Da una Giustizia vendicativa verso una Giustizia Riparativa.

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Transcript della presentazione:

Da una Giustizia vendicativa verso una Giustizia Riparativa. Migrantes Vicenza Immigrati detenuti. Dentro il carcere: Scuola ed educazione interculturale. Fuori dal carcere: Misure alternative alla detenzione. Da una Giustizia vendicativa verso una Giustizia Riparativa.

Per sopravvivere, è più esposto alle scappatoie della devianza. Prima parte: Dentro il carcere “ istituzione totale” .................................................. 1. Gli immigrati residenti regolari, delinquono tanto quanto gli italiani, e con la stessa tipologia di reati. Invece, l’immigrato che si ritrova ad essere “irregolare”, difficilmente trova un lavoretto qualsiasi, neppure “in nero”. Per sopravvivere, è più esposto alle scappatoie della devianza. ------------------------------

Scarsità di iniziative interrereligiose 2. Dentro il carcere: 23 mila gli immigrati detenuti (quasi il 50 % della popolazione carceraria in Italia) Per cittadinanza: Marocchina (19,0%), rumena (15,9%), tunisina (12,4%). Per tipologia di reato. I reati più diffusi: produzione e lo spazio di stupefacenti (29%), i reati contro il patrimonio (22,5%) e i reati contro la persone (18%). Rispetto al totale de detenuti, ovviamente gli stranieri incidono per il 95% tra coloro che hanno commesso reati contro la legge sull’immigrazione, per il 79% tra coloro che sono stati arrestati per prostituzione, per il 44% tra coloro che spacciano e producono stupefacenti e per il 39% tra coloro che hanno commesso reati contro la pubblica amministrazione. Per la religione professata nei paesi di provenienza: maggioranza relativa: musulmana; poi cristiana e cattolica. Carenza di una pastorale migratoria dentro il carcere Scarsità di iniziative interrereligiose

3. Dentro il carcere: Discriminazione a più livelli. a. I detenuti immigrati compiono mediamente reati meno gravi degli italiani. Si tratta però proprio di quei reati (furti, scippi, spaccio di droga...) più frequentemente associati alle istanze securitarie che tanto spazio hanno avuto nell'agenda pubblica negli ultimi anni, e che parallelamente sono diventati ancora più l'oggetto privilegiato delle politiche di controllo del territorio e dell'attenzione delle forze dell'ordine (arresto in flagranza di reato). b. Immigrati detenuti: “soggetti deboli”. Difficoltà linguistiche. Poca comprensione delle normative e del linguaggio legale. c. Meno strumenti di tutela da attivare in caso di errori giudiziari o di palese violazione delle garanzie di difesa; es. brevità con cui vengono chiusi i processi a carico di stranieri e la frequenza con cui in questi casi si consiglia all'imputato di optare per il patteggiamento della pena”;……

d. A parità di imputazione o di condanna, la permanenza in carcere degli stranieri è mediamente più lunga di quella degli italiani, sia in fase di custodia cautelare che dopo l'eventuale sentenza. Vedi: spesso gli stranieri non hanno un domicilio certificato per poter usufruire degli arresti domiciliari o delle misure alternative alla detenzione; ma anche quando la società civile è in grado di offrire soluzioni provvisorie per rimediare a questo problema, da parte della Magistratura di Sorveglianza si riscontra spesso un atteggiamento di maggiore chiusura nei confronti degli stranieri che rende loro ancor più infrequente che per gli italiani il ricorso a percorsi penali alternativi al carcere”( Alessandra Naldi, in Ristretti Orizzonti). …Nel caso di stranieri irregolari ( che costituiscono la maggioranza della popolazione straniera detenuta) l’attuale normativa rende meno agevoli le misure alternative e i permessi premio.

4. Dentro il carcere: scuola ed educazione interculturale per italiano L2. Per ascoltare e per capire   In certe culture dei migranti il “noi” prevale sull’io (sacrificare se stessi per il benessere del “noi”). Vedi casi in cui: --il lavoro dei familiari all’estero sgrava gli stessi familiari dalle loro responsabilità educative e li tramuta in voraci consumatori di rimesse, privi di capacità progettuale. --le persone compiono reati non perché siano delinquenti abituali ma perché si sentono come “obbligati” a rispondere a delle aspettative familiari, che risultano del tutto infondate e schiavizzanti (es. donne immigrate che decidono di interrompere la gravidanza perché essa risulta in qualche modo incompatibile coi propri progetti migratori. Es. le vittime del traffico di esseri umani si trasformano in complici dei loro oppressori, spinti da un tipo di emulazione che fa apparire l’emigrazione una soluzione desiderabile indipendentemente dal suo prezzo (lavoro in nero, devianza sociale, prostituzione, catena del piccolo spaccio di sostanze stupefacenti, ecc.). E’ opportuna una riflessione critica riguardo all’affermarsi di una discutibile sottocultura della migrazione, che non soltanto erige quest’ultima a unica strategia risolutiva rispetto alle diverse situazioni critiche, ma contribuisce a istituzionalizzare comportamenti e prassi illegali, che spesso coinvolgono proprio i soggetti più vulnerabili”. (Laura Zanfrini)

