Giuseppe Tomasi di Lampedusa Il Gattopardo a.a. 2013-2014 Università della Terza Età e del Tempo disponibile – San Martino Buon Albergo docente: prof. Cecilia Chiumenti Giuseppe Tomasi di Lampedusa Il Gattopardo a.a. 2013-2014
Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957) Nasce il 23 dicembre 1896 a Palermo, da famiglia aristocratica , quella dei principi di Lampedusa, duchi di Palma e Montechiaro. Ad aprile del 1915 si iscrive presso la Facoltà di Giurisprudenza a Roma, ma nel novembre dello stesso anno viene chiamato alle armi: partecipa alla Prima Guerra Mondiale, è fatto prigioniero nel novembre del 1917 e solo dodici mesi dopo - fuggito dal campo di reclusione - riesce a rientrare in patria. Nel corso del decennio seguente, effettua numerosi viaggi in Italia ed all'estero; durante uno di essi, nel 1925, conosce a Londra, la principessa Licy Wolff Stomersee, che sposerà sette anni più tardi. Fu uomo di vasta e raffinata cultura, studioso di letteratura francese e inglese, ma visse appartato, estraneo agli ambienti letterari. Intraprese la carriera militare ma si dimise nel 1925 in seguito all’instaurarsi del regime fascista. Alla fine del '54, comincia a scrivere Il Gattopardo; nel giugno dell'anno successivo, interrompe la stesura del romanzo per dedicarsi a quella dei "Ricordi d'infanzia", riprendendola infine a novembre. Lavora ad altri testi ("La gioia e la legge", "La sirena", il primo capitolo del nuovo romanzo "I gattini ciechi"): ma nell'aprile del 1957 gli viene diagnosticato un carcinoma al polmone destro, che ne cagiona la morte il 23 luglio dello stesso anno. Il Gattopardo trova la via della pubblicazione nel 1958, presso Feltrinelli, grazie all'attivo interessamento di Giorgio Bassani. Accolto da un enorme successo, il libro vince il Premio Strega nel '59.
Il Gattopardo: la trama La vicenda si svolge dal 1860 al 1910. Il testo è suddiviso in 7 Parti (o capitoli). I: Maggio 1860; II: Agosto 1860; III: Ottobre 1860; IV: Novembre 1860; V: Febbraio 1861; VI: Luglio 1862 (ballo); VII: Luglio 1883 (morte don F.); VIII: 1910 Lo sbarco dei Mille in Sicilia turba, ma relativamente, il principe don Fabrizio Salina, «il Gattopardo»: cosciente della decadenza della sua classe, convinto della vanità degli sforzi degli uomini («mosche cocchiere» che si illudono di fare la storia), egli trova nella contemplazione delle stelle e nella caccia i momenti più autentici della sua giornata lontano da tutti nello spazio e ancora di più nel tempo. Ma il nipote Tancredi corre fra le fila garibaldine, con un disegno politico ben preciso: Se non ci siamo anche noi quelli ti combinano la repubblica. Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi. Ma il principe capisce che invece è finita un’epoca, la sua. Quando egli si trasferisce nella residenza estiva di Donnafugata, trova che don Calogero Sedara, un sensale arricchito, è diventato sindaco e che sua figlia Angelica è diventata una splendida giovane. Tancredi, dopo aver lasciato i garibaldini per l’esercito regolare sposa la bella Angelica, che non solo gli porta una ricca dote ma appare la donna adatta alle sue ambizioni. Da Torino si offre al principe la nomina a senatore, ma egli rifiuta. Gli anni si succedono: all’epoca dei «gattopardi» è subentrata quella degli «sciacalli», gente avida di denaro e povera di tradizioni. La morte coglie don Fabrizio nel 1883. Le tre figlie zitelle, Concetta, Carolina e Caterina avvizziscono fra vecchi ricordi polverosi e reliquie religiose. Finale: Bendicò che vola nella spazzatura.
