Pier Giorgio Ardeni Dipartimento di Scienze Economiche

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Pier Giorgio Ardeni Dipartimento di Scienze Economiche Corso di Economia dello Sviluppo Internazionale Lezione 5 CRESCITA E SVILUPPO. PASSATO, PRESENTE E FUTURO Pier Giorgio Ardeni Dipartimento di Scienze Economiche 1

Letture essenziali Dani Rodrik, The Past, Present, and Future of Economic Growth, Global Citizen Foundation, June 2013 (in particolare p. 1-35) Negli ultimi anni i paesi in via di sviluppo hanno avuto tassi di crescita molto maggiori dei decenni precedenti, le loro economie si sono espanse, i tassi di povertà sono diminuiti e il ceto a medio reddito si è allargato La crescita è sicuramente una “precondizione” per lo sviluppo. Ma potranno i recenti tassi di crescita mantenersi in futuro e sarà in grado la crescita economica di beneficiare la maggioranza della popolazione? Potranno i paesi in via di sviluppo invertire la crescente divergenza con i paesi sviluppati manifestatasi fino a poco tempo fa?

Motori della crescita Due sono i fondamentali motori della crescita: accumulazione di capacità (capitale umano e istituzioni) e trasformazioni strutturali dell'economia (nascita ed espansione di nuove industrie/attività a più alta produttività, e trasferimento del lavoro da settori tradizionali a moderni) Le politiche necessarie per sostenere i due “motori” sono diverse e necessitano di uno specifico focus: investimenti nel primo caso, incentivi mirati

Motori della crescita La crescita degli ultimi anni non ha risolto il problema della distribuzione, anzi lo ha aggravato (ne parleremo più avanti quando parleremo di diseguaglianza) "È il paese dove si nasce che in buona parte determina le possibilità che la vita ci offrirà". È questa la ragione principale delle migrazioni! (di cui parleremo la prossima lezione)

Motori della crescita Se queste sono state le tendenze fino ad oggi, cosa andrà fatto perché: Il reddito dei paesi in via di sviluppo converga sempre di più verso quello dei paesi sviluppati? Le diseguaglianze in termini di reddito interne ai paesi e tra i paesi diminuiscano? La crescita mondiale sia più uniforme (tra paesi e tra settori e fasce della popolazione) e il processo di convergenza sia più uniforme?

Crescita e distribuzione globale del reddito Rodrik chiede: come vanno le cose per la persona “media”? Definiamo l'individuo “medio” come quello che riceve il reddito mediano. Un modo per avere un'idea approssimata della diseguaglianza nella distribuzione mondiale del reddito è di confrontare il reddito mediano con il reddito pro-capite, cioè medio. [Se il reddito fosse distribuito in modo paritario, i due coinciderebbero] Come si può vedere nella tabella, il rapporto tra reddito medio e mediano è ampio per il mondo nel suo complesso, quasi due volte maggiore di quello che si ha nei paesi più diseguali (come il Brasile) la diseguaglianza globale è maggiore di quella interna ai paesi

Crescita e distribuzione globale del reddito Il dato positivo è che il rapporto tra reddito medio e mediano è diminuito tra il 1988 e il 2005. La diseguaglianza globale è diminuita anche se è aumentata quella interna ai paesi. In sostanza, la diseguaglianza globale è più dovuta a differenze nella distribuzione del reddito tra paesi che nei paesi: la diseguaglianza tra paesi (differenze nel reddito pro- capite) ammonta al 75-80% della diseguaglianza globale totale.

Crescita e distribuzione globale del reddito É meglio essere “povero” in un paese “ricco” o “ricco” in un paese “povero” (ovvero nel 10% più alto o più basso della distribuzione)? Il fatto è che il 10% più povero nei paesi ricchi ha un reddito che è 3 volte maggiore del reddito del 10% più ricco nei paesi poveri... Ma queste disuguaglianze sono marcate anche in termini di altri indicatori: mortalità, istruzione, etc. (come vedremo) In conclusione (di Rodrik): anche i poveri, nei paesi ricchi, stanno molto meglio dei ricchi nei paesi poveri

Crescita e distribuzione globale del reddito Concludendo (sulla distribuzione del reddito): Globalmente, negli ultimi decenni, le quote «centrali» della distribuzione del reddito sono tornate ad «ingrossarsi»: il reddito delle «classi medie» – ovvero quelle né più povere né più ricche – è aumentato [grazie al contributo di paesi come la Cina] Le differenze tra paesi in termini di reddito medio – quanta ricchezza produce un paese – rimangono il fattore dominante della diseguaglianza globale La crescita aggregata nei paesi più poveri è stata il fattore trainante nel ridurre la diseguaglianza globale

