Destra e Sinistra hegeliane

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Transcript della presentazione:

Destra e Sinistra hegeliane Dopo la morte di Hegel (1831) i suoi seguaci si distinsero in due correnti: Destra e Sinistra, distinzione (fatta la prima volta nel 1837 da D. F. Strauss, ripresa da K. L. Michelet, divenuta poi comune) in base alla loro divergente interpretazione e valutazione del pensiero religioso e politico del maestro. La Destra, conservatrice, che era rappresentata dai vecchi hegeliani (K. F. Goeschel, Gabler, Bauer in una prima fase, Erdmann, e altri), tendeva a conciliare, in modo assai forzato, la filosofia di Hegel con l’ortodossia e dogmatica cristiane, analogamente a ciò che nel medioevo aveva fatto la Scolastica con la filosofie di Platone e Aristotele. La Sinistra, rappresentata dalla più giovane generazione dei discepoli hegeliani o giovani hegeliani (Strauss, Bauer nella seconda fase, Feuerbach, Ruge, Marx, Engels, Stirner, ecc.), distingueva, fino a opporle, filosofia e religione, in un’interpretazione ateistica del pensiero di Hegel, e, passando al campo sociale-politico, interpretava il «superamento» di ogni momento dialettico nel senso rivoluzionario dell’attiva «trasformazione del mondo».

Destra e Sinistra hegeliane Le tendenze radicaleggianti, socialiste e rivoluzionarie trovarono espressione nella rivista Hallesche Jahrbücher (1838-41), proseguita con il titolo Deutsche Jahrbücher (1841-43), a cui collaborarono tra gli altri M.A. Bakunin, Feuerbach, Ruge e a cui fu vicino anche Marx. La crisi della ‘scuola’ hegeliana non va ricondotta soltanto a dissidi e contrasti interni, ma anche al fatto che nella Prussia degli anni Quaranta dell’Ottocento, con l’avvento al trono di Federico Guglielmo IV, si ebbe una notevole svolta in senso restauratore anche in campo culturale, di cui fu manifestazione emblematica la chiamata di Schelling a Berlino nel 1841 per estirpare «la mala pianta del seme panteista» gettato da Hegel.

Ludwig Feuerbach (1804-72)

Notizie biografiche Allievo di Hegel, sin dal 1830 assunse posizioni “di sinistra” sul tema dell’immortalità dell’anima Ciò compromise la sua carriera, isolandolo dal mondo accademico Opere principali: L’essenza del cristianesimo (1841) L’essenza della religione (1845) Nel 1839, sugli Annali di Halle, Feuerbach inizia a prendere le distanze da Hegel: La filosofia hegeliana non può pretendere di costituire la filosofia assoluta: anch’essa è relativa alla sua epoca e risulterà in futuro superata Inoltre gli rimprovera l’astrattezza, cioè la perdita di vista dell’essere reale, quello sensibile, di carne ed ossa, e di non dare alla natura un posto adeguato

Da Dio all’uomo Queste istanze si radicalizzano nelle opere successive: Il pensiero di Hegel gli appare sempre più una “teologia mascherata” (Tesi provvisorie per la riforma della filosofia, 1843) che smarrisce la visione dell’uomo reale a vantaggio di un astratto assoluto spirituale. La filosofia deve invece farsi antropologia, tematizzare l’uomo nella sua concretezza e materialità, l’ “uomo di carne e sangue”. “L’uomo è ciò che mangia” scriverà provocatoriamente in un suo saggio sulla “Teoria degli alimenti” del 1862 Feuerbach non è però materialista al punto di ridurre lo spirito a materia; ne fa, però, un predicato di essa (rovesciamento dei rapporti di predicazione). (Tesi …) Hegel capovolto Nonostante queste polemiche si ritrova in Feuerbach ancora molto della concezione idealistica: per esempio il tema dell’unità di finito e infinito. In Feuerbach però l’identità risulta capovolta: soggetto non è più lo Spirito, ma l’uomo; non è il finito a sussistere nell’Infinito, ma piuttosto l’infinito nel finito: è l’uomo che nella sua mente crea l’idea dell’infinito

La critica della religione Per ben comprendere il senso di queste affermazioni occorre esaminare la critica alla religione che Feuerbach attua in varie sue opere e soprattutto ne L'essenza del cristianesimo (1841).

