esercizio dell’impresa (art. 179, 1° co., lett. c) e d), c. c. (beni personali per destinazione); i beni personali per surrogazione reale.
Beni personali per surrogazione Sono beni personali per surrogazione - che si sostituiscono a beni personali già appartenenti ad un coniuge – quelli acquistati con il prezzo dell’alienazione di tali ultimi beni o con il loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all’atto dell’acquisto (art. 179, 1° co., lett. f), c. c.). In difetto dei suddetti requisiti, i beni che si sostituiscono a quelli personali del singolo coniuge cadono in comunione.
Segue Al fine di evitare la caduta in comunione del beni che si surroga a quello personale, è necessaria una fattispecie complessa, risultante dalla combinazione di un elemento oggettivo (il reimpiego del corrispettivo dell’alienazione di un bene personale), con uno soggettivo (la dichiarazione del coniuge acquirente avente ad oggetto il carattere personale della provvista impiegata per l’acquisto).
Segue La surrogazione si determina in tutti i casi di impiego di un bene personale ai fini dell’acquisto. Essa, invece, non si ha quando, per l’acquisto, il coniuge abbia impiegato un bene facente parte della comunione de residuo.
Segue Secondo l’art. 179, co. 2°, c. c., un bene immobile o mobile registrato acquistato singolarmente da uno dei coniugi cade in comunione immediata, a meno che: - sia stato acquistato con il prezzo dell’alienazione o con lo scambio di un bene rientrante nel novero dei beni personali; - l’acquirente emetta la dichiarazione di esclusione; - all’atto di acquisto partecipi anche il coniuge non acquirente; - costui ponga in essere una dichiarazione attestante il carattere personale del bene (o si limiti a non fare opposizione alla dichiarazione emessa dall’altro).
Segue Essendo la suddetta formalità introdotta a tutela del coniuge dell’acquirente, pare preferibile l’opinione che ritiene la partecipazione di costui e l’emissione della dichiarazione necessarie (nonostante il tenore della norma possa far ritenere il contrario, dove usa l’espressione “se all’atto partecipa”, che letteralmente potrebbe rivestire il significato di “nei soli casi in cui partecipa”). Così ha ritenuto la Cassazione a sezioni unite (28 ottobre 2009, n. 22755).
Segue Quanto alla natura della dichiarazione, si tende a negarne il carattere negoziale (ed a considerarla una dichiarazione di scienza; così Cass., sez. un., 28 ottobre 2009, n. 22755), poiché, diversamente, si subordinerebbe alla volontà del coniuge dell’acquirente la possibilità per costui di liberamente modificare la composizione del proprio patrimonio personale.
Segue Il coniuge partecipante all’atto può successivamente contestare in via giudiziale l’acquisto personale dell’altro senza alcuna restrizione probatoria, se si è limitato a non fare opposizione alla dichiarazione dell’altro. Se il coniuge partecipante all’atto ha attestato l’effettiva esistenza di fatti giustificativi della esclusione addotti dal coniuge acquirente, ha posto in essere una confessione, che fa piena prova contro il dichiarante, ai sensi dell’art. 2733, 2° co., c. c., e può essere revocata solo se determinata da errore di fatto o violenza (art. 2732 c. c.). Così ha ritenuto Cass., 14 giugno 2010, n. 14226.
Rifiuto di coacquisto Si discute se il coniuge partecipante all’atto di acquisto possa impedire il coacquisto in proprio favore, respingendolo mediante un atto di natura negoziale. Il problema si presenta quando, nel caso concreto, il coniuge dell’acquirente, partecipante all’atto, pone in essere la dichiarazione pur nella consapevolezza che difettano i requisiti oggettivi previsti dall’art. 179 c. c. (non è bene personale quello con il cui prezzo o con il cui scambio l’altro coniuge compie l’acquisto), e, dunque, al fine di rinunciare all’effetto ex lege dell’acquisto (sussistendo il suddetto l’intento, la dichiarazione di esclusione assume natura dispositiva e non, come di regola, di dichiarazione di scienza).
Segue Una tesi ritiene ammissibile la stipulazione di convenzioni matrimoniali con cui i coniugi convengano di escludere dalla comunione dati beni. A conforto di tale conclusione si adduce la previsione dell’art. 2647, 1° co., c. c., secondo la quale sono trascrivibili le convenzioni matrimoniali che escludono beni immobili dalla comunione tra coniugi.