La crescita nel lungo periodo All'inizio della rivoluzione industriale il rapporto tra il reddito medio dei paesi ricchi e quello dei paesi poveri era di circa 2:1 Oggi quel rapporto è pari a 80:1 – quale divergenza! Nel 1913 ciò fu fondamentalmente dovuto alla divisione internazionale del lavoro, favorita dai mercati e dall'affermarsi del sistema capitalistico ma imposta anche dall'imperialismo coloniale (manufatti contro materie prime). Nei paesi europei e in altri come USA, Canada, Australia, istituzioni e capitale umano permisero la crescita godendo di quella divisione del lavoro. A questa va aggiunta l'enorme mobilità internazionale del lavoro (migrazione), dove, tuttavia, gli europei hanno potuto “portare con sé” le proprie istituzioni e pratiche

La crescita nel lungo periodo Tesi di Rodrik (e dei contributi sull’importanza delle condizioni geografiche e storiche nello sviluppo): si sono sviluppati in senso economico quei paesi che hanno adottato in toto il sistema capitalistico di tipo europeo (mercato, proprietà privata, istituzioni, etc.).

Sei nuovi fatti «stilizzati» sulla crescita Fatto n. 1 – La crescita aumenta nel tempo (non esiste uno stato stazionario). Se guardiamo alla crescita economica nel lunghissimo periodo, vediamo che a partire dalla prima rivoluzione industriale vi è sempre stato un paese «leader» che cresceva più degli altri. E nel tempo, i tassi di crescita medi in ogni «periodo» sono sempre aumentati

Sei nuovi fatti «stilizzati» sulla crescita Fatto n. 2 – La convergenza è più un'eccezione che la regola. Anche se è vero che vi sono vantaggi nell’essere «arretrati» (si possono adottare nuove tecnologie e prodotti dopo che sono già stati sperimentati nei paesi avanzati e si può «copiare» da loro), è anche vero che pochi paesi hanno veramente tratto vantaggio da questo – le economie più povere non crescono più rapidamente delle più ricche. In pratica, quindi, non vi è stata la «convergenza» – né ai livelli né ai tassi di crescita del reddito – che si attendeva. In altre parole, il tasso di crescita non sembra essere correlato con il livello del reddito iniziale (dovrebbe essere maggiore tanto minore è il livello iniziale).

Sei nuovi fatti «stilizzati» sulla crescita Fatto n. 3 – Lo sviluppo economico si ha con diversificazione, non con specializzazione dell'economia. Le economie dei paesi in via di sviluppo non sono versioni «in scala ridotta» delle economie avanzate. Per svilupparsi, un paese deve sottoporsi a cambiamenti strutturali. Nel crescere, cioè nel diventare più «ricca», un’economia tipicamente diviene meno specializzata e più diversificata. Pertanto, la specializzazione basata sui vantaggi comparati così spesso invocata come veicolo di crescita, nonostante tutti i benefici che il commercio internazionale comporta, non è la via: lo è più la diversificazione, almeno fino ad un certo livello del reddito.

Sei nuovi fatti «stilizzati» sulla crescita Fatto n. 4 – Storicamente, l'industrializzazione e l'export di manufatti hanno garantito la crescita rapida più di ogni altra strategia. Ovvero, basare la crescita soltanto sulle materie prime e il settore primario – agricoltura e risorse naturali – non ha portato al successo invece indotto da industrializzazione e export.

Sei nuovi fatti «stilizzati» sulla crescita Fatto n. 5 – Se non si ha convergenza tra le economie, si ha però tra industrie manifatturiere Guardiamo ai livelli iniziali di produzione e di produttività. Tanto minori sono i livelli di produzione, tanto maggiori i tassi di crescita della produttività, cosicché nel lungo periodo questi tendono a convergere (si potrebbe però anche dire: le tecnologie, e quindi le industri, tendono a diffondersi, «assomigliandosi»).

Sei nuovi fatti «stilizzati» sulla crescita Fatto n. 6 – Le economie che hanno avuto maggiori tassi di crescita e sono cresciute maggiormente non sono quelle con meno intervento statale e governativo. Guardiamo all’evidenza: i paesi che hanno avuto maggiore successo non sono stati quelli meno «interventisti»

Sei nuovi fatti «stilizzati» sulla crescita In sostanza, una lezione può essere che sono le politiche «non ortodosse» a funzionare, spesso, perché si adattano alle circostanze locali – vedi l’esperienza cinese e di molti paesi asiatici.