LA CASA ROMANA A cura di: Annalisa Ferrara, Martina Ferreri e Anna Moccia II As a.s. 2013\14
Gli antichi Romani avevano tre tipi di case: la domus, l’insula e la villa (urbana e rustica).
Villa Il termine latino usato dagli antichi scrittori per designare i fabbricati costruiti al di fuori delle città era villa, una parola cheindividu uno spettro semantico piuttosto ampio: per i Romani, infatti, erano villae sia le fattorie destinate alla sola produzione agricola, da esse denominate rusticae, sia le lussuose residenze pensate per il riposo ed il tempo libero, le cosiddette ville d'otium. Con il progressivo diffondersi presso le classi dirigenti italico-romane di raffinate abitudini di vita di origine greco-orientale si sviluppò, inoltre, già a partire dal II secolo a.C., la consuetudine di edificare nell'ambito stesso delle città o nelle loro immediate vicinanze prestigiose ville. Queste ultime, dette urbanae, erano per lo più circondate da vasti giardini e godevano di una privilegiata posizione panoramica.
Villa rustica Nella villa rustica vi erano due corti (cortes), una interna, l'altra esterna, e in ciascuna una vasca (piscina). Attorno alla prima delle due corti sorgevano le costruzioni in muratura e formavano, tutte insieme, la villa rustica in senso più ristretto: cioè, la parte della fattoria dove abitavano i servi. Ne era il centro una spaziosa cucina (culina). Vicino alla cucina, in modo da poter usufruire del suo calore, erano le stanze da bagno per i servi, la cantina, le stalle dei buoi (bulina) e dei cavalli (equilia). Lontani dalla cucina e possibilmente rivolti verso nord erano, invece, quegli ambienti che, per la loro destinazione, richiedevano un luogo asciutto, come i granai (granaria), i seccatoi (horrea), le stanze in cui veniva conservata la frutta (oporothecae). I magazzini più esposti al pericolo dell'incendio potevano anche costituire un edificio (villa fructuaria) completamente separato dalla villa rustica
Villa urbana Gli scrittori antichi rilevano come caratteristica della villa urbana che in essa dal vestibolo si entra direttamente in un peristilio, e non, come nelle case di città, nell'atrio. Le parti più importanti della villa erano le seguenti: Triclini: ve n'erano per l'estate e per l'inverno, per grandi e piccoli ricevimenti; Cubicula: non solo quelli destinati al sonno della notte, ma anche i cubicula diurna, per riposare durante il giorno o studiare; davanti al cubiculum poteva esservi un'anticamera, Stanze da studio: come la bibliotheca; Bagno: costruito come le grandi thermae pubbliche, ne aveva tutti gli ambienti essenziali: spogliatoio, stanza per il bagno caldo, stanza d'aspetto e stanza per il bagno freddo; e inoltre la piscina per nuotare all'aperto e un area per far la ginnastica dopo il bagno; Porticati: sorgevano un po' dappertutto, sostenuti da lunghe file di colonne, servivano per passeggiare al coperto se il tempo era cattivo (ambulationes) o, più larghi e lunghi, potevano essere percorsi a cavallo o in lettiga (gestationes).
Villa adriana La Villa Adriana fu una residenza reale extraurbana a partire dal II secolo. Voluta dall'imperatore Adriano(76-38), si trova presso Tivoli (l'antica Tibur), oggi in provincia di Roma. Realizzata gradualmente nella prima metà del II secolo a pochi chilometri dall'antica Tibur, la struttura appare un ricco complesso di edifici estesi su una vasta area, che doveva coprire circa 120 ettari, in una zona ricca di fonti d'acqua a 17 miglia romane dall'Urbs. Nel 1999 Villa Adriana è stata dichiarata Patrimonio dell'umanità dall'Unesco.
Villa dei misteri La Villa dei Misteri è una villa suburbana di epoca romana ubicata a qualche centinaio di metri fuori dalle mura nord dell'antica città di Pompei. Di carattere rustico-residenziale, venne sepolta dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Riportata alla luce a partire dal 1909, la villa dei Misteri è uno degli edifici più visitati degli scavi di Pompei, soprattutto per la serie di affreschi del triclinio, raffiguranti riti misterici, ben conservati, da cui la struttura prende il nome.