Un romanzo tradizionale Un romanzo tradizionale? Un (altro) romanzo storico sul (fallimento del) Risorgimento? o un romanzo decadente? L’opera è ispirata al bisnonno dell’autore, ma contiene anche riferimenti e memorie di Tomasi di Lampedusa. Stentò a trovare un editore (Vittorini per Einaudi e la Mondadori lo rifiutarono). La pubblicazione giunse solo postuma, così come il Premio Strega. Il romanzo uscì grazie a Feltrinelli. Il successo di pubblico fu subito grande successo, ma la critica si divise: molti videro nel romanzo il ritorno a una letteratura troppo legata alla tradizione e atteggiamenti conservatori, se non addirittura reazionari. In realtà, nel Gattopardo ci sono sia i moduli narrativi dell’Ottocento (Stendhal, Balzac, De Roberto) che descrivono i quadri storici dall’impresa dei Mille, al plebiscito all’annessione, alla prima celebrazione del 50^ dell’Unità italiana Sia una narrazione interiore (l’eco degli avvenimento nell’animo del Principe) in cui la durata non supera quasi mai le 24 ore (un flusso di coscienza che ricorda Proust e Virginia Woolf). TEMPO STORICO, LINEARE, PROGRESSIVO TEMPO IMMOBILE, ANALITICO INTERIORE «corteggiamento della morte»
Che cos’è un romanzo storico? Secondo Lukacs (1947) è un romanzo in cui i personaggi sono calati in un preciso contesto storico che diventa determinante, nel senso di «far derivare il particolare modo di agire degli uomini dalle caratteristiche storiche dell’epoca loro.» Ma il tratto più evidente del Gattopardo è la negazione della storia, la sterilità dell'agire umano, uno dei motivi più ricorrenti e significativi del libro; in questa prospettiva di remota lontananza dalla fiducia nelle "magnifiche sorti e progressive", il Risorgimento può ben diventare una rumorosa e romantica commedia e la Sicilia, più che una realtà che si è fatta in secoli di storia, resta una categoria astratta, una immutabile ed eterna metafisica "sicilianità" che coincide con una distaccata e decadente indifferenza. Nella descrizione del fallimento risorgimentale, secondo alcuni, si può intravedere un'altra riconferma della legge e degli uomini: il fallimento resistenziale che, negli anni in cui scriveva, Tomasi di Lampedusa si poteva constatare. Correlato a questo è il tema del fluire del tempo, della decadenza e della morte (che richiamano Proust e Mann) esemplificato nella morte di una classe, quella dei Gattopardi , ma che permea di sé tutta l'opera: la descrizione del ballo, il capitolo - secondo alcuni critici il punto più alto del romanzo - della morte di don Fabrizio, la polvere del tempo che si accumula sulle sue tre figlie e sulle loro cose. Si può dire che fra la tradizione del romanzo storico, siciliana ed europea, di fine Ottocento e Il Gattopardo è passato il decadentismo; l'opera di Tomasi di Lampedusa inoltre cadeva in un momento di ripiegamento dei recenti ideali della società italiana.
Il Gattopardo di Luchino Visconti Film Colossal, 1963 (Burt Lancaster, Alain Delon, Claudia Cardinale, Paolo Stoppa, Rina Morelli…) FEDELTA’ al libro dal punto di vista strutturale. Immedesimazione di Visconti in Tomasi, in don Fabrizio SCELTA di concludere la vicenda con il BALLO in casa Ponteleone (parte VI nel libro): l’episodio nel film viene dilatato e occupa un terzo della durata complessiva, un’ora sulle 3. Perché? E’ una scena-chiave: epifania della classe al tramonto, emergere della nuova classe (don Fabrizio che balla con Angelica), il senso della morte e del disfacimento del vecchio mondo. Apoteosi di un disastro e insofferenza rabbiosa nei confronti del «nuovo» che avanza.
Alcune pagine Colloquio tra don Fabrizio e Chevalley La morte del Principe (parte 7) La fine di tutto