Dio creazione dell’uomo Per Hegel: la coscienza che l’uomo ha di Dio è la coscienza che Dio ha di sé Per Feuerbach: la coscienza che l’uomo ha di Dio è la coscienza che l’uomo ha di sé Non è più Dio a conoscersi tramite l’uomo, ma è l’uomo che si conosce tramite Dio È l’uomo che crea Dio, proiettando al di fuori di sé, nei cieli della trascendenza, ciò che lui stesso è, la sua essenza (Wesen) La religione è l’insieme dei rapporti dell’uomo con se stesso, o meglio con il proprio essere, riguardato però come un altro essere […]. Tutte le qualificazioni dell’essere divino sono perciò qualificazioni dell’essere umano. Tu credi che l’amore sia un attributo di Dio perché tu stesso ami, credi che Dio sia un essere sapiente e buono perché consideri bontà e intelligenza le migliori tue qualità […]. Se pensi l’infinito pensi l’infinita potenza del pensiero. Se senti l’infinito, senti l'infinità della potenza del pensiero. L’essenza del Cristianesimo

Verità e falsità della religione La religione è perciò sia vera che falsa: Il contenuto della religione, infatti, non è qualcosa di immaginario, ma è vero; Dio è una realtà: l’essenza umana Tuttavia la religione è falsa in quanto attribuisce tale essenza ad un essere diverso dall’uomo: un essere trascendente Nella religione l’uomo si autoinganna: crede di aver a che fare con un altro essere (Dio), mentre si rapporta solo con se stesso

Origine dell’alienazione Per Feuerbach il soggetto può conoscersi solo in altro, contemplando il suo essere al di fuori di sé L’uomo crea Dio per diventare cosciente del suo essere: per conoscersi deve oggettivarsi, ovvero “alienarsi ” in Dio (il concetto già presente in Hegel in chiave idealistica, sarà ripreso in Marx in chiave sociologica) Dall’analisi dell’evoluzione delle religioni (che culmina con il cristianesimo) risulta sempre meglio delineata l’identità Dio-uomo

Oltre la religione La “fase religiosa” è perciò solo un momento della storia dell'umanità: l'uomo deve capire che la teologia è antropologia e quindi cessare di alienarsi in Dio per possedere pienamente se stesso deve smettere di disperdere le sue energie ad amare Dio (filotea o teofilia) trascurando gli uomini anziché amare l’uomo in Dio dovrà iniziare ad amare l’uomo nell’altro uomo: filantropia

Homo homini Deus Plauto (tra il 255 e il 250 a.C. – 184 a.C.) aveva scritto, nell'Asinaria, “lupus est homo homini, non homo, quom qualis sit non novit” , “l'uomo è un lupo per l'uomo, non un uomo, qualora si ignori chi sia” sostenendo dunque che un uomo sconosciuto dovesse essere trattato come una fiera selvaggia. Cecilio Stazio (230 a.C. circa – 168 a.C) scriverà invece “homo homini deus est, si suum officium sciat”, “l'uomo è un dio per l'uomo, se conosce il proprio dovere”. Sulle basi di una somma esaltazione dell’uomo Feuerbach propugna un nuovo umanesimo che trasformi gli uomini da amici di Dio (teofili) in amici degli uomini (filantropi). «[…] da uomini che credono in uomini che pensano, da uomini che pregano in uomini che lavorano, da candidati dell’aldilà in studiosi dell’aldiquà, da cristiani, che per loro stessa ammissione sono metà animali e metà angeli, in uomini nelle loro interezza» Lezioni sull’essenza della religione (1848-49)