Segue Seguendo questa impostazione si giunge ad ammettere la possibilità di escludere una bene dalla comunione, ma soltanto mediante un’apposita convenzione matrimoniale di tipo estromissivo; mentre si giudica invalido l’atto unilaterale di rinuncia al coacquisto. Tuttavia, più di un dubbio circa la fondatezza della suddetta conclusione solleva il disposto dell’art. 210, co. 3°, c. c., sui limiti che i coniugi incontrano nella comunione convenzionale, secondo il quale non è derogabile la regola relativa all’uguaglianza delle quote di comproprietà dei beni che oggetto di comunione secondo legge, previsione da cui dovrebbe desumersi a fortiori l’indisponibilità dell’intera quota spettante al coniuge (così Cass., 27febbraio 2003, n. 2954).
Beni comuni de residuo Si tratta dei beni che diventano comuni per la parte che residua al momento dello scioglimento della comunione legale e che prima di tale momento sono oggetto di proprietà esclusiva e di piena disponibilità da parte del coniuge titolare.
Oggetto della comunione de residuo Ne sono oggetto (art. 177, lett. b) e c), c. c.): i frutti (naturali e civili) dei beni propri di ciascun coniuge; i proventi dell’attività separata (le utilità derivate da attività di lavoro, a qualsiasi titolo, includenti solamente beni mobili, titoli di credito e diritti di credito; ad esempio, canoni di locazione, dividendi di azioni, stipendi, redditi da attività professionale, utili netti dell’esercizio di attività d’impresa, frutti dell’utilizzazione di diritti d’autore, opere dell’ingegno ed invenzioni, etc.).
In particolare: i beni destinati all’esercizio dell’impresa In ordine ai beni destinati all’esercizio dell’impresa, valgono le seguenti regole: essi cadono in comunione immediata, se l’impresa è gestita da entrambi i coniugi ed è costituita dopo il matrimonio (art. 177, lett. d), c. c.); se, invece, l’impresa è stata costituita prima del matrimonio ed è gestita da entrambi, la comunione immediata concerne unicamente gli utili e gli incrementi di essa creati dopo il matrimonio (art. 177 cpv.); se l’impresa è esercitata da uno solo dei coniugi, i beni ad essa destinati, acquistati dopo il matrimonio, e gli incrementi dell’impresa costituita anche precedentemente, cadono in comunione differita, senza che occorra che di tale destinazione si faccia menzione nell’atto di acquisto (art. 178 c. c.).
Natura della comunione de residuo La natura della comunione de residuo è discussa. Secondo una prima tesi, essa consiste in una contitolarità dei diritti sopra indicati (come tale rilevante erga omnes), avente però natura di comunione ordinaria, con le relative conseguenze in punto di disciplina (a partire dall’esistenza della facoltà di domandarne lo scioglimento). In base ad un’opposta teoria, invece, non si tratterebbe di una comunione in senso tecnico, poiché essa consiste nella costituzione, per volontà della legge, di reciproci diritti di credito, in capo a ciascun coniuge, aventi ad oggetto la metà del valore dei beni indicati dall’art. 177, lett. b) e d), nonché dall’art. 178 c. c.
Segue: lo statuto dei beni destinati alla comunione differita. Il coniuge produttore dei suddetti redditi o proprietario del bene fruttifero ha piena facoltà di utilizzare e consumare gli stessi, anche per finalità estranee al mantenimento della famiglia; i suddetti redditi e frutti sono liberamente aggredibili da parte dei creditori di costui. Prima dello scioglimento della comunione, l’altro coniuge vanta solo un’aspettativa di mero fatto, che non può essere tutelata attraverso l’azione revocatoria od il sequestro conservativo.
Trattamento giuridico dei beni oggetto di comunione de residuo Vi è una significativa differenza tra i beni destinati alla comunione de residuo (d’ora in poi, per brevità, beni propri) ed i beni personali ai sensi di tale ultima disposizione. In caso di alienazione o permuta dei primi, infatti, non può aversi surrogazione di questi con i beni acquistati con il prezzo della loro alienazione o con il loro scambio, come accade per i beni personali in base all’art. 179, 1° co., lett. f), e 2° co., c. c.