Insula La maggior parte della popolazione viveva in quartieri formati da grandi edifici, detti insulae. Queste strutture erano caseggiati a più piani, generalmente da tre a sei, divisi in piccoli appartamenti che venivano dati in affitto. Al piano terra c’erano i negozi e le botteghe, mentre al primo piano abitavano i più ricchi, che potevano pagare affitti più cari rispetto a quelli dei piani superiori. I primi piani erano infatti più costosi poiché, in caso di incendi o di crolli, era più semplice scappare ed erano anche più comodi, poiché erano meno faticosi da raggiungere ed era più semplice portare l’acqua. Al primo piano poteva anche essere presente un balcone che rappresentava un piccolo lusso, era infatti paragonato a un giardino o a un terrazzo. Questo permetteva anche di tenere alcune piante, infatti i Romani amavano tenerle in casa. Possiamo trovare una moltitudine di vasi e alcuni arrivano a coltivare dei giardini pensili: innumerevoli insulae sono ricoperte da rampicanti. I piani superiori erano poi abitati dalle persone più povere. Abbiamo detto che al piano terra ci sono lunghe file di negozi e di botteghe, che vengono interrotte solo dalle rampe di scale che portano ai piani superiori.
Primo piano Dopo aver salito le scale ci troviamo sul pianerottolo del primo piano dove si trova una porta signorile. L’appartamento che si cela dietro di essa appartiene ad una famiglia benestante. Il primo ambiente che troviamo dopo la porta è di rappresentanza. L’appartamento non è molto grande. All’ interno troviamo: il tablinum (soggiorno), il triclinium (la sala da pranzo con i divani a tre posti dove mangiavano sdraiati i romani), le cubicula (le stanze da letto). Gli spazi sono poi messi in modo che possano prendere più luce il possibile, Infatti nelle varie stanze ci sono ampie finestre che sono chiuse da vetro, all’epoca molto costoso e prezioso, ma pur sempre alla portata degli inquilini di questi appartamenti. Il mobilio è scarno: ci sono alcune sedie delle cassapanche e dei tavoli, su cui sono poggiati vari oggetti della vita quotidiana, come ad esempio pettini oppure tavolette di legno cerato per scrivere. Le pareti sono ricoperte da colori vividi, che provano l’amore dei Romani per le case colorate. I colori maggiormente usati sono l’arancione, l’azzurro e il rosso pompeiano. Questi sono applicati sull’intonaco fresco mentre gli altri disegni sono aggiunti a parete asciutta. L’unica forma di riscaldamento all’interno di queste case sono dei bracieri. La cucina può non essere presente oppure occupa un piccolo spazio della casa. Di solito è costituita solo da un braciere di bonzo.
Piani superiori Le pareti sono ricoperte da una tinta ocra uniforme, ci sono solo degli sgabelli, un tavolo, delle cassapanche e delle brocche . Niente a che vedere con l’appartamento del primo piano. Per creare tanti piccoli ambienti da affittare vengono utilizzati spesso tende e tramezzi. Qui non ci sono vetri alle finestre, a questi piani ci sono solo delle pelli traslucide, tele o imposte di legno. Questo significa che per avere un po’ di luce bisogna sopportare il freddo e il vento e quando piove si deve chiudere tutto e bisogna sopportare la puzza derivata dal fuoco dei vari bracieri e delle candele accese. Questi piani sono abitati principalmente da operai, servi o muratori. L’ultima rapida di scale porta alle soffitte. Qui è tutto di legno e molto spesso questi piani sono aggiunti dopo la costruzione dell’insula, con il risultato che questi sono molto instabili. L’intento è quello di aumentare gli spazi da affittare. La vita per gli inquilini degli ultimi piani non è semplice. Nelle soffitte gli ambienti sono bui e caldi. Sono molto soffocanti. Nel soffitto poi ci sono buchi che fanno passare dei raggi di luce che lasciano il posto alla pioggia durante l’inverno
Domus Le domus sono le case dei ricchi, in cui vive l’elite di Roma o di altre città. Queste strutture variano tra loro, generalmente però sono racchiuse su se stesse. I primi esempi di domus li troviamo a partire dell’VIII secolo a.C, quando i primi re aristocratici romani trasformarono le prime capanne (casae) in domus, costituite da più ambienti che si affacciano su una grande sala. Alla metà del VI secolo a.C. viene importato dall'Etruria un nuovo modello di abitazione: la casa ad atrio. Tra la fine del III secolo a.C. e la metà del II secolo a.C. la casa romana trova il suo aspetto canonico che rimarrà stabile.