5. Dentro il carcere: scuola ed educazione interculturale. Per prevenire conflitti, ghetizzazioni e fondamentalismi.   Nel carcere i musulmani sembrano incontrare la replica esasperata del loro essere in quanto immigrati costretti in uno spazio caratterizzato da regole e da logiche estranee alla loro cultura di provenienza e spesso non facilmente mediabili con la spontaneità del loro comportamento. La religione quindi si presenta al musulmano che vive una condizione di avvilimento, di sconfitta esistenziale e di mortificazione nell'istituzione totale come una possibilità di ricostituzione di un'autostima, e come accesso a una ritrovata esperienza d'ordine nell'organizzazione della vita, oltre che ovviamente ma anche problematicamente come affermazione identitaria. È un percorso difficile e complesso nel quale è possibile riconoscere situazioni che danno all'immagine del musulmano in Europa una versione irriducibile a quelle proposte dalla secolarizzazione o dalle aggressive semplificazioni dei fondamentalismi. (Da: L’Islam in carcere. L’esperienza religiosa dei giovani musulmani nelle prigioni italiane. Autore: Mohammed Khalid Rhazzali, 2010) In Italia, solo un carcere su quattro ha un locale adibito stabilmente alla preghiera per gli immigrati musulmani.

6. Dialogare sui conflitti interculturali, sulle ghetizzazioni e sui fondamentalismi : scuola-cineforum

7. Seconda Parte: Fuori dal carcere. Promuovere la cultura delle misure alternative alla detenzione, anche per gli immigrati detenuti L’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (U.E.P.E.) ha il compito di collaborare con l’Equipe della Casa Circondariale e con gli Enti pubblici e il privato sociale nell’aiutare le persone sottoposte ad esecuzione penale ad agire nel rispetto della legalità e con responsabilità contribuendo così alla sicurezza sociale, dentro il carcere (permessi premio; detenuti ammessi al lavoro esterno) e sul territorio (interventi in misura alternativa: affidamento in prova ai servizi sociali, detenzione domiciliare, semilibertà; interventi in misura di sicurezza: libertà vigilata; con sanzioni sostitutive: semidetenzione, libertà controllata, lavoro sostitutivo; condannati in stato di libertà e in attesa di esecuzione di pena. Il tempo del reinserimento sociale attraverso il lavoro di persone in percorso giudiziario. Un detenuto allo Stato, cioè a tutti i contribuenti, costa 3.511 euro al mese. In un percorso autorizzato alternativo al carcere, costa 900 euro. - Legge Smuraglia

8. Fuori dal carcere: Sinergia con i Centri Pastorali, con le Organizzazioni degli immigrati, con i Centri di culto islamici, con le istituzioni della società civile

9. Terza Parte: Da una Giustizia vendicativa verso una Giustizia Riparativa.   La funzione punitiva può essere considerata una costante nella storia della civiltà giuridica occidentale. Ciò che mutano sono essenzialmente i metodi utilizzati per "sorvegliare e punire". la storia del diritto penale è contrassegnata da un lento processo di umanizzazione delle pene, avvenuto attraverso il progressivo abbandono delle forme più crudeli di repressione (sebbene la pena di morte continui a essere applicata in molti ordinamenti giuridici, almeno in Europa sono state da tempo abbandonate le pene corporali e infamanti).  Questo percorso di "umanizzazione" del diritto penale si svolge secondo "cicli" storici che vedono il prevalere di logiche sanzionatorie diverse: dapprima quella retributiva (che deriva dalla legge vetero-testamentaria del 'taglione' e che è volta alla compensazione del male, il delitto, con un altro male, la pena), poi, di quella general-preventiva improntata alla produzione di deterrenza, infine, dell'idea rieducativa, che mira al reinserimento sociale del reo e che ha, nel nostro ordinamento, fondamento costituzionale (art. 27). 

L'ultima fase della evoluzione della giustizia penale verso risposte meno afflittive e più efficaci nel controllo del crimine può essere considerata quella che vede la nascita della cosiddetta "giustizia riparativa". Modello di intervento sui conflitti (originati da un reato o che si sono espressi attraverso un reato) che è caratterizzato dal ricorso a strumenti che promuovono la riparazione del danno cagionato dal fatto delittuoso e la riconciliazione tra autore e vittima.

La giustizia riparativa è dunque un modello di giustizia che coinvolge la vittima, il reo e la comunità nella ricerca di soluzioni al conflitto allo scopo di promuovere la riparazione del danno, la riconciliazione tra le parti e il rafforzamento del senso di sicurezza. La sfida che la giustizia riparativa lancia, alle soglie del XXI secolo, è quella di cercare di superare la logica del castigo muovendo da una lettura relazionale del fenomeno criminoso, inteso primariamente come un conflitto che provoca la rottura di aspettative sociali simbolicamente condivise. Il reato non dovrebbe più essere semplicemente considerato come un illecito commesso contro la società, o come un comportamento che incrina l'ordine costituito - e che richiede una pena da espiare - bensì come una condotta intrinsecamente dannosa e offensiva, che può provocare alla vittima privazioni, sofferenza, dolore o persino la morte, e che richiede, da parte del reo, principalmente l'attivazione di forme di riparazione del danno.   

Maggiore influenza “culturale” della Migrantes nelle carceri. Per una pastorale con un’ottica interculturale e interreligiosa. Nuovo Umanesimo: convegno CEI 2015. A scuola di riconciliazione

11. Migrantes Vicenza p. Mauro Lazzarato Luciano Carpo