Segue Pertanto, sono tre le potenziali destinazioni di tali beni: possono essere conservati tali e quali ovvero accantonati in altra forma, ad es., investiti in titoli o depositi presso banche, che, al pari dei primi sono oggetto di comunione differita; possono essere impiegati per l’acquisto di beni mobili o immobili, che però cadono in comunione immediata, non essendo possibile la surrogazione reale; possono essere destinati all’esercizio dell’attività professionale del singolo coniuge od a soddisfare interessi strettamente inerenti alla sua persona (nel qual caso, acquistano natura di beni personali ai sensi dell’art. 179, lett. d) e c), c. c.); ovvero consumati (senza comportare acquisto di altri beni) per esigenze voluttuarie o per adempiere ai doveri di contribuzione ai bisogni della famiglia.
Scioglimento della comunione Le cause, tassative, di scioglimento della comunione si distinguono in: - legali; - convenzionali; - giudiziali.
Cause legali di scioglimento Vi rientrano: Dichiarazione di morte presunta o di assenza; annullamento, scioglimento di matrimonio (per morte o divorzio) e cessazione degli effetti civili del matrimonio canonico; separazione personale; fallimento di uno dei coniugi.
Scioglimento convenzionale Ad opera di una convenzione matrimoniale, con l’osservanza dei requisiti di forma e con gli oneri di pubblicità previsti dall’art. 162 c. c. (annotazione nei registri dello stato civile).
Separazione giudiziale E’ pronunciata dal giudice su domanda di uno dei coniugi nel caso di esclusione dall’amministrazione (art. 183 c. c.): - per interdizione o inabilitazione; - per cattiva amministrazione, quando il disordine negli affari o la condotta nell’amministrazione dei beni metta in pericolo gli interessi della comunione; ovvero quando uno dei coniugi non contribuisce ai bisogni della famiglia in misura proporzionale al proprio patrimonio ed ai propri redditi.
Effetti tra i coniugi Subentra il regime di separazione dei beni con la relativa disciplina (anche in punto di responsabilità patrimoniale). La caduta in comunione de residuo dei beni indicati dagli artt. 177 e 178 c. c. La nascita di obblighi di rimborsi e restituzioni (art. 192 c. c.). Il sorgere del diritto di prelevamento (art. 195 c. c.)
Effetti rispetto ai terzi Lo scioglimento della comunione deve essere portato a conoscenza dei terzi, per essere opponibile, con l’annotazione a margine del matrimonio nei registri dello stato civile, e con la trascrizione nei registri immobiliari, relativamente ai singoli beni immobili e mobili registrati.
liquidazione e divisione dei beni comuni Si apre la fase della liquidazione e della divisione dei beni comuni, durante la quale ciascun coniuge deve far valere il proprio diritto alla quota, pari alla metà del valore dei beni oggetto di comunione immediata e dei beni comuni de residuo. Durante tale fase si compiono le operazioni di rimborsi, restituzioni e prelevamenti.
Rimborsi Ciascuno dei coniugi è tenuto a rimborsare all’altro quanto abusivamente prelevato dalla comunione (art. 192 c. c.) e, in particolare, le somme utilizzate per fini personali, nonché il valore dei beni alienati senza il necessario consenso dell’altro coniuge, a meno che l’alienazione non sia stata vantaggiosa per la comunione o abbia soddisfatto un bisogno della famiglia.
Restituzione Ciascun coniuge è tenuto a restituire le somme prelevate dall’altro dal proprio patrimonio personale e impiegate a vantaggio della comunione, ex art. 192 c. c. (per far fronte a spese necessarie o per investimenti oggettivamente utili; vedi Cass., civ., sez. I, 09.11.2012, n. 19454).
Prelievo di beni comuni Il coniuge avente diritto al rimborso o alle restituzioni può far valere prelievo di beni comuni (nell’ordine; denaro, poi beni mobili e infine beni immobili) sino alla concorrenza del proprio credito (art. 192, 5° co., c. c.).
Segue In qualunque momento ciascuno dei coniugi può esercitare il diritto potestativo di chiedere la divisione dei beni comuni (ex art. 1111 c. c.), che si effettua ripartendo in parti uguali l’attivo e il passivo (art. 194 c. c.). Vedi Cass. civ., sez. I, 15.06.2012, n. 9845.