Domus Tradizionale La domus tradizionale non ha finestre, se non piccole e sempre poste in alto e non ha balconi L’entrata è costituita da un alto portone in legno a due battenti. Oltre l’ingresso troviamo un corridoio molto breve, è il vestibulum. In molte domus questo ambiente è ricoperto da un mosaico che rappresenta un cane e in cui c’è scritto cave canem, cioè attenti al cane. Dopo questo corridoio si trova uno spazio molto ampio di forma quadrata chiamato atrium. Questo è una sala colorata e luminosa, poiché al centro del soffitto troviamo un apertura quadrata chiamata compluvium. Questa apertura permette non solo alla luce di entrare, ma anche di far accumulare l’acqua piovana in una vasca che si trova direttamente sotto di questa, ossia l’impluvium. Dall’impluvium poi l’acqua viene riversata in una cisterna da cui si può attingere attraverso un pozzo. Ovviamente la vasca ha anche una funzione ornamentale. L’atrio è completamente ricoperto da affreschi. In questi sono rappresentate figure mitologiche, decorazioni geometriche e molto spesso anche ambienti molto realistici. I colori più utilizzati sono poi l’azzurro, il rosso e il giallo ocra. Ai lati dell’atrio si aprono alcune stanze. Sono le camere da letto, le cubicola. Esse sono piccole e buie, ma comunque eleganti. Accanto ad esse ci sono poi delle piccole stanze che hanno la funzione di locali di servizio. Sono chiamate alae. Un’altra stanza che si affaccia sull’atrium è il tablinum, cioè l’ufficio del padrone di casa. Qui riceve i suoi clientes e amministra la casa.
Il peristylium e le altre stanze Dopo il tablinum si apre il peristylium, cioè un grande giardino interno alla domus. È circondato da un colonnato, con dei dischi di marmo chiamati oscilla, che, come è intuibile dal nome, oscillano con il vento. Nel peristylium è presente una grande quantità di piante e a volte è possibile trovare anche animali. Possono esserci anche delle fontane che creano dei magnifici giochi d’acqua. Nella domus sono poi presenti altre stanze come il triclinium, cioè dove si teneva il banchetto su letti su cui gli invitati si adagiavano, la culina, che non ha molta importanza e non ha una collocazione precisa, in cui troviamo i vari utensili che sono ben esposti. I cibi erano preparati su un “piano cottura” costituito da un bancone in muratura. Stanze di minore importanza che si sono aggiunte poi con il tempo per maggiori esigenze sono ad esempio il balneum, cioè il bagno, non molto utilizzato per la presenza delle terme, l’oecus, la sala per i ricevimenti, l’exedra la sala cioè destinata alla conversazione e al soggiorno, oppure la bibliotheca, cioè la sala destinata per la lettura, oppure la dieta,cioè la sala destinata all’ascolto della musica
Arredamento della domus L’aspetto che colpisce di più in una domus è il contrasto tra l’abbondanza delle decorazioni sulle pareti e sui pavimenti contro la scarsità del mobilio. L’impressione è quella di stare in ambienti spogli. I Romani hanno infatti un modo diverso di arredare rispetto al nostro: anziché di far risaltare il mobilio, lo mimetizzano. I mobili però anche se pochi sono assai pregiati. Esistevano vari tipi di tavoli, le sedie, le quali erano scomode, c’erano gli armadi, mobili che avevano solo i Romani. Gli armadi non erano utilizzati per riporre il vestiario ma per collocare oggetti delicati o pregiati, come calici, calamai o bilance, oppure per riporre effetti personali. I vestiti e la biancheria vengono invece riposti in mobili chiamati arcae vestiariae, cioè delle cassapanche. Per tutta la domus poi troviamo, infine, la presenza di tendaggi che contribuiscono a rendere elegante la casa.
Fine